• Non ci sono risultati.

Problematiche relative a flussi rarefatti e viscos

2.2 NUMERO DI KNUDSEN

La trattazione classica dei problemi di fluidodinamica si basa sull’assunzione che il flusso possa essere trattato come continuo. Ciò implica che proprietà intensive del fluido come densità, temperatura, pressione, velocità, siano definite ad una scala di lunghezze infinitesima e quindi varino con continuità da un punto all’altro. Di conseguenza la natura molecolare, discreta, del fluido viene ignorata. In realtà, poiché i fluidi sono composti di molecole che possono collidere tra loro o con corpi solidi, ciò non è sempre vero. I problemi per cui l'ipotesi del continuo non può essere applicata vengono risolti con le leggi della meccanica statistica. Al fine di definire il campo di validità di tale ipotesi e il grado di rarefazione di un gas, viene definito il numero di Knudsen:

Kn L

= A (2.1)

Dove A rappresenta il cammino libero medio delle molecole ed L è la lunghezza caratteristica del problema fisico.

Problemi per cui tale numero risulta essere di ordine di grandezza unitario o superiore non possono essere studiati con le leggi della fluidodinamica classica. Utilizzando la teoria ideale dei gas, il cammino libero medio può essere ricavato utilizzando la seguente [9,10]:

2 2 K T p π σ ⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ A (2.2)

dove K =1.38 10 −23J K/ è la costante di Boltzmann, T è la temperatura espressa in

Kelvin, p è la pressione in Pascal e σ è il diametro di collisione delle molecole (10 m−10 )

Figura 2.1: Diametro di collisione molecolare.

2

A B

d d

σ = + (2.3)

La figura 2.2 mostra i possibili regimi di studio del flusso in funzione del numero di Knudsen.

Figura 2.2: Regimi di studio del flusso in funzione del numero di Knudsen.

Come si può ben notare dalla figura 2.2, l’ipotesi del continuo, resta valida solo per numeri di Knudsen minori di 0.001 e quindi solo per Knudsen minori di tale valore risulta possibile utilizzare le ben note equazioni di Navier-Stokes. Tuttavia, come vedremo a breve, il requisito tradizionale, affinché le equazioni di Navier-Stokes siano valide, è che il numero di Knudsen sia minore di 0.1. Nel caso di numeri di Knudsen minori di 0.001 le equazioni di Navier- Stokes, con condizioni al contorno (sull’interfaccia fluido-solido) di componente di velocità normale e tangente nulla a parete nell’equazione del momento e temperatura del fluido uguale alla temperatura a parete (sempre sull’interfaccia fluido-solido) nell’equazione dell’energia (condizioni di no-slip), rappresentano l’approccio numerico utilizzato per i problemi di

I termini di trasporto nell’equazione della quantità di moto e dell’energia spariscono nel caso limite che il numero di Knudsen tende a zero e le equazioni Navier-Stokes allora si riducono alle equazioni non viscose di Eulero (trascuro gli effetti dissipativi). Il flusso è allora isoentropico dal punto di vista continuo, mentre l’equivalente punto di vista molecolare è che la funzione distribuzione di velocità è ovunque in forma Maxwelliana o di equilibrio locale. Il limite opposto di numero di Knudsen infinito è il regime di flusso a molecola libera o non collisionale.

All’aumentare del numero di Knudsen tutti questi effetti diventano sempre meno trascurabili. Nella regione denominata Slip Flow Regime (10−3 Kn10−1) risulta ancora

possibile utilizzare le equazioni di Navier-Stokes tenendo però conto che le condizioni al contorno sull’interfaccia fluido-solido devono tener conto di una velocità di scorrimento non nulla a parete (slip velocity) [9].

Nel caso di uno strato limite laminare in un flusso a bassa velocità, lo spessore dello strato limite è inversamente proporzionale alla radice quadrata della densità. I gradienti quindi diminuiscono meno rapidamente di quanto il cammino libero medio aumenta quando la densità scende, e i numeri di Knudsen diventano più grandi a basse densità (tale aspetto, come verrà mostrato in seguito, è di vitale importanza nello studio di flussi supersonici). L’aumento nello spessore di entrambe queste caratteristiche del flusso significa che, in un flusso con strato limite, la porzione del flusso che è viscosa aumenta quando il flusso diventa rarefatto.

