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5.

Discussione

Questo studio effettuato su una coorte di pazienti italiani con diagnosi documentata di cardiopatia ischemica ha mostrato che quattro varianti genetiche comuni nei geni APOC3 (-482 C>T), MMP3 (1171 5A>6A), SELE (G98T) e nel locus 9p21.3 (C>G) erano determinanti indipendenti del rischio di esordio precoce di eventi cardiaci ischemici. Tramite un “score genetico multilocus” è stato inoltre osservato un effetto combinato di 6 varianti polimorfiche (APOC3 -482 C>T, FGB1 Ser189Ser, IL6 -572 G>C, SELE G98T, MMP3 1171 5A>6A e locus 9p21.3 C>G) nell’aumentare il rischio di insorgenza di malattia.

Vari studi hanno dimostrato un ruolo chiave della genetica nella cardiopatia ischemica e, in particolare, nella sua manifestazione precoce (Hauser et al., 2003). Studi effettuati su modelli animali transgenici hanno rivelato la presenza di oltre 100 geni che possono influenzare lo sviluppo di lesioni aterosclerotiche coronariche (Lusis et al., 2004a). Questi studi hanno rivelato informazioni su pathway che contribuiscono alla suscettibilità genetica all’aterosclerosi, in particolare in relazione all’ossidazione lipidica (Liao et al., 1994) e all’infiammazione (Shi et al., 2000; Mehrabian et al., 2002). Vari studi clinici hanno mostrato la presenza di varianti genetiche comuni che contribuiscono ad aumentare la suscettibilità alla malattia delle arterie coronariche (Lusis et al., 2004b).

Negli ultimi anni gli studi di associazione genome-wide (GWA) hanno evidenziato un’associazione tra SNP e malattia coronarica (Burton et al, 2007; Chanock et al, 2007; Samani et al., 2007; Kathiresan et al., 2009; Erdmann et

46 al., 2011; Patel and Ye, 2011). Purtroppo, molti dei polimorfismi emersi dagli studi di GWA non sono stati poi confermati in altre popolazioni perché questo tipo di studio ha il limite di non raggiungere un potere statistico tale da poter individuare associazioni statisticamente significative tra fenotipo e genotipo. In questa tesi, sono stati selezionati 10 polimorfismi genetici che in precedenti studi di associazione su geni candidati o genome wide erano risultati associati con un elevato rischio di cardiopatia ischemica (Andreassi et al., 2012). Tra i polimorfismi dei geni ad alto rischio studiati, sei SNP - apolipoproteina C3 (APOC3,-482 C>T), fibrinogeno beta (FGB1, Ser189Ser), interleuchina-6 (IL6, - 572 G>C), metallopeptidasi di matrice 3 (MMP3, 1171 5A> 6), E-Selectina (SELE, G98T) e locus 9p21.3 (C>G) - differivano in maniera statisticamente significativa tra i pazienti con comparsa precoce di CI e comparsa tardiva, ma solo APOC3, MMP3, SELE, e il locus 9p21.3 sono risultati associati ad un aumentato rischio di cardiopatia ischemica prematura.

APOC3

APOC3 è una glicoproteina sintetizzata nel fegato e nell'intestino che aumenta i livelli di trigliceridi plasmatici mediante l’inibizione dell'attività della lipoproteina lipasi e l'interferenza con l'assorbimento di trigliceridi mediata da ApoE. Precedenti studi hanno associato il polimorfismo -482 C>T del promotore del gene APOC3 con il rischio di cardiopatia ischemica e alterazione dei livelli dei lipidi plasmatici (Yamada et al., 2002; Tobin et al., 2004). Nessuno studio che associa questo specifico polimorfismo con l'insorgenza precoce di CI è disponibile in pazienti caucasici.

47 È interessante notare che questa variante polimorfica è risultata associata ad un aumentato rischio di eventi cardiaci avversi nella stessa popolazione di studio (Andreassi et al., 2012) a sostegno del ruolo fondamentale di questo gene in ambito cardiovascolare.

