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O RGANIZZAZIONE E STRUTTURA DELLE PRIMARIE DI PARTITO

SOMMARIO: 4.1 La crisi del sistema partitico e il tentativo di una sua rilegittimazione:

le primarie di partito; 4.2 I partiti e la democrazia interna; 4.3 Con quali strumenti possono essere previste le primarie?; 4.4 Profili di costituzionalità delle primarie; 4.5 Le esperienze amministrative e regionali degli anni 1998-2005; 4.6 La legge toscana; 4.7 La disciplina e l’analisi delle primarie nel Pd: un confronto con il caso leghista e le “parlamentarie” del Movimento 5 Stelle; 4.8 Le modalità di realizzazione delle primarie; 4.9 Un rapido confronto tra alcuni sistemi di elezioni primarie in uso; 4.10 Prospettive.

4.1 La crisi del sistema partitico e il tentativo di una sua rilegittimazione: le primarie di partito

Le elezioni primarie sono «procedimenti finalizzati a influenzare e/o a determinare la selezione dei candidati a successive elezioni, ai quali in via di principio partecipi, ancorché con alcune limitazioni e ad alcune condizioni, lo stesso corpo elettorale di queste ultime, e che siano promossi da quanti (partiti e c.d. gruppi elettorali, da soli o in associazione [leggi anche: in coalizione] fra loro) intendano appunto presentare candidati per l’elezione di cariche esecutive monocratiche ovvero per l’elezione a cariche rappresentative in assemblee, a qualsiasi livello di governo» e vi possono partecipare «non solo gli iscritti a uno o più partiti, ma anche tutti i cittadini che accettino di registrarsi in appositi elenchi virtualmente senza altra condizione che la manifestazione di intenzione dell’interessato e una simbolica oblazione, in pratica senza preventive specifiche verifiche che stabiliscano, sia pure per le vie brevi, un vincolo associativo permanente»529, prediligendo quindi le primarie aperte (su

questa definizione ci si soffermerà nei successivi paragrafi).

529 Così, C. FUSARO, Elezioni primarie: prime esperienze e profili costituzionali, in Quaderni dell’osservatorio elettorale, n. 55 del 2006, p. 43 e ss. Mentre G. PASQUINO, Democrazia, Partiti,

Primarie, in Quaderni dell’osservatorio elettorale, n.55 del 2006, p. 23 e ss., le definisce come un

«meccanismo ad altissima politicità che riesce a svolgere una molteplicità di funzioni utili e, talvolta, addirittura indispensabili ai partiti, agli elettori, al sistema politico, alla democrazia.

179 In altre parole, le primarie sono procedure volte a circoscrivere il potere dei vertici di partito, riservando alla base la scelta dei candidati alle elezioni: l’obiettivo delle primarie è, quindi, quello di attribuire agli elettori l’effettivo potere di scegliere i candidati alle elezioni.

Oggi, la crisi dei partiti ha stimolato l’interesse della dottrina sul tema, anche perché non sembrano più esservi ostacoli di ordine costituzionale a una regolazione delle primarie. Anzi, quella dottrina530 che sostiene la centralità dei

cittadini e non dei partiti nell’art. 49 Cost., ritiene anche che le primarie costituirebbero una doverosa attuazione della Costituzione, e chi ne esclude l’importanza –facendo leva sulla natura privatistica della formazione partitica- trascura la circostanza che il partito svolge funzioni pubbliche, considerato anche che, dal 1974, percepisce anche denaro pubblico.

La radice storica delle primarie si coglie dalla polemica contro la partitocrazia531: dibattito molto vivace durante la Prima Repubblica, culminato, Naturalmente, la prima, cruciale e irrinunciabile funzione delle primarie consiste nella selezione fra una pluralità di candidati».

