EVOLUZIONE “EUROPEA” DEL FENOMENO
2.4 Nuove forme globalizzate di criminalità economica
Le nuove tecnologie sono ritenute il fattore più importante del costante mutamento e incremento della criminalità economica. Allo straordinario progresso tecnologico sono strettamente connessi i processi di globalizzazione, che si manifestano almeno sotto tre aspetti (Martucci, 2006): 1)globalizzazione commerciale o del mercato delle merci22; 2)globalizzazione delle imprese, dei processi di lavoro e produttivi, che si realizza in passaggi diversi23 ; 3)globalizzazione finanziaria che produce una grande massa di ricchezza astratta senza collocazione territoriale, il cui risultato è il prevalere della finanza sull’economia reale. La delocalizzazione e la transnazionalità consentono di giovarsi dei paesi in cui le legislazioni sono meno avanzate e incisive, senza contare che l’atteggiamento dell’autorità offre una tolleranza “interessata” e la ramificazione e la diversificazione delle sedi delle imprese rende più difficile risalire alle responsabilità personali. Sono soprattutto le nuove forme del crimine economico ad aver assunto modalità transnazionali, tanto nella collocazione dei protagonisti, quanto nella ricaduta degli effetti. Alla luce di tutto ciò non deve stupire il fatto che dalla fine degli anni Novanta la maggior parte dei processi penali riguardanti traffici illeciti, delinquenza organizzata ed economica, presenti ramificazioni internazionali. Ricordiamo, per ciò che riguarda i crimini ambientali, il disastro provocato nel gennaio del Duemila dallo scarico di un’enorme quantità di cianuro nel fiume Tibisco, affluente del Danubio, per un
22 La produzione è destinata in misura crescente a clienti che risiedono in altri paesi e si consumano sempre più beni all’estero.
23 Il primo stadio è costituito semplicemente dalla produzione delle merci in uno Stato e dalla loro commercializzazione in un altro; la seconda fase vede le aziende attivare filiali per la commercializzazione dei prodotti negli altri Stati; il terzo passaggio è quello della produzione di alcune componenti in paesi diversi da quello della casa madre; nel quarto un intero ciclo produttivo viene collocato in una nazione diversa da quello in cui risiede la casa madre, per aggirare le barriere doganali; nell’ultimo stadio si realizza la disseminazione dei diversi segmenti del ciclo produttivo in una molteplicità di territori nazionali diversi. (Martucci, 2006)
incidente verificatosi in una miniera aurifera rumena di proprietà di una multinazionale con sede in Australia. L’avvelenamento determinò la morte di numerose specie di pesci, uccelli e mammiferi in Romania, Ungheria, Serbia e nel Mar Nero. Ricordiamo quelli che sono stati battezzati “computer crimes”, che grazie ad Internet godono di una comunità virtuale senza confini, o ancora “le nuove schiavitù” (Martucci, 2006)che non avrebbero potuto germinare nell’ambito delle economie chiuse tradizionali. Ma procediamo con alcuni casi assai significativi ed esplicativi.
CRIMINE AMBIENTALE: il 10 Luglio 1976, la città di Seveso fu colpita da un incidente che risultò emblematico delle crescenti implicazioni transnazionali dei crimini ambientali. Un reattore dello stabilimento chimico Icmesa a Meda, in Brianza, rilasciò accidentalmente circa tre tonnellate di sostanze tossiche, fra cui la diossina24. La nube investì quattro comuni lombardi e in particolare Seveso, contaminando centinaia di persone: decine di bambini sfigurati per sempre da una infezione cutanea denominata cloracne, lo sviluppo economico e urbano bloccato, gli abitanti costretti a mutare radicalmente stile di vita, una parte del paese evacuata e rasa al suolo perché irrecuperabile.
