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La naturale evoluzione della funzione, orientata alla partecipazione, e le questioni aperte.

manifestazioni e necessità di un adeguamento normativo.

4.2 La naturale evoluzione della funzione, orientata alla partecipazione, e le questioni aperte.

Nei paragrafi precedenti è stato messo in evidenza il percorso di cambiamento che ha investito la funzione di comunicazione, in parallelo alle trasformazioni avvenute nella pubblica amministrazione. Al tempo stesso è stato affrontato il rapporto tra comunicazione e partecipazione,433 divenuto ormai binomio necessario e indissolubile, ancor più quando si esplica con l’uso delle tecnologie telematiche.434

433 Seppur nell’accezione ristretta della partecipazione ai processi decisionali, nelle forme e nelle modalità contemplate nell’ambito dell’amministrazione digitale, a favore dei processi di democratizzazione. Va detto che la connessione tra la funzione di comunicazione e la partecipazione è stata sancita dal legislatore anche in riferimento al procedimento amministrativo, prevedendo tra i compiti attribuiti all’Ufficio relazioni con il pubblico indica quello di consentire “l'esercizio dei diritti di informazione, di

accesso e di partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni” [lett. a),

comma 2, art. 8, L. 150/2000].

434 La partecipazione elettronica è notevolmente influenzata dalle modalità di comunicazione adottate. È esemplificativa la scala di evoluzione della e.participation fornita dal network DEMO-net: a) E.informing, riferita a sistemi di comunicazione ad una via, ove l’informazione viene data dai governi o dai cittadini;

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Nel mutato contesto dell’amministrazione digitale e aperta il ruolo e l’importanza attribuiti alla funzione di comunicazione possono fare la differenza nell’esercizio della stessa funzione amministrativa, sempre più improntata ad una logica democratica e inclusiva. La comunicazione può essere infatti considerata «la variabile da cui dipendono politiche pubbliche inclusive: senza dialogo e partecipazione, senza una comune visione del mondo, senza uno scambio di idee, competenze e risorse, in una parola senza comunicazione non si abbattono le barriere che circondano i luoghi della decisione. E, di conseguenza, non si conoscono le decisioni e non si assumono responsabilità condivise per attuarle.»435

Alla comunicazione infatti viene affidato «il compito di precedere e affiancare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica. In questa prospettiva entrambi i concetti diventano mezzi complementari all’innalzamento del livello di democrazia generale del sistema.»436

Non può esserci partecipazione, senza comunicazione437, e tale rapporto trova il suo fondamento giuridico nell’art. 1, comma 5, lettera d) della legge 150/2000, che individua tra le finalità dell’attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, la promozione di “conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale”. Con questa disposizione il diritto all’informazione in capo al cittadino acquista un ulteriore peso, rappresentando la precondizione al suo coinvolgimento nella vita pubblica, e «sostanzia in modo essenziale il diritto di cittadinanza».438

Ma la comunicazione oltre ad essere preliminare è anche contestuale alla partecipazione, perché veicola l’esplicarsi del processo interattivo, attraverso dinamiche informative, che danno forma alla realtà, e comunicative, volte a fornire e a condividere

b) E.consulting, ovvero una comunicazione a due vie limitata, nella quale soggetti privati o pubblici, a seguito di iniziative ufficiali, permettono agli stakeholders di contribuire con le loro opinioni, privatamente, o pubblicamente, su determinati argomenti; c) E.collaborating, ovvero una comunicazione a due vie più vincolante e che riconosce un ruolo specifico agli stakeholders nella proposizione e nella definizione della decisione, anche se la responsabilità rimane in capo ai soggetti pubblici; d)

E.empowering, caratterizzato dal vero e proprio trasferimento del potere decisionale in capo ai cittadini. A

ciascun livello corrispondono supporti digitali e modalità di comunicazione differenti, che richiedono un diverso grado di interazione. Cfr. http://www.demo-net.org/

435Franceschini S., Levi N., Cittadini inclusi, in Quaderni di comunicazione pubblica della Regione

Emilia-Romagna, Clueb, Bologna, 2005, p. 21. 436 Ozzola F., op.cit., p. 231.

437 Nella forma definita da Arena “comunicazione di cittadinanza”: «che mira a rendere le persone cui si rivolge […] soggetti consapevoli di attività finalizzate alla soddisfazione di interessi di carattere generale.» Cfr. Arena G., 2004, op. cit., p. 69.

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la conoscenza. Così che l’interazione che si genera all’interno del processo decisionale incide direttamente sulla realtà stessa, modificandola.

La contiguità tra comunicazione e partecipazione rende talvolta difficile trovare una linea di demarcazione, che porta a considerarle come elementi di un continuum.439 È stato tuttavia rilevato che pur «caratterizzanti entrambe momenti di relazione tra amministrazione e cittadini, partecipazione e comunicazione si pongono in un rapporto diverso in rapporto al processo decisionale: endoprocedimentale la prima, extraprocedimentale la seconda.»440

Segnare le differenze tra comunicazione e partecipazione è per altro utile per comprenderne la compenetrazione, e al tempo stesso individuare l’esatto confine. Si assiste infatti a «frequenti ambiguità che portano a confondere i due piani, spacciandosi per processi partecipativi attività che consistono nella mera condivisione di informazioni, certamente essenziale ai fini della trasparenza e del buon andamento del processo decisionale, ma priva di qualsiasi possibilità di incidere sul medesimo. E d’altro canto non v’è dubbio che i processi comunicativi costituiscono un presupposto imprescindibile della partecipazione, potendo mettere al servizio di questa uno strumento consolidato per dialogare con la società civile.»441

La partecipazione infatti va considerata come un bisogno dei cittadini e dei soggetti portatori di interessi, ma anche delle istituzioni, trattandosi di un metodo utile per decidere meglio, per rinsaldare il rapporto fiduciario tra amministrazione e amministrati, e sopperire alle carenze scaturite dalle tradizionali forme della democrazia rappresentativa, di cui si è accennato in precedenza.

