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L ’oggetto nei contratti di outsourcing, gli obblighi di informazione e

la tutela dell’imprenditore debole.

Il contratto di outsourcing, in quanto contratto atipico, necessita di una disciplina convenzionale estremamente dettagliata, in grado di definire con precisione l’oggetto del contratto, con particolare riguardo alle prestazioni dovute dal fornitore, il livello di servizio, i tempi di realizzazione della soluzione, le responsabilità, eventuali clausole penali, nonché le modalità di risoluzione della crisi.

Sicuramente, le maggiori difficoltà incontrate dalle parti riguardano l’esatta determinazione delle prestazioni cui è obbligato il fornitore.

Come in precedenza affermato, i contratti de quibus costituiscono solitamente dei contratti collegati o dei contratti misti, caratterizzati, quindi, da una molteplicità di prestazioni che fanno capo al fornitore, mentre sul committente graverà esclusivamente l’obbligazione pecuniaria.

La complessità dell’oggetto ha fatto sì che la prassi commerciale indichi nel contratti unicamente le principali attività che dovranno essere svolte, rimettendo agli allegati tecnici e a un manuale operativo la puntuale determinazione di tali attività, nonché le procedure di esecuzione.

Posto che nel settore informatico si assiste a una rapida evoluzione delle tecnologie, si anticipa fin da súbito che è quanto mai opportuna la previsione di clausole che consentano al fornitore di apportare delle variazioni alle risorse di cui si avvale nell’esecuzione del contratto. Naturalmente, queste modifiche dovranno essere preannunciate al cliente e non dovranno diminuire il livello di qualità pattuito.

Si rende, dunque, fondamentale, la previsione di un adeguamento contrattuale ai possibili mutamenti di fatto che possono incidere sul rapporto contrattuale e sulla qualità delle prestazioni. A tal fine, appare preferibile l’inserimento di clausole contenenti norme di comportamento, attraverso le quali i contraenti, in via convenzionale, adeguano il rapporto fra esse corrente alla mutata situazione di fatto175.

175 Osserva A. RICCIARDI, L’outsourcing strategico, o.c., p. 115 che, attraverso l’esatta determinazione dell’oggetto contrattuale, è necessario «prevedere il prevedibile e gestire l’imprevisto»; per l’Autore, in questa ipotesi ci si trova di fronte a un incomplete contract, il quale risulta pienamente ammissibile nel diritto italiano, posto che in virtú dell’art. 1372 c.c. il contratto ha forza di legge fra le parti, le quali nella loro autonomia potranno stabilire un codice di comportamento sull’eventuale

Accade spesso che, in presenza di rapporti contrattuali complessi, le parti prediligano il ricorso a contratti «flessibili» che permettano il differimento a un momento successivo della gestione dei mutamenti di fatto che si possono verificare a causa della durata del negozio, dando vita a ciò che taluni definiscono contratto successivamente incompleto176.

In queste ipotesi il contratto, al momento della sua conclusione è sicuramente completo, posto che non esistono lacune; l’incompletezza attiene, invece, a un momento successivo, in quanto le lacune si manifestano posteriormente alla conclusione del contratto177. Non si pone, dunque, alcun problema di validità del

contratto, poiché al momento della conclusione l’oggetto è perfettamente determinato; nelle sole ipotesi di c.d. incompletezza iniziale occorrerà valutare se l’oggetto del contratto sia determinabile178. Solitamente, la complessità dei rapporti

rinegoziazione del contratto. L’Autore, nell’ammettere la validità di un siffatto regolamento contrattuale non affronta, tuttavia, il problema dell’incertezza dell’oggetto, che potrebbe apparire non sufficientemente determinato.

176 Sul punto, autorevole dottrina ha precisato che la stabilità del rapporto, con riguardo ai contratti di durata, è assicurata, piuttosto che tramite un rigido contenuto delle clausole contrattuali, attraverso la previsione di procedure che consentano di gestire il rapporto senza interromperlo laddove sorgano circostanze che potrebbero generare un conflitto, cosí D.VALENTINO, Il contratto «incompleto», cit., p. 525. Nello stesso senso si veda anche A. SCARPELLO, La modifica unilaterale del contratto, Padova, 2010, p. 92, che l’incompletezza contrattuale ha assunto il ruolo di rimedio all’impossibilità o all’eccessiva onerosità di una preventiva regolamentazione dell’accordo.