L’Icmea apparteneva alla multinazionale svizzera Givaudan-Hoffman La Roche, un colosso in campo farmaceutico e cosmetico, che mobilitò risorse straordinarie per minimizzare la portata dell’episodio, utilizzando le forti sovvenzioni alla ricerca medica per condizionare gli studi sulle ricadute dell’inquinamento (Martucci, 2006). Nel 1983 due suoi dirigenti furono condannati per disastro e lesioni colpose mentre la società pagò un risarcimento di 200 miliardi di lire. Nel 2004, tuttavia, era ancora in corso una causa civile, iniziata dieci anni prima, fra la Givaudan e oltre mille persone per le “alterazioni nella vita di relazione”.
Un’attività che negli ultimi quindici anni ha assunto una dimensione specifica nell’area del crimine ambientale è quella del traffico illecito di rifiuti, la cui importanza è direttamente proporzionale alla mancata soluzione delle priorità
24 Una delle sostanze chimiche più velenose esistenti, tra le più difficili da eliminare.
legate allo smaltimento di una crescente quantità di residui tossici o inquinanti derivanti da attività industriali. A fronte dei costi alti di smaltimento, spesso si preferisce prendere la strada più facile: l’eliminazione clandestina dei rifiuti. Secondo i dati della Relazione ecomafie del 2001, in Italia, le organizzazioni malavitose che gestiscono il riciclaggio e l’eliminazione di 35 milioni di tonnellate di rifiuti, hanno un fatturato pari a 12.000 miliardi di vecchie lire. Quando poi questa attività riguarda rifiuti ad alta tossicità, i metodi utilizzati implicano gravissimi rischi di impatto ambientale. Esiste, inoltre, un vero e proprio traffico internazionale di scorie, con un forte ruolo del crimine organizzato, indirizzato verso paesi del Terzo mondo o dell’area ex sovietica. Di fronte a queste realtà non sorprende che, sulla scia delle convenzioni internazionali25, sin dagli anni Ottanta l’Icef26 abbia avanzato la proposta di istituire una Corte internazionale di giustizia per i reati ambientali, composta da 15 giudici indipendenti eletti dall’assemblea delle Nazioni Unite. Si verrebbe a creare un’istituzione indipendente permanente, analoga alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, deputata a gestire le controversie ecologiche, il risarcimento dei danni ambientali, la punizione dei crimini contro l’ambiente e ad adottare provvedimenti cautelari ed urgenti, intervenendo sia sui soggetti privati sia sugli Stati.
“COMPUTER CRIMES”: “Non è forse mai comparsa una forma di criminalità che nel giro di tre decenni “, (a partire dal 1972), “abbia assunto tale diffusione, rilievo e diversificazione come quella relativa ai reati informatici.” (Martucci, 2006, p.105)
Inizialmente questi crimini sono stati realizzati ai danni delle strutture informatiche di banche, imprese, assicurazioni, enti pubblici, mediante modifiche abusive dei sistemi di elaborazione dei dati, principalmente per sottrarre denaro e merci. Rispetto alla classica figura del “criminale dal colletto bianco”, la tecnologia informatica ha operato una sorta di “democratizzazione del delitto economico” (Martucci, 2006), ponendo in primo piano l’abilità tecnica
25 Come quelle di Basilea del 1994 e del 1999, o di Lugano del 1993 26 International Court of the Environment
e rendendo non necessaria la condizione sociale elevata. Una tecnica sofisticata che, fra le prime, ha permesso la realizzazione di questi reati è stata quella del “cavallo di Troia”, ovvero nell’introduzione abusiva, in un software, di un certo numero di istruzioni nascoste. In tal modo la macchina, pur continuando ad espletare le proprie normali funzioni, compie un’ulteriore attività non autorizzata. Si sono, quindi, progressivamente moltiplicate le aggressioni ai sistemi informatici realizzate da hacker con il proprio PC, in genere senza muoversi da casa. Le organizzazioni criminali ricorrono ad Internet sfruttando la moneta elettronica27, che garantisce sia l’anonimato sia una più semplice e veloce circolazione dei capitali. Tuttavia, esistono traffici assai più insidiosi e preoccupanti, che riguardano pressoché tutti i cittadini e che sono realizzata a vantaggio delle grandi corporazioni economiche: il caso dei dati personali. Le banche dati clienti sono oggetto di compravendita fra le aziende e, all’insaputa degli interessati, passano da un’impresa all’altra. Ciascuno diffonde in misura costante notizie che lo riguardano, più o meno volontariamente quando sottoscrive moduli e autorizzazioni. Molti ignorano che, durante le visite alle pagine web, alcuni server della rete inviano al computer dell’utente dei file28 (“cookies”) che rimangono in memoria e rilevano con quale frequenza l’utente apre un determinato sito.
