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1

Giuseppe De Robertis, Federigo Tozzi, “ Il Giornale della Sera”, 26-27 marzo 1920.

2

Emilio Cecchi, Uno scomparso: Federigo Tozzi, “ La Tribuna”, 23 marzo 1920.

3

Luigi Pirandello, Con gli occhi chiusi, “ Il Messaggero della Domenica”, 13 aprile 1919.

4

Luigi Pirandello, Con gli occhi chiusi… 5

Giuseppe Antonio Borgese, Tempo di edificare, Milano, Treves 1923 pp.36-7

6

Giuseppe Antonio Borgese, Tempo di edificare…, p.34 7

Giuseppe Antonio Borgese, Tempo di edificare…, pp.38-9 8

Luigi Baldacci, La lezione di Debenedetti, in Tozzi Moderno,

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Federigo Tozzi, Come leggo io, in Realtà di ieri e di oggi, Milano, Ed. Alpes 1928 p. 5.

10

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi, “Aut-Aut”, 78, novembre 1963, poi in Il Romanzo del Novecento, Milano, Garzanti 1971.

11

Giacomo Debenedetti, Il personaggio uomo, Milano, Il Saggiatore p. 94.

12

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi…, p.93. 13

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi…, p.230. 14

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi…, pp. 174-5. 15

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi … , pp.272-3. 16

Giacomo Debenedetti, Con gli occhi chiusi…, p.22. 17

Federigo Tozzi, Pirandello , “ Rassegna Italiana”, 15 gennaio 1919, pp.272-3

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CAPITOLO 2

Gli anni Settanta e gli anni Ottanta : La critica accademica

La critica degli anni Settanta e Ottanta si è mossa sostanzialmente nel solco tracciato da Debenedetti.

Le idee di Debenedetti furono riprese da Luigi Baldacci nella sua relazione, al convegno organizzato a Siena nel 1970, in occasione del cinquantenario della morte di Federigo Tozzi, un anno prima della pubblicazione del Romanzo del Novecento ( 1971).

Nel saggio intitolato Le illuminazioni che fu letto al suddetto convegno,

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Baldacci affermò che : “ A raccontare i romanzi di Federigo Tozzi

si corre il rischio di farli passare come un prodotto attardato della grande stagione naturalistica “1, chiarendo subito la sua posizione.

Il critico sottolineò quanto fosse centrale il saggio Con gli occhi

chiusi del 1963 di Debenedetti per interpretare l′ opera tozziana,

sia dal punto di vista della lettura psicoanalitica in chiave freudiana, sia come esempio di scrittura aideologica e antinaturalistica.

In quel saggio Debenedetti confutò il disegno critico di Borgese, secondo il quale Tozzi con Tre croci era riuscito a spersonalizzarsi (pur essendo nato all′ autobiografia ) e a mostrare le sue qualità di narratore.

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Ma per Debenedetti “ l′ impersonalità era il canone per eccellenza

della narrativa naturalista “ e Tozzi doveva essere letto dal punto

di vista di Con gli occhi chiusi piuttosto che da quello di Tre croci.

Baldacci partendo da questa premessa affermò :

“ In Con gli occhi chiusi non esistono momenti privilegiati ai

fini delle conseguenze narrative. Ogni momento della realtà ha lo stesso diritto di cittadinanza. E′ una visione dell′ economia narrativa che è tutta l′ opposto dell′economia naturalistica “2

E Con gli occhi chiusi è il testo che più contraddice il naturalismo di Tozzi.

L′ analisi di Baldacci mise in evidenza i caratteri antinaturalistici e moderni della scrittura tozziana a partire da questo romanzo, in cui lo scrittore senese attuò una destrutturazione del racconto; il critico sottolineò come la trama risultasse “ sfilacciata “ dalle

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distrazioni narrative dell′ autore ( che rinunciò anche al canone dell′ impersonalità ) e la scrittura si caratterizzasse per “illuminazioni” improvvise che rompevano la temporalità naturalistica della narrazione e che coglievano le libere associazioni del profondo; e, inoltre, evidenziò come l′ uso della

paratassi fosse funzionale a questo tipo di scrittura.

