Prima di scendere nei dettagli di questa scuola di riflessione sociologica, è op- portuno richiamarne in sintesi la concezione della società e della scuola (Weber, 2003-2006 e 2006; Collins, 1980; Barbagli, 1978a e b; Benadusi, 1984; Capello, Dei e Rossi, 1982; Morgagni e Russo, 1997; Milanesi, 1997; Crespi, 2002; Sa- dovnik, 2002; Besozzi, 2006; Schizzerotto e Barone, 2006; Fischer, 2007; Ballan- tine e Spade, 2008; Poggi e Sciortino, 2008; Ballantine e Hammack, 2009; Ribolzi, 2012). la prima si situa all’opposto di quella funzionalista e, infatti, il centro del- l’attenzione non è dato, come in quest’ultima, dal sistema sociale ma dal gruppo
e/o dall’organizzazione in relazione ad altri gruppi od organizzazioni. i processi sono caratterizzati dalla lotta – e non dalla collaborazione come nel funziona- lismo – fra gli individui entro le organizzazioni o fra le organizzazioni per la realiz- zazione dei loro obiettivi. in tale situazione di conflitto come è possibile assicurare la sopravvivenza del sistema? l’integrazione sociale è garantita non dalla socializ- zazione ai valori comuni, ma nei gruppi dalla convergenza degli interessi e dalla cultura comune e fra i gruppi dal dominio di un gruppo e la sottomissione degli altri, resi possibili dalla presenza di un apparato coercitivo e dal principio di legitti- mità. in sostanza, i modi di aggregazione degli individui sarebbero tre: due nella società, sulla base degli interessi economici o culturali, e sarebbero le classi e i ceti; uno in relazione allo Stato per l’azione dell’apparato di dominio e consisterebbero nei partiti. il cambiamento non dipende dalla devianza, come nel funzionalismo, ma dal conflitto tra i gruppi e le organizzazioni per il perseguimento dei loro inte- ressi. la stratificazione sociale non è un meccanismo necessario per assicurare il funzionamento della società, non è richiesta dalle esigenze oggettive di quest’ul- tima, ma è il risultato dei rapporti di forza tra i gruppi.
Per ragioni di chiarezza preciso subito quale è la concezione della scuola/FP. in sintesi, essa viene pensata come luogo-strumento di apprendimento e soprattutto di lotta: per il potere, la ricchezza e lo status; per l’acquisizione di competenze tec- niche; per la trasmissione della cultura di ceto e per l’integrazione in un ceto e il suo prestigio; per la formazione della burocrazia e per il potere tra e dentro le orga- nizzazioni formali. Tuttavia, sulle funzioni del sistema di istruzione e di forma- zione tornerò più ampiamente in seguito nella seconda sezione; la prima sarà in- vece dedicata a una valutazione del funzionalismo, la terza a un approfondimento di un aspetto della concezione neo-weberiana circa la scuola/FP, la teoria cioè del mercato culturale e la quarta sezione a un bilancio generale.
1.6.1. Analisi critica della teoria tecno-funzionalista
Negli Stati Uniti, come negli altri Paesi sviluppati, la scuola/FP ha assunto una importanza centrale dopo la seconda guerra mondiale (Collins, 1978a e 1980; Be- nadusi, 1984; Capello, Dei e Rossi, 1982; Morgagni e Russo, 1997; Milanesi, 1997; Crespi, 2002; Sadovnik, 2002; Besozzi, 2006; Schizzerotto e Barone, 2006; Fischer, 2007; Ballantine e Spade, 2008; Ballantine e Hammack, 2009; Ribolzi, 2012). Ciò risulta tra l’altro dai seguenti dati: l’istruzione e la formazione sono la condizione previa per essere assunto in qualsiasi lavoro; esiste una correlazione po- sitiva tra la loro durata e il successo professionale; quest’ultimo è diverso secondo il prestigio della scuola/FP che si è frequentata. Al tempo stesso, però, non bisogna dimenticare che lo status socio-economico influisce notevolmente sulla riuscita scolastica e formativa e nel mondo del lavoro, per cui la scuola/FP non si può con- siderare come l’unico fattore del successo delle persone.