530 S.MERLINI, La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, Passigli, Firenze, 2009.

531 Il termine “partitocrazia” è stato coniato nella fase storica seguente il regime fascista e ha

assunto il significato dell’impropria occupazione dei partiti di posizioni istituzionali, tale da creare un’oligarchia nel sistema politico-istituzionale. Si tratta, cioè, della degenerazione del sistema democratico a causa dell’eccessivo potere assunto dai partiti: il sistema democratico per essere tale richiede che le scelte riguardanti la collettività nel suo complesso siano prese dalla maggioranza dei cittadini. Tali maggioranze sono determinate dai cittadini, che decidono di organizzarsi in partiti, scegliendo programmi e candidati tali da farsi eleggere. Chi, poi, occupa posizioni di potere viene, per così dire, “incalzato” dalla minoranza, che presenta programmi differenti: così la democrazia funzionerebbe regolarmente. Se, invece, uno o più partiti detiene il potere senza freni, c’è il pericolo che lo stato venga “indebitamente occupato” da partiti: si passa, così, dal sistema democratico dei partiti alla partitocrazia. Ciò avviene, in particolare, con l’introduzione del sistema elettorale proporzionale, poiché con il voto di fiducia i partiti possono controllare il potere legislativo, che è il cuore di ogni Costituzione. Questo stato di cose è stato consacrato con l’introduzione del sistema elettorale proporzionale nel 1919, ripreso nel 1946, in cui la scelta dei candidati è determinata dalla loro «sicura docilità nei confronti dell’apparato del partito che li manda in parlamento». Da ciò discende che il personale di partito non è selezionato in ragione del merito; la lotta politica si disinteressa dei problemi concreti; il deputato non si interessa dei bisogni del popolo, ma solo di quelli del partito, così G. MARANINI, Governo

180 agli inizi degli anni ’90, con il referendum del 1993 e con l’inchiesta giudiziaria di “Mani Pulite”. Nella Seconda Repubblica532 la sostituzione dell’apparato

organizzativo e ideologico del partito con un apparato personale determina il calo della partecipazione e delle iscrizioni dei cittadini ai partiti. Per questi motivi la Seconda Repubblica è ricordata dalla dottrina come quella fase che ha portato «l’eclisse dei partiti, una situazione definita in modo paradossale, partitocrazia senza partiti»533: si tratta, in altre parole, della c.d. crisi di

rappresentatività dei partiti e della loro capacità di trasferire le domande sociali nelle sedi istituzionali.

pp. 39-63. Secondo C. DE FIORES, Partiti e popolo nella crisi italiana, cit., p. 12, la «“partitocrazia” non rappresentava, quindi, l’essenza della democrazia dei partiti, ma semmai la sua estrema degenerazione prodotta dal disperato tentativo – una volta venuto meno l’insediamento di massa dei partiti – di mantenere inalterata la propria presa sulla società attraverso le pratiche clientelari e il malaffare».

532 Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica Italiana è segnato da una serie di eventi

che dimostrano che “qualcosa stava cambiando”. La Seconda Repubblica, infatti, inizia convenzionalmente con il “caso Tangentopoli”, cui segue nel 1993 l’approvazione per

referendum del sistema uninominale maggioritario al Senato. Inoltre, rilevano anche importanti

eventi a livello internazionale, come, la caduta del muro di Berlino: evento di tale portata da creare le condizioni del successivo crollo nel corso della XI Legislatura (’92-’94).

533 G.TAMBURRANO, Prefazione a V.MONDINI, Primarie Bipolari, Il Mulino, Bologna, 2000,

p. XIX, sostiene che per uscire da questa situazione paradossale sarebbe necessario «a)lo scioglimento automatico del Parlamento (…); b)l’elezione diretta del Capo dell’Esecutivo (…)», nonché il ricorso agli strumenti del referendum abrogativo e delle tecnologie elettroniche. Secondo C.DE FIORES, Rappresentanza politica e sistemi elettorali in Italia, in C. De Fiores (a cura di) Rappresentanza politica e legge elettorale, Giappichelli, Torino, 2007, p. 42 e ss., la crisi dei partiti non sarebbe dovuta a Tangentopoli, ma a alla consapevolezza della letteratura giuridica di quanto sia necessario superare il sistema elettorale proporzionale per rendere effettiva la democrazia. L’A., infatti, ricostruendo il pensiero di C.MORTATI, Art.1, in G. Branca (a cura di) Commentario della Costituzione (artt. 1-12), Bologna-Roma, 1975, p. 35 e ss, nota come i partiti abbiano perso la funzione di mediatori dei cittadini e vengano sentiti come un «elemento di disturbo nell’esercizio della sovranità popolare». Tutto ciò si sostanzia nella «condanna del connubio “proporzionalismo-partiti”»: di qui la necessità, secondo Mortati, di mirare al maggioriario.

