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Attraverso un’ottica maggiormente incentrata sulla psicologia individuale Adorno, Frenkel- Brunswik, Levinson e Sanford pubblicano all’inizio degli anni Cinquanta il primo studio empirico sistematico sull’autoritarismo. La teoria di riferimento principale è, anche in questo

caso, la psicoanalisi di Freud, ovvero come la struttura della personalità di un individuo sia determinante nella strutturazione della sua ideologia (Roccato, 2003). Come già osservato per Reich e Fromm, il rimando a teorie psicanalitiche sposta l’analisi dell’autoritarismo su un versante prettamente individuale, dimenticando ed omettendo i fenomeni legati all’interazione sociale e alle dinamiche di gruppo. In particolare l’opera di Adorno si centra o sull’individuo o sull’autorità, tralasciando l’analisi della relazione stessa che si instaura tra i due.

Ciò non svilisce comunque l’importanza dell’opera di Adorno e colleghi, particolarmente innovativa soprattutto da un punto di vista metodologico. Uno dei principali obiettivi ed eredità di questi studi è infatti quello di individuare alcune scale in grado di misurare il livello di autoritarismo. In particolare, vengono strutturate 4 scale atte ad indagare le quattro dimensioni della personalità autoritaria, secondo Adorno e colleghi: l’antisemitismo (Scala A-S), l’etnocentrismo (Scala E), il conservatorismo politico-economico (Scala CPE) e la tendenza

antidemocratica (Scala F) costituita da nove sotto-sindromi.

Quello che caratterizza la sindrome autoritaria e la personalità potenzialmente fascista, come mostrerebbero i risultati ottenuti sia sulla scala F che nella parte clinica della ricerca, è una mancata integrazione tra Io e Super-Io, dovuto alla debolezza dell’Io, incapace di costruirsi valori morali e di mediare tra la realtà, Es e Super-Io (Roccato, 2003). Ne consegue un Super-Io estraneo alla personalità e un Io che sopperisce a questa mancanza cercando un’autorità esterna che lo protegga e gli dia sicurezza. Le personalità autoritarie, caratterizzate da enfasi al potere e da una tendenza a favorire l’ingroup, proiettano quindi il risentimento per i genitori, derivato dal complesso di Edipo, sugli outgroup sanzionati negativamente dalla società, ovvero quelli che l’autorità indica come potenziali “nemici”.

Gli autori includono una parte clinica in quanto metodolo gia privilegiata per individuare gli atteggiamenti antidemocratici nascosti e inconsci (Adorno et al.,1950). I risultati indicherebbero che l’origine psicologica delle tendenze autoritarie sia da ricercare nell’ambito familiare ed in particolare nello stile educativo e nella relazione con i genitori: uno stile educativo basato sulla minaccia e sulla severità, nonché su valori inerenti il successo ed il potere, porterebbe l’individuo a maturare una personalità fortemente autoritaria. Come già avevano indicato i precursori di Adorno, la famiglia “autoritaria”, composta da un padre dominatore e da una madre remissiva,

porta il figlio a sviluppare un sentimento di obbedienza remissiva per le autorità considerate legittime e a riversare l’odio accumulato esternamente all’autorità.

In realtà, proprio questo punto costituisce uno dei principali aspetti critici dell’opera di Adorno e colleghi. Successive ricerche (Altemeyer, 1981; Sidanius e Pratto, 1999) che hanno tentato di analizzare la correlazione tra dinamiche familiari nell’infanzia e grado di autoritarismo del soggetto non hanno confermato le ipotesi degli autori. Secondo Altemeyer, sia nell’opera di Adorno che nelle successive trattazioni non emergono elementi a sufficienza per comprovare che i soggetti autoritari abbiano realmente odiato i loro genitori e che abbiano quindi proiettato le loro ostilità su outgroup valutati negativamente dall’autorità.

Un’altra critica teorica riguarda la struttura a nove sottosindromi che costituirebbe la personalità autoritaria. Le nove dimensioni sono definite perlopiù in modo confuso (Altemeyer, 1981) e non vengono dall’analisi statistica, rivelando evidenti problemi di affidabilità dei fattori della scala (Baars e Sheepers, 1993; Christie, 1954; Christie e Garcia, 1951). Inoltre, come nota Altemeyer (1998), Adorno e collaboratori confondono sottomissione autoritaria, ovvero l’obbedienza remissiva, e dominanza autoritaria, e identificano nella “personalità autoritaria” sia i sottomessi che i dominatori.

Per questi motivi Altemeyer (1996) ridefinisce il costrutto di autoritarismo, eliminando i riferimenti psicodinamici e considerandolo non più come una sindrome ma come un atteggiamento sociale. Gli sviluppi recenti, partendo dalle teorie di Altemeyer ed utilizzando la scala sul Right-Wing Authoritarianism (RWA) da lui implementata , hanno quindi cercato non solo di studiare i differenti gradi di autoritarismo in diversi contesti ma hanno altresì cercato di comprendere maggiormente i legami tra questo costrutto e altre variabili sia personali che sociali. Varie ricerche (Feather, 1971; 1984; 1996; Rim, 1970; Rohan e Zanna, 1996) hanno analizzato la relazione tra mondo valoriale e atteggiamenti di autoritarismo e sono di particolare interesse poiché interpretano i risultati non dal punto di vista di come le persone sono ma di come si relazionano con gli altri e la società. Questi studi hanno evidenziato in generale che l’autoritarismo è strettamente legato a valori concernenti la conformità, la sicurezza e le tradizioni, mentre le persone antiautoritarie danno maggiore importanza a valori più liberali ed universalisti.

Feldman (2003), riprendendo alcune riflessioni di Duckitt (2001) sull’origine del pregiudizio inteso come ancoraggio ai valori individuali e di gruppo, ha sottolineato che gli atteggiamenti autoritari costituiscono un orientamento delle persone rispetto alla società e il conflitto tra i diritti dei cittadini e il perseguimento di un bene comune. All’origine di atteggiamenti autoritari vi è secondo Feldman una contrapposizione tra valori conformisti e valori che danno importanza all’autonomia dell’individuo. Questa opposizione conformismo-autonomia è alla base di una predisposizione ad atteggiamenti autoritari; l’aggressività autoritaria si manifesterebbe quindi solo i presenza di una minaccia verso lo status quo. Feldman sottolinea, infatti, una distinzione tra le diverse componenti dell’autoritarismo, le quali possono non essere necessariamente compresenti. Recenti studi (Dunwoody et al., 2008; Feldman e Weber, 2008; Passini, 2008) hanno ulteriormente rafforzato questo punto di vista mettendo in evidenza che le singole dimensioni di cui è costituito il costrutto di autoritarismo (la sottomissione autoritaria, la conservazione e l’aggressività autoritaria) non sempre sono congruenti le une con le altre e, in alcuni casi, è una sola delle tre dimensioni ad essere più significativa delle altre. Al di là dell’interessante ed attuale dibattito sul tema, ci interessa sottolineare in questa sede come, di fatto, l’obbedienza acritica, intesa quale sottomissione autoritaria, rappresenti una dimensio ne rilevante dell’autoritarismo, pur non identificandosi completamente con esso.