Secondo la teoria tecno-funzionalista l’enorme espansione dei sistemi di istru- zione e di formazione che si è verificata dopo la seconda guerra mondiale andrebbe
attribuita al ritmo incalzante del progresso tecnologico. infatti, la sua crescita com- porterebbe più lavori specializzati e questi a loro volta richiedono più competenze per svolgere le varie occupazioni. Siccome è la scuola/FP che fornisce le compe- tenze come, tra l’altro, risulta dal fatto che i lavoratori più istruiti e formati sono anche i più produttivi e i meglio pagati, la conclusione è che a uno sviluppo tecno- logico sempre più rapido si accompagna una domanda crescente di competenze e quindi un’espansione continua della scuola/FP.
il neo-weberianesimo e in particolare Collins non si fanno convincere da questa spiegazione e la criticano punto per punto. il progresso tecnologico non comporterebbe in maniera generalizzata un aumento dei lavori specializzati: solo una percentuale minoritaria dell’innalzamento del livello d’istruzione e di forma- zione della forza lavoro sarebbe addebitabile allo sviluppo delle nuove tecnologie. Neppure sembrerebbe convincere l’assunto secondo cui la crescita di occupazioni specialistiche richieda più competenze per il lavoro, perché non sarebbe infre- quente il caso di una manodopera troppo istruita
Per questa scuola di pensiero è anche discutibile che la scuola/FP fornisca le competenze. infatti, dell’assunto che i lavoratori più istruiti sono veramente i più produttivi esistono solo prove indirette globali che si basano sul dato che l’apporto dell’istruzione corrisponderebbe alla parte del PNl non spiegata da capitale e la- voro. in aggiunta, ci sarebbero delle obiezioni più sostanziali: la tesi dei tecno-fun- zionalisti non distingue tra gli apporti dell’istruzione/formazione, dell’esperienza di lavoro, della sua organizzazione e delle motivazioni del soggetto, mentre tale di- stinzione, se fatta, porterebbe a un forte ridimensionamento dell’impatto dell’istru- zione e della formazione; inoltre, è stato osservato che lo stipendio misura i beni prodotti non l’educazione ricevuta.
Né vale dire, da parte sempre dei tecno-funzionalisti, che nei Paesi in cui si ri- scontra un maggiore sviluppo economico si registra anche una crescita degli iscritti alla scuola/FP. infatti, qual è la direzione nella causalità? Un paese è più ricco perché ha più studenti o, piuttosto, bisognerebbe dire che ha più studenti perché è più ricco? inoltre, si notano variazioni di iscritti tra Stati con sviluppo economico equivalente, un andamento che sembrerebbe dire che la correlazione tra le due va- riabili, crescita economica ed espansione della scuola/FP, non è poi molto stretta. Delle tesi dei tecno-funzionalisti al riguardo, i neo-weberiani sembrano accettare solo l’assunto che la ‘universalizzazione della scuola elementare deve precedere lo sviluppo economico e, più esattamente, il passaggio da un modello di produzione agricolo a uno industriale richiede l’introduzione previa di una istruzione primaria di massa.
Nonostante ciò, a loro parere le competenze generalmente non si imparano a scuola: gli operai le apprenderebbero sul lavoro e casualmente e i lavoratori intel- lettuali più sul lavoro che non a scuola. È stato osservato in contrario che l’appren- dimento sul lavoro è possibile ordinariamente solo perché a monte, nella scuola e nell’università, sono state acquisite le competenze di base di differente livello.
Secondo i neo-weberiani e in particolare Collins la crescita di livello dei titoli di istruzione e di formazione richiesti per le varie occupazioni non dipenderebbe necessariamente dal progresso tecnologico. Sono d’accordo, se questo assunto vuole negare che lo sviluppo della scuola/FP sia condizionato unicamente dalla dif- fusione crescente delle tecnologie; non mi sembra, invece, condivisibile il voler escludere completamente l’incidenza del progresso tecnologico sulla recente espan- sione dei sistemi di istruzione e di formazione, tenendo anche presente che attual- mente viviamo in un sistema sociale che viene definito come “società della cono- scenza”.