181 La dottrina da diversi decenni534 ha cercato di ricostruire le cause

dell’allontanamento dei partiti dalle esigenze dei cittadini, e si è concentrata principalmente su tre diversi orientamenti. Secondo alcuni la crisi dipenderebbe dalla generale crisi strutturale delle democrazie parlamentari; a detta di altri, invece, essa rappresenterebbe un altro modo per definire, più che la sua crisi, il passaggio da una democrazia dei partiti a una democrazia in cui i partiti hanno meno peso, e in cui il leader conta di più; sulla scia di quest’ultima lettura, il terzo orientamento considera la crisi dei partiti come crisi della mediazione dei partiti cui sono preferite forme di democrazia dal basso: «in questa prospettiva quella crisi costituirebbe il definitivo disvelamento dei carattere non democratico delle democrazie dei partiti e l’occasione per il loro superamento. Sarebbe a indicare, cioè, non la crisi o addirittura la fine della democrazia ma, proprio al contrario, la possibilità di una sua più compiuta realizzazione»535.

In realtà, come si è avuto modo di anticipare nei capitoli precedenti, la crisi è innanzitutto istituzionale, ossia determinata dall’«eccessiva burocratizzazione della … organizzazione interna»536 dei partiti, che ha, a sua volta, provocato

l’abbandono «della partecipazione politica generale»537. A tale causa si

aggiungono altre motivazioni di varia natura: basti pensare agli scandali che si

534 I contributi più rilevanti in tema di crisi di rappresentatività dei partiti sono di L.ELIA,

voce Stato democratico, in Digesto Discipline pubblicistiche, XV, Torino, 2000, p. 62; L. CARLASSARE, Problemi attuali della rappresentanza, in N.ZANON –F.BIONDI, Percorsi e vicende

attuali della rappresentanza e della responsabilità politica, Milano, 2001, p. 21 ss.; A.MASTROPAOLO,

Crisi dei partiti o decadimento della democrazia?, in www.costituzionalismo.it, 23.05.2005. Secondo G.

PASQUINO, Democrazia, Partiti, Primarie, cit., p. 23 e ss, è lo scarso stato di salute dei partiti che li spinge ad aprirsi alle primarie: quando i partiti stanno male non riescono a opporsi alle primarie e si illudono che le primarie li rinvigoriscano.

535 Le tre letture sono riportate da F.TUCCARI, Ritorno al futuro? La crisi dei partiti politici, in Storia del pensiero politico, n.1/2014, p. 132. L’A. teorizza che la fine dei partiti sia l’esito «di una

“americanizzazione” dei partiti politici europei». Si pone in questo filone l’opinione di C.DE FIORES, Partiti e popolo nella crisi italiana, cit., p. 12, che riporta il pensiero di G.FERRARA,

Istituzioni, lotta per l’egemonia e sistima politico [1992], in L’altra riforma, nella Repubblica,

Manifestolibri, Roma, 2002, pp. 91 e ss., secondo cui «la crisi dei partiti fu innanzitutto crisi di egemonia».

536 Cfr. L.ELIA, Stato democratico, cit., p. 65. 537 Ibidem.

182 riferiscono al finanziamento illecito, alla corruzione e alla tendenza alla personalizzazione del potere e, quindi, alla gestione oligarchica dello stesso538.