Baldacci mostrò che nel romanzo tozziano, il canone dell′ impersonalità venne sostituito da “ un′ introspezione allucinata “ in cui tanto l′ interiorità quanto la realtà esterna, venivano concepite in modo confuso. Da qui l′ uso di verbi come sembrare o parere che delineavano l′ assenza dell′ elemento umano : “ I personaggi di Tozzi non sono; sentono di essere; e a volte gli

sembra (…) “3.

Inoltre Tozzi non ci descrisse storie naturalistiche di degradazione

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dell′ impotenza dell′ uomo a riemergere dal peccato originale. La religiosità a cui Tozzi fa riferimento è però priva di qualunque contenuto pratico e positivo : “ La sua religiosità non conosce la

mediazione salutifera del Cristo e nella sua opera non c′è niente di pratico, di persuasivo, di oratorio. (…) Tozzi evoca Dio proiettando su uno schermo infinito la figura del padre. (…) E′ un Dio terribile dal quale l′ uomo, il figlio, fugge regredendo alla bestia. Dio ha potere sugli uomini ma non ha potere sulle bestie, che sono assicurate dalla dannazione”4

La religiosità a cui Tozzi fa riferimento , non ha assolutamente una prospettiva salvifica e mostra il conflitto psicologico su un piano ideologico-culturale. Il ritorno alla bestia nasconderebbe, in Tozzi, l′ astuzia di sottrarsi alla giustizia divina in una visione del mondo apocalittica .

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Il personaggio tozziano, incapace di diventare adulto e liberasi dall′ influenza del padre, è condannato alla regressione bestiale.

Tuttavia Baldacci afferma che la lettura psicologica in chiave freudiana non puo′ abbracciare tutta l′ opera di Tozzi , e dissentendo da Debenedetti, ritiene che egli abbia attuato una “forzatura “ interpretando psicologisticamente anche il Podere e soprattutto Tre croci , in cui sarebbe attiva la stessa vendetta dei figli contro il padre, esplicitata nella dissipazione delle sue sostanze.

Nella relazione che Baldacci lesse al convegno di Siena del novembre 1983, che poi venne edita l′ anno successivo sull′ “Antologia Viesseux”, col titolo “Itinerario del romanzo tozziano”, centrale è il problema del giudizio e della periodizzazione dei romanzi. Qui Baldacci sostenne che fosse possibile distinguere

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due periodi dell′ attività di Tozzi romanziere a cui corrispondevano due successive fasi narrative , contrassegnate ciascuna da una peculiare maniera stilistica e da una specifica poetica.

La prima corrisponderebbe al cosiddetto sessennio senese (1908- 14) in cui il critico delinea un Tozzi “aideologico ” e “ bambino “;

La seconda corrisponderebbe invece al sessennio romano (1914- 20) in cui a scrivere sarebbe un Tozzi “ adulto” e “ ideologico “.

Secondo Baldacci i capolavori di Tozzi, quelli che determinano la sua modernità, apparterrebbero tutti alla prima fase : Adele, Con

gli occhi chiusi , Ricordi di un giovane impiegato;

mentre i romanzi del periodo romano , il Podere Gli egoisti e soprattutto Tre croci , segnerebbero un ritorno a posizioni

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tradizionali, contrassegnati da forti residui naturalistici e dalla prevalenza del momento ideologico.

Il quadro storico tracciato da Baldacci, non tocca però le Novelle, che pur appartenendo al periodo romano, mostrano assenza di impostazione ideologica (tratto d′ altra parte peculiare del genere novellistico), in esse come in Con gli occhi chiusi , il compito è di : “ far vedere che nel comportamento umano non hanno luogo

sentimenti, ma solo pulsioni provenienti dagli strati profondi .“5

Le novelle di Tozzi non si lasciano mai coinvolgere da schemi ideologici, e non documentano mai il “ versante cristiano “ del mondo del narratore.

Baldacci affermò che non era facile capire Tozzi perché era un autore che “non serviva”, “ non si lasciava usare “, ma moderno

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perché aveva rinunciato a capire come stanno le cose , al diritto di giudizio e di condanna, e in ultima istanza perché aveva limitato al massimo il proprio ruolo, non evadendo mai dalla mera rappresentazione.