NUOVE FORME DI SCHIAVITÚ: uno degli effetti più tragici dell’evoluzione della criminalità economica è stato il riemergere di forme di schiavismo, sotto una veste diversa e “moderna”. Le principali espressioni della schiavitù moderna sono quelle dell’antichità greco-romana ma cambiano radicalmente le modalità e le apparenze. Oggi la ragion d’essere rimane solo lo sfruttamento economico:
27 Un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso dietro ricezione di fondi corrispondenti ed accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi
dall’emittente. Nella quotidianità lo strumento si giova di supporti magnetici come carte di credito o bancomat (cad-‐based money) che agiscono grazie a terminali, mentre le transazioni più importanti avvengono attraverso bonifici telematici grazie alla rete interbancaria mondiale. (Marotta, 2004)
28 La penetrazione dei cookies è facilitata dal fatto che tutti gli attuali browser di navigazione utilizzano un sistema di memorizzazione temporanea, nel disco rigido del computer, di alcuni elementi delle pagine web visitate. (Marotta, 2004)
lavoro non retribuito e prostituzione forzata. Il massiccio aumento demografico nelle zone in via di sviluppo, unitamente alla disgregazione del nucleo familiare tradizionale, il crescente divario tra classi agiate e disagiate unitamente alla corruzione di molti governi, hanno creato condizioni favorevoli per il riemergere di questa fattispecie. Per milioni di persone in condizione disperata, con una media d’età bassa, l’accettazione di uno sfruttamento senza limiti costituisce spesso l’unica alternativa ad una morte per inedia. Naturalmente il rapporto di schiavitù è dissimulato in vari modi, pur non perdendo la caratteristica principale del totale assoggettamento ad una persona. Oggi esistono mercati di schiavi, prestazioni e relazioni operate all’interno dell’economia legale. Questo comporta alcuni aspetti caratteristici come l’uso della violenza (sia essa fisica o minacciata) per ottenere sottomissione, il rapporto di debito nei confronti del padrone e la natura non perpetua del rapporto (Martucci, 2006). Una forma tipica può essere quella in cui la persona impegna se stessa in cambio di un prestito in denaro, ma natura e durata del servizio sono soggette all’arbitrio del padrone e la prestazione lavorativa non estingue il debito. Un’altra forma ricorrente è di tipo contrattuale, che si nasconde dietro relazioni lavorative in apparenza legali. In realtà il contratto serve ad attirare sia i futuri schiavi sia a dare parvenza di legalità al rapporto in sé. Normalmente le vittime sono trasferite lontano da casa, in paesi stranieri in cui il loro ingresso viene coperto dal rapporto d’impiego; sono quindi private dei documenti e di denaro, in balìa del padrone. Questa procedura è utilizzata anche per favorire la prostituzione giovanile delle donne. Le dimensioni della schiavitù fanno impallidire: secondo Anti-Slavery International, che ha sede a Londra, oltre 200 milioni di persone (Martucci, 2006).
Questi sono solo alcuni casi, particolarmente significativi e frequenti ai giorni nostri, in cui è possibile notare questa commistione tra globalizzazione, libero mercato e criminalità.