• Non ci sono risultati.

Sulla nozione di impresa agricola

Nell'ordinamento comunitario si fa riferimento all'impresa, quale soggetto destinatario di norme dei Trattati e di diritto derivato in numerose circostanze, anche se da nessuna di esse si riesce a desumere una sua definizione. Il principio di uniformità nell'applicazione del diritto comunitario escludeva, inoltre, che si potesse delineare tale nozione ricorrendo alla definizione di impresa prevista dagli ordinamenti interni degli Stati membri, sia a causa delle sostanziali divergenze tra tali ordinamenti, sia in considerazione del fatto che il concetto di impresa ha una portata distinta a seconda della materia che si regola .84

83

Così TAR Toscana, sez. I, 20 novembre 1998, n. 604, in Foro amm., 1999, 2238. Vedi anche Cass. civ., Sez. I, 19/09/2000, n. 1241 secondo cui “Una società di allevamento (nella fattispecie

di bovini) è suscettibile di essere dichiarata fallita quante volte non possa essere qualificata come agricola alla stregua dell'art. 2135 c.c., per la mancanza di un collegamento funzionale tra un fondo rustico e l'attività di allevamento, quando cioè l'allevamento non tragga occasione e forza dallo sfruttamento del fondo agricolo, e l'acquisto, il ricovero, la cura e l'alimentazione dei bovini, finalizzata non alla riproduzione degli animali, ma alla loro crescita ed ingrassamento, assume carattere accessorio e strumentale rispetto alla vendita, con mero intento speculativo, degli animali medesimi, senza essere ricollegabile alla conduzione del fondo agricolo ed all'economia di essa.”

84

Verrucoli P., La nozione d'impresa nell'ordinamento comunitario e nel diritto italiano:

evoluzione e prospettive,Verrucoli P. (a cura di), La nozione d'impresa nell'ordinamento comunitario, Milano, 1977, 398 ss; Draetta U., Commento all'art. 85, in Quadri-Monaco-

La dottrina ha chiarito la ratio di tale scelta, evidenziando che, se nella redazione dei Trattati costitutivi o in alcuna delle norme derivate l'opzione fosse stata quella di definire in maniera univoca la nozione di impresa, si sarebbe corso il rischio di pregiudicare l'applicazione uniforme del diritto comunitario. Una nozione puntuale avrebbe dovuto implicare necessariamente una scelta di contenuto e alcuni soggetti sarebbero rimasti esclusi dall'ambito di applicazione delle norme comunitarie. Tale rischio si sarebbe potuto evitare solo forzando continuamente la nozione delineata, per applicarla anche in casi in cui a priori non risultava idonea. L'unica possibile alternativa, quindi, sarebbe stata quella di definire l'impresa in termini così ampi da farla diventare una nozione vaga e priva di qualsiasi utilità85. Per ciò che attiene al dato più specifico dell’impresa agricola, il rilievo non viene meno, infatti, per l’impresa agricola è valido quanto affermato a proposito dell’impresa in genere: la mancanza di una nozione giuridica se, per un verso, rimanda alla tipica «variabilità» del relativo concetto, per altro verso evidenzia la rilevanza, nell’ordinamento comunitario, di una nozione squisitamente e programmaticamente metagiuridica, comprensiva di tutte le possibili fattispecie, nei loro più diversi aspetti, di unità economiche86.

Trabucchi (a cura di), Commentario al Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea,

II, Milano, 1965, (artt. 85-136), 605.

85

La dottrina evidenziò la «saggezza» di tale lacuna, chiarendo come un'eventuale definizione non avrebbe avuto una «sostanziale corrispondenza con la disciplina degli Stati membri, e perciò avrebbe finito per fare violenza alla stessa; inoltre ... una definizione avrebbe costituito un elemento fisso di riferimento, e quindi un limite, per la concreta soluzione dei problemi afferenti ai diversi settori operativi, col rischio di risultare inadeguata a cogliere le effettive esigenze alle quali far fronte, anche perché un'eventuale definizione non avrebbe non potuto essere espressione propria di un ramo o di alcuni rami del diritto comunitario, e la sua trasposizione al di fuori di tale ambito avrebbe portato a motivi di incertezza o addirittura a motivi di disconoscimento della validità della definizione all'interno di tale ambito stesso», cfr. Verrucoli P., op. cit., 419.

86

Alessi R., L'impresa agricola nel diritto comunitario.La nozione e i principi generali del sistema, in Notiziario Giuridico Telematico.

Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia con sentenza C-85/77 del 28

febbraio 197887. Con tale pronuncia la Corte affermava: “una nozione di azienda

agricola universalmente valida per l’intero settore delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti la produzione agricola non è rintracciabile nell’ambito delle fonti comunitarie”. Di certo, allo stato, dalla assenza di riferimenti in termini di definizione di impresa agricola non è possibile non evidenziare l’attenzione del legislatore comunitario verso i modelli organizzativi dell’impresa agricola, basti pensare alla figura dell’imprenditore a titolo principale prima e professionale poi, di matrice comunitaria. Piuttosto il diritto comunitario, incline ad osservare il profilo oggettivo dei fenomeni economici, radica la sua attenzione all’analisi in concreto di strutture destinate alla produzione ed allo svolgimento di un’attività produttiva; e l’attenzione verso tale dato toglie risalto agli elementi giuridico-formali dell’imputazione di tali attività88.