MMP3

La MMP stromelisina-1 (MMP-3) ha un'attività proteolitica su un certo numero di macromolecole della matrice extracellulare, compresi i diversi tipi di collagene, e facilita la conversione di altre MMP, come collagenasi-1 (MMP-1), dalla loro forma inattiva a quella funzionale (Jones et al., 2003; Newby, 2005; Ye, 2006). Il promotore del gene MMP3 contiene un comune polimorfismo delezione/inserzione, caratterizzato da un motivo di 5 o 6 adenosine, situato 1612 pb a monte dell’esone 1 (Ye, 2006). Molteplici studi hanno studiato il rapporto tra questo SNP (1171 5A>6A) e la malattia coronarica o l’infarto del miocardio (Humphries et al., 1998; Terashima et al., 1999; Dalepiane et al., 2008). Sono stati riscontrati diversi effetti di rischio di questo polimorfismo nelle diverse popolazioni (Koch et al., 2010; Niu and Qi, 2012). Nel loro insieme, i dati ottenuti identificano il polimorfismo 1171 5A>6A nel gene MMP3 come una variante ad alto rischio, associata in modo indipendente, per la cardiopatia ischemica. Sakowicz et al. hanno studiato la possibile associazione tra questo polimorfismo e l’infarto del miocardio in una popolazione di pazienti sotto i 45 anni di età. I risultati di questo studio hanno dimostrato che gli individui con il doppio allele mutato (6A/6A) avevano un maggiore grado di aterosclerosi coronarica rispetto agli individui 5A/5A o 5A/6A (Sakowicz et al., 2013).

48 SELE

Il gene della E-selectina (SELE) codifica una proteina di 110 kDa che lega i carboidrati, ed è generalmente espresso sulle cellule endoteliali attivate e sulle piastrine (Tedder et al., 1995). Questa proteina facilita il legame tra cellule endoteliali e leucociti, portando alla patogenesi di malattie trombovascolari (Cherian et al., 2003). L'analisi molecolare ha rivelato la presenza di diversi SNP nel gene della E-Selectina (Wenzel et al., 1999). Se questi polimorfismi siano associati con la cardiopatia ischemica rimane controverso, in particolare quando si considerano popolazioni di diversa origine etnica (Auer et al., 2003; Shirakawa et al., 2012; Lynch et al., 2012; Dong et al., 2014). In particolare Dong e collaboratori hanno effettuato una meta-analisi studiando diversi polimorfismi presenti nel gene della E-Selectina e hanno visto che alcuni di questi polimorfismi, tra cui il G98T, possono contribuire ad un aumentato rischio di malattia coronarica, ma possono non essere importanti determinanti della suscettibilità all’infarto miocardico (Dong et al., 2014).

Locus 9p21.3

Il locus di rischio 9p21 si estende per 58000 coppie di basi e contiene una sequenza antisenso non codificante la cui funzione non è ancora stata chiarita. Studi di associazione genome wide hanno rivelato un'associazione tra le varianti genetiche comuni nella regione cromosomica 9p21.3 e la cardiopatia ischemica (Burton et al., 2007; Samani et al., 2007; Kathiresan et al., 2009), un risultato che è stato replicato in una serie di studi di associazione di tipo caso- controllo su popolazioni di diversa origine etnica (Assimes et al., 2008; Helgadottir et al., 2008; Schunkert et al, 2008; Shen et al., 2008a; Shen et al.,

49 2008b). Ad oggi, il locus 9p21.3 è la prima variante genetica comune associata al rischio di malattia coronarica e/o infarto miocardico in più studi (Dandona et al., 2010). In accordo con tutto ciò, abbiamo trovato che, tra i quattro polimorfismi risultati determinanti indipendenti del rischio di esordio precoce di eventi cardiaci ischemici, la variante C>G del locus 9p21.3 risultava essere quella più fortemente associata, aumentando di 2.2 volte il rischio di cardiopatia ischemica ad esordio precoce. Diversi studi hanno suggerito che le varianti del locus 9p21.3 aumentassero il rischio di CI indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali (come il diabete, ipercolesterolemia, ipertensione, fumo) (McPherson et al., 2007; Assimes et al., 2008; Schunkert et al., 2008). I risultati ottenuti in questa tesi suggeriscono che il locus 9p21.3 è un fattore di rischio indipendente per la cardiopatia ischemica ad esordio precoce e che può collaborare in maniera congiunta con altri fattori di rischio cardiovascolari, come l’ipertrigliceridemia e il fumo, nell’aumentare tale rischio. Infatti, è stata trovata una chiara evidenza di tale effetto congiunto tra questo locus e fattori di rischio già scoperti.

