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a cura di Susanna Fortunato

6. Note conclusive

Ad uno sguardo complessivo sui testi normativi oggetto della breve analisi sin qui condotta, emergono con tutta evidenza le rilevanti potenzialità che da essi scaturiscono in punto di promozione del ruolo dell’Unione europea come attore principale nella tutela dei diritti dell’uomo sulla scena internazionale, attraverso un sistema sanzionatorio più rapido, più mirato e quindi più efficace.

Trattandosi, poi, di sanzioni prevalentemente rivolte a singoli individui e ad entità piuttosto che ad amministrazioni statali, si prevede che esse saranno in grado di colpire l’impunità di cui godono uomini di stato potenti, che, proprio in virtù delle posizioni ricoperte, riescono agevolmente

8 Sul quale v. anche il documento esplicativo della Commissione, Commission Guidance Note on the Implementation of certain Provisions of Council Regulation (Eu) 2020/1998, C(2020) 9432 final, del 17 dicembre 2020.

9 A proposito degli operatori economici destinatari degli obblighi indicati, le Note esplicative della Commissione specificano che” they do not create obligations for non-EU operators, unless the business is conducted at least partly within the EU”.

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a sottrarsi alle maglie della giustizia nei rispettivi regimi totalitari o comunque antidemocratici. Nelle parole di Borrel, attuale Alto Rappresentante dell’Unione, “Troppi responsabili di violazioni dei diritti umani sono convinti che i loro crimini resteranno impuniti. Scardinare questa convinzione è l'obiettivo principale del nuovo regime di sanzioni”10.

La rilevanza generale assunta dal nuovo pacchetto normativo varato dall’Unione europea, del resto, trova riscontro concreto nell’adesione al modello da esso proposto dimostrata da Stati, formalmente terzi rispetto all’Unione, ma ad essa legati da procedimenti di adesione in corso o da particolari relazioni economiche: Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Albania, Norvegia, Armenia, Bosnia Erzegovina, Georgia, Islanda, Liechtenstein, Moldavia, Ucraina e Turchia.

Valutazioni altrettanto positive emergono laddove si consideri il nuovo sistema anche all’interno del perimetro più ristretto dell’ordinamento dell’Unione. Per un verso, l’iniziativa normativa intrapresa ha l’indiscutibile pregio di rimettere prepotentemente al centro dell’azione esterna dell’Unione (art. 21 TFUE), la tutela dei diritti dell’uomo. Per altro verso, la messa a punto di un unico quadro giuridico applicabile alle varie fattispecie concrete consente di abbandonare, almeno per i temi considerati dal nuovo regime, quel ben più problematico approccio “caso per caso”, fin qui seguito per le sanzioni comminate per paese, che ha reso necessario creare ogni volta una cornice giuridica specifica per ogni caso particolare e, quindi, un accordo politico specifico, con evidenti conseguenze positive in termini di maggiore brevità dei tempi di approvazione degli atti normativi.

Gli innumerevoli pregi attribuibili al nuovo testo normativo varato dall’Unione europea fin qui sommariamente descritti non riescono, tuttavia, ad eliminare le numerose criticità che ancora permangono e che creano dei pericolosi coni d’ombra che si allungano su di esso sotto il profilo sia interpretativo sia più strettamente applicativo. Senza nessuna pretesa di completezza, dato il carattere breve delle presenti note, si farà riferimento alle questioni dubbie di maggiore rilevanza.

Dal punto di vista interpretativo, i punti di maggiore criticità, come già accennato in precedenza, si concentrano principalmente sull’estrema genericità di alcuni termini utilizzati nella demarcazione delle fattispecie che, in quanto ricadenti nel campo di applicazione delle norme in discussione, legittimano l’applicazione di sanzioni restrittive: ci si riferisce in particolare alla definizione di “grave abuso o violazione” o a quella di “abusi o violazioni diffusi e sistematici”.

