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Studi pionieristici sull’obbedienza

Lo studio dell’obbedienza in psicologia sociale nasce negli anni Trenta dai celebri e pionieristici studi di Reich (1933) e Fromm (1941), con lo scopo di trovare risposta al fenomeno nazi- fascista. Per questo motivo lo studio dell’obbedienza si sovrappone a quello delle tendenze autoritarie e antidemocratiche, tanto da assumere spesso connotazioni semantiche simili.

Di scuola freudiana, Reich analizza l’ideologia totalitaria da un punto di vista sessuo- economico. L’analisi di Reich parte dalla constatazione che fascismo e nazismo non potevano essere ridotti ad una sola spiegazione politico-economica o alla convinzione di un’irrazionalità collettiva. Secondo Reich per capire perché milioni di persone stessero appoggiando più o meno incondizionatamente la loro stessa oppressione, era necessaria di una spiegazione che andasse oltre gli aspetti politici ed economici, e si focalizzasse su quei meccanismi psicologici regolatori la vita sociale quotidiana. Ecco dunque che l’obbedienza, intesa come elemento regolatore e normativo delle società, da concetto squisitamente sociologico (Durkheim, 1893/1999), diventa oggetto di studio psicologico.

Reich è uno dei primi studiosi, quindi, a sostenere che dietro il successo di fascismo e nazismo non ci fosse solo un uomo, la follia di un dittatore, la personalità di un tiranno; l’affermazione delle idee ant idemocratiche naziste e fasciste risulterebbe, secondo Reich, dalla somma delle tendenze irrazionali del carattere umano, l’espressione della struttura psicologica della massa. In questo Reich è anzitutto un precursore. Anticipando il pluralismo, Reich comprende che è necessario analizzare i cambiamenti politici come risultato di un’interazione tra il popolo ed i vertici del potere: un dittatore è potente solo nel momento in cui ha dalla sua parte il potere del

popolo. Q uesto “potere” del popolo costituisce la base per la divulgazione delle idee, siano esse democratiche o dispotiche (Reich, 1933).

Reich studia l’obbedienza autoritaria focalizzando la sua attenzione sulle persone comuni, sull’educazione impartita dalle famiglie durante l’infanzia, riconoscendo nella repressione della sessualità infantile non solo il momento di inizio delle malattie mentali e psicosomatiche, ma anche la fase di incubazione della soggezione dell’adulto all’autorità e della conseguente tendenza all’obbedienza acritica (Roccato, 2003).

In accordo con la psicologia freudiana, l’energia sessuale diviene fondamento di ogni attività umana e spiegazione dell’ideologia totalitaria: l’impedimento al superamento del complesso d’Edipo, derivante dalla presenza di un padre dispotico e dominatore e di una madre remissiva, incapace di dare al bambino la protezione e l’affetto di cui ha bisogno, porterebbe l’individuo a sviluppare sentimenti ambivalenti nei confronti dei genitori e a non riuscire ad acquisire quelle caratteristiche di indipendenza ed autonomia tali da maturarne l’individualità. In questo senso la popolazione piccolo borghese risulta essere alla mercé di despoti e tiranni, che assumono la funzione psicologica del padre autoritario ed autorevole. L’incapacità di elaborare e superare il naturale odio verso il padre durante la fase edipica, privano l’individuo della sua capacità di resistenza alla dominazione (Reich, 1933).

Sempre di stampo freudiano è anche l’approccio di Erich Fromm sul tema, elaborato in diverse riflessioni a carattere psicologico e filosofico (Fromm, 1941, 1947, 1963; per una rassegna delle opere di Fromm vedi Passini e Morselli, 2006c; Polenta, 2008). Similmente a Reich, anche Fromm riconduce la sottomissione autoritaria a processi psicologici di base, ma critica la psicologia freudiana sulla sua mancanza di capacità di prendere in esame i rapporti di potere a livello sociale. Secondo Fromm le scelte ideologiche di una persona deriverebbero dalla razionalizzazione di determinati desideri e pulsioni inconsci dettati dalla propria situazione economica e dalla propria appartenenza ad una classe sociale (Fromm, 1932).

Secondo Fromm, nel processo di sviluppo della propria individualità le persone devono riuscire a recidere i propri legami primari, con le figure genitoriali e l’autorità in genere. Questo processo di rescissione dai legami primari e di sviluppo dell’individualità è doloroso e complesso, in quanto allo sviluppo di autonomia ed indipendenza può conseguire un sentimento di impotenza e

solitudine, affiancato da una crescente difficoltà nella costruzione di nuovi legami. Secondo Fromm l’autonomia e la libertà hanno un costo psicologico elevato: l’individuo deve accettare di poter essere esposto all’incertezza e all’indeterminazione. Le persone fuggirebbero dunque dalla propria libertà, pur di evitare di cadere in uno stato di indeterminazione e minaccia.

