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Nuove prospettive di ricerca: «Cloosing the loop», un Modello Circolare per il riuso del sistema

Il modello proposto per Ercolano ha l’obiettivo di agire contemporaneamente sul piano fisico, sociale, economico e culturale per creare relazioni e dinamiche circolari tra le risorse locali. Agendo sulla sensibilizzazione e sul coinvolgimento delle comunità locali nei processi culturali, è possibile recuperare e ricostruire l’identità locale che, nel caso di Ercolano, è fondata in modo specifico su specificità culturali e produttive.

La sperimentazione di un approccio inclusivo si pone come obiettivo quello di determinare la previsione di uno scenario futuro e di individuare nuove modalità di interazione tra comunità e recupero dello spazio fisico. Sulla base delle esperienza di buone pratiche condotte nelle precedenti sperimentazioni, è possibile intervenire sulle dinamiche in atto attraverso l’interazione socio-culturale tra i diversi saperi e le possibili linee di sviluppo e fruizione dei luoghi in esame. La creazione di nuove sinergie per il recupero fisico e la creazione di nuove forme di economia basate sulla cultura locale, migliora l’attrattività del sistema considerato, determinando effetti positivi sul sistema produttivo in una prospettiva sostenibile a livello sociale, ambientale ed economico. Il monitoraggio della realizzazione di questo modello nella città di Ercolano, contribuirà a produrre l’evidenza empirica sul ruolo della cultura e del patrimonio culturale come driver del modello di economia circolare.

Al centro del modello proposto c’è il capitale umano e la sua capacità di relazionarsi all’ambiente fisico. Attraverso l’investimento nella educazione, il recupero e l’esplorazione del know-how e delle capacità e delle competenze connesse con la cultura materiale locale sono

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stimolati e un senso di appartenenza e di coesione cresce stimolando processi e scambi culturali virtuosi. Allo stesso tempo, attraverso l’incremento il miglioramento delle competenze tecnologiche e tecniche nel campo del recupero e della manutenzione dell’ambiente costruito, è possibile attivare micro interventi diffusi per il riuso di edifici abbandonati rispettando il genius loci locale. La costruzione di un senso comune di identità contribuisce al riconoscimento di valori comuni posti alla base della strategia di riuso. In questo modo è possibile prefigurare e pianificare il riuso del patrimonio costruito inutilizzato attraverso l’integrazione di nuove attività che sono complementari con quelle esistenti. A sua volta, il lavoro artigianale nel campo tessile produce le risorse finanziarie per il riuso del paesaggio architettonico culturale. In questo modo il sito diventa più capace di attrarre la locazione di nuove attività soprattutto quelle connesse con la creatività e l’innovazione. Questo processo produce un circuito di sviluppo virtuoso che riesce a sostenere se stesso nel tempo. La preservazione del capitale culturale in un modo creativo e dinamico e il recupero del patrimonio costruito in una prospettiva sinergistica e produttiva gettano le basi per un processo di valorizzazione, con la creazione di valori aggiunti, in termini di valori d’uso, valori sociali, valori simbolici, valori di mercato. Agendo simultaneamente sia sul patrimonio fisico che su quello culturale, attraverso il coinvolgimento della comunità locale per lo sviluppo delle sue competenze nel recupero e riuso degli spazi abbandonati, è possibile incrementare l’attrattività al locale e anche stimolare il recupero delle attività locali produttive. In questa prospettiva circolare la capacità di attrarre turisti, visitatori, artisti e capitali e la capacità di esportare identità locale e conoscenza attraverso i prodotti locali, sono integrate in un processo di creazione di ricchezza. A loro volta, il sistema culturale che quello fisico sono relazionati e inter-relazionati con altri due sistemi: quello ambientale naturale e quello economico produttivo. Infatti, focalizzandosi sulle specificità del sistema economico di Ercolano, connesse al settore tessile, la strategia propone il coinvolgimento della comunità non solo per valorizzare le competenze esistenti, migliorando la produttività locale, ma anche per crearne nuove per conformare le dinamiche locali alla nuova domanda alle nuove domande del mercato di seconda mano, incrementando la sua competitività globale.

