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4.5 LA METROLOGIA AD AGRIGENTUM

5.1.2 Una nuova città: Lilibeo

Quando nel 397 a.C. l’esercito di Dionisio I distrusse Mozia, coloro che riuscirono a scampare alla distruzione fondarono Lilibeo. La fondazione di un nuovo centro che si sostituisse a Mozia era di vitale importanza per Cartagine, che non poteva permettersi di perdere il controllo di un punto così nevralgico per i propri commerci e per la difesa dei territori cartaginesi in Sicilia. Il sito prescelto per la fondazione del centro rispondeva a caratteristiche ideali per rendere la nuova città una solida base militare: il promontorio lilibetano era infatti facilmente difendibile data la presenza di fondali molto insidiosi che rendevano la città inattaccabile via mare e la natura rocciosa del sottosuolo si pre- stava perfettamente alla solida edificazione di un sistema difensivo imponente250. Le più

importanti informazioni riguardanti la fondazione di Lilibeo, sono tramandate da Dio- doro Siculo251, il quale scrive: “La città fu fondata dai Cartaginesi dopo la conquista

della cartaginese Mozia da parte del tiranno Dionisio; infatti, avendo radunato i super- stiti di questa, li stanziarono a Lilibeo”.

Il ruolo di base militare di Lilibeo risulta chiaro sin dai primi anni dopo la fondazione, le possenti fortificazioni che la resero la maxima et munitissima civitas, di cui parla Po- libio252 o la πόλις ἀπόρϑητος che ricorda Diodoro253 potrebbero risalire proprio ai primi

anni di vita della città dato che essa resistette, già nel 368/367 a.C., all’ultimo attacco sferrato dal tiranno di Siracusa Dionisio I alla potenza punica.

Durante il IV secolo il ruolo di Lilibeo quale inespugnabile fortezza e base militare cartaginese per le operazioni in Sicilia è quanto mai evidente. Come si è già accennato, quando Dionisio I sferrò il suo ultimo attacco ai territori sotto controllo cartaginese in Sicilia, egli riuscì a sottomettere le città di Selinunte, Erice ed Entella, ma la sua marcia 249 ANELLO, 1986, p. 176. 250 DI STEFANO, 1984, p. 15. 251 DIOD., XXII, 10, 4. 252 POLYB., I, 41. 253 DIOD., XXXVI, 5.

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subì una brusca interruzione proprio davanti le mura di Lilibeo, la quale, sebbene posta sotto assedio da un esercito di trentamila fanti, tremila cavalieri e trecento navi da guer- ra254, riuscì a resistere costringendo alla ritirata Dionisio, che morirà poco dopo. È anco-

ra Lilibeo la base militare usata per orchestrare le operazioni di recupero dei territori perduti ai danni della Siracusa timoleontea, quando nel 341 a.C. sbarcano in città Asdrubale ed Amilcare con duecento triremi, cento navi e settantamila soldati. L’operazione, tuttavia, si rivelò fallimentare e, dopo la battaglia del Crimiso del 340 a.C., fu a Lilibeo che i superstiti trovarono rifugio. Infine, un’ulteriore riprova dell’inespugnabilità di Lilybaeum è data dall’essere stato questo l’unico centro della Si- cilia che Pirro non riuscì a conquistare nonostante un assedio di due mesi nel 277 a.C.

Come già accennato nel paragrafo dedicato alla storia della città di Akragas, durante la prima guerra punica Lilibeo costituì, insieme a Palermo, la principale base per il co- mando della flotta cartaginese. Nell’anno 253 a.C. la città fu posta sotto assedio dai consoli C. Attilio Regolo e L. Manlio Vulsone, che bloccarono le linee di comunicazio- ne via terra con un doppio accampamento ed opere d’assalto su due lati della città. No- nostante i tentativi dei romani di bloccare la città anche via mare, i generali cartaginesi Imilcone prima e Annibale dopo, riuscirono per dieci anni a mantenere attive le comu- nicazioni con l’Africa255. Lilibeo non venne mai conquistata militarmente dagli asse-

dianti, ma fu ceduta dai Cartaginesi ai Romani guidati dal console C. Lutazio Catulo, solamente a seguito di una pesante sconfitta navale subita a causa alle nuove tecniche romane di combattimento in mare nel 241 a.C.

