RIME 1573 = RIME / DI / M. GIROLAMO MOLINO / Novamente venute in luce. / Con privilegi per anni XXV. // IN VENETIA, MDLXXIII.
Volume in 8° di 143 carte complessive (di cui numerate solo 121, contenenti i testi) con registro formato da tutti quaderni A-F8 G8(G6+g1) H-N8 O8(O+o1-2) P-Q8. La carta g1 è numerata 54 e le carte o1-2 107-108. Sul frontespizio, tra il titolo e il luogo di edizione, si trova la marca editoriale (Z552): una mano che sostiene una fiaccola che si accende alla fiamma di un‟altra (dim. 5,6 x 8,2). Arrotolato intorno alla fiaccola principale si riconosce un nastro in cui è scritto il seguente motto: “DEUS ADIUVAT VOLENTES”. Il marchio tipografico è riproposto anche in explicit di volume (c. 126r, non numerata). Il nome del tipografo non è specificato, ma la stampa è stata attribuita a Comino da Trino (attivo a Venezia tra il 1539 e il 1573)132. In successione si trovano: la lettera dedicatoria di Celio Magno, tra i curatori del volume, «AL CLARISSIMO / M. GIULIO CONTARINI / IL PROCURATORE», datata «Di Zara adì 20. Ottobre. 1572.»; la «VITA/ DEL CLARISSIMO / M. GIROLAMO / MOLINO / Descritta / DA MONSIGNOR / Gio. Mario Verdizzotti»; la «TAVOLA DEL PRE-/ SENTE VOLUME» comprendente solo gli incipit dei componimenti del vero e proprio canzoniere; il canzoniere (cc. 2r-111v); i «SONETTI / DI DIVERSI / Ai quali M. Girolamo Molino risponde» (cc. 112r-114r); i «SONETTI / DI DIVERSI IN RISPOSTA DI ALTRI / DI M. GIROLAMO MOLINO» (cc. 114v-115r); le «RIME IN MORTE / DI M. GIROLAMO MOLINO» (cc. 116v-124r); infine si trovano gli Errata (c. 125v e 127v-128v); a c. 127r un sonetto «DI M. D. / VENIERO» (Ai che pungente
stral di duol armato). Inoltre, si segnalano le seguenti anomalie:
- frequenti imprecisioni nella numerazione delle cc. In particolare:
la c. 71 è impropriamente indicata come c. 79;
la c. 73 è impropriamente indicata come c. 66;
la c. 75 è impropriamente indicata come c. 68;
la c. 77 è impropriamente indicata come c. 70;
da c. 117 a c. 120 (inclusa) e poi da c. 122 a c. 124 la numerazione è omessa.
- La numerazione delle cc. è ripetuta, con contenuti differenti, nei seguenti casi:
c. 54r ospita i madrigali Come senza timor mai non è speme, Quando nel
cor m’entrasti, O sia la voglia ardente; c. 54v la ballata Così mi dessi
LXXVI
Amore e il madrigale Alma d’amor gioiosa hor che sospiri?; la c. 54r bis
i madrigali Chi crede Amor de’ tuoi diletti ir pago e Come vago augellin
ch’a poco a poco.
c. 107r ospita i sonn. Mentre il pastor, che Re da Dio fu eletto e Morte
contra il buon Molza havea già teso; c. 107v il son. L’anime in ciel più gloriose, e sante; c. 107r bis i sonn. Speron il mondo è d’ignoranza a pieno e Speron se per cercar gli alti secreti; c. 107v bis i sonn. Ecco padre beato, ecco pur l’hora e Se quel camin, che ‘l vostro animo intero. c. 108r ospita i sonn. Chi può quel non gradir, ch’a gli occhi piace e Chi
m’assicura, che pregando impetri; c. 108r bis la canz. Vago augelletto et caro.
- Nella «Tavola del presente volume», posta in apertura della raccolta, il son.
L’anime in ciel più gloriose e sante è erroneamente segnalato a c. 106, quando
invece è attestato a c. 107.
Per la descrizione mi sono servita dell‟esemplare di appartenenza della Biblioteca Maldura dell‟Università degli Studi di Padova (segnatura ANT.A.XVI.-36).
Infine, segnalo che la digitalizzazione della cinquecentina realizzata a partire dall‟esemplare conservato presso la Biblioteca Nazionale Austriaca in data 25 giugno 2014 (e disponibile sul portale Google libri) è clamorosamente imprecisa. Infatti:
è omessa la c. 8;
le cc. 4r- 13r si ripetono due volte;
è omessa la c. 54r bis;
è omessa la c. 107 bis e 108.
Criteri della presente edizione
La nostra edizione delle rime del Molin è affidata integramente a Rime 1573: non sono, infatti, a conoscenza di materiale manoscritto completo o di stampe integrali successive133. Molin pare non avesse intenzione di allestire un canzoniere, ma intendesse la poesia come esercizio privato: questo potrebbe spiegare l‟assenza di diffusione dei suoi testi. La mia tesi, dunque, non consiste in una edizione critica, ma in uno studio preliminare ad un‟edizione critica e commentata completa delle Rime di Molin.