Ulteriori questioni interpretative di dubbia soluzione potranno riguardare anche un altro delicato profilo dell’attuale disciplina, rappresentato dal c.d. de-listing, ovvero l’ipotesi di cancellazione dalle liste dei soggetti o entità colpiti da sanzioni restrittive. Sul punto l’art. 5 della Decisione PESC pone un obbligo a carico del Consiglio di riesaminare dette liste in presenza di non meglio precisate “osservazioni e presentazione di nuove prove sostanziali”: può una formulazione così generica costituire una sufficiente garanzia circa il rispetto del diritto fondamentale dei soggetti destinatari di chiedere e ottenere l’esclusione da quegli elenchi per mutamento delle circostanze oggettive o soggettive? O non si deve ritenere, piuttosto, che termini di questo genere conducano inevitabilmente ad un parallelo e vieppiù pericoloso ampliamento della discrezionalità in capo al Consiglio su un tema così delicato?

Criticità altrettanto rilevanti emergono laddove lo sguardo si concentri sul versante più strettamente operativo delle norme in questione.

In primo luogo, il Consiglio, nell’adottare le sue decisioni, dovrà porre particolare attenzione alla tutela dei diritti fondamentali, come richiesto del resto dall’attuale art. 6 TUE, di coloro che si trovano ad essere colpiti dalle misure restrittive. A questo proposito, è da tener presente l’obbligo

10 V. la dichiarazione di Josep Borrel dal titolo The long and complex road towards an EU Global Human Rights Sanctions Regime, consultabile alla pagina https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/87884/long-and-complex-road-towards-eu-global-human-rights-sanctions-regime_en.

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di conformarsi non solo a quanto gli stessi Trattati fondativi prevedono11, ma anche agli orientamenti scaturiti dalle pronunce dei giudici dell’Unione in un vasta serie di contenziosi in materia di sanzioni individuali12, dai quali emergono ormai chiare indicazioni circa: i criteri di identificazione dei soggetti destinatari delle misure; l’obbligo di motivazione, particolarmente esteso nel caso di misure di carattere individuale; l’obbligo di produrre prove concrete a sostegno di quelle stesse misure.

Il rispetto di tali criteri rappresenterà senza dubbio una questione di importanza cruciale: non è chi non veda quanto la credibilità e l’effettiva deterrenza delle misure sanzionatorie dipenderanno, in buona sostanza, dal superamento della c.d. “prova di resistenza” rispetto al vaglio di legittimità operato dal giudice dell’Unione.

In secondo luogo, problemi in sede applicativa potrebbero scaturire sul piano più strettamente procedimentale dall’obbligo imposto dalla Decisione PESC al Consiglio di deliberare all’unanimità: una scelta potenzialmente in grado di generare impasse istituzionali dovuti alla riluttanza da parte di alcuni Stati membri ad adottare sanzioni nei confronti di individui entità collegati a regimi potenti, con i quali gli stessi Stati membri intrattengano solide relazioni commerciali.

L’attivismo di recente dimostrato dal Consiglio parrebbe però andare in tutt’altra direzione. Infatti, a breve distanza dall’approvazione del nuovo pacchetto normativo, precisamente il 2 marzo 2021, il Consiglio è riuscito a trovare un accordo politico sull’adozione di una decisione PESC che impone, all’interno della nuova cornice normativa, misure restrittive nei confronti di quattro cittadini russi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani - compresi arresti e detenzione arbitrari, repressione della libertà di riunione, di espressione e di associazione – commesse in riferimento all’arresto, al processo e alla condanna dell’oppositore russo Alexey Navalny13.

La forte determinazione dell’Unione a rendere concreto il progetto alla base del nuovo regime di sanzioni è altresì confermato dall’adozione a brevissima distanza di un secondo pacchetto di misure, varato dal Consiglio il 22 marzo del 2021, che ha riguardato undici persone e quattro entità che coinvolgono la Cina (per le detenzioni arbitrarie subite dagli uiguri nella regione dello Xinjiang), la Corea, la Libia (per le uccisioni e le sparizioni forzate) il Sud Sudan, l’Eritrea e di nuovo la Russia (per le torture e la repressione a danno delle persone appartenenti alle minoranze c.d. LGBT e degli oppositori politici in Cecenia)14. Provvedimenti che hanno suscitato forti reazioni, soprattutto da parte della Cina.

11 V., in particolare l’art. 215, par. 3, TFUE, ai sensi del quale “Gli atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche.”. Da tener presente altresì la Dichiarazione n. 25 allegata al Trattato di Lisbona del 2007, in virtù della quale “La conferenza ricorda che il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali implica, in particolare, che sia prestata la dovuta attenzione alla protezione e al rispetto del diritto al giusto processo delle persone o entità interessate. A tal fine, e per garantire una revisione giudiziaria esauriente delle decisioni che sottopongono una persona o entità a misure restrittive, tali decisioni devono essere basate su criteri chiari e distinti. I criteri dovrebbero essere adeguati alle caratteristiche specifiche di ciascuna misura restrittiva.