La second hand economy rappresenta un modo per applicare i principi della economia circolare, perché dà nuova vita ai rifiuti tessili che ancora possiedono un alto potenziale d’uso, trasformandoli in materia prima per una nuova produzione tessile, in modo da non ridurli mai a scatto (Ellen MacArthur Foundation, 2017). Questo modello può essere attuato in modo utile nel settore produttivo creativo e specialmente nel settore tessile, un settore strategico su cui questa ricerca si focalizza. Particolarmente in Italia questo settore rappresenta il 1,2% del PIL, coprendo un mercato di 21 milioni di euro (Doxa, 2017).

L’economia di seconda mano è una forma di mercato rinnovato che contribuisce a ridefinire il paradigma socio- economico in crisi, ponendo l’individuo al centro del sistema economico. Un

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recente report elaborato dalla Ellen McArthur Foundation Foundation (Ellen McArthur Foundation, 2017) sottolinea una visione di un sistema che propone, determinando benefici a lungo termine, una nuova economia tessile basata sul principio dell’economia circolare. Infatti il sistema attuale di produzione, distribuzione e uso degli indumenti opera in una logica totalmente lineare: viene sfruttata una grande quantità di risorse non rinnovabili per produrre gli abiti, che poi sono utilizzati solo per un breve periodo, dopo il quale i materiali sono destinati alla discarica o all’incenerimento. La prospettiva circolare offre una direzione guida su cui l’industria può orientare e focalizzare i suoi sforzi. In una nuova economia tessile, gli abiti, i tessuti, le fibre sono portate al loro valore più alto durante l’uso e successivamente vengono reintrodotti nell’economia, non divenendo mai un rifiuto. Questa visione è distinta ma integra gli sforzi attuali per rendere il sistema tessile più sostenibile, minimizzando i suoi impatti negativi.

Fig.39 Fashion Revolution (Fonte: Fashion Revolution e Fondazione Pistoletto per la Moda Sostenibile)

Con specifica enfasi sull’innovazione verso un sistema differente, una nuova economia tessile presenta un’opportunità per produrre sostanziali miglioramenti in termini di benefici a livello economico, sociale e ambientale.

Un esempio di come la tecnologia può essere utilizzata come strumento per il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile e quindi anche dell’economia circolare, è l’uso della stampante 3D, applicata sia nel campo delle costruzioni che in quello dell’industria tessile.

La nuova collezione “Ludi Naturae di “Iris van Herpen ne è un esempio.

Iris van Herpen è un designer di 33 anni, nato nei Paesi Bassi, di cui abbiamo già parlato in vari articoli che è diventato un pioniere nel settore della moda, utilizzando la stampa 3D e altre tecnologie innovative per creare i suoi disegni. La sua ultima collezione, “Ludi Naturae”, trae ispirazione come dice il nome dalla natura. In particolare una natura vista dall’alto come ha spiegato il designe che si è ispirato agli schemi del caos e della struttura delle cose naturali.

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Il risultato è una collezione di abiti fluenti; tute aderenti alla pelle e pezzi elaborati. I capi hanno affascinato il pubblico della Galerie de Minérologie et de Géologie con i loro tessuti eterei e le loro texture ondulate che mentre modelle scendevano lungo la passerella le facevano quasi galleggiare.

Il pezzo di apertura , chiamato “Foliage Dress”, è un capo corto e dorato che è stato creato utilizzando la tecnologia di stampa 3D Polyjet ed è stato creato utilizzando un nuovo metodo di stampa 3D ibrido messo a punto da van Herpen in collaborazione con un team di scienziati della Delft University of Technology (TU Delft) nei Paesi Bassi combinando plastica stampata in 3D con tessuti naturali.

In particolare, il team ha utilizzato la tecnologia di stampa 3D Polyjet multimateriale per stampare strutture in resina sintetica su un pezzo di tulle trasparente (con uno spessore di soli 0,8 mm). Il processo di stampa multi-materiale, che deposita gocce di resina che vengono poi trattate con luce UV, ha permesso al progettista di creare sottili variazioni nel colore e nella trasparenza del materiale semplicemente intrecciando diverse gocce di materiale.

Il tulle offre un grande livello di morbidezza sia in termini di sensazione che di look e per adattarsi alle dimensioni ridotte della stampante 3D, è stato diviso in pezzi da 300 x 300 mm, che sono stati poi accuratamente assemblati nella forma dell’abito finale. L’abito ha richiesto oltre 260 ore di stampa e 60 ore di lavoro manuale per essere completato.

