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Segue Appalti pubblici e ius variandi.

Sebbene l’esecuzione del rapporto debba sottostare alle regole di diritto privato, le direttive comunitarie dettate in tema di appalti prevedono una disciplina speciale, di cui l’ente pubblico dovrà tener conto ove voglia esternalizzare l’intero settore informatico. Il diritto europeo, infatti, nel tentativo di armonizzare il diritto amministrativo dei diversi Stati membri, ha inciso su diversi aspetti contrattuali, prevedendo una disciplina ad hoc.

È il caso dello ius variandi.

Preliminarmente, giova osservare che i contratti amministrativi rappresentano il primo settore in cui si manifestata un’apertura verso la rinegoziazione nel caso in cui sorgano delle sopravvenienze, basti pensare al R.D.L. 20 giugno 1915 n. 890, il quale ha conferito alla pubblica amministrazione la facoltà di sostituire «con apprezzamento insindacabile» clausole o pattuizione non piú eseguibili225.

Attualmente, il codice dei contratti pubblici prevede all’art. 106 una disciplina che sembra richiamare quella, in precedenza esaminata in tema di contratti privati, di cui all’art. 1664 c.c. Entrambe le disposizioni prevedono, infatti, la revisione del

224 Cfr. B. COSSU, o.c., p. 2200.

225 Cosí P.GALLO, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, 1992, p. 340, il quale ha osservato che mentre nei sistemi di Common law non vi è una disciplina specifica per i contratti amministrativi e pertanto a essi si applicano le normali regole dettate in materia di appalto, nei paesi di Civil law la prima erosione dell’originaria assolutezza delle obbligazioni contrattuali si è avuta nel settore dei contratti pubblici.

prezzo nel caso in cui i costi per l’esecuzione dell’opera o del servizio aumentino in misura notevole nel corso del rapporto. Tuttavia, fra le norme in commento vi è una differenza di non poco momento: l’art. 106 è norma indisponibile. Non è, dunque, ammessa la possibilità per la p.a. committente di escludere pattiziamente siffatta revisione, a differenza di quanto, invece, avviene nell’ipotesi di appalto contratto tra imprese private. L’inderogabilità della norma è dovuta a esigenze di tutela della stazione appaltante, che potrebbe risentire eccessivamente dello squilibrio di potere economico esistente fra gli enti pubblici e le persone giuridiche di diritto privato226.

In ogni caso, dette variazioni saranno ammissibili e non richiederanno una nuova procedura di affidamento, nel caso in cui la modifica sis sia resa necessaria a causa di circostanze impreviste o imprevedibile per i contraenti e non venga alterata la natura generale del contratto. Il presente limite è previsto in conformità con quanto stabilito nell’art. 1661 c.c., ove, come in precedenza esaminato, ammettono le sole variazioni che rientrino nel perimetro della natura dell’opera227.

Posto che il codice dei contratti pubblici sembra interessarsi al tema delle variazioni228, allora, è lecito domandarsi se nell’àmbito delle procedure a evidenza

pubblica sia affermato un piú generale principio di rinegoziazione.

La risposta all’interrogativo presuppone un ponderato bilanciamento di interessi.

Da un lato, infatti, vi è l’interesse alla conservazione del contratto, il quale può trovare il proprio fondamento nel principio di economicità di cui agli artt. 1, l. 241

226 Sull’inderogabilità della revisione prezzi nei contratti pubblici si è espressa la giurisprudenza tradizionale, dichiarando la nullità di qualsiasi patto teso a escludere o modificare la disciplina legale, in quanto si tratta di una norma imperativa, cosí Cons. giust. amm. Sic., 24 novembre 1988, n. 191, in Giur. amm. sic., 1989, p. 24. Sul punto, chiarisce inoltre T.A.R. Umbria, 07 giugno 2008, n. 247, in Urb. App., 2008, p. 1176, il quale ha statuito che la necessità di ricorrere a varianti e sopportare maggiori costi e ritardi nella realizzazione delle opere deve fare i conti con la circostanza che la correttezza del progetto esecutivo a base della gara è volta a garantire parità di trattamento tra i concorrenti, messi in grado di presentare offerte omogenee quanto all’oggetto contrattuale, e a evitare distorsioni sotto il profilo della ricaduta sulla spesa pubblica

227 Altro limite di tipo quantitativo, volto a prevenire comportamenti fraudolenti delle imprese aggiudicatrici che pur di concludere il contratto offrivano prezzi notevolmente bassi, salvo poi prolungare la prosecuzione dell’opera e richiedere una maggiorazione del corrispettivo, è quello del 5% del prezzo di aggiudicazione per ogni anno previsto per l’ultimazione dei lavori, c.d. contratto a prezzo chiuso.

