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italiana e straniera.

4. Le nozioni di integrità proposte dalla dottrina italiana e straniera

La dottrina straniera e italiana sin dalla fine dell’Ottocento si sono occupate diffusamen- te della tematica afferente l’integrità economica del capitale proprio. Di particolare interesse risultano le nozioni di integrità postulate dalla Scuola Tedesca; del resto, è bene ricordare che dopo la I Guerra Mondiale soprattutto in Germania la svalutazione della moneta rag- giunse livelli assolutamente elevati: non è un caso, quindi, che proprio in questa nazione si siano affermate le prime idee afferenti l’integrità economica del capitale.

In effetti, già alla fine dell’Ottocento la Scuola Tedesca ha sviluppato due distinte cor- renti di pensiero: la teoria monistica e la teoria dualistica(16).

Tra i più accesi sostenitori della teoria dualistica si colloca Fritz Schmidt, il quale sostiene che la funzione assolta dal bilancio d’esercizio sia necessariamente duplice: determinare con- giuntamente il reddito d’esercizio ed il capitale di funzionamento, seppur attraverso distinte tecniche valutative(17). Tale duplice funzione discende dalle esigenze conoscitive del soggetto

economico; esso, infatti, ha la necessità di conoscere lo stato del patrimonio in un dato mo- mento ed il reddito relativo all’esercizio.

Per tali ragioni Schmidt propone l’impiego, come criterio valutativo, del costo di sostituzio-

ne o di riproduzione: in tal modo viene determinata una configurazione di capitale che tende

alla sua stessa integrità in termini fisici, ovvero come capacità di riprodurre nel tempo la stes- sa combinazione produttiva iniziale.

Il riferimento, quindi, è ai singoli beni componenti il patrimonio aziendale: l’integrità del- lo stesso è assicurata solo se al termine dell’esercizio si riscontra la capacità di riprodurre la medesima combinazione produttiva esistente all’inizio del periodo.

Questa accezione di integrità, evidentemente, risponde alla logica che impone di applica- re valori correnti (in questo caso costi di sostituzione o riproduzione); tali valori, evidente- mente, risultano implicitamente ancorati agli indici particolari dei prezzi, risolvendo natu- ralmente eventuali problemi di inflazione(18).

Si osservi, peraltro, che la proposta di Schmidt è stata ripresa – seppur non esplicitamen- te e con qualche modifica – nel Rapporto Sandilands, che ha denominato tale procedimento

metodo C.C.A..

Pare doveroso, inoltre, soffermarsi sul significato attribuito da Schmidt ai valori correnti; in effetti, non si tratta di valori determinati alla chiusura del bilancio, bensì di costi di sostitu- zione o riproduzione.

Anche la teoria monistica ha apportato contributi di rilievo in termini di integrità eco- nomica del capitale.

Anzitutto è d’obbligo premettere che la teoria in questione ha visto formarsi al suo in- terno due distinti filoni: la concezione statica e la concezione dinamica del bilancio.

La prima delle due concezioni – quella statica – considera come unica finalità del bilan- cio d’esercizio la determinazione del patrimonio; il reddito di esercizio viene considerato essenzialmente come un valore patrimoniale differenziale, scaturente dal confronto tra capi-

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(16) Per utili approfondimenti si rinvia agli scritti di P.E. CASSANDRO, C. CAMPANINI, U. DE DOMINICIS,

E. PERRONE, G. CERIANI, L. BAGNOLI, G. MANETTI, C. CORSI. (17) F. SCHMIDT, Die Organiche Tageswertbilanz, Lipsia, 1929.

(18) Si osserva che lo stesso Schmidt precisa che la sua teoria «è sorta al tempo dell’inflazione monetaria. Ma già

nella prima edizione si fece notare che si tratta di una fondamentale presa di posizione nel problema delle variazioni di valore d’ogni specie che si ripercuotono sulla gestione». F. SCHMIDT, Die Organische Tageswertbilanz, Lipsia, 1929.

tale iniziale e capitale finale.

Al di là dei criteri valutativi accolti da questa teoria – che sono variati nel corso del tem- po, passando da valori riflettenti un’ottica di liquidazione a valori ispirati al presupposto di funzionamento – si può concludere che, data l’impronta eminentemente prudenziale che permea l’impostazione di fondo, la configurazione di capitale che emerge tende a mantenere integro il patrimonio giuridicamente in termini nominali.