Si comprende come, dato il rischio per la tenuta democratica dei partiti, siano necessarie nuove regole che “democratizzino” le procedure di scelta dei candidati alle cariche elettive: in tale contesto539 si collocano le cd. “primarie”.

Di regola, infatti, a nominare i candidati alle cariche elettive sono i dirigenti di partito e ciò per due ordini di ragioni: sia perché la funzione di selezione dei candidati serve a rappresentare al meglio il partito, e solo i dirigenti sono in grado di avere una visione complessiva delle esigenze di rappresentanza, sia perché solo i dirigenti di partito possono assumersene la responsabilità540.

Questo stato di cose era retto dal convincimento che l’attività di selezione delle candidature fosse un «potere di diritto pubblico»541, e pertanto riservato ai soli

«partiti o gruppi politici organizzati»542. Di contro, si è obiettato che per

“potere di diritto pubblico” non s’intende “attribuzione costituzionale”, perché la stessa Corte costituzionale ha chiarito in passato «che le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria al fine di eleggere le assemblee (…) non consentono di desumere l'esistenza di attribuzioni costituzionali, ma costituiscono il modo in cui il legislatore ordinario ha ritenuto di raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica, necessario per concorrere nell'ambito del procedimento elettorale, e trovano solo un fondamento nello stesso art. 49 Cost.»543: in altre parole, la selezione delle candidature non

538 Così, F. R. DE MARTINO, La selezione delle candidature attraverso il metodo delle primarie. Partecipazione politica e rappresentatività dei partiti, in Associazione italiana dei costituzionalisti, n.3 del

2013.

539 Come evidenziato da P. MARSOCCI, Le “primarie”: i partiti politici alle prese con il metodo democratico, in Associazione italiana dei costituzionalisti, n. 2/2012, p. 2.

540 In materia di sindacabilità delle candidature dei partiti, si segnala la sentenza n. 256 del

2010, che considera «non implausibile la statuizione del giudice a quo in ordine alla sussistenza della propria giurisdizione su un giudizio avente ad oggetto, tra l’altro, l’impugnazione di provvedimenti adottati dal competente ufficio elettorale», in quanto in violazione degli artt. 49 e 51 Cost.

541 F.BASSANINI, Lo statuto democratico dei partiti e le elezioni primarie, inS. Merlini (a cura di) La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, pp. 213-214.

542 F.BASSANINI, Lo statuto democratico dei partiti e le elezioni primarie, cit., p. 214.

543 Corte costituzionale, ordinanza n. 79 del 2006. L’ordinanza in oggetto non riconosce,

183 risponde a una specifica attribuzione costituzionale inderogabile dalla legge, bensì una funzione pubblica che i partiti svolgono in virtù di specifiche norme giuridiche che limitano l’autonomia del partito, in quanto tese a garantire interessi costituzionalmente rilevanti544.

Queste finalità hanno giustificato per molto tempo una gestione delle candidature dall’alto, giacché si è sostenuto che «qualsiasi altro metodo di designazione che “saltasse” la mediazione partitica risulterebbe meno democratico perché svuoterebbe i partiti e, finirebbe per essere persino, tecnicamente “irresponsabile”»545. Sebbene i partiti non abbiano sempre

conseguito risultati ottimali sul piano della democrazia rappresentativa, bisogna ammettere che è la Costituzione all’art. 49 a chiedere il ricorso a essi come strumento per la partecipazione politica. Difatti, si è sostenuto che non esisterebbe altro mezzo come «possibile forma di determinazione della politica nazionale che non veda i partiti come protagonisti, come elementi essenziali, come portatori privilegiati, delle domande che costituiscono il contenuto della politica nazionale»546. Quest’ultima, d’altronde, è un’idea condivisa da quella

dottrina, che considera i partiti non solo le forme privilegiate di «organizzazione e di espressione della domanda politica»547, ma anche la

necessaria mediazione in una società complessa come la nostra, per cui «non è vero, conseguentemente, che le democrazie possano fare a meno dei partiti, ovvero che possano fare a meno di partiti saldamente organizzati e strutturati. Poiché la mediazione è inevitabile…quando è assicurata dai partiti e accettarla quando è apprestata da soggetti sociali che funzionano in forza di logiche

titolari di attribuzioni costituzionali, essendo organizzazioni proprie della società civile. La decisione è stata poi successivamente richiamata anche dalla decisione n. 120 del 2009.