Ad essere criticati non sono solo gli assunti dei tecno-funzionalisti sul rapporto tra istruzione ed economia, ma anche la loro concezione della stratificazione so- ciale. il presupposto principale dell’interpretazione funzionalista era che le esi- genze della società determinano un numero fisso di posti di lavoro e una richiesta precisa di competenze, il cui valore sociale è diverso, per cui le posizioni sociali si distribuiscono su una gerarchia che sarebbe oggettiva. Secondo i neo-weberiani la tesi dei tecno-funzionalisti non spiegherebbe l’influsso dei fattori ascritti – indipen- denti cioè dalla volontà e dal merito degli attori sociali, come età, sesso, razza – sul successo professionale; a loro parere, invece, il numero delle occupazioni e le loro competenze non sono fissati in assoluto, ma trovano la loro ragion d’essere nei rap- porti di forza tra i gruppi; pertanto, nella stratificazione non ci sarebbe nulla di og- gettivo, ma sarebbe condizionata dal potere reciproco degli attori sociali e delle loro aggregazioni.
A questo punto è opportuno scendere più nei particolari. Secondo i neo-webe- riani, la società costituisce un luogo di lotta tra i ceti per appropriarsi delle risorse necessarie per la vita che però sono scarse. i ceti, come le classi, le chiese e le etnie, sono le unità di base del sistema: costituiscono gruppi di status con una cul- tura comune; il numero e la gerarchia non sono determinabili a priori; si sovrap- pongono parzialmente in quanto, per esempio, i membri di una chiesa possono pro- venire da più classi sociali e a loro volta queste sono composte da persone di di- verse chiese; l’origine non è solo economica come nel marxismo, ma le aggrega- zioni possono dipendere anche da legami basati sul potere e sulla cultura.
Nelle società complesse, come l’attuale, il conflitto tra i diversi ceti ha luogo molto più frequentemente dentro le organizzazioni che tra le organizzazioni e in particolare nella selezione per l’accesso ad esse e nella mobilità al loro interno. Se- condo i neo-weberiani, la dirigenza recluterebbe i dirigenti dal proprio ceto e i di- pendenti dai ceti subordinati che accettano la superiorità del ceto della dirigenza; inoltre, ciascun ceto cerca di allargare la propria presenza nell’organizzazione dove opera.
in questa linea, l’istruzione e la formazione andrebbero concepite principal- mente come cultura di ceto, come uno “status symbol” – una specie di distintivo, si potrebbe dire – segno dell’appartenenza a un gruppo. Pertanto, la finalità prima della scuola/FP consisterebbe nella trasmissione di tale cultura e non principal-
mente delle competenze, e di conseguenza il controllo sull’istruzione e sulla forma- zione diviene uno strumento di dominio sulle organizzazioni.
Collins ha cercato di offrire una verifica empirica della teoria del conflitto: ten- terò di percorrere i passaggi principali della sua riflessione, fornendo anche delle valutazioni dei vari assunti. Prove delle affermazioni generali si troverebbero so- prattutto in tre proposizioni. Certamente non si può negare che nella società esistono diverse culture di ceto; è sufficiente riflettere sulla varietà di chiese, nazioni, etnie che si riscontra dappertutto. Dentro le organizzazioni le occupazioni tendono a dis- tribuirsi secondo i ceti nel senso che, per esempio, negli Stati Uniti e non solo i bianchi si riscontrano in proporzioni maggiori nei posti di comando rispetto ai negri o i maschi in paragone alle donne; tuttavia, anche se molto gradualmente, tale situa- zione va evolvendo verso un riequilibrio tra le varie posizioni. in terzo luogo, ai va- ri livelli delle organizzazioni sono chiaramente visibili i conflitti per il potere tra le persone; al tempo stesso non si può non ammettere che si riscontra tanta collabora- zione e che il lavoro di gruppo assume un ruolo sempre più diffuso e importante.
Scendendo ancor più sul particolare, Collins ha inteso verificare il legame tra istruzione/formazione e gerarchia professionale. l’ipotesi che viene sostenuta è che il sistema educativo non svolgerebbe il ruolo di preparare persone competenti per le imprese, quanto quello di consentire a queste ultime di selezionare attraverso i titoli scolastici e formativi le persone socializzate alla cultura di ceto dominante, i dirigenti alla cultura di élite e i subordinati a una cultura di rispetto, come si è già anticipato sopra. infatti, secondo i neo-weberiani la scuola/FP educherebbe alla cultura dominante e al rispetto per essa. la prima ragione che viene portata a so- stegno di questa affermazione è che la scuola pubblica è stata istituita per educare la massa alla sottomissione e le élite alla leadership; a mio parere, questa proposi- zione non descrive tutto il quadro dei compiti espletati in quanto è innegabile che il sistema di istruzione e di formazione ha svolto e svolge anche un ruolo di eleva- zione delle classi popolari. in secondo luogo, se è vero che i livelli, i tipi e le se- zioni della scuola/FP trasmettono culture diverse in relazione ai ceti che li frequen- tano principalmente, tuttavia si può osservare che essi insegnano pure un minimo di valori comuni a tutta la società.
