Testo inedito cura di Fabio Minazzi
Premessa
Questo testo inedito di Vailati scaturisce direttamente dall’appassionato lavoro svolto dal pensatore cremasco in connessione diretta con l’attività posta in essere dalla Commissione reale per la riforma della scuola
secon-daria, promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1905, i cui do-cumenti e atti a stampa sono consultabili nel diversi volumi promossi dalla
stessa Commissione e dal Ministero della Pubblica Istruzione del tempo1. Come è noto questa commissione italiana fu istituita seguendo l’esempio dell’Inghilterra e della Francia, che avevano precedentemente insediato analoghe Commissioni di studio, indagine e riforma delle loro scuole se-condarie. In Inghilterra, nel 1885, era stata infatti istituita la Royal
Com-mission on secondary Education e in Francia, poco dopo, nei primi anni
del Novecento, era stata costituita un’analoga Commissione di studio, pre-sieduta da Alexandre Ribot. In Italia il ministro Nicomede Bianchi aveva del resto promosso questa Commissione anche alla luce dei vivaci dibattiti sui problemi della scuola allora promossi dall’agguerrita e diffusa
Fede-razione Insegnanti Medi2.
La Commissione reale, insediata uffi cialmente il 24 dicembre 1905, ma già riunitasi per la prima volta il 9 dicembre del medesimo anno, era pre-sieduta da un ex-ministro della Pubblica istruzione e deputato al parla-mento come l’on. prof. Paolo Boselli, ed era composta dall’on. prof. Pietro
1 Cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Commissione reale per l’ordinamento degli studi secondaria in Italia, Ludovico Cecchini, Roma 1906; Id., Relazioni, vol. I, ivi 1909 [di 770 pp.] e Id., Risposte al questionario diffuso con circolare 27 marzo 1906, agli studiosi di questioni didattiche, ai Corpi scientifi ci e letterati, alle Facoltà universitarie e agli altri Istituti superiori, ai Collegi dei professori e alle Società pedagogiche e professionali degli insegnanti, ivi 1909 [di 970 pp.]. 2 Per la storia di questa associazione cfr. Luigi Ambrosoli, La Federazione
Blaserna, senatore del regno, dal classicista e fi lologo comm. prof. Girola-mo Vitelli, dell’università di Firenze, da due docenti di scuola media come Giovanni Vailati e Giovanni Rossi, da Alfredo Galletti e Gaetano Salve-mini, docenti universitari, nonché esponenti di rilievo della Federazione
Insegnanti Medi, cui si affi ancavano, infi ne, il comm. prof. Vittorio Fiorini
(Ispettore generale al Ministero della P. I.), il comm. dr. Camillo Corradini (Direttor generale dell’Istruzione primaria), il prof. Andrea Torre, allora pubblicista (futuro deputato, Ministro della P. I. e senatore del regno) e il prof. Giuseppe Picciola (professore di lettere italiane e Preside del Liceo Galilei di Firenze), ovvero due ministeriali, un giornalista e un preside. Gli scopi e i limiti specifi ci della riforma che la Commissione reale avreb-be potuto (e dovuto!) promuovere erano stati espressamente indicati dal Ministro all’atto dell’insediamento uffi ciale di questo gruppo di lavoro, poiché, a suo avviso, occorreva che la Commissione delineasse il quadro di una scuola media unica (in cui non avrebbe dovuto fi gurare l’insegna-mento del latino), la quale avrebbe poi consentito l’accesso a tre differenti settori della scuola secondaria, ovvero quello tecnico, quello normale e quello classico (il quale ultimo veniva ulteriormente articolato nel liceo
classico e nel liceo moderno). Quando, nel luglio 1906, la Commissione
deliberò, a maggioranza, di approvare, in linea di massima, un primo pro-getto complessivo di riforma per la scuola media unica, nella quale era stato effettivamente cancellato l’insegnamento del latino, il classicista Vi-telli si dimise, ben presto seguito da Galletti e Salvemini i quali, nel 1908, pubblicarono un volume consacrato a La Riforma della scuola media nel quale rielaborarono quanto da essi raccolto nel corso del lavoro svolto in seno alla Commissione (ma per tutti questi materiali ed altri interessanti documenti analoghi cfr. complessivamente il quinto volume delle Opere di Salvemini, Scritti sulla scuola, a cura di Lamberto Borghi e Beniami-no FiBeniami-nocchiaro, Feltrinelli Editore, MilaBeniami-no 1966, in particolare cfr. le pp. 269-633).
