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NORME FONDAMENTALI, FINI ULTIMI

Nel precedente capitolo abbiamo visto che alla base dell'Ecosofia T, e quindi anche dell'etica ambientale di Naess, si trova un'ontologia ambientale che potrebbe essere chiamata “ontologia della Gestalt”, a partire dalle cui ipotesi noi, attraverso l'uso della nostra saggezza, possiamo ricavare delle norme di comportamento. Questo perché:

“Le nostre opinioni su quello che si deve, o si dovrebbe fare, dipendono in gran parte dalle nostre ipotesi circa il modo in cui il mondo è organizzato. Parlando di ecologia, questo significa che le nostre norme dipendono dal modo in cui consideriamo le relazioni di interdipendenza che esistono all'interno della biosfera”167.

Nei precedenti capitoli abbiamo già incontrato diverse norme e principi guida parlando del movimento dell'Ecologia Profonda.

Tra questi principi c'è il credere che ogni forma di vita possegga un valore intrinseco, indipendente da qualsiasi considerazione utilitaristica, e il principio dell'“egualitarismo biosferico”, secondo cui questo valore è uguale per tutti e che dunque non ci siano esseri che hanno più diritto a vivere di altri.

Queste norme di importanza fondamentale non sono però “fondamentali” dal punto di vista logico-deduttivo, ovvero non costituiscono il principio di base del sistema etico di Naess, ma sono solo il secondo e terzo anello di una catena che 167 Naess, A. Ecosofia. Op. cit., p. 90.

parte da un'unica norma, quel principio su cui noi possiamo basare la nostra intera esistenza, per arrivare fino alle regole particolari, che riguardano situazioni specifiche.

Questa norma fondamentale è racchiusa in un termine che potremmo usare per riassumere tutto il pensiero ecofilosofico di Naess: “autorealizzazione” o “realizzazione del sé”168.

O meglio “autorealizzazione!”, con il punto esclamativo che Naess usa spesso per sottolineare il senso imperativo di un'idea che ci richiede di agire in un certo modo.

L'autorealizzazione è concepita da Naess come un processo continuo che porta verso una sempre maggiore perfezione e come fine fondamentale, verso cui le nostre azioni sono (o almeno tendono a essere) orientate.

“Nella sistematizzazione dell'Ecosofia T, l'espressione 'realizzazione del Sé' è usata per indicare un certo tipo di perfezione. Essa è concepita come un processo, ma anche come un fine fondamentale, con un uso particolare del termine 'finale': finale in senso logico nell'esposizione sistematica dell'Ecosofia T. L'espressione si riferisce all'autorealizzazione personale e collettiva, ma anche a una manifestazione della realtà come totalità”169.

Egli vede in ogni forma di vita uno slancio vitale, una tendenza che non mira solamente all'autoconservazione e al progredire della specie, ma anche a 168 La parola usata da Naess nel testo originale in norvegese è Selv-realisering, termine che possiede

una sfumatura di sviluppo e processualità che si perde sia nella traduzione inglese, self-realization, che in quella italiana.

realizzarsi pienamente come individuo e, in ultima analisi, come membro della sua specie e di una Gestalt ancora maggiore, che comprende tutto ciò che si dà in Natura.

Il tipo di autorealizzazione intesa da Naess non è infatti quella del pensiero individualistico e utilitaristico che è predominante nei paesi occidentali avanzati170, per cui la realizzazione di se stessi spesso significa dimostrare una

supremazia sull'altro nella forma del successo o dell'appagamento personale. Al contrario, l'autorealizzazione all'interno dell'Ecosofia T è profondamente legata alla necessità di condividere le nostre gioie e i nostri dolori con gli altri, e si articola come un processo che va dall'individuale all'universale.

Questa idea, insieme ad altri aspetti dell'Ecosofia T ma anche dell'Ecologia Profonda in generale, è profondamente influenzata dall'Etica di Baruch Spinoza, come Naess stesso tiene a sottolineare in qualità di grande estimatore del filosofo olandese sin dall'età di diciassette anni171.

A ciò, come vedremo, si aggiunge un concetto di Sé “esteso” che deriva dalla filosofia orientale e in particolar modo dal pensiero di Gandhi.