Dopo la conquista il ruolo di Lilibeo quale base militare strategica non mutò. Fu pro- prio da qui, infatti, che Roma diresse alcune delle sue spedizioni contro Cartagine: nel 210 a.C. Marco Valerio Levino partì da Lilibeo per compiere alcune operazioni militari contro Utica, e fu dal medesimo porto che nel 204 a.C. ebbe inizio la spedizione contro Cartagine di Scipione. La città rimase fino alla conquista di Siracusa, la capitale della provincia istituita nel 227 a.C. e, successivamente, divenne la sede di uno dei due que- stori che amministravano l’isola.

Il periodo repubblicano si rivelò particolarmente florido per il centro, come dimostra- no i rinvenimenti archeologici in diverse aree della moderna città di Marsala, oltre che

254 GIGLIO, 2008, p. 38.

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le parole di Cicerone che, nelle Verrine256, definisce la città splendidissima civitas.

L’immagine ricavabile della città di questo periodo è quella di un centro ricco e mul- tietnico, presso il quale convivevano punici, greci e latini. Questo lo si può evincere sia dalla letteratura, sia delle testimonianze epigrafiche: Cicerone257 paragona infatti il cat-

tivo modo di parlare greco di Cecilio, con il cattivo uso che si faceva di questa lingua a Lilibeo dove il greco era parlato da una popolazione che non vantava origini elleniche. La lingua che i lilibetani parlavano fra loro era sicuramente il punico e nessun cambia- mento fu imposto in questo campo dal governo di Roma, dato che i funzionari di cui si ha notizia, come Verre, si servivano di interpreti per comunicare con la popolazione lo- cale.

È probabile che, al pari di Agrigento, Lilibeo divenne municipium sotto Augusto, con- dizione meno onorifica di quella di colonia e che non implicava l’afflusso di veterani romani in città; ciò comportò inevitabilmente un processo di romanizzazione della civi- tas più lento.

In età imperiale, più precisamente tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C., si data la trasformazione del municipium di Lilibeo in Colonia Helvia Augusta Lilybaetano- rum, ad opera di Pertinace (il cui gentilizio era Helvius) o, più probabilmente, di Setti- mio Severo. Il benessere apparentemente ininterrotto della Lilybaeum romana è inoltre facilmente comprensibile considerando che la città continuò anche in età imperiale ad essere la sede di uno dei due questori presenti in Sicilia, e che il suo porto rimase uno snodo essenziale per i collegamenti e i traffici commerciali con l’Africa258.

Lo sviluppo della civitas subì una brusca interruzione alla metà del V secolo d.C., come evidenziano alcuni strati d’incendio e di crollo in alcuni degli edifici cittadini; tali di- struzioni vanno probabilmente attribuite all’incursione vandalica del 440 d.C. che causò gravi danni alla città, tanto che questa, per risollevarsi, dovette beneficiare di particolari provvedimenti legislativi da parte di Teodorico II259.

256 CIC., Verr., V, 10. 257 CIC., Divinatio in Q. Caecilium, 12, 39. 258 BIVONA, 1987, p. 18. 259 DI STEFANO, 1984, p. 134.

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5.2 L'urbanistica

Come già accennato nel paragrafo precedente, Lilibeo dovette essere cinta da un pode- roso sistema difensivo già dagli anni immediatamente successivi alla sua fondazione. Sembrano confermare una cronologia alta i reperti ritrovati all’interno dell'ἔµπλεκτον delle mura nel lato sud

est della città che in- ducono a collocare la costruzione delle forti- ficazioni al pieno IV secolo a.C.260; contro il

dato archeologico va, tuttavia, la testimo- nianza di Diodoro261 che data la costruzione delle fortificazioni lili- betane, con torri e un profondo fossato, agli anni della spedizione di Pirro in Sicilia, più di un secolo dopo la fondazione della città. Secondo lo storico la

sola parte della città protetta dalle mura, sarebbe stata quella che dava sulla terraferma, data la protezione più che sufficiente fornita dai fondali impervi lato mare262

Non è allo stesso modo da escludere che già dai primi anni dopo la fondazione, la città sia stata dotata di un impianto stradale regolare. Tale impianto è stato ricostruito da G. Schmiedt grazie al contributo della fotografia aerea, in un articolo datato al 1963263.