la seconda parte del ragionamento a sostegno della tesi appena richiamata è che in corrispondenza all’assunto di Collins secondo cui la scuola/FP inculche- rebbe la cultura dominante e il rispetto di essa, i datori di lavoro userebbero l’istru- zione e la formazione come strumento di selezione culturale nelle assunzioni. in- fatti, esse sarebbero utilizzate non come attestazione delle competenze del candi- dato, ma come segno del carattere e del comportamento dei ceti medi o come stru- mento di controllo normativo al posto degli incentivi o delle sanzioni; a sua volta, la laurea verrebbe presa in considerazione soprattutto come indice delle motiva- zioni e dell’esperienza sociale del candidato e non delle abilità professionali posse- dute. Tuttavia, anche queste sono spiegazioni solo parzialmente verificate che non escludono del tutto che i datori di lavoro si servano dei titoli di studio per verificare
le competenze dei candidati ai vari posti di lavoro. Concludendo, in questa lunga dimostrazione ci si troverebbe di fronte a prove dimostrate solo in parte e quindi la correlazione tra istruzione/formazione e cultura di ceto non può essere considerato l’unico fattore interpretativo della selezione e della mobilità nelle organizzazioni.
la seconda prova riguarda l’influsso della scuola/FP sul successo professio- nale: la tesi è che l’istruzione e la formazione sono tanto più influenti sulla riuscita nel lavoro quanto più rispondono alla cultura del ceto che controlla le assunzioni e non quanto più cresce il livello tecnologico del Paese. infatti, a giudizio dei neo- weberiani esisterebbero due tipi di stratificazione culturale che si corrispondono, uno nel sistema educativo e l’altro nel mondo del lavoro, e che dimostrerebbero l’assunto appena enunciato.
Per esempio, negli Stati Uniti si riscontra una evidente gerarchia tra le scuole: tra le secondarie le prime posizioni sono occupate dalle “prep. schools” (scuole preparatorie), istituzioni private ed esclusive, a cui sono iscritti i cosiddetti “wasps” (white anglosaxon protestants = bianchi anglosassoni protestanti), i discendenti cioè dei primi coloni arrivati nel Paese, in altre parole i membri delle attuali élites, mentre le scuole pubbliche, cattoliche e per i negri sono frequentate dagli allievi dei ceti più bassi e si trovano nelle collocazioni successive della scala; tra le uni- versità si riscontra la medesima articolazione con le università private e quelle prin- cipali di Stato che si situano al vertice e sono frequentate dai “wasps”, cioè dalle élites, mentre sui gradini inferiori vi sarebbero le università cattoliche o per i negri a cui è iscritta la gran massa degli studenti appartenenti alle altre classi.
A questa stratificazione di natura socio-culturale tra le istituzioni formative corrisponderebbe un’analoga gerarchia fra le imprese e nella loro amministrazione: le società per azioni a diffusione nazionale o internazionale sono dirette dai “wasps”, cioè dai membri della classe dirigente, che vengono da un percorso edu- cativo nelle scuole e nelle università di maggiore prestigio, mentre quelle locali dai membri delle minoranze che hanno frequentato scuole e università che occupano collocazioni più basse; lo stesso andamento si riscontra riguardo alle pubbliche am- ministrazioni (nazionali gestite dai membri della classe dirigente e locali dalle mi- noranze) e agli studi dei professionisti (quelli associati, gestiti dai membri della classe dirigente e quelli individuali, dalle minoranze).
in conclusione, si riscontrerebbe una rilevante corrispondenza tra cultura della scuola/FP e cultura dei datori di lavoro: infatti, le società per azioni e le pub- bliche amministrazioni più importanti richiedono i livelli più elevati d’istruzione e di formazione nelle assunzioni dei dirigenti; inoltre, gli avvocati delle università di élites lavorano nelle grandi organizzazioni legali e i laureati delle scuole di specia- lizzazione occupano le posizioni professionali migliori.
i funzionalisti non hanno mancato di ribattere a queste argomentazioni, di- cendo che le scuole più prestigiose assicurano il successo degli studenti perché pre- parano meglio e le imprese più importanti chiedono una istruzione elevata perché garantisce persone preparate. A loro volta, i neo-weberiani non hanno mancato di
ribadire che l’interesse principale dei datori di lavoro sarebbe per la socializzazione ai valori dominanti. A mio parere questa riposta spiega soltanto una parte del pro- blema e la giustificazione va ricercata in tutte e due le posizioni e anche negli ap- porti di altre scuole di pensiero.