170 Ivi, p. 104.

171 Naess, A. “Spinoza e il Movimento dell'Ecologia Profonda”, in Introduzione all'Ecologia. Op. cit., p. 142.

5.1 - Da Spinoza a Naess

“Spinoza non scrive nulla sulla bellezza della natura selvaggia. Forse non ne ha mai parlato. Niente sul litorale dei Paesi Bassi, sulle tempeste, sulla varietà della luce e del buio, sugli uccelli marini. Esistevano persone attorno a lui, i pittori paesaggisti olandesi, che hanno apprezzato tutto ciò. Forse anche lui l'ha fatto, ma ciò ha influenzato a malapena quel che dice nell'Etica. Ciò che dice sugli animali non sottintende che egli abbia avuto un ampio o profondo senso di identificazione con essi”172.

Così scrive Naess in un saggio del 1993 intitolato Spinoza e il movimento

dell'Ecologia Profonda; eppure, continua, il suo tipo di filosofia della vita, la sua

struttura di visione totale, ha ispirato molti sostenitori del movimento dell'Ecologia Profonda, Naess compreso. Non è infatti necessario attribuire a Spinoza l'etichetta di ecologista ante litteram, cosa che sarebbe anacronistica, per trovare dei punti di contatto tra la sua visione del mondo e quella che si è venuta a formare all'interno del movimento ecologista ed in particolare del movimento della Deep Ecology.

In primo luogo la natura concepita dagli ecologisti non è la natura passiva, neutra in quanto a valore, della scienza meccanicistica, ma assomiglia al Deus

sive Natura di Spinoza. La formula “Dio, o la Natura” riassume la concezione

panteistica di Spinoza per cui Dio si identifica con la Natura con la N maiuscola, ovvero l'Universo, la Creazione.

Nell'interpretazione del filosofo olandese, Dio esiste necessariamente in virtù della sua stessa essenza, è l'unica sostanza esistente e al contempo il creatore di ogni cosa, dunque anche di se stesso. Ciò si traduce in una concezione immanentistica, per cui Dio è in tutte le cose che esistono e, viceversa, tutte le cose sono in Dio.

Capiamo meglio come questa concezione si presti ad essere fonte di ispirazione per gli ecologisti quando ricordiamo che per Spinoza Dio, e dunque la Natura, ha in sé due aspetti: quello di natura naturans, con cui si intende il Dio/Natura come causa primigenia e potenza creatrice dell'Universo, e quello di

natura naturata, ovvero l'insieme dei suoi stessi effetti, il Creato in cui il

Dio/Natura si manifesta e si attua o, se vogliamo, la “natura” con la n minuscola. Nella metafisica di Spinoza, dunque, la natura non è pura e semplice materia senza vita o volontà propria, ma partecipa di quella forza creatrice, dinamica e perfetta che è il Dio/Natura. Questa concezione della natura ha molte affinità con quella che ne hanno gli ecologisti, infatti Naess definisce la natura della Deep

Ecology come “omnicomprensiva, creativa (come la natura naturans),

infinitamente ricca, e viva nel senso più ampio del panpsichismo”173.

In secondo luogo, quel dualismo spirito/materia, anima/corpo, uomo/natura, che ha lungamente prevalso nella storia del pensiero moderno, non trova posto in Spinoza: il pensiero e l'estensione (res cogitans e res extensa) non sono due realtà separati come erano in Cartesio, ma sono entrambi aspetti di una sola realtà, la Natura, “e la perfezione li caratterizza entrambi”174 in quanto tutto ciò

173 Naess, A. “Spinoza e l'Ecologia”, in Introduzione all'Ecologia. Op. cit., p. 128. 174 Spinoza, B. Etica. ETS, 2010, 3D6, p. 77.

che esiste è in sé compiuto così com'è compiuto il Dio/Natura175.

C'è dunque una forte affinità fra il monismo di Spinoza e il pensiero del movimento dell'Ecologia Profonda, in quanto entrambi respingono la separazione spirito/materia e uomo/natura come una concezione che non trova fondamento nella realtà. Sia la filosofia di Spinoza che l'ecosofia di Naess, inoltre, sono olistiche da un punto di vista ontologico, perché concepiscono la natura come un tutto unico, dove ogni cosa è connessa con ogni altra cosa da una rete di relazioni causa/effetto intrinseche176.

In conclusione, quello che Naess sostiene è che non sarebbe una contraddizione ricavare da Spinoza un fondamento per quelli che sono due dei temi principali dell'Ecologia Profonda: il tema del valore intrinseco e quello dell'egualitarismo biosferico. Se ogni cosa che esiste è una manifestazione del

Deus sive Natura e se ogni cosa partecipa della sua perfezione allo stesso modo,

è chiaro che ogni cosa avrà un valore di per sé, in quanto tale, e questo valore sarà uguale per ogni cosa che compone l'Universo, che sia un individuo, una specie, un ecosistema o il pianeta Terra preso nel suo intero.