177 Si tratta di un’ipotesi d’incompletezza deliberata successiva. In particolare, giova osservare che l’incompletezza può essere subita, quando le parti non regolamento un determinato aspetto del rapporto al momento della conclusione del contratto, a causa di una dimenticanza ovvero della volontà di rimettere alla legge l’integrazione del contratto; e deliberata, ipotesi questa che si verifica allorquando le parti sono che una parte del contenuto dovrà essere in seguito determinata e, pertanto, prevedono che le lacune saranno colmate attraverso un successivo accordo, in via unilaterale da una sola parte, ovvero rimettendo la decisione a un terzo arbitratore, ai sensi dell’art. 1349 c.c. L’incompletezza intenzionale, inoltre, può essere immediata, ove già al momento della conclusione del contratto esistano delle lacune che le parti prevedono espressamente di colmare in un momento successivo, ovvero successiva, nell’ipotesi le lacune sorgano in una fase successiva al perfezionamento contrattuale; in questo senso E. GUERINONI, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, 2007, p. 9.

178 Nei contratti d’impresa immediatamente incompleti difficilmente si potrà parlare d’invalidità, poiché non si ha mancanza dell’oggetto ma unicamente la sua determinabilità. Tuttavia, il negozio, ancorché valido, produrrà effetti limitatamente alle parti complete, cosí senso E.GUERINONI, o.c., p. 120, il quale però non esclude a priori che il contratto possa essere considerato completamente inefficace in quanto «in attesa di completamento», ove le parti da completare comportino una sostanziale inefficacia dell’intero contratto. Interessante, poi, l’osservazione di quanti hanno rilevato che nei contratti d’impresa difficilmente si avrà un contenuto determinato, in quanto per tali contratti «la regola fisiologica è quella della determinabilità dell’oggetto». Si è, pertanto, paventato un ritorno della distinzione tra contratti civili ad oggetto determinato e contratti commerciali ad oggetto determinabile; cosí G. GITTI, Problemi dell’oggetto, in Trattato del contratto, II, G. Vettori (a cura di), Milano, 2006, p. 22, il quale ha altresì precisato che ai contratti civili, comprensivi anche di quelli dei consumatori, si riferisce il principio di essenzialità dell’originaria determinazione dell’oggetto, sia per le

tra imprese spinge le parti a stipulare contratti che abbiano un contenuto determinabile, anche attraverso il ricorso a fonti extracontrattuali, ma la determinabilità dell’oggetto è cosa ben diversa dalla sua assenza, di tal ché soltanto quando le parti non abbiano indicato alcuno strumento per la successiva determinazione il contratto sarà viziato da nullità. La carenza di determinazione, dunque, non costituisce un indice di incompletezza del processo formativo del contratto179.

Nella fattispecie in esame le parti sovente introducono una clausola sul c.d. jus variandi, ossia una clausola di riapertura condizionata al verificarsi delle sopravvenienze. Tuttavia, ritenere che la previsione di siffatta clausola dia vita ad un contratto incompleto è una conclusione che appare criticabile180.

Il contratto incompleto può essere considerato tale soltanto se al momento della conclusione dell’accordo la volontà contrattuale non sia ancora completa181.

ragioni connesse alla necessarietà della forma solenne, sia per la qualifica professionale dell’estensore del contratto (il notaio, normalmente chiamato a stipulare i contratti civili, tra cui in primis le vendite immobiliari in virtú della propria funzione anti-processualistica difficilmente lascerà spazio all’incompletezza); diversamente, i contratti commerciali l’oggetto del contratto sarà quasi sempre determinabile, come si rinviene dalla disciplina offerta dal codice civile per i contratti di impresa nominati (quali somministrazione, appalto, contratto d’opera, ecc.) dove si prevede espressamente il ricorso a fonti endocontrattuali, ma anche extracontrattuali, di determinazione dell’oggetto. Condivide l’idea che nei contratti d’impresa il problema dell’incompletezza sia ridimensionato dalla esigenza della sola determinatezza D. VALENTINO, o.u.c., p. 518. Sul bipolarismo contratti civili - contratti dell’impresa si v. anche G.CIAN, Contratti civili, contrati commerciali e contratti d’impresa: valore sistematico ermeneutico delle classificazioni, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 861 il quale nega l’autonomia concettuale alla categoria denominabile «contratti d’impresa».

179 Discorso diverso va, invece, effettuato nell’ipotesi in cui le parti abbiano raggiunto un accordo su parte, ma non sull’intero assetto contrattuale. Sul punto si v. D. VALENTINO, Globalizzazione economica e disorder law. Un esempio: la battle of formse il principio del mirror-image rule, in Riv. dir. priv., 2008, p. 431, la quale distingue chiaramente gli accordi in cui le parti volutamente non disciplinano alcuni aspetti essenziali del contratto, rinviando a successive integrazioni, i quali possono essere definiti appunto contratti incompleti, dagli accordi caratterizzati dallo scambio di consensi relativamente ai soli punti essenziali, ma non anche agli aspetti marginali.