12 Inaugurati dalla nota pronuncia Corte giust. 3 settembre 2008, C-402/05P e C-315-05P, Yassin Abdullah Kadi e Al Barakaat International Foundation contro Consiglio dell'Unione europea e Commissione delle Comunità europee. Attualmente, il riferimento normativo all’interno dei Trattati fondativi è l’art. 275 TFUE, che, pur escludendo dal controllo giurisdizionale devoluto alla Corte di Giustizia gli atti adottati in seno alla Politica estera e di sicurezza comune, stabilisce un’eccezione in ordine alle “decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del trattato sull'Unione europea”.

13 Decisione (PESC) 2021/372 del Consiglio del 2 marzo 2021 che modifica la decisione (PESC) 2020/1999 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani e Regolamento di esecuzione (UE) 2021/371 del Consiglio del 2 marzo 2021 che attua il regolamento (EU) 2020/1998 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, ambedue in GUUE L 071I, 2 marzo 2021.

14 Decisione (PESC) 2021/481 del Consiglio del 22 marzo 2021 che modifica la decisione (PESC) 2020/1999 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani e Regolamento di esecuzione (UE) 2021/478 del Consiglio del 22 marzo 2021 che attua il regolamento (UE) 2020/1998 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, ambedue in GUUE L 991/2021.

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Rimanendo ancorati al profilo applicativo, non è, infine, da sottovalutare l’importanza di un’altra questione, di carattere più generale e sistematico, che riguarda le modalità di interazione tra il nuovo regime sanzionatorio e il precedente meccanismo basato su un approccio di tipo geografico.

Escluso qualunque effetto sostitutivo15, la sfida di fronte alla quale si troverà l’Unione sarà quella di garantire un’applicazione coerente della nuova disciplina non solo rispetto all’insieme delle misure PESC fin qui adottate secondo criteri geografici, nei confronti delle quali dovrà instaurarsi una sorta di complementarietà, ma più in generale a tutte le politiche di cui è responsabile dell’Unione.

Proprio questa coerenza, da sempre al centro del complesso dell’azione esterna dell’Unione16, costituirà certamente un elemento cardine sul quale misurare sicuramente l’efficacia e l’efficienza dell’azione dell’Unione a tutela dei diritti dell’uomo sul piano interno, ma anche e soprattutto la sua credibilità a livello globale quale supremo garante dell’intangibilità dei suddetti diritti.

Nota alla Decisione PESC

L’Allegato I è stato recentemente modificato ai sensi della Decisioni (PESC) n. 2021/372 del Consiglio del 2 marzo 2021 che modifica la decisione (PESC) 2020/1999 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani e della Decisione (PESC) n. 2021/481 del Consiglio del 22 marzo 2021 che modifica la decisione (PESC) 2020/1999 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, così come indicato nel testo delle brevi note che precedono.

Nota al Regolamento

L’Allegato I è stato recentemente modificato ai sensi del Regolamento di esecuzione (UE) 2021/371 del Consiglio del 2 marzo 2021 che attua il regolamento (EU) 2020/1998 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, ambedue in GUUE L 071I, 2 marzo 2021 e del Regolamento di esecuzione (UE) 2021/478 del Consiglio del 22 marzo 2021 che attua il regolamento (UE) 2020/1998 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, ambedue in GUUE L 991/2021, così come indicato nel testo delle brevi note che precedono.

15 Il Considerando n, 4 alla decisione PESC così recita: «La presente decisione non pregiudica l’applicazione di altre vigenti o future decisioni del Consiglio nel quadro della politica estera e di sicurezza comune che stabiliscono misure restrittive in considerazione della situazione in taluni paesi terzi e che riguardano violazioni o abusi dei diritti umani.»

Sommario

II Atti non legislativi

REGOLAMENTI

Regolamento del Consiglio (EU) 2020/1998, del 7 dicembre 2020, relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani. . . 1

DECISIONI

Decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio, del 7 dicembre 2020, relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani. . . 13

IT

L 410 I