Schmiedt ricostruì una maglia urbana costituita da un decumano massimo centrale e da cinque decumani minori che attraversano la città in senso NO-SE, tagliati in senso orto- 260 DI STEFANO, 1971, p. 75. 261 DIOD., XXII, 10, 5-7. 262 Per un’approfondita analisi delle mura lilibetane si veda DI STEFANO, 1971. 263 SCHMIEDT, 1963. Fig. 23 Schema urbanistico di Lilibeo

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gonale da 21 cardi; dal loro incrocio si formavano delle insulae di 35,52 x 106,56 metri corrispondenti a 1 x 3 actus nell’antico sistema metrico romano264. L’autore concludeva

il suo articolo definendo l’impianto urbanistico lilibetano “a pianta assiale con scamna” e datandolo in maniera indefinita al lunghissimo arco cronologico che va dalla prima occupazione romana all’elevazione di Lilibeo al rango di colonia sotto Pertinace o Set- timio Severo (seconda metà III secolo a.C.- fine II secolo d.C.), pur non escludendo che esso potesse ricalcare un impianto precedente alla conquista romana265.

Recentemente, tuttavia, uno studio di Enrico Caruso basato sui dati archeologici dei quarant’anni successivi all’articolo preso in esame in precedenza, ha mostrato come il sistema stradale lilibetano sia da retrodatare al IV secolo a.C. e dunque, al periodo puni- co della città266. In questo caso non bisognerebbe più parlare di “cardi” e “decumani”,

ma di πλατείαι e στενωπόι e di un disegno attribuibile ai canoni urbanistici greci. Se- condo questo recente studio, la maglia urbana lilibetana (Fig.23267) sarebbe caratterizza-

ta dalla presenza di sei πλατείαι principali e di ventitre στενωπόι che disegnerebbero una successione di insulae rettangolari di modulo variabile (1x3 o 1x4). Inoltre, si fa no- tare come l’unità di misura alla base dell’impianto urbano non sia l’actus romano, bensì più probabilmente il cubito punico. Gli isolati misurerebbero dunque 60 x 200 cubiti nel caso di insulae con un rapporto larghezza-lunghezza di 1x3, 60 x 240 cubiti nel caso di quelle con rapporto 1x4268. Questa modularità degli isolati non viene tuttavia seguita in alcune aree dell’antico abitato, in particolare nella parte nord-orientale, dove alcuni iso- lati appaiono ruotati di 90° rispetto a quelli del resto della città. Questo potrebbe signifi- care una riorganizzazione, o più probabilmente un ampliamento della maglia urbana nell’area più periferica della città in un periodo successivo all’impostazione dell’impianto originario, intervento databile forse agli anni successivi al 250 a.C. quan- do numerosi Selinuntini vennero deportati a Lilibeo269.

Dopo la conquista romana, molte delle abitazioni del periodo punico furono modifica- te e riutilizzate: è questo il caso delle domus ritrovate in Via delle Ninfe, Via Garraffa270 e dei resti archeologici di Via Sibilla presso la quale è stata ritrovata una domus di II se- 264 SCHMIEDT, 1963, pp. 70-71. 265 SCHMIEDT, 1963, pp. 70-71. 266 CARUSO, 2003. 267 Immagine da CARUSO, 2003, Tav. II. 268 CARUSO, 2003, p. 153. 269 CARUSO, 2003, p. 156. 270 Di queste due abitazioni si parlerà più nello specifico nei capitoli successivi.