Da ciò consegue la stretta connessione tra l’imprenditore e l’azienda prescindendosi dal titolo di imputazione di questa al primo.

In questa direzione trova conferma quanto affermato nel regolamento 1360/78 del 19/06/1978 in materia associazioni produttori agricoli ove si intende per produttore “ ogni conduttore di una azienda agricola situata nel territorio della Comunità che produce i prodotti del suolo e dell’allevamento”. Dello stesso avviso le formule adottate nel paragrafo 4 art. 1 del reg. Cee 3508/92 del consiglio del 27/11/1992 secondo cui è imprenditore ” il singolo produttore agricolo, persona fisica o giuridica o associazione di persona fisica e giuridica indipendentemente dallo statuto giuridico conferito secondo il diritto nazionale all’associazione e ai suoi membri la cui azienda si trova nel territorio della Comunità”. Sull’assunto dell’indefinita nozione di impresa agricola nel diritto comunitario la suprema corte di cassazione ha risolto le divergenze di

87

Corte di Giustizia c85/77 del 28 febbraio 1978 in Riv. Dir. Agr., 1979, II, 165. Sull’argomento Cfr. A. Germanò, “Manuale di diritto agrario”, ed. Giappichelli, Torino 2003, pp. 145 e ss.

88

Cfr. Verrucoli P., La nozione di impresa nell’ordinamento comunitario e nel diritto italiano: evoluzioni e prospettive, in La nozione di impresa nell’ordinamento comunitario, a cura di Verrucoli P., Milano 1977, p. 395 ss.

identificazione di produttori o imprenditori agricoli quali beneficiari delle politiche Cee statuendo che le definizioni adottate dalle fondi comunitarie ed introdotte nell’ordinamento interno non possono avere alcuna influenza oltre i confini , gli scopi e gli effetti che sono loro propri 89.

Parte della dottrina ha tentato al contrario di istituire una corrispondenza tra la norma base del Trattato e il nostro art. 2135 c.c.; o, meglio, di fronte alla crescente presenza, nella legislazione speciale interna di derivazione comunitaria, di definizioni alquanto disomogenee,ha tentato di preservare la centralità della nozione codicistica prospettandone una lettura aggiornata e adeguatrice, sì da ricongiungerla ad una presunta nozione ricavabile dall’art. 38 Trattato Cee.

La norma sancisce che “ per prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti”. In dottrina si è ritenuto che da tale articolo possa essere rintracciata una nozione moderna di agricoltura ma l’ambito dell’art. 38 appare ridimensionato dal rinvio in ,esso contenuto, all’annesso Allegato II90

. Difatti i prodotti cui risulta applicabile l diritto agrario di fonte comunitaria saranno quelli inclusi nell’elenco del citato allegato, anche se non rientranti nella definizione dell’art. 38. Al fine di temperare la discrasia emergente tra la definizione contenuta nell’art. 38 e i prodotti inseriti nell’allegato II , la corte di giustizia aveva precisato: “ se è vero che l’art. 38 e le disposizioni ad esso connesso consentono di precisare a determinati fini, l’ ambito di applicazione delle disposizioni agricole, del trattato, non è men vero che per altri fini, e specialmente per quanto riguarda il tipo delle aziende soggette alle disposizioni di cui trattasi, la nozione di agricoltura non è delimitata in modo preciso dal trattato. Spetta quindi alle autorità competenti di precisare, se del caso, ai fini della normativa agricola derivante dal trattato, l’ambito di applicazione personale del materiale e della normativa stessa”91

.

89

Cfr. Cass. 28 marzo 1986, n. 2220, in Giur. Agr. It., 1987, II, 250; Cass. 7 marzo 1992, n. 2767, in Dir. Giur. Agr., 1992, 421.

90

Ventura S. , Le fonti comunitarie del diritto agrario, pp.21-22

91

L’assenza di una nozione agricola trova in quest’ottica la propria ragion d’essere. Le fonti comunitarie partendo dai prodotti e/o delle attività ad essi relative tendono a privilegiare una qualificazione in progress dei produttori che si allontana da un’esigenza definitoria92. Il diritto comunitario per l’agricoltura,

invero, introduce nei diritti interni un’insanabile contraddizione, data dalla difficoltà degli stati membri di tenere il passo con i successivi ampliamenti delle attività da considerare agricole ai sensi della normativa comunitaria. Traspare piuttosto un’evidente irriducibilità delle scelte comunitarie ad una logica classificatoria e, nella specie, alle nozioni consolidatesi all’interno dei singoli diritti nazionali.