In particolare, l'interazione tra il locus 9p21.3 e l’ipertrigliceridemia e il fumo ha raggiunto la significatività statistica anche dopo correzione per test multipli. Questo risultato conferma il coinvolgimento di questo locus nella funzione cardiovascolare, anche se il meccanismo molecolare che ne sta alla base rimane ancora sconosciuto (Anderson et al., 2008; Horne et al., 2008; Dandona et al., 2010).

Nelle analisi dell’effetto combinato di queste varianti sul rischio di cardiopatia ischemica ad esordio precoce, ogni allele ad alto rischio aumentava il rischio

50 del 30% e, considerato in maniera congiunta, il terzile di rischio genetico più alto (III terzile) aumentava il rischio della patologia di oltre 3 volte, sostenendo l'utilità di un approccio di questo tipo per aumentare la comprensione delle basi genetiche di questa patologia e migliorare l'identificazione degli individui con aumentato rischio di CI ad esordio precoce.

Alcuni studi hanno dimostrato che la combinazione di loci multipli con effetti modesti in uno score multilocus globale può migliorare il valore predittivo delle equazioni di rischio classiche come valutato dalla C-statistica o dall'area sotto la curva ROC (Humphries et al., 2007; Morrison et al., 2007; Kathiresan et al., 2008; Trichopoulou et al., 2008; Junyent et al., 2010).

Lluis-Ganella et al. hanno usato questo approccio di GRS per la riclassificazione del rischio, in due popolazioni a rischio coronarico intermedio. Gli autori hanno dimostrato che il GRS risultava associato in maniera lineare con l’incidenza di malattia coronarica in entrambe le popolazioni e questa associazione rimaneva statisticamente significativa anche dopo correzione dei fattori di rischio cardiovascolari tradizionali. Gli individui presenti nel quintile più alto dello score di rischio genetico avevano un rischio maggiore di avere malattia coronarica rispetto agli individui presenti nel quintile più basso. (Lluis- Ganella et al., 2012).

L'approccio dello score di rischio genetico è risultato, precedentemente, un potente strumento per migliorare la discriminazione dei pazienti con cardiopatia ischemica prematura. In un elegante lavoro, Anderson et al. hanno valutato la capacità del GRS calcolato su 5 SNP associati con il metabolismo lipidico di prevedere la malattia coronarica prematura, dimostrando la natura complementare dell’approccio dei geni candidati e degli studi GWA (Anderson

51 et al., 2010). Gli autori hanno creato due GRS, uno attraverso un metodo di conteggio non pesato (ogni SNP contribuiva allo stesso modo al rischio di malattia coronarica) e l’atro con un metodo pesato, considerando in entrambi gli score che ogni polimorfismo fosse associato in maniera indipendente al rischio. Hanno trovato che le 5 varianti genetiche contribuivano insieme alla predizione di malattia coronarica. Con entrambi gli approcci di GRS i risultati sono stati simili.

Più recentemente, è stato dimostrato che lo score di rischio genetico è un potente strumento per consentire una migliore stratificazione del rischio per futuri eventi cardiaci (Andreassi et al., 2012). In questo studio sono stati valutati 48 polimorfismi genetici ad alto rischio e quelli che sono risultati associati a maggiori eventi cardiaci avversi (MACE) sono stati inseriti in uno score genetico ottenuto sommando il numero di alleli di rischio. Lo score di rischio genetico creato è risultato associato con il rischio di MACE, mostrando un aumento del rischio di MACE di 1.25 volte per ogni allele inserito, anche nelle analisi corrette. Il valore maggiore di HR è stato trovato nei pazienti appartenenti al terzile più alto dello score di rischio rispetto ai pazienti nel terzile più basso.

52

6.

Conclusioni

Sono stati identificati quattro polimorfismi genetici APOC3 -482 C>T, MMP3 1171 5A>6A, SELE G98T, e locus 9p21.3 C>G come varianti chiave coinvolte nell’insorgenza precoce della cardiopatia ischemica.

Questi polimorfismi sono risultati predittori indipendenti di eventi ischemici cardiaci prematuri insieme a due fattori di rischio tradizionali (l’ipertrigliceridemia e il fumo). L'analisi dello score di rischio genetico delle varianti genetiche significativamente associate al rischio di esordio precoce di malattia cardiaca ischemica ha consentito una migliore stratificazione del rischio rispetto ad ogni singola variante e ha migliorato la valutazione della suscettibilità individuale all’insorgenza precoce di malattia.

53

7.

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