Il testo inedito di Vailati qui pubblicato è presente in una cartella intito-lata Filosofi a (nel quale sono conservate le bozze a stampa dei questionari – variamente predisposti dalla Commissione – che furono effettivamente diffusi nelle scuole, espressamente concernenti questa disciplina), la quale è a sua volta conservata entro un più ampio falcone, senza alcun titolo, attualmente a disposizione del Centro Internazionale Insubrico dell’Uni-versità degli Studi dell’Insubria di Varese, che raccoglie alcuni altri docu-menti direttamente connessi con l’attività della Commissione reale. Tutte le carte raccolte in questo faldone sono certamente appartenute a Vailati, come si evince sia dai suoi numerosi appunti autografi che costellano
va-riamente i differenti fogli di lavoro, sia anche dall’espressa intestazione di vari documenti e verbali della Commissione che ben documentano, nel loro insieme, la sua intensa attività di studio svolta in seno a questa
Com-missione reale.
Il testo di questo intervento è conservato in cinque fogli dattiloscritti numerati, ma non fi rmati (delle seguenti dimensioni: 29 cm x 22,5), che presentano differenti righe di testo per ciascuna pagina (le quali, per la precisione, risultano essere così suddivise: p. 1, 25 righe; p. 2, 26 righe; p. 3, 27 righe; p. 4, 30 righe e p. 5, 11 righe). Nel trascrivere fi lologicamente il dattiloscritto ho naturalmente provveduto a segnalare, sempre tra paren-tesi quadra, la conclusione di ciascun foglio. Da una valutazione comples-siva della produzione vailatiana questo intervento dovrebbe probabilmente risalire perlomeno al 1907 oppure ad un periodo di poco posteriore, poi-ché sono proprio questi gli anni in cui Vailati esplicita pubblicamente idee analoghe a quelle che deve aver poi ripresentato in seno alla Commissione quando si è discusso dell’insegnamento della fi losofi a nelle scuole medie superiori. Segnalo, inoltre, che il titolo di questo scritto è naturalmente redazionale e dello scrivente, poiché il dattiloscritto è sine titulo.
Lo scritto è, comunque, sicuramente di Vailati, non solo perché ripren-de alcune sue note iripren-dee concernenti l’insegnamento medio ripren-della fi losofi a, ma anche perché è del tutto coerente sia con quanto Vailati pensava in merito ad una possibile ed auspicabile riforma istituzionale della tradi-zionale collocazione universitaria della fi losofi a, nell’orizzonte strategico di una rimodellazione complessiva della struttura delle differenti Facoltà (rompendo il pregiudiziale e tradizionale abbinamento della Filosofi a con la Facoltà di Lettere), sia con la sua stessa concezione, specifi ca ed auto-noma, della stessa indagine fi losofi ca e della sua intrinseca natura episte-mologica. Inoltre, last but not least, il testo qui pubblicato si interrompe proprio in un punto affatto strategico che rinvia, assai signifi cativamente, ad un altro noto testo che Vailati ha pubblicato nel 1907, espressamente dedicato a Le vedute di Platone e di Aristotele sugli inconvenienti di un
insegnamento prematuro della Filosofi a (ora in Scritti B, vol. I, 403-407
oppure anche in Scritti A, pp. 822-827), che era stato peraltro oggetto di una sua nota comunicazione al secondo convegno della Società italiana di Filosofi a svoltosi a Parma nell’agosto (25-28) dello stesso anno.