133 In realtà ho rinvenuto la presenza del singolo son. Spira mentre qua giù vivo spirasti (c. 239) presso l‟antologia Della scelta di rime di diversi eccellenti auttori di nuovo data in Luce, Genova 1582 (editore Zabata Cristofero); il son. è attestato anche in Rime 1573 (c. 78v); in più si consideri il manoscritto presente presso la Biblioteca nazionale Marciana (Venezia) Lat. XIV 165 (4254), cc. 213v-219v e 286r, contenente solo parzialmente le rime del Molin (tutte comunque confluite nell‟edizione a stampa).
LXXVII
Ho scelto in generale di conservare la grafia della stampa (in particolare per l‟h, ti/tti, doppie e scempie), con le seguenti modifiche:
- ho sciolto le abbreviazioni; - ho sciolto il nesso & in et;
- per quanto riguarda il verbo avere, h è stata espunta o introdotta secondo l‟uso moderno;
- si è mantenuta la distinzione tra poi che e poiché;
- si sono introdotti i segni diacritici e regolarizzati gli accenti secondo l‟uso moderno;
- si è alleggerita la sovrabbondante interpunzione, sostituendo dove necessario il punto e virgola con la virgola;
- si è ammodernato l‟uso delle maiuscole, eliminandole sistematicamente dall‟inizio del verso ed estendendole alle personificazioni.
Le lacune del testo a stampa sono integrate tra parentesi quadre.
Errori
Nell‟edizione sono ravvisabili alcuni errori di stampa. Oltre a quelli già corretti negli
errata, ho personalmente riscontrato alcune anomalie che in questa sede mi limito a
segnalare senza avanzare ipotesi di correzione. Infatti non è possibile escludere che si trattino di imprecisioni da attribuire a Molin. In mancanza di una completa collazione di tutti i testimoni presenti in circolazione mi limiterò, dunque, ad indicare i casi problematici riscontrati nel mio lavoro di ricerca. In particolare:
- La canzone XVII (cc. 44v-46v)134 presenta la seguente seconda strofa: O donna, a cui die ‟l ciel tanta ventura,
che nessun pregio in voi riman secondo,
et n‟havrà sempre il mondo 20 norma, ond‟ogni alto ben da voi s‟impara:
se del caldo disio, che in me n‟ascondo tant‟anni ho già, nova amorosa cura mi desta et m‟assicura
ch‟a ragionar di voi pur mi prepari 25 volgete gli occhi gratiosi et cari
sovra il mio cor per voi distrutto et arso, et date a lui vigor, lume a l‟ingegno, [45r] che tenta in picciol legno
mar ampio, e‟l ciel tutto ha di nebbie sparso; 30 si crederò sicuro in mezzo all‟onde,
LXXVIII girmen con l‟aure ai miei desir seconde, et farmi a i raggi de le luci sante
novo poeta di canuto amante.
Lo schema metrico del componimento, ABbC BAaC CDEeDFFGG, è evidentemente turbato dalla presenza della sequenza di rime imperfette: “impara” (v. 21) – “prepari” (v. 25) – “cari” (v. 26). La mia ipotesi è che si possa sostituire la lezione “impara” con “impari”, permettendo così di sanare l‟imperfezione rimica. Tuttavia, l‟ipotesi di una rima imperfetta da attribuire a Molin non può essere esclusa in quanto si riconosce anche un altro caso simile. - Nel son. XL (c. 78r)135 si ravvisano le seguenti terzine:
Quinci d‟Italia i più lodati ingegni da lei commossi a lamentar si diero
et celebrar la sua santa memoria. 11 Né perch‟ogniun di lor cerchi, e s‟ingegni dolersi, e far de le sue lode historia,
gir puote alcuno al suo gran merto a paro. 14
Rispetto alla anomala sequenza rimica si pongono le seguenti possibilità:
a) Accettare lo schema metrico CDE CEF, come esempio dello sperimentalismo moliniano. Personalmente è un‟ipotesi che ritengo poco economica, in quanto gli sperimentalismi formali (per quanto indiscutibilmente presenti) non sono mai troppo audaci ed evidenti. Inoltre non ho trovato attestati nelle Rime di Molin altre terzine, con simili infrazioni metriche, che possano avvalorare un‟ipotesi di precisa scelta metrico-formale.
b) Accettare di intendere “diero”: “paro” come voluta rima imperfetta, opzione che potrebbe essere avvalorata dal precedente della canz. XVII. Nel caso in cui si intendesse, dunque, come rima imperfetta si dovrebbero attribuire a Molin ripetute (per quanto accettabili) imprecisioni formali.