544 Per gli stessi fini, in materia di incandidabilità, il d. lgs. 235/2012 (c.d. Legge Severino) ha

esteso alle cariche politiche nazionali e sovranazionali le cause ostative alla candidabilità prima previste solo a livello locale. La ratio della legge è di rimediare alla cattiva selezione delle candidature dei partiti, che finivano col candidare soggetti condannati penalmente per reati spesso connessi all’esercizio di pubbliche funzioni. Tale legge ha certamente invaso il potere di selezione delle candidature dei partiti e, infatti, sono stati sollevati dubbi di costituzionalità con riferimento all’estensione delle cause di incandidabilità ai parlamentari.

545 G.PASQUINO, Democrazia, Partiti, Primarie, cit., p. 23 e ss. 546 G.FERRARA, Il governo di coalizione, cit., p. 34.

547 Cfr. A. SAVIGNANO, La partecipazione politica nell’ordinamento costituzionale italiano, Esi,

184 antiegalitarie e sovente scopertamente timocratiche»548. Pertanto, parlare di

crisi dei partiti è giusto, ma non lo è altrettanto pensare che la soluzione risieda al di fuori di essi, tuttalpiù che proprio la Costituzione individua nel “metodo democratico” il modo in cui i partiti possano mediare tra società e istituzioni. Si comprende come il superamento della crisi partitica passi necessariamente per il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte del partito, in primis in quelle relative alle candidature. Ad essi, infatti, «spetta la grande responsabilità di sapere essere credibili, a cominciare da una seria e accorta selezione della classe dirigente, anche per ridurre la crescente (e preoccupante) disaffezione dei cittadini alla politica, che rischia di degenerare in un dissacrante antiparlamentarismo»549.

Per questo motivo la dottrina menziona le primarie tra quelle “medicine” che servono a sollevare la “salute” della democrazia550: affinché essa sia buona è

«inevitabile interrogarsi non tanto e non soltanto sui diritti dei cittadini,…, quanto, piuttosto… sui poteri dei cittadini»551, e non solo quello di scegliere

548 Cfr. M.LUCIANI, Prospettive attuali del sistema elettorale in Italia, Intervento all’Assemblea del

CRS del 28 ottobre 2010, in www.centroriformastato.org, p.2.

549 Così, T.E.FROSINI, L’antiparlamentarismo e i suoi interpreti, in Rass. Parl., n. 4 del 2008, p.

845 ss. Questa non è, d’altronde, un’idea isolata, giacché anche C.DE FIORES, Partiti e popolo

nella crisi italiana, cit., p. 11, afferma che «dalla lettura dell’ultimo decennio, un dato

sembrerebbe comunque emergere con forza: travolta la democrazia dei partiti, la c.d. transizione italiana si è progressivamente avvitata attorno alla spirale dell’antipolitica».

550 L.MORLINO, Democrazie e democratizzazioni, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 146, sostiene che

il livello qualitativo del regime democratico è dimostrato dalla responsabilità verticale degli eletti verso gli elettori e da quella orizzontale fra le diverse componenti della politica –la c.d.

accountability- e, infine, dalla responsivness, ovvero la capacità di rispondere alle sollecitazioni

della società. Peraltro, secondo G. PASQUINO, Democrazia, partiti, primarie, in Quaderni

dell’osservatorio elettorale, n. 55 del 2006, p. 23 e ss., la qualità della democrazia dipende anche

«dalla qualità delle loro leadership, delle minoranze organizzate che conquistano il potere politico» e dal «potere degli elettori di scegliere non soltanto rappresentanti e governanti, ma anche coloro che ambiscono a diventare rappresentanti e governanti».