L'influenza principale di Spinoza sul pensiero di Naess, però, si ravvede nel già menzionato concetto di “autorealizzazione”, che il filosofo norvegese fa diventare il principio e la norma fondamentale della sua Ecosofia T.

175.Ibidem, p. 129.

Si veda anche: Spinoza, B. Etica. Op. cit., 2P2, p. 79. 176 Naess, A. “Spinoza e l'Ecologia”, op. cit., p. 130.

5.2 - Perseverare In Suo Esse o la Realizzazione del Sé

Secondo Spinoza “ciascuna cosa, nel suo essere in sé, tende a continuare nel suo essere”177, ovvero si sforza naturalmente di autoconservarsi, di continuare a

vivere e, laddove ne abbia la possibilità, di aumentare la propria potenza e migliorare il proprio status.

Questo conatus è un impulso fondamentale che costituisce l'essenza di tutto ciò che esiste in natura, quindi non solo gli esseri umani ma anche di tutti gli altri enti naturali. Per noi umani ciò è anche alla base delle nostre considerazioni di tipo morale, giacché tendiamo a considerare “buono” ciò che desideriamo e che riteniamo esserci utile e “cattivo” ciò che invece temiamo possa esserci nocivo178. Questo tipo di valutazione riguardante l'utile è l'unico tipo di

valutazione che ha senso fare, giacché la Natura di Spinoza è essenzialmente a-

morale, moralmente neutra, dato che in essa tutto avviene in base alla necessità e

al determinismo.

Un concetto simile al conatus di Spinoza è presente in altre filosofie più o meno dichiaratamente ispirate alla sua. Nel secondo capitolo abbiamo già citato Schopenhauer, con la sua volontà di vivere, come ispiratore di Albert Schweitzer179 e di un certo filone della filosofia ambientale focalizzato sul

rispetto della volontà di vivere di tutti gli esseri viventi, indipendentemente dalla loro intelligenza o dalla loro statura morale. Tuttavia Naess tende a non menzionare questi autori, ma si richiama direttamente alla fonte principale di 177 “Unaquaeque res, quantum in se est, in suo esse perseverare conatur”. Spinoza. B. Etica. Op. cit.,

3P6, p. 157.

178 “Noi non cerchiamo, vogliamo, appetiamo né desideriamo qualcosa perché riteniamo che sia buona; ma, al contrario, noi giudichiamo buona qualcosa perché la cerchiamo, la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo”. Spinoza, B. Etica. Op. cit., 3P9, p. 161.

ispirazione, che lui identifica esplicitamente con Spinoza.

L'unica eccezione è Henry Bergson, che nomina più di una volta in associazione a Spinoza all'interno dei suoi scritti e anche in un'intervista, in cui dichiara che “insieme a Spinoza, egli [Bergson] è uno dei più importanti precursori del movimento dell'Ecologia Profonda su cui sto lavorando”180.

Effettivamente la lettura che Naess dà del conatus e della natura naturans di Spinoza ha molti punti di contatto con lo “slancio vitale” di cui parla Bergson in

Evoluzione Creatrice.

L'autorealizzazione dell'Ecosofia T infatti non è un adattamento passivo, un cercare di sopravvivere nonostante le avversità, ma si esprime come una forza creativa in costante movimento, che pervade ogni forma di vita in una costante tensione a manifestarsi e ad espandersi181. Nelle parole di Bergson:

“Come il minimo granello di polvere è solidale coll’intero sistema solare vien con esso trascinato dall’indiviso moto di discesa che costituisce a materialità, così tutti gli esseri organici dal più umile al più perfetto, dalle prime origini della vita sino ai tempi nostri, e in tutti i luoghi e i tempi, non fanno che rivelare ai nostri occhi un’unica spinta, inversa al movimento della materia e, in sé, indivisibile. Tutti i viventi sono uniti e tutti cedono allo stesso formidabile impulso: l’animale ha nella pianta il suo punto d’appoggio, l’uomo è a cavalcioni dell’animalità e l’umanità tutt’intera, nello spazio e nel tempo, è un esercito immenso avanzante al fianco di ciascuno di noi, avanti e dietro di noi, in una carica irresistibile capace di spazzar via tutte le resistenze, di oltrepassare una quantità d’ostacoli, forse persino la morte.”182

180 Naess, A. "Det handler om planetens overlevelse" ("It is a matter of the survival of this planet"). Intervista Klassekampen, 05.09.92. Tradotta da Peder Anker e da lui riportata in: Anker, P. "On Ultimate Norms in Ecosophy T", in The Trumpeter, 1998, p. 1.