1.6.2. La teoria generale delle funzioni educative
incomincio con il precisare le posizioni del neo-weberianesimo rispetto alle altre teorie (Collins, 1978ab e 1980; Benadusi, 1984; Capello, Dei e Rossi, 1982; Morgagni e Russo, 1997; Milanesi, 1997; Sadovnik, 2002; Besozzi, 2006; Schizze- rotto e Barone, 2006; Fischer, 2007; Ballantine e Spade, 2008; Ballantine e Ham- mack, 2009; Ribolzi, 2012). Anzitutto, riguardo al funzionalismo secondo il quale il ruolo principale della scuola/FP sarebbe di realizzare l’integrazione sociale e l’ac- quisizione delle competenze. Per il neo-weberianesimo, questa interpretazione sa- rebbe corretta ma generica, in quanto non offre indicazioni che servano a spiegare le caratteristiche specifiche di ogni sistema educativo
Con il marxismo la scuola di pensiero sotto analisi condivide l’assunto che l’e- ducazione è uno strumento di lotta per il dominio; al tempo stesso lo critica per il suo riduzionismo. infatti, Collins non ritiene che il conflitto abbia un’origine solo economica e che riguardi solo le classi che sarebbero di natura unicamente socio- economica.
Per i neo-weberiani, l’educazione è certamente un mezzo di lotta per il do- minio tra i gruppi, come per il marxismo; essi, però, si distinguono per il fatto che i fattori del conflitto non sarebbero solo economici, ma anche culturali, sociali e po- litici. Con il funzionalismo, essi condividono l’assunto che l’educazione è uno stru- mento di integrazione, ma si differenziano per l’affermazione secondo cui l’inte- grazione riguarderebbe i gruppi e non l’intera società.
Passando ora a precisare quali siano i compiti della scuola/FP secondo i neo- weberiani, si può dire anzitutto che essa costituisce non solo uno strumento per tra- smettere le competenze tecniche, ma anche e principalmente una componente della lotta per acquisirle. il funzionalismo tecnico viene criticato correttamente perché considera la formazione delle competenze come l’unica funzione della scuola/FP; si ha però l’impressione che Collins arrivi all’altro estremo nel senso di escluderla dai compiti del sistema di istruzione e di formazione. in questa linea, egli ritiene che l’apprendimento delle competenze tecniche avverrebbe generalmente in ma- niera informale e non in un contesto formalizzato come quello scolastico; a nostro parere ciò può essere vero solo in una società agricola, ma non in una società com- plessa come l’attuale. Comunque, egli ammetterebbe che alcune competenze si ap- prenderebbero a scuola, però senza formalizzazione, e farebbe il caso soprattutto della scuola di base; in contrario si può osservare che anche nella scuola di base è necessaria una certa formalizzazione con valutazioni, esami, regolamenti. Per i neo-weberiani, si ricorrerebbe a una struttura formale nelle scuole superiori o nelle università solo quando ciò è richiesto da un’organizzazione professionale potente,
come per esempio i ragionieri, i medici, gli avvocati o gli ingegneri, che vuole di- fendere i suoi privilegi; tuttavia, a mio parere, la formazione di base elevata, come quella che viene data nelle scuole superiori e nelle università, richiede per sua na- tura una struttura che faciliti lo svolgimento delle operazioni complesse relative a processi di insegnamento/apprendimento di livello elevato e che ne certifichi in maniera affidabile il valore.
Un altro compito dell’istruzione e della formazione va identificato nel trasmet- tere una cultura di ceto e principalmente nel fornire un mezzo di lotta per l’integra- zione culturale e per difendere il prestigio di determinati ceti. Storicamente questa sarebbe stata la funzione principale e consisterebbe nella preparazione a cerimonie e a rituali in vista dell’identificazione con un determinato gruppo; tuttavia, a mio parere, la cultura generale insegnata nella scuola/FP non si può confondere con l’e- tichetta, ma include dei contenuti, come per esempio i capolavori della letteratura,