“Non dimenticare come la natura ingegnerizzata è, di per sé. Penso che noi umani non ci avviciniamo nemmeno all’intelligenza nella natura. È divertente come la gente pensi che la natura sia semplice e la tecnologia sia complessa, è il contrario; la tecnologia è semplice e la natura è complessa. ” è il commento del giovane designer.

Ugualmente l’utilizzo di questa tecnologia può essere di supporto al settore delle costruzioni per elaborare soluzioni ad hoc per il recupero di particolari elementi tecnologici attraverso la produzione di “pezzi speciali”. Alcune sperimentazioni condotte finora dimostrano che è possibile utilizzare le stampanti 3D disponendo di materiali sostenibili come input. In questo modo la tecnologia è al servizio dell’approccio tradizionale rispettoso della cultura materiale locale e prevede una riduzione degli impatti ambientali.

Questo approccio riduce l’impatto del sistema lineare attuale, utilizzando tecniche di produzione più efficienti e minimizzando l’impatto dei materiali, rigenerando il capitale naturale, riducendo l’inquinamento, e utilizzando risorse ed energie rinnovabili. In questa prospettiva il sistema naturale gioca un ruolo fondamentale, non solo come sistema da preservare ma anche e soprattutto come sistema che può fornire le materie prime per una nuova produzione tessile organica. Infatti, come descritto in precedenza, ad Ercolano ci sono molte aree verdi non coltivate, che nel passato erano coltivate con agrumeti e vigneti. Recenti sperimentazioni nel campo della produzione tessile organica (come per esempio “Orange Fiber” e “Vegea”)

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dimostrano che è possibile produrre nuovi tessuti sostenibili da scarti agricoli. Così, unendo la valorizzazione delle competenze esistenti nel settore tessile e adeguandole ai nuovi obiettivi del modello di economia circolare, unitamente al recupero della funzione produttiva delle aree verdi, introducendo il riciclo e riuso degli scarti agricoli, è possibile elaborare una strategia per una nuova produzione tessile sostenibile ad Ercolano. Questo circolo virtuoso riconosce un valore culturale che si estende oltre il valore puramente economico: le specificità connesse a questo contesto creano nuove sinergie, producendo nuovi valori e allo stesso tempo valorizzando il potenziale inespresso del patrimonio culturale. La strategia proposta definisce un modello circolare in cui i 4 sistemi analizzati sono messi in sinergia producendo effetti positivi non solo nello specifico contesto urbano ma anche in un contesto più ampio. Questo modello circolare configura un approccio sostenibile per ridurre l’uso di nuove risorse, sfruttando quelle esistenti e producendo effetti economici, ambientali, culturali e sociali. Il futuro della crescita e delle trasformazioni della città è quindi direttamente collegato al riuso e alla ri-progettazione dei territori di scarto.

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Nel nuovo regime della cultura 3.0 (Sacco, 2011), gli individui non sono semplicemente esposto all’esperienza culturale ma coinvolti nella produzione di contenuti. Espandendo la loro capacità di espressione, essi cambiano se stessi, rinegoziano le loro aspettative e le loro convinzioni, riconfigurano la loro propria identità sociale. Introducendo la cultura nei processi produttivi, il recupero attiva un processo di fertilizzazione trasversale, migliora la capacità produttiva locale e contribuisce a ricollocare la forza lavoro disoccupata. L’opportunità di avere accesso alle esperienze culturali migliora lo sviluppo di capacità e la competitività della comunità nel contesto globale per l’innovazione. Lo sviluppo dell’economia locale dipende da questa opportunità che è necessaria per competenze necessarie per apprezzare e valutare una determinata esperienza o un bene creativo. Solo l’acquisizione di competenze può sostanziare la completa possibilità per gli individui di sfruttare il potenziale dell’opportunità culturale offerta dalle esperienze (Sacco e Segre, 2009). L’acquisizione di competenze ha un ruolo fondamentale non solo nel processo di crescita di una particolare comunità in un determinato luogo, ma anche in termini di effetti che questa crescita determina su un contesto culturale esteso. Se una maggiore capacità permette agli individui di rafforzare le loro capacità e dunque di accedere più facilmente alle esperienze culturali, questo determinerà un miglioramento della qualità delle loro abilità e dunque la probabilità che ci sia non solo un incremento di rendimento in termini di coinvolgimento culturale e sociale, ma anche in termini di guadagno economico. In questa prospettiva anche le imprese creative avrebbero un grande incentivo nell’investire nell’incremento del loro capitale creativo.