228 Si precisa che per rinegoziazione deve essere intesa la modifica del regolamento contrattuale nel corso della sua esecuzione e non la modifica di singole clausole dell’offerta contrattuale, in quest’ultima ipotesi è evidente che non vi può essere adeguamento del contratto in quanto nessun contratto è concluso.

del 1990 e 2, d. lg. 163 del 2006. Dall’altro, invece, occorre tener conto del principio di libera concorrenza, che penetra l’intera disciplina dei contratti ad evidenza pubblica, ma soprattutto la fase iniziale, ossia quella dell’aggiudicazione della gara.

Poiché la gara è aggiudicata dall’impresa che offre un servizio o un’opera economicamente piú vantaggiosa, un’eventuale rinegoziazione del contratto, che renda il servizio o l’opera offerti meno vantaggiosi di quanto inizialmente previste o che addirittura la rendono tale offerta meno vantaggiosa di quelle presentate dalle altre imprese, può essere ritenuta lecita?

La giurisprudenza amministrativa229 sembra orientata verso l’immodificabilità

delle condizioni contenute nella proposta aggiudicataria. Un’eventuale revisione del contenuto negoziale, infatti, andrebbe ad incidere proprio su ciò che ha determinato la legittimazione dell’impresa a contrarre con la pubblica amministrazione.

In altri termini, la rinegoziazione delle condizioni contrattuali avrebbe quale effetto quello di trasformare una procedura a evidenza pubblica in una procedura negoziata230. E ciò non solo quando la revisione sia in senso favorevole alla stazione

appaltante, ma altresì nell’ipotesi in cui si tratti di modiche in peius, poiché qualsiasi modifica di un elemento essenziale comporta la distorsione della procedura a evidenza pubblica, dato che a diverse condizioni di fatto corrisponde un diverso sviluppo della gara e probabilmente una diversa componente partecipativa alla gara medesima231.

229 Cfr. Cons. Stato 13 novembre 2002 n. 6281, in Urb. app., 2003, p. 577, secondo cui «la rinegoziazione dell’offerta dopo l’aggiudicazione comporta una violazione delle norme inderogabili che presiedono il corretto svolgimento delle procedure a evidenza pubblica (che vengono surrettiziamente trasformate in trattative private) e il suo risultato contrattuale è radicalmente nullo»; in senso conforme, inter alios, T.A.R. Lazio Roma 2006 n. 2883, in www.giustizia-amministrativa.it, il quale, dopo aver precisato che le norme in tema di procedura di evidenza pubblica sia all’esigenza della p.a. di ottenere la fornitura di beni e servizi nella maniera più vantaggiosa, sia all’esigenza di tutti i soggetti di partecipare alla distribuzione delle risorse pubbliche attraverso la partecipazione a una gara svolta in regime di libera concorrenza, ha confermato la nullità della transazione con cui si modificano le condizioni dell’aggiudicazione, in quanto in violazione di norme imperative e non derogabili sulla capacità dell’Ente di appartenenza.

230 In questo senso si sono espressi R. DE NICOTLIS e C. VOLPE, Le procedure aperte, ristrette e negoziate, in AA.VV.,Trattato sui contratti pubblici, M.A. Sandulli, R. de Nicotlis e R. Garofali (diretto da), Milano, 2008, p. 1798, i quali sostengono che l’adeguamento negoziale alle evenienze sopravvenute alla conclusione del contratto altro non sarebbe che uno strumento distorsivo della stessa funzione della gara, in quanto i concorrenti dovrebbe inglobare nella gara nelle offerte il rilievo economico insito nella successiva rinegoziazione.