c) Infine può essere inteso come errore di stampa se si considerano le quartine del son. immediatamente precedente:
Qual duol mai pareggiar potrai l‟avaro Fato, ch‟ a noi tolse il gran Bembo, o quanto gravi denno i sospir esser e‟l pianto perch‟a perdita tal vadano a paro. 4
LXXIX L‟Arno, il Tebro, il Cephiso al dolce et raro suo stil dier gloria, et si fermaro al canto. Sua bontà, suo valor, suo pregio santo vince ogni affetto di cordoglio amaro. 8
Ritengo che, a rigore, non possa essere esclusa l‟eventualità di un errore di stampa, spiegabile come imprecisione del tipografo il quale, suggestionato dalla memoria dell‟espressione in punta di verso “a paro” da poco impressa, potrebbe averla impropriamente estesa anche al sonetto successivo. Per quanto la posizione non sia la medesima (XXXIX, v. 4 e XL, v. 14) e i due testi non si collochino nella medesima carta, non si può infatti escludere che fossero vicini nella forma tipografica. Quindi, perché l‟errore tipografico sia probabile sarebbe necessario trovare una rima perfetta sostitutiva; altrimenti, non resta che ipotizzare un‟imperfezione originale.
- La V stanza della canzone LI (cc. 83v-85r)136 è mutila: consta di 10 versi al posto di 11. A partire dallo studio dello schema metrico si ricava che la lacuna interessa il verso 4° (manca infatti la rima A corrispondente); poiché il verso mancante sarebbe dovuto corrispondere al primo della c. 84v non si può escludere che, dovendo predisporre una nuova pagina, il tipografo abbia omesso un verso della stanza. Il verso, in assenza di mss. originali dell‟autore, non è sanabile. In seguito il passo interessato:
Nessun ritratto havria da l'acque il piede, 45 che l'alma ignuda et sciolta
varcar convien, lei per sua scorta havendo, […]
[84v] che fora a ciascun tolta
la tema del camin seco movendo 50
Un ultimo caso interessante
Infine, due sonetti del corpus moliniano presentano tangenze così marcate da far sospettare che siano due redazioni dello stesso testo; non si tratta dunque di un errore, ma di una situazione anomala. Nel dettaglio:
Molin LXVII (c. 99r) son. Ben poggiò dietro a l’orme, ove s’alzaro (c. 105v)
Ben sì nudrio del latte, il qual gustaro gli antichi illustri, e i duoi Toschi maggiori questi, cantando i suoi leggiadri amori,
Ben poggiò dietro a l’orme, ove s’alzaro gli antichi illustri, e i due Toschi maggiori, questi cantando i suoi leggiadri amori,
LXXX ch'erge a lor stili il suo sì dolce a paro.
Dateli, o Muse, il faticoso et raro pregio de' vostri sempiterni allori,
né di render a lui debiti honori
spirto dotto et gentil si mostri avaro. Tu, poi che sì per tempo a sì gran segno
poggi, Bernardo, hor fa, ch'opri et intenda co'l sermon sciolto a la tua maggior memoria; ch'a te conviensi, et da te par, ch'attenda Adria, d'udir la sua famosa historia,
degna, et propria materia a tanto ingegno.
ch‟erge a lor stil il suo sì colto a paro; dateli o Muse il faticoso et raro pregio de‟ vostri sempiterni allori;
et qual più riverisce i vostri chori men si dimostri d’honorarlo avaro.
Ma tu, che ‘n cima del bel colle arrivi,
scendi, Bernardo, et la famosa historia
di nostra patria in sermon sciolto scrivi. Che, s’ella del tuo stil si vanta et gloria ,
tu figlio a lei, per cui sì chiaro vivi, mancar non puoi di farne alta memoria.
Si rimanda all‟introduzione del son. LXVII per l‟analisi e il commento al testo137
.
LXXXI
RINGRAZIAMENTI
Prima di congedare definitivamente il mio lavoro di ricerca non posso non dedicare queste ultime righe ad alcuni ringraziamenti.
Mi sono dedicata alla scrittura di questa tesi di laurea con passione e soddisfazione. Sono riconoscente, quindi, a tutti coloro che hanno condiviso con me il mio entusiasmo e hanno contribuito a rendere così sereni i miei ultimi passi da studentessa universitaria. In primo luogo voglio ringraziare il mio relatore, Andrea Afribo, per avermi suggerito un così bell‟argomento, per la disponibilità che mi ha sempre dimostrato, per gli insegnamenti che mi ha trasmesso e per il sostegno che ho sempre percepito; il prof. Davide Cappi per la gentile revisione alle note al testo e il prof. Mario Rigoni per gli stimoli sul manierismo; a livello più personale voglio ringraziare le mie amiche, per aver condiviso con me i momenti di entusiasmo e di difficoltà; la mia famiglia per la stima e la fiducia che mi dimostra ogni giorno; Sara perché è parte di me e Davide per la sua fondamentale presenza. Infine, congedando il mio percorso universitario non posso che ringraziare anche ogni scelta e incontro che ho fatto in questi cinque anni, vissuti intensamente e con il sorriso, di cui avrò per sempre un prezioso ricordo. Grazie.
LXXXIII