181 Naess, A. Ecosofia. Op. cit., p. 105.

Il primo aspetto che emerge dalla lettura che Naess fa del conatus di Spinoza e Bergson è che esso svela la fondamentale unità della natura nel suo cercare di continuare a vivere e prosperare: non c'è un ente naturale che desideri di realizzarsi meno di altri, benché alcuni abbiano uno raggio di azione più ampio di altri. E, se tutti gli esseri sono parte integrante del Deus sive Natura, e tutti aspirano a vivere allo stesso modo, che diritto abbiamo noi esseri umani di credere che i nostri desideri siano oggettivamente più importanti di quegli degli altri? Che diritto abbiamo di distruggere la vita altrui per soddisfare bisogni che per noi non sono vitali, come quelli dettati dal consumismo e dal mito della crescita economica infinita?

Il passo successivo è, dunque, ammettere che ogni essere dovrebbe avere la possibilità di dispiegare le proprie potenzialità e autorealizzarsi: anche piante e animali, come noi, hanno “il diritto alla vita”183.

Il secondo aspetto, e qui ritorna fondamentale un pensiero che appartiene strettamente a Spinoza, il perseverare in suo esse non è un atto puramente egoistico che si manifesta in una lotta di tutti contro tutti ma, al contrario, esso necessita “di condividere gioie e dolori con gli altri”184. Questo è forse l'aspetto

più importante della “realizzazione del Sé”, come vedremo nella sezione successiva.

183 Naess, A. Ecosofia. Op. cit., p. 208. 184 Ibidem, p. 104. Corsivo mio.

5.3 - Autorealizzazione e Identificazione

L'uomo, come ogni altra creatura, aspira a realizzare se stesso, ma che cosa significa esattamente “realizzare se stessi”? E in che modo realizzare se stessi può essere un atto solidale con gli altri e addirittura ecologico?

Per rispondere a queste domanda dobbiamo chiederci non solo quale sia l'impulso che guida le nostre azioni ma soprattutto quale sia l'obiettivo, il fine verso cui ci muoviamo, e come possiamo cercare di realizzarlo.

A partire dalla parte terza dell'Etica, dedicata ai moti dell'animo umano, fino alla quinta e ultima parte, dedicata alla potenza dell'intelletto o alla “libertà umana”, Spinoza mostra un quadro dell'essere umano come una creatura che, per sua natura, cerca costantemente di aumentare la propria potentia185.

Essere potenti, per Spinoza, non significa essere in grado di prevaricare gli altri, ma semplicemente avere la capacità di realizzare i nostri desideri e il nostro potenziale, di “perseverare nel proprio essere” in maniera attiva piuttosto che passiva.

Aumentare la propria potenza coincide con il raggiungere un maggior grado di perfezione, giacché per Spinoza questo conatus è l'essenza stessa di tutto ciò che esiste, quindi attuare se stessi vuol dire anche tendere alla perfezione186.

Paolo Cristofolini, grande conoscitore di Spinoza, scrive che egli “identifica la perfezione con la realtà: ciò che è più perfetto è più reale, e la gioia, in quanto perfezionamento, è realizzazione”187.

La realizzazione del sé, secondo Naess, sta proprio in questo: aumento di 185 Spinoza, B. Etica. Op. cit., 3P11-12, pp. 161-163.

186 Ibidem, 3P7, p. 159.

potenza, aumento di perfezione. L'aspetto più affascinante è che questo impulso a realizzare se stessi, e quindi l'aumento di potenza e il conseguente aumento di perfezione, sono strettamente legati al concetto di gioia. Spinoza, infatti, definisce la gioia, in latino laetitia, come “il passaggio dell'uomo da una minore a maggiore perfezione”188.