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colo a.C. con ampie stanze distribuite attorno ad un atrio tetrastilo, caratterizzato da una pavimentazione in signinum con motivi a losanghe e crocette271. Riferibile probabilmen-

te all’età repubblicana è altresì la prima fase costruttiva dell’insula I di Capo Boeo. L’insula, che tra il II ed il III secolo d.C. fu interamente occupata da un’unica domus, era forse inizialmente divisa in più unità abitative impiantate durante il II secolo a.C.272,

ma difficilmente leggibili a causa delle pesanti modifiche che l’insula subì in età impe- riale; manca, inoltre, una pubblicazione esaustiva dei dati di scavo.

Una nuova monumentalizzazione riguarda, in età tardo repubblicana, anche il decu- manus maximus che, secondo quanto emerge dai recenti dati di scavo273, sarebbe stato adesso lastricato con pietre regolari di calcare duro. Che questo intervento sia da attri- buire all’azione di un cittadino romano lo testimonia l’iscrizione pubblica commemora- tiva, originariamente in lettere di bronzo oggi perdute, fatta porre da un pr(aetor) de- sig(natus) di cui non è però noto il nome274.

È certo, nonostante i pochi dati archeologici, che anche negli anni che precedettero l’elevazione al rango coloniale, la città dovette vivere anni floridi in campo edilizio; è questo ciò che si apprende da un’iscrizione275datata all’anno 84 d.C. che attesta alcuni

lavori di restauro di un acquedotto cittadino sotto l’imperatore Domiziano, acquedotto del quale purtroppo si ignora il tracciato276. Allo stesso modo, sempre solamente a livel-

lo epigrafico, è nota la presenza in città di un septizodium e di una grande piazza o stra- da lastricata attestata con il nome di platea Cererum277.

In età imperiale lo sviluppo della città non subì gravi battute d’arresto, nonostante si possano cogliere i segni di un lento abbandono in alcune delle strutture di età repubbli- cana come la domus di Via Garraffa. Benché storicamente si conosca poco di questo pe- riodo, dalle evidenze archeologiche si può notare come alcuni degli edifici dei secoli precedenti vengano ora rinnovati mostrando segni di evidente ricchezza. Questo è ad esempio il caso della domus di Via delle Ninfe nella quale un ampio peristilio diventò il fulcro dell’abitazione, o della grande casa di Capo Boeo, che, tra la fine del II e gli inizi 271 DI STEFANO, 1984, p. 104. 272 CARUSO, 2003, p. 155; WILSON, 1990, p. 123. 273 GIGLIO et alii, 2012, p. 226-229. 274 GIGLIO et alii, 2012, p. 227. 275 CIL X 7227. 276 DI STEFANO, 1984, p. 147. 277 Per un quadro più completo dei numerosi edifici dedicati a Lilibeo in età imperiale, attestati so- lamente a livello epigrafico si veda BUSCEMI, 2012, pp. 64-100.

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del III d.C., fu completamente rinnovata con la costruzione di ambienti termali privati, l’accorpamento delle precedenti unità abitative, forse dovuto al parziale abbandono de- gli assi stradali che le dividevano, e le nuove ricchissime pavimentazioni musive278. È

evidente che questa nuova fase edilizia sia da ricollegare all’elevazione al rango di co- lonia della città sotto Pertinace o, più probabilmente, Settimio Severo.

Al IV secolo risalgono i lavori di pavimentazione e rinnovamento dei due assi viari che delimitano

l’insula I sui lati est e sud con la- stre che, come si vedrà, appaiono profondamente diverse da quelle del decumano massimo. Que- sto, proprio verso la fine del IV se- colo, subisce un primo parziale abbandono che risulterà definiti- vo nel VI secolo,

quando l’area verrà adibita a sepolcreto279.

Alla luce di quanto detto, per il periodo che interessa questo elaborato sono riconosci- bili per Lilibeo almeno tre fasi:

• FASE I: Età tardo-repubblicana, dalla seconda metà del II secolo a.C. all’età augustea.

• Non può essere individuata, alla luce delle attuali conoscenze sul centro, una fase edilizia di I secolo e II secolo d.C. che tuttavia, come già visto, dovette certamente esistere.

• FASE II: Media età imperiale, fine II-III secolo d.C.

278 DI STEFANO, 1984, pp. 134-135. 279 GIGLIO et alii, 2012, p. 228.

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• FASE III: Periodo tardo antico, IV secolo d.C.

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