180 Osserva, tuttavia, F.MACARIO, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all’obbligo della rinegoziazione, in Riv. dir, civ., 2002, I, p. 87, che la previsione di clausole di gestione del rischio nei contratti di durata lasciano comunque trasparire un’idea d’incompletezza del contratto. Tuttavia, secondo l’Autore, l’invalidità di negozio incompleto sarebbe frutto di un’interpretazione eccessivamente rigorosa degli artt. 1346 e 1428 c.c. rivolti più alle fattispecie di scambio a esecuzione istantanea e di contrato traslativo, piuttosto che al contratto a esecuzione protratta nel tempo.

181 Limpidamente, D. VALENTINO, Il contratto «incompleto», cit., la quale chiarisce che si ha incompletezza del contratto quando le parti non hanno contemplato la possibilità di adeguare o determinare il contenuto in funzione di prevedibili circostanze sopravvenute, non controllabili dai contraenti medesimi, idonee a incidere sull’equilibrio contrattuale.

Difficilmente si potrà ritenere che un negozio originariamente completo lo divenga successivamente, ove al verificarsi di taluni eventi si assista ad una sua modifica. L’adeguamento contrattuale sembra, infatti, rendere il contratto sì flessibile, ma non certo incompleto182.

Segnatamente, le clausole di revisione da inserire nel contratto di outsourcing, al fine di renderlo maggiormente flessibile e adattabile alle circostanze che si dovessero in seguito presentare, sono la clausola revisione prezzi e la clausola di revisione dei parametri di servizio.

La prima trova applicazione soprattutto in materia di appalti e forniture contratti da una p.a., posto che l’art. 115 del decreto legislativo del 12 aprile 2006 n. 163, codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, prevede che in tutti i contratti a esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debba essere inserita una clausola di revisione periodica del prezzo. La clausola ha natura imperativa183, di

tal chè sarà necessariamente inserita in tutti i contratti di outsourcing stipulati da enti pubblici, mentre nei contratti fra imprese private la relativa previsione sarà rimessa alla volontà delle parti contrattuali. Anche nella successiva direttiva 2014/24/CE, che abroga la precedente direttiva 2004/18/CE, è prevista la modifica del contratto senza necessità di indizione di una nuova gara, a conferma dell’opportunità di tale strumento nel commercio comunitario184.

182 Cosí A. SCARPELLO, o.c., p. 95, il quale chiarisce l’eventuale modifica del rapporto contrattuale risponde più a logiche di opportunità e di soddisfazione degli interessi di una parte che alla necessità di rimediare alla sopravvenuta incompletezza. In senso conforme la dottrina più tradizionale, secondo la quale il requisito della determinatezza o determinabilità deve essere presente al momento dell’efficacia del negozio. Contra A. FICI, Il contratto incompleto, Torino, 2005, p. 32 secondo il quale un contratto con clausola di riapertura deve essere inteso come successivamente incompleto, poiché la rideterminazione di parte del contenuto contrattuale attiene a un elemento volitivo. Il contratto flessibile, secondo l’Autore, andrebbe collocato invece in una zona intermedia fra contratto completo ed incompleto.

183 Cfr. C. Stato 24 gennaio 2013, n. 465, in Foro amm.-Cons. Stato, 2013, p. 204; Cons.giust. amm. sic., 18 novembre 2009, n. 1106, in Foro amm.-Cons. Stato, 2009, p. 2659; contra C. Stato 2 settembre 2013, n. 4349, in Foro amm. – Cons. Stato, 2013, n. 2547, secondo la quale non ha luogo la «revisione dei prezzi, nel caso in cui il contratto di appalto preveda espressamente la natura fissa ed invariabile dei prezzi, escludendone la revisione; in tal caso, infatti, tale univoca qualificazione contrattuale dell’appalto come «a prezzo chiuso» esclude l’applicabilità della disciplina in materia di revisione dei prezzi».

184 La possibilità di modifica dei contratti in corso di validità è prevista dall’art. 72 della direttiva 2014/21/CE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE..

Quanto alla clausola di revisione dei parametri di servizio, invece, si precisa che le parti posso scegliere se mantenere il Service Level Agreement costante per tutta la durata del rapporto contrattuale, ovvero prevedere una eventuale rinegoziazione a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo ovvero al verificarsi di circostanze sopravvenute.