Quanto detto fin ora può essere riassunto in maniera seguente [9]: • Kn→0 Re

(

→ ∞

)

: equazioni di Eulero;

Kn10−3: equazioni di Navier-Stokes con condizione al contorno di aderenza (no-slip

boundary conditions);

10−3Kn10−1: equazioni di Navier-Stokes con condizione al contorno di scorrimento

(slip boundary conditions);

10−1Kn10: regime di transizione, da studiarsi con metodi di simulazione di dinamica

molecolare tipo DSMC (Direct Simulation Monte Carlo);

Kn≥10: regime molecolare, da studiarsi con metodi cinetici tipo equazioni di Boltzmann. Consideriamo ad esempio l’aria a T=288 K e p= ×1 105 Pa. Un cubo di 1 µm di lato

contiene 2.54 10× 7 molecole/µm3 separate da una distanza media di 3 2.54 10× 7 =0.0034

molecole/µm. A tale temperatura e pressione il libero cammino medio è A=0.065 µm (eq. 2.2). Quindi un dispositivo avente lunghezza caratteristica L=1 µm si troverà in un regime

avente numero di Knudsen (Kn=L/ A ) pari a 0.065, ovvero un flusso da studiarsi nella zona di

Slip-Flow Regime [9]. Diminuendo la pressione di un fattore 10 il numero di Knudsen

aumenta di un fattore 10 spostandosi di conseguenza nella regione di Transition Regime. Da

quanto detto ora, emerge chiaramente l’importanza della pressione al fine di mantenere basso il numero di Knudsen. In realtà andrebbe considerato il rapporto temperatura su pressione, e quindi sarebbe corretto dire che al fine di avere numeri di Knudsen bassi, tale rapporto deve essere il più basso possibile, ovvero flussi a basse temperature ed alte pressioni. Chiaramente agli scopi propulsivi è preferibile avere valori di pressione e di temperatura il più possibile alti.

Per quanto riguarda la temperatura, infatti, essa è direttamente proporzionale all’impulso specifico che si può ottenere da un dato propellente. Le figure che seguono, mostrano la variazione del numero di Knudsen nel range di pressioni 0.1 – 1 bar, e a due diverse temperatura (300 K e 1000 K), per un microdispositivo avente dimensione caratteristica di 10 micron.

Figura 2.3: Andamento del numero di Knudsen per fluidi con diverso diametro di collisione molecolare nel range di pressioni 0.1-1 bar a T=300 K (sinistra) e T=1000 K (destra).

In figura 2.3 si vede come, per diversi diametri di collisione molecolare, il numero Knudsen aumenta per pressioni basse. Tale aumento si fa via via più significativo per temperature elevate (figura 2.3, destra). Ecco giustificato quindi il motivo di lavorare a basse temperature ed alte pressioni. In figura 2.4 viene considerato un range di pressione decisamente più alto (1 – 10 bar) che mostra chiaramente come il numero di Knudsen si sposti

verso valori prossimi all’ipotesi del continuo. In entrambe le figure la lunghezza caratteristica del dispositivo preso in esame risulta essere di 10 µm.

Figura 2.4: Andamento del numero di Knudsen per fluidi con diverso diametro di collisione molecolare nel range di pressioni 1-10 bar a T=300 K (sinistra) e T=1000 K (destra).

La tabella 2.1, di seguito riportata, mostra i diametri di collisione molecolare di alcuni gas [11]: Gas σ (m) Aria 3.66 10× −10 Ar 3.58 10× −10 CO2 4.53 10× −10 H2 2.71 10× −10 He 2.15 10× −10 Kr 4.08 10× −10 N2 3.70 10× −10 NH3 4.32 10× −10 Ne 2.54 10× −10 O2 3.55 10× −10 Xe 4.78 10× −10