231 La giurisprudenza amministrativa sostiene al riguardo che un mutamento degli elementi essenziali del contratto, quali il prezzo, anche se in diminuzione, comporta uno svilimento dell’intera

Nel negare cittadinanza agli strumenti manutentivi nei contratti pubblici si è fatto ricorso, altresì, alla presunta mancata capacità di agire dell’ente. Costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza amministrativa quello secondo il quale le persone giuridiche pubbliche, nell’àmbito di una procedura a evidenza pubblica, godono di autonomia negoziale nei limiti previsti dalla legge; conseguentemente, vi è una incapacità di agire per tutte le ipotesi che si discostano da quanto espressamente previsto, come nel caso di modifiche convenzionali a un contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione di una gara232.

Tuttavia, l’interrogativo, poiché presuppone un bilanciamento fra diversi princípi, non ha ottenuto risposta unanime.

È maturato in dottrina un diverso indirizzo interpretativo che guarda con favore a un’apertura verso la rinegoziazione, seppur con certi limiti, partendo dall’analisi della norma racchiusa nell’art. 143 del previgente codice dei contratti pubblici, il d.lg. 163/2006. La norma, infatti, prevedeva, in tema di concessioni di lavori pubblici, la revisione del piano economico finanziario qualora la stazione appaltante imponga variazioni che incidano sul piano medesimo, ferma restando la facoltà di recesso in caso di mancata revisione. Orbene, questa dottrina, forte di un orientamento giurisprudenziale conforme233, ritiene che quanto previsto dalla norma

de qua costituisca un «meccanismo generale», espressione di un sistema connotato da procedura attraverso il mutamento delle condizioni di fatto su cui si sono basate le offerte, tali da alterare i risultati della gara, cosí ex multis Cons. Stato, 18 gennaio 2006 n. 126, in Foro Amm.Cons. Stato, 2006, p. 168; T.A.R. Lazio 24 febbraio 2005 n. 1467, in Giust. amm., 2005, p. 202.

232 Cfr. T.A.R. Lazio Roma 2006 n. 2883, cit., il quale ha statuito che «per gli Enti Pubblici la capacità di agire nei rapporti contrattuali non è rimessa alla libera scelta degli organi chiamati a manifestare la volontà dell’Ente ma è, invece, è strettamente correlata allo svolgimento da parte degli organi competenti di procedure concorsuali definite in modo compiuto dal legislatore. L’attuazione di tali procedure sostituisce il procedimento logico di formazione della volontà e di conseguente scelta del contraente riservato, nei rapporti tra soggetti privati, alla libera autonomia negoziale e che si concreta nelle singole manifestazioni di volontà di essi soggetti. In altri termini nel nostro ordinamento giuridico la capacità giuridica e di agire degli Enti Pubblici è disciplinata dalle disposizioni di diritto positivo relative alle persone giuridiche ma, in relazione al principio della necessaria evidenza pubblica delle scelte effettuate da detti Enti, le persone giuridiche pubbliche possono assumere impegni solo nei limiti e nei modi stabiliti dalla legislazione che regola la loro attività per il perseguimento dei fini che sono loro assegnati (Cons. Stato, Ad. Gen. n. 2 del 17 febbraio 2000)»; in senso conforme v. Cons. Stato 13 novembre 2002 n. 6281, cit.; Cons. Stato, 18 gennaio 2006 n. 126, cit.;

233 Cfr. T.a.r. Toscana 30 novembre 2001 n. 1716, in www.giustizia-amministrativa.it, il quale afferma che la normativa in commento recepisce il principio di conservazione dell’equilibrio economico- finanziario di quanto stipulato, attraverso il mantenimento delle condizioni e dei presupposti che lo determinano.

un’estrema flessibilità. Questo meccanismo generale, espressamente previsto per le concessioni di lavori pubblici, appare estremamente vicino alla disciplina civilistica di cui all’art. 1467 c.c., relativa ai contratti sinallagmatici a esecuzione periodica o continuata, di tal ché si può concludere per l’applicabilità della disposizione da ultimo citata anche ai contratti di appalto di opere o servizi pubblici234.

Detta posizione, benché allo stato sia minoritaria, può essere condivisa anche tenendo conto delle recenti direttive europee. La già citata direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, nel considerando 107 afferma l’obbligatorietà di una nuova procedura di appalto unicamente per le modifiche sostanziali al contratto iniziale, precisamente modifiche all’àmbito di applicazione e al contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti, inclusa la distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale. Tali modifiche, infatti, secondo il legislatore europeo celano la volontà di modificare elementi essenziali del rapporto contrattuale, eludendo in tal modo la procedura a evidenza pubblica.