Recenti studi sulla percezione della minaccia (threat perception) hanno confermato, di fatto, la teoria di Fromm, mettendo in evidenza che le persone sono disposte a rinunciare alla propria libertà (sottomettendosi ad autorità forti) pur di rafforzare il proprio senso di sicurezza e incolumità (Echebarria-Echabe e Fernandez-Guede, 2006; Greenberg, Pyszczynski, Solomon, Simon e Breus, 1994). Doty, Peterson e Winter (1991), confrontando dati relativi agli anni 1978– 1982 (considerati come periodo caratterizzato da un alto senso di minaccia) e agli anni 1983– 1987 (considerati come periodo a basso senso di minaccia), hanno messo in evidenza che ad una maggiore livello di percezione della minaccia sono associati, infatti, livelli più alti di sottomissione autoritaria e autoritarismo. Analogamente anche Crenshaw (1985) ha sottolineato che quando paura e ansia aumentano le persone sono più propense a accettare delle restrizioni alle libertà democratiche. Lo stato di ansia era, infatti, un concetto basilare anche nella teoria frommiana, elaborata circa mezzo secolo prima di questi sviluppi empirici. Secondo lo psicanalista tedesco, l’individuo nella società contemporanea si trova a dover affrontare numerose difficoltà in una situazione di solitudine ed isolamento; l’ansia generata da questa condizione porta, quindi, a ricercare maggiore protezione anche a costo di perdere parte di quella libertà guadagnata.

La ricerca sociologica di Inglehart (1977, 1999) conferma ulteriormente che, nelle società in cui il senso di pericolo per la sopravvivenza dei membri è alto, sarebbe presente se non necessaria una maggiore diffusione dell’obbedienza incondizionata all’autorità. L’importanza attribuita all’obbedienza e alla condivisione dell’obbedienza in quanto valore tende, secondo la teoria della modernizzazione (Inglehart, 1999), a dissiparsi con il migliorare delle condizioni economiche ed una conseguente minore percezione del senso di minaccia, riflettendo la distinzione introdotta da Maslow (1954) tra bisogni primari e bisogni secondari. Dove sono predominanti i bisogni primari legati alla sopravvivenza le persone si legano maggiormente all’influenza dell’autorità rispetto alle situa zioni in cui la sopravvivenza non è minacciata e

possono così diventare rilevanti bisogni di secondo livello, quali l’autonomia e la libertà individuali.

Nell’opera di Fromm, la sottomissione autoritaria consiste nel rinunciare alla propria individualità fondendosi ed adeguandosi ad un’autorità esterna in grado di garantire, a scapito della propria libertà, quella forza che l’individuo sente mancare in sé, in quanto isolato dalla comunità. Si viene così a formare un carattere autoritario-sadomasochista in cui la sofferenza rappresenta il mezzo attraverso il quale l’autorità e l’individuo si uniscono indissolubilmente. Il carattere autoritario e sadomasochista descrive tanto i potenziali leader quanto i loro seguaci ed è caratterizzato da ammirazione e sottomissione cieca per qualsiasi tipo di autorità, aggressività verso le persone, le istituzioni e i gruppi considerati deboli o non inclini alla sottomissione, credenze nel fato e in forze sovrannaturali, brama e ammirazione per il potere e appoggio alle condizioni che limitano e vincolano la libertà individuale (Fromm, 1973).

Secondo Fromm i processi psicologici che soggiacciono al rapporto di obbedienza tra l’individuo e l’autorità hanno importanti ripercussioni a livello macro-sociale e politico. La diffusione di un’obbedienza acritica favorirebbe, infatti, da un lato l’insorgere di sistemi politici autoritari, come fascismo e nazismo, e dall’altro una profonda crisi nel concetto stesso di democrazia.

Queste intuizioni di Fromm nonostante anticipassero gli attuali studi sul legame tra il livello individuale e quello societale, non hanno mai ottenuto una grande popolarità nella psicologia sociale. Indubbiamente, però, molte di quelle intuizioni si sono rivelate corrette nel corso della storia di questa disciplina e, nondimeno, sono d’interesse in quanto sottolineano quella comunicazione tra processi psicologici ordinari e l’assetto politico a livello istituzionale, che si sostiene in questa ricerca.