Ma se poi si analizza direttamente ed intrinsecamente questo scritto la posizione vailatiana emerge con forza e anche notevole cogenza, proprio perché in questo contributo il pensatore cremasco propone di affi dare l’in-segnamento specifi co della fi losofi a non già ad un docente di questa disci-plina, bensì ai professori di altre materie, come quelle letterarie e
scienti-fi che, facendo appunto leva sia sull’opportunità di impedire la presenza, nelle scuole medie superiori, di una specializzazione (da lui giudicata come troppo precoce e dannosa), sia sull’opportunità che anche i docenti di materie letterarie e scientifi che si possano (e debbano) formare in virtù di una più ampio ed articolato percorso educativo universitario che sia appunto in grado di contemplare, innovativamente, uno studio specifi ca-tamente fi losofi co delle loro materie. Con il che, appunto, il nostro cer-chio ermeneutico sembra appunto chiudersi, proprio perché la proposta avanzata da Vailati, espressamente fi nalizzata all’abrogazione delle dispo-sizioni ministeriali che prescriventi che l’insegnamento delle varie parti del programma di fi losofi a sia svolto nelle scuole medie superiori da uno «speciale insegnante» di fi losofi a, rinvia anche, appunto, ad un ricolloca-mento strategico complessivo della fi losofi a nell’insegnaricolloca-mento universita-rio. Infi ne Vailati si mostra nuovamente convinto che le stesse autentiche questioni fi losofi che possano emergere solo nel loro legame, intrinseco e cogente, con i problemi direttamente connessi con le varie materie studiate e sempre scaturenti da queste ultime, siano esse di natura squisitamente letteraria oppure scientifi ca. Probabilmente questo suo testo doveva costi-tuire la traccia di un intervento diretto che Vailati ha forse presentato nel corso delle discussioni sviluppate in seno all’attività della Commissione, oppure costituisce la formulazione scritta di una sua proposta autonoma che, tuttavia, non è stata poi ripresa e pubblicata autonomamente dallo stesso pensatore cremasco.
Se non si può negare la coerenza concettuale intrinseca della posizio-ne vailatiana, tuttavia non si può fare a meno di osservare come questa sua singolare proposta sia anche frutto del suo modo, affatto specifi co, di concepire (e praticare) la stessa rifl essione fi losofi ca in quanto tale. Ai suoi occhi quest’ultima si confi gura, infatti, o come pura metodologia delle singole scienze (e quindi presuppone una padronanza effettiva e reale di queste singole scienze), oppure come uno studio delle questioni etiche e morali che, per loro intrinseca natura, richiedono sempre una profonda maturazione del singolo e anche una non minore esperienza della vita che, naturalmente, non si può possedere quando si è molto giovani. In questa prospettiva appare allora veramente inevitabile che le questioni fi losofi -che non debbano mai essere studiate in astratto (e questa è sicuramente l’esigenza positiva e affatto costruttiva e condivisibile che anima, assai giustamente, la proposta vailatiana), poiché devono sempre essere calate nel concreto perimetro effettivo di problemi affatto specifi ci di cui si abbia una minima, ma precisa, competenza, conoscitiva e tecnica. D’altra parte è però anche diffi cile sottrarsi all’impressione che proprio l’orizzonte di
ascendenza complessivamente positivista, sia pur in senso molto lato, en-tro il quale Vailati colloca volutamente la sua valutazione della rifl essione fi losofi ca, gli impedisca infi ne di cogliere anche l’autonomia relativa
spe-cifi ca della stessa rifl essione fi losofi ca, valutata in tutta la sua autonoma
e peculiare portata teoretica. Probabilmente anche in questo caso il suo noto e radicato astio anti-kantiano non ha infatti giovato, anche sul fronte tecnico della didattica della fi losofi a, alla maturazione di una prospettiva critica più articolata e comprensiva delle ragioni che consentono alla ri-fl essione fi losofi ca di poter essere studiata e valutata sul proprio peculia-re piano di autonomia intellettuale peculia-relativa, entro la sua stessa tradizione
concettuale, facendo appunto riferimento privilegiato ai classici del
pen-siero fi losofi co (e scientifi co, of course!).
dei Quesiti speciali sulle singole materie predisposti nel corso dei lavori della Commissione reale