Si può parlare di diversi gradi di perfezione perché la perfezione che riguarda gli esseri umani non è un concetto assoluto, una meta a cui si arriva una volta per tutte. Al contrario, il cammino verso la perfezione, e quindi verso la gioia, è un processo dinamico e attivo come lo slancio vitale di Bergson:

“La nostra struttura argomentativa fa uso delle teorie di Spinoza, affermando che esiste una relazione intrinseca fra la gioia (laetitia) e l'accrescimento del potere di realizzazione (potentia). La gioia non si prova a causa della realizzazione di un potenziale, ma fa parte del processo stesso della realizzazione di questo potenziale.189

E ancora:

“Per Spinoza la relazione tra la gioia e l'incremento di perfezione è intrinseca. […] La gioia è collegata intrinsecamente alla crescita in molte cose: perfezione, potenza e virtù, libertà e razionalità, azione, il grado per cui siamo causa delle nostre azioni, e il grado per cui le nostre azioni sono comprensibili con riferimento a noi stessi. Così la gioia costituisce una parte fondamentale della struttura concettuale del sistema di Spinoza”190.

188 Spinoza, B. Etica. Op. cit, 3P11, p. 161.

189 Naess, A. “Self-realization in Mixed Communities of Humans, Bears, Sheep and Wolves”, in The Trumpeter, V. 22, n.1, 2006, p. 91.

Il nostro fine, dunque, è un incremento di perfezione, che secondo Spinoza si accompagna a un incremento di gioia. Ma che cosa significa esattamente, per l'essere umano in particolare, incrementare la propria perfezione? È qui che entra in gioco l'altro.

Secondo Spinoza, infatti, il portare a un perfetto compimento la nostra natura di individui è strettamente legato alla nostra relazione con la comunità in cui viviamo. Limitarsi a seguire le nostre passioni individuali non basta per la nostra piena realizzazione, e dunque per la nostra gioia, anzi esse possono esserci dannose se non illuminate da ragione e consapevolezza. L'uomo realizza pienamente se stesso solo in relazione agli altri, solo se impiega razionalmente le sue facoltà per sviluppare la propria natura di individuo che è anche membro di una comunità.

Del resto, secondo Spinoza è per natura che noi tendiamo a fare ciò che immaginiamo conduca alla gioia non solo noi stessi ma anche gli altri, anche quelli a cui non siamo legati affettivamente, e tendiamo a provare gioia se le nostre azioni sono causa di gioia per gli altri191.

Come osserva Paolo Cristofolini, grande studioso di Spinoza,

“Questo immaginare il miglioramento della collettività a seguito del nostro operare è dunque sprone all'agire razionale: fa parte essenziale della vita del sapiente spinoziano, che non è mai un isolato, ma sempre un membro attivo della vita comune e un artefice di quella libera repubblica disegnata nel Trattato teologico”192.

191 Spinoza, B. Etica. Op. cit., 3P29-30, pp. 179-181. 192 Cristofolini, P. Spinoza per Tutti. Op. cit., p. 35.

Alla base di questo desiderio di portare gioia e perfezione agli altri, secondo Naess, c'è un sentimento di identificazione con gli altri: possiamo provare gioia per gli altri, anche per coloro a cui non siamo legati affettivamente, perché tendiamo a identificarci e a riconoscerci in loro.

L'identificazione fa parte della nostra esperienza spontanea, della nostra visione immediata della realtà: “l'identificazione spontanea è ovviamente più evidente quando reagiamo al dolore di persone che amiamo. Non è che osserviamo tale dolore e, riflettendoci sopra, decidiamo che è male”193. Lo stesso

vale per il concetto di “valore”: secondo Naess non siamo noi che attribuiamo il valore alle cose, questo valore esiste già, intrinsecamente alle cose stesse, e noi semplicemente tendiamo a riconoscerlo spontaneamente, come intuizione. L'identificazione e il riconoscimento di un valore intrinseco vanno di pari passo nello spingerci a cercare di proteggere ciò che ci circonda e che sentiamo fare parte di noi194.

È difficile spiegare come avvenga l'identificazione, ma secondo Naess non c'è niente di eccessivamente romantico o poetico: fa parte del nostro corredo biologico questa capacità di vedere se stessi negli altri e quindi cercare di prendersi cura di loro195. Lo aveva riconosciuto Darwin ponendo la cura degli

altri, in vista della sopravvivenza individuale e della specie, come fondamenta della nascita di comunità sempre più grandi e inclusive196.

193 Naess, A. “Intrinsic Value: Will the Defenders of Nature Please Rise”, in Wisdom in the Open Air : the Norwegian Roots of Deep Ecology. A cura di Peter Reed e David Rothenberg, University of

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