La lezione di Debenedetti fu ripresa già agli inizi degli anni Settanta anche negli studi strutturali, da due studiosi in particolare : Sandro Maxia e Aldo Rossi. Entrambi hanno proceduto nell′ analisi delle macrostrutture e microstrutture narrative tozziane, tenendo sempre presente la scelta antinaturalistica dello scrittore.

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Nel 1971 Maxia pubblicò Uomini e bestie nella narrativa di

Federigo Tozzi , che è considerata una delle più importanti

monografie tozziane.

Nella prima parte di questo saggio, Maxia analizza l′ “ eversione

dall′ interno” delle strutture del romanzo naturalista, che si

realizza in Con gli occhi chiusi . Il critico afferma che in questo romanzo Tozzi compie una rivoluzione nel linguaggio narrativo usando la distassia , ovvero la divaricazione tra il tempo astratto della fabula e il tempo della rappresentazione scenica concreta.

Maxia ha evidenziato che : “ Il rapporto gerarchico tra primo

piano e sfondo viene disarticolato mediante l′ indebolimento della funzione dell′ aoristo ( il tempo del racconto per eccellenza ) ed un più ampio uso dell′ imperfetto durativo, oppure con la disposizione di ellissi e cesure proprio laddove il lettore si aspetterebbe un supplemento di informazione ; al tempo

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soggettivo dell′ enunciazione viene dato un rilievo maggiore rispetto a quello oggettivo dell′ enunciato, per esempio attraverso la dilatazione delle descrizioni, che diventano spesso autonome rispetto alla storia (…) “6.

Questo procedimento formale otterrebbe il duplice risultato di un′ estrema condensazione della vicenda ed un′ espansione illimitata dei singoli attimi di cui è composta; il risultato sarebbe quello di una sensazione di immobilità angosciosa.

Nella seconda parte del volume, Maxia analizza il Podere e Tre

croci. In questi romanzi Tozzi si serve di moduli narrativi

apparentemente realistici; per esempio, in Tre croci non usa il dialogo in funzione mimetica, in maniera tipicamente naturalistica, ma in funzione espressionistica.

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Secondo il critico, il dialogo in Tre croci : “ è soprattutto urlo, rumore, sfogo di nervi malati, accompagnamento sonoro di una mimica esagitata e convulsa (…)”7.

L′ analisi critica di Maxia è interessante soprattutto per il suo risvolto antropologico; nei due romanzi citati, infatti, individua il tema arcaico del capro espiatorio , nascosto dietro i temi dell′ inettitudine, del fallimento, dell′ omicidio e del suicidio.

La concezione del mondo che si trova nell′ opera di Tozzi, è fortemente improntata su un anarchismo di fondo in cui la violenza è dominante e in cui si rifiuta il : “ criterio gerarchico di ordinamento del mondo”8.

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Le indagini critiche di Aldo Rossi, avviate già nel 1969 e influenzate dal saggio di Debenedetti pubblicato in “ Aut- Aut “ nel 1963, si trovano nel volume Modelli e scrittura di un romanzo

tozziano. Il Podere. , pubblicato nel 1972.

L′ analisi del Podere occupa tutta la prima parte del saggio e per il rigore filologico e l′ attenzione al dato testuale e stilistico, è considerato uno dei prodotti più rappresentativi della critica strutturalista italiana.

Infatti con questo saggio, per la prima volta, i ricchissimi paragrafi sulla sintassi e sul lessico fanno piena luce sull′ espressionismo linguistico di Tozzi. Studiando il processo elaborativo, considerato in una visione sistemica, Rossi mette in evidenza come la fonte esterna viene introdotta nel contesto romanzesco, dando luogo ad una rete di “ connessioni funzionali “9.

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Con lo stesso rigore filologico, inoltre, il critico analizza in particolare l′ influenza esercitata su Il Podere dal modello narrativo dei Malavoglia del Verga, attraverso riferimenti puntuali a procedimenti ben precisi, come per esempio la trama “bloccata “ e accelerata del finale del capolavoro verghiano che costituirebbe, appunto, il maggiore ipotesto del Podere .

Per la prima volta, Rossi rintraccia le giustificazioni culturali della poetica tozziana nell′ opera do W. James, in particolare nella teoria della “ logica dell′ associazione per contiguità “.