Si può osservare che tale concezione di integrità nominale discende dall’applicazione del criterio valutativo orientato al minore tra costo storico e valore di realizzo desumibile dal mercato, espresso al valore nominale.

La concezione dinamica, al contrario, considera come unica finalità del bilancio la de- terminazione del reddito d’esercizio; tale teoria, sostenuta principalmente da Eugen Schma- lenbach, si caratterizza anzitutto per la peculiare concezione di patrimonio: tale quantità d’azienda, infatti, non è concepita come nella teoria statica quale semplice aggregato di beni, bensì come espressione della potenzialità produttiva dell’impresa; per la prima volta, quindi, viene introdotto il concetto di capitale come valore dipendente dalla redditività futura dell’impresa(19). Il risultato economico d’esercizio discende dalla contrapposizione del “valo-

re economico sociale” della produzione ottenuta al valore delle risorse consumate nella pro- duzione(20).

È possibile, quindi, concludere che tale impostazione teorica tende alla determinazione di una configurazione di capitale che si mantenga inalterata in termini di generico potere d’acquisto dei mezzi monetari investiti, complessivamente quantificati dal quantum costituito dal capitale netto.

Questa ulteriore accezione di integrità, del resto, è quella che si è detto derivare dall’im- piego di valori storici indicizzati al livello generale dei prezzi.

Evidentemente, le differenti nozioni di integrità appena approfondite postulano implici- tamente differenti concezioni di capitale: come già si è accennato, infatti, è possibile intende- re il capitale in senso “finanziario”, come ammontare di mezzi monetari investiti, che pre- scindono dagli specifici beni di cui esso stesso risulta composto; in alternativa, è possibile intendere il capitale in senso “fisico”, come insieme di beni reali costituenti la combinazione produttiva.

E’ altrettanto evidente che ad ogni concezione di capitale e di relativa integrità corri- spondono altrettante diverse configurazioni di reddito d’esercizio, dovendo essere i principi e i criteri applicati per la determinazione dello stesso ispirati ad una logica unitaria di fondo, rappresentata, per l’appunto, dalla finalità conoscitiva che si intende raggiungere.

Se l’integrità economica del capitale rappresenta una questione complessa già in periodi di stabilità dell’ambiente, è facile intuire come essa costituisca problema ancora più arduo in condizioni di forti oscillazioni della dinamica monetaria.

In effetti, qualora il potere d’acquisto della moneta vari in modo consistente, il mante- nimento dell’integrità economica del capitale richiede opportuni accorgimenti, per scongiu- rare il rischio di determinare un reddito solo “apparente”.

La dottrina economico-aziendale italiana, tradizionalmente legata all’impiego di valori nominali, ha sviluppato interessanti “metodologie di assestamento” da applicare in situazioni

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(19) Tra i sostenitori della teoria dinamica, oltre a Schmalenbach, si ricordano Walb e Kosiol.

(20) Sottolinea Onida: «Il “valore economico sociale” dei beni sarebbe – secondo lo SCHMALENBACH – un va-

lore intrinseco determinato dalla rarità ed utilità dei beni e che può essere diverso dal prezzo». P. ONIDA, Il bilancio di esercizio nelle imprese, Milano, 1945, p. 42.

di forte instabilità monetaria, al fine di separare il reddito “reale” da quello che è stato sopra definito “reddito apparente”(21).

In primo luogo, si ricorda Gino Zappa, il quale ha proposto di applicare una rettifica ai costi per renderli monetariamente omogenei ai ricavi, o viceversa ai ricavi per renderli mone- tariamente omogenei ai costi; in realtà, constatando l’inapplicabilità pratica di tale procedi- mento, data l’impossibilità di netta e costante correlazione tra costi e ricavi, lo Studioso ha proposto di rettificare l’utile complessivo, al fine di neutralizzare l’influenza esercitata sul reddito stesso e di riflesso sul capitale dalla variabilità del modulo monetario(22).

Un ulteriore interessante contributo si deve a Pietro Onida, il quale ha suggerito di inter- venire più semplicemente sui singoli elementi patrimoniali attivi e passivi iniziali, al fine di renderli monetariamente omogenei al potere d’acquisto in cui risulta espresso il capitale fina- le; dal momento che il reddito è calcolabile sinteticamente come differenza tra capitale ini- ziale e capitale finale, è evidente come anche questo procedimento consenta di neutralizzare il reddito “apparente”(23).