551 Cfr., G. PASQUINO, Democrazia, partiti, primarie, cit., p.24. Secondo T. E. FROSINI, Il buongoverno è un mito?, cit., p. 1 e ss., il buongoverno è un governo scelto liberamente dal corpo

elettorale e responsabile di fronte ad esso, soggetto, quindi, al giudizio degli elettori (in tale circostanza il voto rappresenta un “atto costituzionale”, che può valere come premio o di sanzione, ossia come rinnovo o negazione della fiducia): in tal modo, si dà luogo a una “leale collaborazione” tra rappresentanti e rappresentati negli Stati di democrazia costituzionale. Le

185 rappresentanti e governanti, ma anche di individuare coloro che ambiscono a diventare tali. E se la democrazia interna, prescritta dall’art. 49 Cost., deve pervadere «l’intero modo di essere del partito, la sua organizzazione, i suoi processi decisionali»552, a maggior ragione essa si apprezza «essenzialmente in

due occasioni: al momento della formazione delle candidature ed al momento del rinnovo delle cariche in seno al partito»553.

4.2 I partiti e la democrazia interna

La funzione assegnata ai partiti dalla Costituzione repubblicana del 1948 è sintomatica dell’inaugurazione di un periodo ispirato alla democrazia pluralista e al pieno esercizio della sovranità del cittadino. E si comprende come, alla luce delle considerazioni appena compiute, i partiti siano stati “pensati” come «l’asse portante della democrazia»554: ecco perché, quando si parla di crisi della

democrazia, come si è visto, bisogna delimitare questo concetto al monopolio della rappresentatività. Il tema della riqualificazione della rappresentanza, quindi, investe sia il sistema elettorale sia la legislazione elettorale di contorno, e in particolare il c.d. diritto dei partiti555, con riferimento al finanziamento e

alla democrazia interna degli stessi.

In tale quadro va inserita la riflessione sul “metodo” delle primarie.

La democrazia interna a un partito può concernere innanzitutto la formulazione dei programmi e la vita politica, la selezione dei dirigenti e la selezione delle candidature per le elezioni556. Riguardo quest’ultima possibilità due componenti sono integrate negli Stati costituzionali democratici contemporanei, perché consentono ai cittadini di essere rappresentati e di partecipare alle scelte di indirizzo politico. Accade in Gran Bretagna, Germania, Spagna, Francia che il governo e il suo leader siano scelti a maggioranza sulla base di un programma di indirizzo politico(“a legittimazione diretta”), preferito a quello della forza politica alternativa.

552 A.RUGGERI, Note minime in tema di democrazia interna dei partiti politici, in Associazione italiana dei costituzionalisti, n.1/2010.

553 A.RUGGERI, Note minime in tema di democrazia interna dei partiti politici, cit.

554 S. GAMBINO, Elezioni primarie e rappresentanza politica: Alcune osservazioni introduttive, in S.

Gambino (a cura di) Elezioni primarie e rappresentanza politica, Rubettino, Soveria Mannelli, 1995, p. 20.

555 Così, S.GAMBINO, Il ruolo dei partiti politici e la legge elettorale, cit..

556 Per queste distinzioni si veda G.CERRINA FERONI, Partiti politici: una regolazione giuridica?,

186 c’è un orientamento –di cui ci si è già occupati per esteso nel primo capitolo- che sostiene la valenza meramente esterna dell’art. 49 Cost., giacché la norma, secondo questa lettura, imporrebbe al partito il solo rispetto delle regole del gioco con le altre formazioni politiche557. Un secondo orientamento558, invece,

sostiene che la democraticità dovrebbe coprire anche la vita interna del partito, affinché esso sia effettivamente rappresentativo della società civile.

Il valore democratico delle primarie è uno dei temi su cui la dottrina e la politica italiana559 si scontrano più frequentemente. Esse, infatti, seppure

apprezzate nella politica d’oltreoceano, non possono vivere come mera trasposizione del modello americano, date le peculiarità tutte italiane del

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