Il critico ha ben presente la “ lezione “ di Debenedetti, accogliendo le osservazioni sull′ inettitudine del protagonista, sull′ animalizzazione dei personaggi e sull′ espressionismo; tuttavia da una nuova prospettiva a tali spunti, fornendo loro un fondamento scientifico; per cui , ad esempio, l′ “inettitudine “ è rapportata agli studi di James e al tipo psicologico dell′ “iper-

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inibito “, intaccando per la prima volta l′ immagine di un Tozzi culturalmente sprovveduto.

Per gli studi strutturali, bisogna sottolineare quelli svolti da G. Tellini sulla novellistica. Nel saggio La tela di fumo. Saggio su

Tozzi novelliere pubblicato nel 1972, Tellini colloca la novellistica

di Tozzi nella storia e nella sociologia del genere tra gli anni Dieci e Venti, e in seconda istanza ne analizza la tecnica di montaggio e il rapporto con la produzione romanzesca.

Nella parte conclusiva del saggio il critico mette in evidenza come Tozzi abbandoni progressivamente i modi dannunziani, cercando una scrittura più discorsiva, debitrice soprattutto dell′insegnamento di Pirandello:

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“ Se nelle composizioni giovanili, era stato soprattutto il nome

di D′Annunzio a fornire le suggestioni di una prosa letterariamente doviziosa e metaforica, negli anni del periodo romano, sarà soprattutto la vicinanza di Pirandello (…) ad offrire a Tozzi il modello tangibile di una narrativa decisamente antiletteraria e antieloquente, bene attenta a non uscire dai moduli della lingua di ogni giorno “10.

La “ lezione “ di Debenedetti fu ripresa, in quegli anni, anche negli studi critici di orientamento psicanalitico.

La lettura edipica in chiave freudiana del critico, costituì la base di partenza e di approfondimento con altri apporti culturali.

Notevole fu l′ indagine di Franco Petroni, che nel saggio Ideologia

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pubblicato nel 1984, ampliò e approfondì l′ uso di nuove categorie di origine freudiana; ma soprattutto mise a confronto ideologia e psicologia adottando una prospettiva che considera l′opera di Tozzi come fusione tra un cristianesimo “moderno “ (fondato sul “mistero” ), e una struttura psicologica che non ha barriere difensive contro le aggressioni esterne.

Secondo Petroni l′ estensione a tutta l′ opera tozziana dell′interpretazione in chiave edipica proposta da Debenedetti per Con gli occhi chiusi , appare un po’ forzata, così come la drastica negazione dell′ importanza dell′ elemento ideologico in Tozzi.

A tale riguardo, Petroni ritiene che la svalutazione del momento ideologico in Tozzi, abbia impedito a Debenedetti e a parte della critica successiva, di inserire l′ attività del narratore senese nella tradizione culturale cattolica e cristiana in generale,

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sottovalutando l′ interesse che Tozzi mostrò per gli scrittori mistici medievali e la sua collaborazione alla rivista ultracattolica “ La Torre “ ( di cui fu redattore insieme all′ amico domenico Giuliotti ).

Petroni pone attenzione sull′ articolo di Tozzi Quel che manca all′

intelligenza pubblicato nel 1913, nel quale l′ autore stesso

afferma che il sentimento religioso è “ innato” .

Il Cristianesimo a cui Tozzi fa riferimento, secondo Petroni, è un “cristianesimo primitivo “, antecedente alla sistemazione dogmatica e nel caos dell′ esistenza, allo scrittore senese interessa un punto di riferimento che trova nella religione. Ed infatti a chiusura del saggio, Tozzi scrive:

“ Quando si comprenderà che la religione è la nostra anima stessa, una parte profonda della nostra rivelazione, un mistero di

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meno, tornerà in onore di servirsi di Tommaso D′ Aquino per interpretare più esattamente la nostra anima “11.

La religione è lo strumento che permette di interpretare le zone più profonde dell ′ inconscio.

L′unica ideologia che poteva coesistere con la sensibilità di Tozzi, afferma Petroni : “ era quella cristiana che poteva garantire carattere sacrale ad ogni momento dell′ esistenza, poteva difenderne il “ mistero “.

Si tratta di un′ ideologia del “mistero “, che è il luogo della realtà interiore di fronte al quale l′ attività indagatrice della ragione si arresta ed è anche il luogo in cui il desiderio di conoscenza può trovare strumenti più rispettosi dell′ intimità della nostra anima.