La direttiva 2014/24/UE fa però salve quelle modifiche che comportano una riduzione del valore del contratto. Andranno, pertanto, previste, al fine di assicurare certezza giuridica, delle soglie «de minimis» al di sotto delle quali non sarà necessario l’espletamento di una nuova procedura volta alla conclusione di un diverso contratto di appalto. La disposizione, dunque, si pone in contrasto con la tesi, precedentemente esposta, secondo la quale va negata la possibilità anche solo di una modifica in peius per il fornitore del servizio, in quanto comporterebbe una distorsione della gara, alterandone i risultati.

Ma la fonte comunitaria prevede anche altre ipotesi in cui vanno ammessi gli strumenti manutentivi.

Segnatamente, il legislatore europeo ha ammesso la modifica dell’originario contratto di appalto, qualora l’Amministrazione, nel corso del rapporto negoziale,

234 È questa l’opinione di S. VINTI,Limiti funzionali all’autonomia negoziale della pubblica amministrazione nell’appalto di opere pubbliche, Padova, 2008, p. 512, il quale conclude per l’applicazione dell’art. 1467 c.c. ai contratti di appalto di opere o servizi pubblici, anche sulla base dell’apparente irrazionalità fra la disciplina delle concessioni di pubblici lavori e quella dettata in tema di appalto. Per l’Autore, infatti, non avrebbe senso prevede la rinegoziazione unicamente nelle prime fattispecie contrattuali citate non anche nelle seconde, in quanto le concessioni pubbliche sono caratterizzate da un grado di intensità più intenso rispetto agli appalti.

necessiti di ulteriori servizi, complementari al servizio principale oggetto del contratto. I servizi complementari che potranno essere aggiunti in mancanza di una nuova gara sono destinati al rinnovo parziale oppure all’ampliamento di servizi, forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad acquistare materiali, lavori o servizi con caratteristiche tecniche differenti il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate.

Quel che piú interessa però è il considerando 109 del provvedimento europeo, ove viene espressamente preso in considerazione l’insorgere di eventi imprevedibili, nel corso di un appalto a lungo termine, ritenendo necessario in questa ipotesi una «certa flessibilità»235. Precisa, quindi, che per eventi imprevedibili devono essere intesi

quegli eventi che neanche una diligente e ragionevole preparazione dell’aggiudicazione iniziale da parte dell’amministrazione aggiudicatrice avrebbe potuto prevedere, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi nel settore in questione e della necessità di garantire un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l’aggiudicazione e il suo valore prevedibile. L’adeguamento del contratto, tuttavia, sarà ammesso unicamente nell’ipotesi in cui non comporti una modifica della natura generale dell’appalto, ad esempio ove vengano modificati i servizi oggetto dell’appalto medesimo ovvero un cambiamento del tipo di appalto, poiché in questo caso si presume un’alterazione del risultato della gara.

Ancóra, sul punto, è d’obbligo un riferimento al recente d.l. 24 aprile 2014 n. 66, convertito in legge 23 giugno 2014 n. 89, rubricato «misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale»236. In un’ottica di riduzione della spesa pubblica

l’art. 8, comma 8, del citato provvedimento prevede la facoltà, in capo alle amministrazioni, di ridurre per il limite massimo del 5%, i corrispettivi previsti per i contratti di fornitura già in essere, tra cui rientrano senza ombra di dubbio i contratti

235 Testualmente il considerando 109 della direttiva 2014/18/CE statuisce che «in questo caso è

necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova

procedura di appalto».

236 Il d.l. 24 aprile 2014 n. 66 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 95 del 24 aprile 2014 ed è entrato in vigore il giorno medesimo di pubblicazione. La fonte di cognizione della legge di conversione, invece, è la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 143 del 23 giugno 2014.

di outsourcing, lasciando alle parti altresì la facoltà di rinegoziare il contenuto del regolamento contrattuale.