Il coinvolgimento della collettività deve dunque avvenire secondo una dinamica di reale assunzione del potere decisionale, resa possibile solo tramite una buona comunicazione, e conseguentemente una reale partecipazione.

A questo proposito va rilevato il rischio di un utilizzo strumentale dei processi comunicativi e partecipativi, a cui l’amministrazione fa ricorso spesso per “misurare” il consenso intorno ad alcune scelte, talvolta scomode e impopolari, che in questo modo vengono rese almeno in apparenza condivise. Si tratta di una pratica che si sta

439 «Vi è dunque un continuum fra trasparenza, informazione, comunicazione, partecipazione e sussidiarietà: un

incremento di potenzialità che riflette il mutamento di ruolo dell’individuo e della collettività, non più soltanto destinatari esigenti di una macchina ordinamentale costruita per soddisfare l’interesse generale ma essi stessi risorsa, in nome di un diritto ad avere un’opinione ed a declinarla in una vita attiva e responsabile.» Valastro A, op. cit., p. 28.

440 Ozzola F., op. cit., p. 219. 441 Ibidem.

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diffondendo nella realtà odierna, legata sotto certi aspetti alla crisi della democrazia rappresentativa, a cui si vuole sopperire ricorrendo a momenti di consultazione su temi e provvedimenti di interesse pubblico, che consentono si effettuare una valutazione costante sull’attività svolta dalle istituzioni, andando oltre il momento elettorale.

Non mancano inoltre casi in cui la partecipazione ai processi decisionali, soprattutto in ambito locale, viene utilizzata «come un alibi dalla pubblica amministrazione, che l’ha subito accantonata quando non ritenuta più strumentale al raggiungimento del consenso, o riscoperta laddove, per fini elettorali, se ne è compresa l’utilità.»442

Tali considerazioni trovano riscontro nella tesi secondo cui «la comunicazione, per le sue caratteristiche peculiari, è comunque attività tesa a influenzare […], diretta ad ottenere consenso e legittimazione democratica, e proprio per questo condizionata ad essi.»443 Un aspetto questo, che richiama problematiche irrisolte nell’ambito dell’esercizio della funzione di comunicazione, cui è connaturata, come è stato evidenziato nel primo Capitolo, una tendenza alla persuasione, che talvolta cede alla propaganda, facendo venir meno l’obiettività e l’imparzialità, principi guida della funzione amministrativa. Dinamiche strettamente connesse alla difficoltà a separare la comunicazione istituzionale da quella politica, cui si è già fatto riferimento, e alla tentazione che investe i detentori del potere pubblico a fare un uso talvolta manipolatorio della comunicazione, che può essere rafforzato attraverso gli strumenti della partecipazione.

A questo riguardo appare interessante la riflessione fatta da Stefano Rolando, il quale afferma che la comunicazione pubblica «avendo il diritto di essere anche spazio di espressione sociale, è storicamente piuttosto voce del potere. E il Novecento ha radicalizzato le cose. Facendo diventare la materia per metà propaganda (anche violenta) e per metà partecipazione. Il fattore P si è sdoppiato, mantenendo – tra istituzioni e società – due radici in conflitto. Un conflitto che si va trasformando. Perché doppia (e in antagonismo) è anche la politica che guida e controlla, doppia e l’amministrazione che gestisce, doppia è la società che esprime domanda.»444

Una visione piuttosto critica quella espressa dall’Autore, che polarizza la comunicazione delle pubbliche amministrazioni, su due profili principali: la propaganda e la partecipazione, tra di loro solo parzialmente in conflitto.

442 Angelini R., D’Onofrio R., op. cit., p. 18. 443 Marsocci P., 2002, op. cit., p. 180. 444 Rolando S., op. cit., p. 1.

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Lo studioso infatti si concentra nell’analizzare il rapporto di reciproca influenza, derivante dalla tendenza da parte dei detentori del potere, a servirsi dell’uno o dell’altro per ragioni di visibilità, e di ricerca del consenso.

Alcune criticità sono poi state rilevate rispetto alla partecipazione digitale445, favorita dall’evolversi della funzione di comunicazione, che tuttavia non è sufficiente a garantire un adeguato coinvolgimento dei cittadini sulle questioni che sono di rilevanza pubblica. In altre parole la partecipazione on line non può prescindere da quella off line, ovvero dalle attività di animazione sul territorio, anche per le problematiche connesse all’uso delle tecnologie e all’alfabetizzazione informatica.446

Se l’evoluzione della funzione della comunicazione avviene attraverso la progressiva estensione delle dinamiche partecipative, specie in ambiente digitale, non si può dunque non tener conto da un lato delle difficoltà di natura strutturale, e dell’altro dei rischi connaturati alla stessa funzione, che con la partecipazione, per le ragioni addotte, rischiano di essere amplificati.

4.3 Una nuova legge per la comunicazione pubblica in Italia, alla luce del mutato