Ciò rivela un interesse per l′ indagine psicologica che avviene, secondo Petroni, attraverso le letture dei mistici trecenteschi

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come Tommaso D′Aquino e Santa Caterina e dall′ Imitazione di

Cristo, che fornivano Tozzi di una “ forma storica “ di misticismo,

che riconduce al sacrificio di Cristo, nella quale poteva riconoscere e modellare la propria “ patologica sensibilità “.

In accordo con questa ideologia cristiana del sacrificio, Tozzi , secondo l′ analisi di Petroni, ha adottato degli strumenti espressivi che gli permettessero di rappresentare una realtà irriducibile a qualsiasi interpretazione razionalistica.

L′ irrazionalità, il non senso della realtà, trova nella struttura paratattica e aggregazionale del linguaggio lo strumento per esprimersi; così nella scrittura tozziana i fatti risultano allineati , enunciati , non spiegati.

Il vuoto di senso, che viene reso anche attraverso l′ uso di strumenti del linguaggio onirico, trova affinità con Kafka (come aveva già rilevato Debenedetti ). Petroni evidenzia come le storie

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raccontate sia da Tozzi che da Kafka, siano programmaticamente prive di significato, e le immagini umane che ne escono non possono essere altro che sintomi di una realtà patologica;

Nel mondo di Tozzi il disordine ed il senso di precarietà, sono i

sintomi a causa dei quali gli uomini scivolano continuamente nel

vuoto della mancanza di senso.

Anche lo studio di Paolo Getrevi evidenziò il legame esistente tra poetica e ideologia cattolica in Tozzi.

Il critico nel 1983 pubblicò Nel prisma di Tozzi , nel quale affermò che la narrativa di Tozzi non si poteva comprendere appieno prescindendo dalla specificità della cultura cattolica della provincia italiana nei primi due decenni del Novecento, rivedendo l′ impostazione data da Debenedetti per cui Tozzi, pur formatosi

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in provincia, è stato in realtà uno scrittore di rilievo europeo in quanto aideologico.

Secondo Getrevi la religione, per Tozzi, era : “ lo strumento più idoneo all′approfondimento delle realtà psicologiche “12 .

Tozzi, pur avendo ben presente la frattura tra l′io e il mondo, elaborò una pratica narrativa intorno al problema di questa frattura, ma non ebbe la totale coscienza storica della crisi della società contemporanea, perché troppo legato al fondo della sua provincia. Il segno di questo limite, secondo Getrevi, è mostrato dalla rivoluzione che solo in parte Tozzi effettuò sulle strutture formali del discorso narrativo.

Mancano infatti le “grandi rotture del tempo narrativo” e il procedimento metaforico, se pur usato, ha sempre una sorta di “ elemento frenante “ che si caratterizza nell′ uso di avverbi di modo e di paragone, di locuzioni avverbiali e di verbi come “

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sembrare “ o “parere “ che introducono la similitudine (tipica del naturalismo).

Secondo Getrevi la forza, ma anche il limite di Tozzi, è “l′ossessione ideologica della verità “ cioè , “ l′ assenza in lui di quell′ atteggiamento, esplicito o anche solo implicito, di rifiuto dell′ ideologia, che caratterizzerebbe i maggiori scrittori dell′ avanguardia “13

Anche l ′ indagine di Elio Gioanola si inserisce nel campo degli studi psicanalitici sull′ opera di Federigo Tozzi negli anni Ottanta.

Nel 1980 il critico pubblicò Gli occhi chiusi di Federigo Tozzi , in cui confuta la lettura in chiave edipica di Debenedetti, osservando che il mondo di Tozzi rispecchi una patologia

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schizofrenica dell′ autore, facendo interagire vita e opera letteraria.

L′ uso reiterato più volte dei verbi “sembrare “ e “parere “ in Con

gli occhi chiusi , mostrerebbe “ l′ ambiguità del doppio vincolo

psicotico che trasforma continuamente i messaggi in minacce, le cose e le persone in fantasmi di persecuzione “ p.114 sgg, mettendo in luce la vera radice dell′ espressionismo onirico e allucinato di Tozzi, che non attinge nella sua scrittura ad alcuna mediazione della “ cultura psicologica “.

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