La possibilità che il contenuto del contratto sia rivisitato nel corso del rapporto presuppone innanzitutto una posizione di relativa parità delle parti185.

Invero, in tema di contratti ad oggetto informatico c’è sempre il rischio che tra i contraenti vi sia una situazione di squilibrio tecnologico, una disparità di conoscenze informatiche determinata da una minore competenza in materia di chi commissiona i servizi rispetto a chi li fornisce e/o dall’inaccessibilità a dati inerenti il prodotto186.

Detto squilibrio tecnologico, dunque, non va inteso tanto quale dipendenza economica187, bensì quale asimmetria informativa tra le imprese188. Naturalmente, la

parte contrattuale dotata di maggiori conoscenze non deve essere necessariamente

185 Osserva F.SCAGLIONE, Buona fede in contrahendo e ordine pubblico economico nel sistema del diritto privato del mercato, in Giur. it., 2008, p. 250, che «al di fuori dell’ipotesi di abuso di soggezione economica o morale, in presenza di un mercato merceologico e geografico contraddistinto da un certo grado di concorrenzialità, la libertà di determinare i termini dell’accordo in senso piú vantaggioso per entrambe le parti dipende essenzialmente dalla esatta conoscenza delle condizioni di offerta praticate sul mercato».

186 Cfr. F.LAZZARELLI, o.c., p. 76, secondo la quale tale situazione, che scaturisce dalla natura stessa dei prodotti o dei servizi negoziati, è comune alla quasi totalità dei rapporti informatici, tanto da aver assunto la veste di una componente strutturale. Nello stesso senso E.GÓMEZ CALLE,Los deberes precontractuales de información, Madrid, 1994, p. 13, la quale osserva che frequentemente l’uguaglianza fra le parti contraenti è una mera finzione. La disuguaglianza informativa aumenta con il trascorrere del tempo a causa della maggiore complessità del traffico giuridico e economico. Le cause delle asimmetrie informative, secondo l’Autrice, vanno cosí ricondotte da un lato alla diversificazione dei beni e dei servizi, a un punto tale che appare difficile avere una visione d’insieme del settore di mercato che interessa, dall’altro, la nascita di nuovi figure contrattuali e la proliferazione di clausole generali del contratto hanno aggiunto maggiore difficoltà alla possibilità di informarsi sul contenuto contrattuale.

187 Invero, la sussistenza di una dipendenza economica è ravvisabile non tanto nel contratto di outsorcing, quanto piuttosto nei contratti di fornitura di sistemi informatici, ove la software house si rifiuti di fornire il codice sorgente, costringendo cosí l’impresa committente a rivolgersi unicamente a essa per qualsiasi operazione sul tipo di programma.

188 Sulla diversa posizione contrattuale in cui possono venirsi a trovare le imprese e sulla tutela del c.d. imprenditore deboe, che ha spinto parte della dottrina a ipotizzare una nuova categoria definita «terzo contratto» v. retro § 1.2.

identificata con l’impresa di maggiori dimensioni, sebbene questo sia il caso piú frequente189.

Il diverso grado di conoscenza dei servizi informatici non implica necessariamente un danno a carico dell’impresa committente. Questo piuttosto si verificherà nella denegata ipotesi in cui l’outsourcer si approfitti della proprio posizione ponendo in essere comportamenti speculativi, abusando della propria posizione contrattuale190. Conseguentemente, soltanto nell’ipotesi in cui l’impresa fornitrice dei

servizi adotti comportamenti opportunistici, tesi a conseguire un vantaggio ingiusto sarà necessario ricorrere a dei rimedi giudiziali correttivi volti al ripristino dell’equilibrio contrattuale191.

Ad ogni modo, sembra opportuno prevenire i possibili danni provocati dall’asimmetria informativa in via convenzionale. In questo senso sembra opportuno fare ricorso alla trasparenza192, e in particolare, attraverso il generale dovere di

189 Cfr. M.PIERGIOVANNI, Aspetti e problemi della disciplina della subfornitura nella prospettiva comunitaria e comparativa, in Contr. Impr./Eur., 2000, p. 124.