Quanto alla p.a. viene, però, bilanciato dal riconoscimento del diritto di recesso in capo al fornitore di beni o servizi. Piú in dettaglio, la nuova normativa prevede che qualora l’amministrazione effettui la riduzione dell’importo contrattuale, l’outsourcer si trovi di fronte a un’alternativa: richiedere la modifica delle condizioni contrattuali, la quale, tuttavia, necessita del consenso della p.a., ovvero recedere dal contratto entro trenta giorni dalla comunicazione della manifestazione della volontà di operare una riduzione237. Il provvedimento in esame, benché mostri una sostanziale apertura alla

rinegoziazione dei contratti conclusi mediante procedura a evidenza pubblica, non può essere utilizzato per sostenere le argomentazioni dell’una o dell’altra tesi dell’interrogativo che ci occupa.

Il tema che della rinegoziazione nei contratti di fornitura di servizi, e in particolare nell’outsourcing di servizi informatici, presuppone il sorgere di nuove circostanze, che modifichino lo stato di fatto su cui si basa il contratto medesimo. La fattispecie di cui all’art. 8, comma 8, d.l. 24 aprile 2014 n. 66, invece, prevede la facoltà di modifica unilaterale di una delle prestazioni contrattuali, il corrispettivo per la fornitura del servizio, a prescindere dalla sopravvenienza di alcuna nuova circostanza. Né la crisi economica della Stato può essere assimilata a un evento sopravvenuto, in quanto presente già da diversi anni ormai, tanto da escludere che anche un aggravamento possa essere considerato evento imprevedibile, tale da incidere sui presupposti contrattuali238.

Al di là della normativa da ultimo citata, comunque, si può concludere nel senso di una sensibile apertura da parte della piú recente legislazione verso il tema dell’adeguamento contrattuale al sorgere di evenienze imprevedibili. Conseguentemente, può essere condivisa la preferenza verso la conservazione del rapporto contrattuale in luogo della sua cessazione, attraverso un certo grado di

237 In caso di esercizio del diritto di recesso, le Amministrazioni, nelle more delle procedure per i nuovi affidamenti, potranno stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro di Consip S.p.A., a quelle di centrali di committenza regionale o tramite affidamento diretto nel rispetto della disciplina europea e nazionale sui contratti pubblici, cosí da assicurare la disponibilità di beni e servizi necessari alla loro attività.

238 L’idoneità della crisi economica ad assurgere a circostanza perturbativa straordinaria e imprevedibile è stata a lungo esaminata dalla giurisprudenza spagnola, sul punto v. infra § 2.3.

flessibilità, di fonte sia negoziale, quale principio dell’autonomia privata, sia legale, quale espressione della clausola generale di buona fede239.

Se la funzione della rinegoziazione, come meglio verrà esplicato nel prosieguo, è quella di ripristinare l’originario equilibrio economico-giuridico del contratto in corso non può esservi il rischio di una elusione della par condicio: l’adeguamento agli eventi sopravvenuti non ha lo scopo di novare il contratto stipulato attraverso una procedura ad evidenza pubblica, bensì unicamente quello di riportare le prestazioni al loro originario equilibrio, cosí come individuato attraverso la procedura pubblicistica240.

Naturalmente le considerazioni sopra svolte valgono per il caso in cui le modifiche coinvolgano elementi non essenziali del contratto. Un adeguamento contrattuale di siffatti elementi darebbe vita ad un diverso contratto di fornitura o di outsourcing, per cui occorrerà procedere con una nuova gara.

239 Sul ruolo della clausola generale di buona fede all’interno della gestione delle sopravvenienza v. infra cap. II

240 In questo senso si sono espressi R. CHIEPPA e V. LOPILATO, Studi di diritto amministrativo, Milano, 2007, p. 555, secondo i quali è proprio attraverso la funzione degli obblighi manutentivi che è possibile superare l’obbiezione relativa alla lesione della concorrenza. Gli Autori, inoltre, nell’ammettere gli obblighi di revisione, anche laddove non siano espressamente previsti nel contratto, affermano che essi risponde perfettamente alle esigenze di tutela dell’interesse pubblico, in quanto da un lato la continuità del rapporto contrattuale consente una riduzione dei costi; dall’altro, viene garantito anche l’appaltatore, il quale non dovrà subire la perdita dei propri investimenti.