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Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale

Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271 Proposta di modifica Relazione illustrativa Art. 121

1. Oltre che nei casi previsti dall’art. 389 del codice, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l’applicazione di

misure coercitive.

2. Nel caso di liberazione prevista dal comma 1, il giudice, nel fissare l'udienza di convalida, ne dà avviso, senza ritardo, anche alla persona liberata.

Art. 121

1. Oltre che nei casi previsti dall’art. 389 del codice, il pubblico ministero, fatta eccezione

per l’ipotesi di cui all’art. 384-bis del codice,

dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l’applicazione di una delle misure di cui agli

articoli 284, 285, 285-bis e 286 del codice.

2. Identico.

Si propone, nella logica di contenere i casi di allocazione in carcere dei soggetti destinatari di misure precautelari nelle more del giudizio di convalida (che sta alla base anche della modifica dell’art. 386), di rendere più stringente l’obbligo del pubblico ministero di disporre immediatamente, prima della udienza di cui all’art. 391, la liberazione dell’arrestato o del fermato, prescrivendo che l’organo d’accusa debba così procedere non solo quando, come prescritto dalla disciplina oggi vigente, non debba chiedere l’applicazione di alcuna misura coercitiva, ma anche tutte le volte in cui la misura coercitiva, che intenda comunque richiedere, non sia una di quelle previste dagli artt. 284 (arresti domiciliari), 285 (custodia in carcere), 285-bis (custodia in istituto a custodia attenuata per detenute madri) e 286 (custodia in luogo di cura).

E’ espressamente esclusa l’operatività della disposizione de qua, nella versione proposta, rispetto all’ipotesi in cui, ai sensi dell’art.

384-bis (introdotto dalla recente legge n. 119 del

2013), sia stata disposta la misura precautelare dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.

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Art. 146-bis

Partecipazione al dibattimento a distanza

1-Quando si procede per taluno dei delitti indicati nell’art. 51 comma 3 bis, nonché nell’art. 407, comma 2 lettera a) n. 4 del codice,

nei confronti di persona che si trova, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere, la

partecipazione al dibattimento avviene a distanza nei seguenti casi:

a) quando sussistano gravi ragioni di sicurezza ed ordine pubblico;

b) qualora il dibattimento sia di particolare complessità e la partecipazione a distanza risulti necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento. L’esigenza di evitare ritardi nello svolgimento del dibattimento è valutata anche in relazione al fatto che nei confronti dello stesso imputato siano contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie; 1-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modificazioni, nonché, ove possibile, quando si deve udire, in qualità di testimone, persona a qualunque titolo in stato di detenzione presso un istituto

Art. 146-bis

Partecipazione al dibattimento a distanza

1. Quando si procede nei confronti di persona

che si trova in stato di detenzione per taluno

dei delitti indicati nell’art. 51 comma 3 bis, nonché nell’art. 407, comma 2 lettera a) n. 4 del codice, la partecipazione al dibattimento, anche

per fatti diversi, avviene a distanza nei

seguenti casi:

a) Quando sussistano gravi ragioni di ordine

pubblico e di sicurezza, anche penitenziaria;

b) qualora il dibattimento sia di particolare complessità e la partecipazione a distanza risulti necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento. L’esigenza di evitare ritardi nello svolgimento del dibattimento è valutata anche in relazione al fatto che nei confronti dello stesso imputato siano contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie;

1-bis. Identico

Le modifiche proposte tendono ad ampliare, e razionalizzare, il ricorso allo strumento della partecipazione a distanza al dibattimento tramite il sistema della videoconferenza.

La proposta di modifica del comma 1 tende ad evitare che, per un detenuto con più processi pendenti, la videoconferenza possa essere attivata solo laddove si proceda per i delitti indicati nell’art. 51, comma 3-bis e 407, comma 2, lettera a), n. 4 c.p.p., dovendo, invece, garantire la presenza in aula per tutti gli altri processi, vanificando così le finalità che lo strumento persegue. La proposta di modifica del comma 1 rende possibile per il Giudice, nel caso sussistano le specifiche esigenze indicate dalle lettere a) e b), l’attivazione della videoconferenza per un detenuto ristretto per taluno dei delitti indicati, anche nel caso in cui si proceda per fatti diversi.

La riformulazione della lettera a) del comma 1 estende la possibilità per il Giudice di attivare il procedimento di partecipazione a distanza al dibattimento anche quando sussistano specifiche esigenze di sicurezza connesse allo stato di detenzione, anche sulla base di specifica richiesta dell’Amministrazione penitenziaria che dia conto di concreti pericoli: si pensi, a titolo esemplificativo, al rischio di evasione

connesso alla traduzione, ovvero

all’inopportunità dell’assegnazione del detenuto in istituti prossimi alla sede di giustizia per comportamenti che abbiano destabilizzato

91 penitenziario, salvo, in quest’ultimo caso,

diversa motivata disposizione del giudice.

l’ordine e la sicurezza penitenziaria, con eventuale applicazione del regime di sorveglianza particolare ex art. 14-bis legge 354/1975.

Il miglioramento della qualità dei collegamenti tramite la c.d. “telepresenza”, resa possibile dai recenti sviluppi tecnologici, rappresenta un importante strumento per contemperare il diritto alla partecipazione al processo con il dovere, per l’Amministrazione penitenziaria, di garantire le esigenze di sicurezza, determinando, tra l’altro, un forte contenimento della spesa pubblica.

Art. 240

Trattamento sanitario del detenuto

1. Il provvedimento previsto dall’art. 11 comma 2 della L. 26 luglio 1975, n. 354 è adottato con ordinanza dal giudice che procede. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il magistrato di sorveglianza.

2. Il provvedimento è revocato appena sono cessate le ragioni che lo hanno determinato e può essere modificato per garantire le esigenze di sicurezza che siano sopravvenute. La competenza per la revoca e per la modifica è determinata a norma del comma 1.

Art. 240

Trattamento sanitario del detenuto

Soppresso

La soppressione consegue alla modifica del comma 2 dell’art. 11 ord. penit. (v. rel. ill. sub art. 11, legge n. 354/75)

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