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Per fortuna il Mezzogiorno italiano non è solo intermediazione

impropria che prospera in ambiti locali al di fuori o contro la logica

del mercato, ed una economia illegale o criminale lucidamente in grado di cogliere ogni opportunità che le si offre: vi operano anche importanti e moderni complessi industriali, centri di ricerca pura ed applicata di livello internazionale, una agricoltura in alcune aree dinamica e competitiva, imprese di buone dimensioni assai efficienti ed innovative, capacità professionali di prim’ordine.

Come sempre, il Mezzogiorno è un non-sistema di punti anche

di eccellenza che non riesce però a divenire una realtà ragionevol- mente coesa economicamente e socialmente. Ma è a partire da que-

sti punti che si dovrà operare, come si vedrà fra breve.

È la natura dell’equilibrio in precedenza richiamato che appare diverso, e contrario a favorire un piú accelerato processo di cre- scita. Cerchiamo di valutare quali conseguenze economiche quel- l’equilibrio comporta.

Ad ogni livello del vivere sociale il conseguimento di un equili- brio è una delle condizioni necessarie. Ma ad ognuno di questi possibili livelli si diffondono atti che organizzano le cerimonie tipi- che del vivere in società attraverso regole di comportamento con- divise che divengono quasi un galateo da tutti accettato.

È un pezzo di queste cerimonie la raccolta e trasmissione di ordini nel mercato finanziario internazionale, cosí come la riscos- sione di un “sussidio” in un campo profughi, la ricerca di un lavoro in regime di piena occupazione, la individuazione del fun- zionario corruttibile attraverso il quale accelerare l’ottenimento di una autorizzazione.

Ma in un caso la cerimonia è fatta da un clic su uno strumento elettronico, nell’altro è fatta di tanti passaggi interpersonali giocati su rapporti al limite della legge o contro la legge. In molti casi la

cerimonia si compie alla luce del sole ed il suo rituale è lo stesso in

tutte le parti del mondo ed è la stessa per tutti; in altri richiede l’in- tervento di molte persone che agiscono in ambiti ristretti, cono- sciute da pochi e che non vogliono essere conosciute da tutti. La differenza è di grande momento: in un caso è il sistema delle regole determinate dal sistema giuridico che organizza gli atti; negli altri sono questi ultimi che si fanno una specie di codice autonomo, tal- volta conosciuto da pochi, talaltra fatto di minacce. Nel primo caso si formano liberamente dei prezzi in un mercato regolamentato; nell’altro i flussi di costi e ricavi nascono da rapporti di subordina- zione, da scarsa informazione, da impedimenti ad averla; in un caso le regole, varate da autorità legittime, creano ordine, efficienza, cer- tezza; nell’altro le regole sono quelle del clan che creano discrimi- nazione, oppure divengono consuetudine a favore di qualcuno.

Nel Mezzogiorno italiano coesistono ed avvengono contempo- raneamente cerimonie tipiche di una società capitalistica avanzata ed altre proprie di una economia relazionale che prevede tecniche metaeconomiche nel rapportarsi con le persone e con le istitu- zioni, ma nella sua versione di “economia incivile”.

In termini economici: si può sperare che in un caso un giusto pro-

fitto riconosca i meriti di chi intraprende; c’è il timore che negli altri

casi si annidino tante posizioni di rendita che ricordano i vecchi “diritti di transito”. Il fatto è che l’obiettivo del profitto produce innovazione ed efficienza; quello della rendita immobilismo ed avversione ai cambiamenti.

Nell’equilibrio indubbiamente avvertibile nella economia e nella società meridionale, è da ravvisare anche il modo in cui opera il mercato della politica che non è solo il mercato del voto (da inten- dere nel senso nobile della competizione fra programmi elettorali). Anche qui l’evidenza delle ricerche non è consolante: sembra si debba dire che è l’equilibrio socio-economico di cui si è detto che condiziona la scelta dell’elettore, mentre il soggetto politico che

intende innovare i termini della sua offerta è punito ed emargi- nato.

In una società che organizza di continuo la cerimonia elettorale, e dove è diffusa la speranza a partecipare al banchetto della inter-

mediazione impropria, ha consenso chi promette ed assicura con-

dizioni in cui possono protrarsi o diffondersi condizioni di rendita. La politica diviene dunque parte della cerimonia generale che è un modo di essere dell’equilibrio attraverso il quale sopravvive la società. I comportamenti diversi non sono permessi, perché hanno la natura della profanazione di un rito, ma perché, piú che altro, rischiano di modificare la distribuzione del reddito.

Nel Mezzogiorno la rendita diffusa non è una remunerazione di un fattore produttivo maggiore di quella del suo possibile impiego alternativo, non deriva da scarsità o anelasticità dell’offerta o da limitazioni all’entrata in un mercato; è anche tutto questo ma non è solo questo. Nel Mezzogiorno la rendita è remunerazione per un ruolo ed un compito non coessenziale al normale svolgimento della vita comune e sociale; è la remunerazione di un ruolo e di un compito creati ad arte non sempre da un singolo, ma tollerati dal- l’intera società, o di un lavoro condotto volutamente ad un tasso di efficienza al di sotto di quello riscontrabile altrove. La si riscon- tra nel citato caso del posteggiatore abusivo, o nella imposizione di un “pizzo” da pagare per l’esercizio di una attività economica, ma anche in chi elude i controlli sul proprio orario di lavoro o in chi non si aggiorna professionalmente e continua a svolgere una pro- fessione ad un tasso di conoscenza al di sotto di quello che dovrebbe avere. È qualcosa di piú di un modo di essere di un sistema corporativo, a meno che non si voglia generalizzare una condizione storicamente ben definita. Siamo piú prossimi al red-

dito non sudato e/o ottenuto per un ruolo non necessario.

La letteratura scientifica disponibile dimostra che in presenza di condizioni di tal genere si ha una piú bassa produttività del

sistema e una piú alta disoccupazione. Ne consegue che via via che il meccanismo di mercato meglio funziona, e quanto piú si allarga l’area del suo operare, tanto piú si riducono i poteri “corporativi”, e viceversa.

Questi vincoli si presentano nel Mezzogiorno con effetti macroeconomici potenziati, perché, per il fatto che nell’area sono scarse le attività destinate all’esportazione (extra-regionale o nazionale), le condizioni di rendita non sono pagate da “altri”; nelle stesse attività “locali” (ad esempio nel campo delle costru- zioni) non sono un arricchimento che ricade sulla comunità, ma un arricchimento di qualcuno a danno di altri. Naturalmente lo “scambio corrotto” attraverso il quale qualcuno ottiene a suo favore quello che ad altri è negato, rappresenta la sublimazione di condizioni di rendita e, quindi, non concorrenziali.