Nella “nuova economia circolare del patrimonio”, la capacità di importazione (attrattività per i turisti, visitatori, talenti, capitali) e la capacità di esportazione (prodotti di artigianato, arte, prodotti di identità locali, prodotti della conoscenza) sono integrati in processi di creazione di ricchezza (Fusco Girard, 2013°; Fusco Girard e Nocca , 2017).

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La nuova politica per il paesaggio sostenibile deve provvedere ad azioni di recupero e manutenzione costanti come mezzi per aumentare la produttività (Pinto e Viola, 2016). Come raccomandato dalle Raccomandazioni UNESCO sul Paesaggio Storico Urbano, lo scopo è di proteggere l’identità dei territori attraverso il ruolo attivo delle comunità locali nella gestione del paesaggio. L’approccio alla “conservazione integrata” (Fusco Girard, 2014) dei valori storico- culturali, basata sulla categoria del paesaggio, serve a definire le azioni per una strategia sostenibile rigenerativa delle città: per migliorare la qualità della vita conservando lo spirito del luogo, stimolando la coesione sociale, come condizione anche per una maggiore produttività economica. La proposta delineata attraverso la presente ricerca è basata sulla forte idea che Ercolano possa tornare ad essere un paesaggio “produttivo”, attribuendo a questo termine un significato più ampio: in questa prospettiva sistemica e rigenerativa la produttività non è considerata solo in senso economico ma anche in senso culturale e sociale. Il recupero del paesaggio contribuisce alla creazione di relazioni sinergiche attivate tra differenti sistemi, e anche tra differenti forme di capitale, che costituiscono il “paesaggio urbano complesso” (Fusco Girard, 2014).

L’energia necessaria per il recupero dei sistemi insediativi può davvero essere originata dai territori “rifiutati” dalla città (Di Marco, 2016). Alla base, c’è il valore intrinseco, ovvero le relazioni che nel tempo hanno legato sia gli individui tra loro, rendendoli comunità, sia questi e il luogo. La sperimentazione di un approccio inclusivo si pone come obiettivo quello di determinare la previsione di uno scenario futuro e di individuare nuove modalità di fruizione di un luogo degradato. Sulla base delle esperienza di buone pratiche condotte nelle precedenti sperimentazioni, è possibile intervenire sulle dinamiche in atto attraverso l’interazione socio- culturale tra i diversi saperi e le possibili linee di sviluppo e fruizione dei luoghi in esame.

La qualità del paesaggio naturale di Ercolano e il ricco patrimonio culturale hanno un alto potenziale rigenerativo inespresso. Ma per attuare azioni di recupero davvero rispondenti ai bisogni della comunità è necessario rigenerare il capitale umano, attraverso la ricostruzione delle relazioni tra le persone e tra queste e l’ambiente, consolidando il senso di identità e di appartenenza, stimolando la coesione sociale e lo scambio culturale. Solo in questo modo è davvero possibile promuovere sinergie e processi di circolarizzazione, con lo scopo di rafforzare le relazioni e di ricostruire ricchezza e opportunità di lavoro, contribuendo alla dimensione umana dello sviluppo urbano. I processi di economia circolare sono basati sulla cultura della creatività, che porta ad una maggiore resilienza urbana, con particolare attenzione ai circuiti brevi tra la produzione è il consumo basati sulle risorse locali. La creatività, la resilienza e la sostenibilità guidano le azioni delle città nella costruzione di circoli virtuosi, che, a loro volta, rafforzano le relazioni esistenti. Per superare la crisi sociale ed economica, molte città hanno

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visto nel “paesaggio” una prospettiva da cui ripartire per processi di recupero su vasta scala. In questo senso, il nuovo paradigma del riciclo, declinato sui sistemi urbani in termini di riuso, conferma la centralità del paesaggio come “bene comune” perché esso offre la possibilità di usare strategie basate sulle risorse esistenti, rafforzando la solidarietà e il senso di comunità. Come sostenuto da Jean Jacobs lo spazio aperto - in relazione con la funzione ecologica che le comunità hanno con i loro territori con cui essi sono quotidianamente in contatto - può essere identificato come una caratteristica alla base del bene comune, essenziale per la costruzione di un senso di identità e di affiliazione nei processi di trasformazione urbana (Jacobs, 1961). Il progetto di riuso in una prospettiva circolare ha l’obiettivo di recuperare lo spazio fisico e di riattivare la comunità attraverso azioni capaci di rigenerare la sua capacità creativa e la sua abilità.