Infine, si ricorda il contributo di Ubaldo De Dominicis, convinto sostenitore del procedi-

mento sintetico di rettifica integrale dei valori contabili; tale procedura di assestamento prevede di

rettificare l’intero capitale netto iniziale, per renderlo monetariamente omogeneo al capitale netto finale(24).

Due ulteriori proposte arrivano dalla citata Scuola Tedesca; in effetti, Schmalenbach ha suggerito la rettifica dei valori iscritti nei singoli conti accesi agli elementi patrimoniali; men- tre Schmidt, come si è osservato, sosteneva la necessità di calcolare il reddito contrapponen- do ai ricavi i costi di riacquisto o sostituzione.

Il procedimento suggerito da Schmalenbach implica la preliminare classificazione dei movimenti totali registrati durante l’esercizio in ciascun conto per periodi caratterizzati da alterazioni del modulo monetario; si tratta poi di moltiplicare i movimenti per adeguati coef- ficienti di correzione(25).

Tutte le metodologie di assestamento citate, pertanto, si fondano su una matrice comu- ne, costituita dall’idea fondamentale di mantenere l’integrità economica del capitale proprio; tuttavia, in alcune di esse tale integrità è intesa in senso “specifico”, ovvero in termini di po- tere d’acquisto specifico, mentre in altre è intesa in senso “generico”, ossia in termini di po- tere d’acquisto generico.

In effetti, alcune delle citate metodologie propongono l’utilizzo di coefficienti di corre- zione desunti dalle variazioni dell’indice generale dei prezzi, dimostrando di adottare una concezione finanziaria del capitale ed una conseguente accezione finanziaria di integrità dello stesso; altre metodologie utilizzano, invece, coefficienti desunti dalle variazioni degli indici particolari dei prezzi, denotando l’accettazione di una nozione fisica di capitale, ed una coe- rente nozione fisica di integrità.

Si osservi, tuttavia, che le nozioni di integrità appena citate risultano orientate al passato

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(21) Per un utile approfondimento al riguardo si rinvia a G. CERIANI, La politica di remunerazione e l’integrità del capi-

tale proprio: riflessioni critiche sul framework dello IASB, in GRUPPO DI STUDIO E ATTENZIONE DELL’ACCADEMIA ITALIANA DI ECONOMIA AZIENDALE, L’analisi degli effetti sul bilancio dell’introduzione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, Roma, 2007, p. 264.

(22) G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Milano, 1950, p. 257.

(23) P. ONIDA, Il bilancio di esercizio nelle imprese, Milano, 1945, p. 45.

(24) U. DE DOMINICIS, I bilanci delle imprese nei periodi di oscillazione del valore economico della moneta, Torino, 1959, p.

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e al presente, ma sottovalutano del tutto le prospettive future dell’impresa, con particolare riferimento alle future politiche dei rinnovi dei fattori a lento e a veloce ciclo di utilizzo, nonché alla futura politica di remunerazione del capitale proprio. Inoltre, si osservi che non è possibile separare la parte di reddito “reale” da quella solo “apparente”, dovuta alle altera- zioni del potere d’acquisto della moneta. In effetti, il reddito è un tutto unitario, che discen- de dalla gestione considerata nella sua complessità; non è possibile individuare distinte fonti di distinti flussi di reddito, data l’unitarietà della gestione nello spazio e nel tempo. Si crede di poter affermare che in periodi di stabilità dell’ambiente, così come in periodi di forte oscilla- zione del modulo monetario, sia opportuno evitare l’effettuazione di artificiose rettifiche ancorate agli indici generali o particolari dei prezzi. In effetti, l’omogeneità dei valori di bi- lancio, volta alla tutela dell’integrità economica del capitale, trova il suo naturale riferimento nei piani e programmi futuri, che tengono conto delle condizioni passate, attuali e future di impresa e di ambiente, consentendo di tenere implicitamente in considerazione la possibile variabilità del modulo monetario e la necessità di tutela di tutti i portatori di interessi, tra i quali anche e soprattutto gli apportatori di capitale proprio(26).