190 L’asimmetria informativa, in quanto costituisce un costo di transazione che rende il mercato inefficiente, è una delle cause del fallimento del mercato, cosí E. BOCCHINI, Sostituzione giuridica nell’attività impresa e asimmetria informativa, in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 345, secondo il quale il compito del diritto commerciale, inteso come diritto del mercato è quello di eliminare, o quanto meno ridurre, le cause di asimmetria informativa del mercato che ne provocano il fallimento, favorendo cosí una allocazione non solo ottimale, ma anche equa delle risorse. L’Autore osserva, altresì, che il fallimento del mercato non è dovuto unicamente alla disparità di conoscenze, ma alla «razionalità limitata per deficit informativo e opportunismo» ed è questo il fenomeno che il legislatore deve affrontare nella scelta delle strategie normative, rivolte a una giuridicamente equa ed economicamente ottimale allocazione delle risorse. Sulle asimmetrie informative quali cause di fallimento del mercato si v. anche P. GALLO, Asimmetrie informative e doveri di informazione, in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 651, secondo il quale la diseguaglianza conoscitiva crea danni alla società nella misura in cui ostacola l’instaurazione di un mercato, ovvero riducono il volume dei possibili scambi.

191 Come limpidamente osserva F. LAZZARELLI, L’equilibrio contrattuale nelle forniture dei sistemi informatici, cit., p. 85 si ha iniquità del rapporto unicamente nell’ipotesi in cui l’abuso di tecnologico del contraente forte si combina con il danno subìto dal contraente debole; soltanto quando ricorrano detti elementi e siano debitamente accertati nascerà l’esigenza di individuare strumenti riequilibrativi, che siano adeguati al tipo di difetto da rimuovere e alla fase negoziale in cui esso si manifesta. In questo senso, l’Autrice chiarisce che spesso l’uso distorto della superiorità tecnologica avviene nel momento esecutivo del rapporto, come nell’ipotesi in cui la software house che non abbia fornito all’impresa committente il codice sorgente, si rifiuti di rinnovare il contratto di assistenza e di fornire la chiave di accesso, costringendo in tal modo il cliente ad acquistare un nuovo sistema.

192 Emblematiche al riguardo le parole di C. CASTRONOVO e S. MAZZAUTO, Manuale di diritto privato europeo, II, Milano, 2007, p. 393: «trasparenza è termine che efficacemente esprime riassume la agevole penetrabilità, in termini di conoscenza e comprensione da parte di chi ne abbia interesse, di dati, situazioni; e si attaglia per questo al tipo di relazione e dunque al modello di contrattazione, prima ancora che al singolo contratto, tendendo piuttosto a condizionare a monte il modo di stare sul mercato dell’operatore, potenziale contraente».

informazione, il quale rappresenta il correttivo piú semplice delle asimmetrie informative193.

Appare doveroso specificare al riguardo, che generalmente il dovere di informazione viene riferito ai contratti con i consumatori, in quanto si considera che un soggetto il quale esercita una attività d’impresa sia dotato delle conoscenze idonee alla conclusione di un equo contratto.

In realtà, è facile osservare che soprattutto in relazione ai contratti ad oggetto informatico la diversità di conoscenza è un fenomeno molto piú che probabile, di tal ché sembra preferibile ritenere che anche nei contratti c.d. b2b si debba parlare di disuguaglianza informativa194.

Tenuto conto, infatti, che il committente nella maggior parte dei casi non possiede una conoscenza informatica adeguata alla manifestazione di consenso consapevole, il fornitore sarà tenuto a rendere noti tutti i dati utili per una corretta

193 La configurazione dei doveri d’informazione quale categoria specifica è frutto di una lenta evoluzione legata soprattutto ai cambiamenti sociali ed ai beni oggetto del mercato che assumono di volta in volta maggiore complessità; di tanto ne è testimonianza la circostanza per la quale il dovere di informazione inizialmente veniva considerato unicamente in relazione alla responsabilità contrattuale e non come una realtà autonoma; cosí M.REYES CORRIPIO-GIL DELGADO,o.c., p. 141. Successivamente, attraverso il ricorso alla clausola generale della buona fede, il dovere di informazione non viene utilizzato unicamente per reprimere condotte fraudolente, quanto piuttosto per imporre un modello di comportamento ispirato all’idea di lealtà e cooperazione, finalizzato alla protezione del contraente debole. Si assiste cosí alla nascita di numerose norme – prime fra tutte l’art. 153 Trattato CE che riconosce il diritto all’informazione per la salvaguardia dei propri interessi – che sanciscono il c.d. duty of disclosure. Sulla tematica, si v P. GALLO,o.c., p. 647, il quale afferma che l’informazione dal punto di vista economico rappresenta un bene al pari di tutti gli altri ed anzi costituisce uno dei beni maggiormente importanti nella società contemporanea; N. IRTI, Concetto giuridico di mercato e dovere di solidarietà, in Riv. dir. civ., 1997, I, p.189; ID., Persona e mercato, in Riv. dir. civ., 1995, I, p. 294, secondo il