La logica di “chiudere il cerchio” e di ridurre la produzione di rifiuti viene estesa dal prodotto al processo, diminuendo le esternalità negative e proponendo circoli virtuosi di produzione/consumo.

La creazione di nuove sinergie per il recupero fisico e la creazione di nuove forme di economia basate sulla cultura locale, migliora l’attrattività del sistema considerato, determinando effetti positivi sul sistema produttivo in una prospettiva sostenibile a livello sociale, ambientale ed economico. Il monitoraggio della realizzazione di questo modello nella città di Ercolano, contribuirà a produrre l’evidenza empirica sul ruolo della cultura e del patrimonio culturale come driver del modello di economia circolare.

Il modello proposto per Ercolano ha l’obiettivo di agire contemporaneamente sul piano fisico, sociale, economico e culturale per creare relazioni e dinamiche circolari tra le risorse locali. Agendo sulla sensibilizzazione e sul coinvolgimento delle comunità locali nei processi culturali, è possibile recuperare e ricostruire l’identità locale che, nel caso di Ercolano, è fondata in modo specifico su specificità culturali e produttive.

L’innovatività del processo sviluppato consiste nel coinvolgimento degli attori e nell’interazione tra decisori, stakeholder, utenti e progettisti in tutte le fasi del processo di informazione e decisione. Ciò consente la definizione di un approccio inclusivo che non solo guida le scelte, ma allo stesso tempo rinsalda anche le relazioni che gli utenti stringono tra loro e con il contesto in cui vivono.

Tale processo è anche un’occasione di formazione e apprendimento sociale in quanto aumenta la capacity building degli individui e il loro senso di responsabilità nei confronti del patrimonio culturale, materiale e immateriale, di cui sono custodi.

Il monitoraggio dell’attuazione di questo modello nell’area Vesuviana e, in particolare, nella città di Ercolano, contribuirà a produrre evidenza empirica sul ruolo della cultura e del patrimonio culturale come driver per il modello di economia circolare.

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Il concetto dell’inclusione responsabile e partecipativa, rispetto a quello di non esclusione utilizzato dalla Ostrom, permette di indicare meglio il modo in cui ogni tipo di bene comune è sempre il prodotto dell’azione collettiva dei commoners.

Ponendo la cultura alla base del processo di recupero del sistema insediativo ercolanese, la nozione di bene comune trova il proprio motore nella formazione di un’intelligenza collettiva in cui lavoro cognitivo e conoscenza sono l’elemento comune che fonda e rende possibile la costruzione sociale di qualsiasi tipo di commons, qualunque siano le condizioni di partenza delle risorse.

Il primo significato che si può dare a questa visione è il seguente: in realtà ciò che viene chiamato capitale immateriale e intellettuale è essenzialmente incorporato negli uomini. Esso corrisponde alle facoltà intellettuali e creatrici della forza lavoro, ciò che con un’espressione controversa viene spesso anche chiamato il cosiddetto capitale umano. Prolungando questo ragionamento, si potrebbe affermare, che la nozione di capitale immateriale non esprime in realtà che il modo in cui nel capitalismo contemporaneo i saperi ‘vivi’ incorporati e nobilitati dal lavoro svolgono ormai, nell’organizzazione sociale della produzione, un ruolo preponderante rispetto ai saperi ‘morti’ incorporati nel capitale costante e nell’organizzazione manageriale delle imprese.

Il secondo significato è che l’aumento della parte del capitale chiamato immateriale è strettamente legato allo sviluppo delle istituzioni e dei servizi collettivi del Welfare.

In particolare, bisogna infatti sottolineare come sia proprio l’espansione dei servizi collettivi del Welfare che ha permesso lo sviluppo della scolarizzazione di massa, svolgendo un ruolo chiave nella formazione di quella che possiamo chiamare un’intelligenza collettiva o una intellettualità diffusa: è infatti quest’ultima, l’intellettualità diffusa, che spiega la parte più