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L’oggetto del contratto come contenuto

Un’altra parte della dottrina – secondo uno studioso «quasi per rassegnazione»110 – identifica l’oggetto del contratto col contenuto111.

ottobre 2015, n. 19886; Cass. 24 dicembre 2014, n. 27391 (ord.); Cass. Sez. Lav. 11 dicembre 2014, n. 26109; Cass. 6 giugno 2014, n. 12833 (ord.); Cass. SS.UU. 21 gennaio 2014, n. 1135 (ord.); Cass. 12 novembre 2013, n. 25410; Cass. Sez. Lav. 31 ottobre 2013, n. 24576; Cass. Sez. Lav. 1 agosto 2011, n. 16849; Cass. 21 luglio 2011, n. 15993; Cass. 11 luglio 2011, n. 15189; Cass. 2 luglio 2010, n. 15723.

109 G.FURGIUELE, Vendita di cosa futura e aspetti di teoria del contratto, Milano, 1974, p. 139, parla di «dimensione talmente elastica da eliminare ogni ostacolo alla legittimità di un suo inserimento nello schema traslativo».

110 G. GITTI, Problemi, cit., p. 7.

111 V., ex multis, N. IRTI, voce Oggetto, cit., p. 803 ss.: «“Oggetto” della dichiarazione negoziale è il contenuto, ossia l’insieme delle clausole disposte dagli autori del negozio. Il negozio – diremo con il Carnelutti – è ciò che determina; il contenuto è ciò che è determinato. La completezza del contenuto è assicurata dalla designazione del termine (oggetto), esterno bensì alla struttura del negozio, ma sul quale il mutamento giuridico deve realizzarsi. L’oggetto della situazione iniziale non diviene oggetto del negozio, che ha il proprio oggetto nel contenuto; ma quello è in questo idealmente riprodotto, e volto al tipo di effetto statuito dalla norma … L’art. 1346 C. Civ. prescrive che l’oggetto del contratto “deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”. Le tre caratteristiche non sono omogenee: laddove le prime riguardano il dato esterno, l’ultima esprime l’esigenza che il medesimo sia configurato dalle parti; e, con ciò, palesa che oggetto indeclinabile del negozio è propriamente tale configurazione o rappresentazione descrittiva. Oggetto del negozio è il contenuto disposto dalle parti (come oggetto dell’accordo è il contenuto profilato negli art. 1325, n. 3, e 1429, n. 1, C. Civ.); e, nel contenuto, trova luogo la designazione del termine (bene o fatto o modo di essere della persona, ecc.), su cui si svolgeranno gli effetti. Se codesta designazione manca, il negozio è colpito da nullità per incompletezza del contenuto minimo: ossia per deficienza dell’oggetto, prevista dall’art. 1418, 2° comma, C. Civ. Le qualifiche di illiceità e di impossibilità non possono, invece, riferirsi alla designazione compiuta dagli autori del negozio, che ha puro carattere spirituale e rappresentativo; esse riguardano il termine esterno, ravvisato dalla norma come

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Pur registrandosi varie sfumature nell’ambito di questa corrente di pensiero112, in buona sostanza l’oggetto sarebbe «l’insieme dei fatti, delle

modifiche materiali e degli effetti giuridici che costituiscono il programma contrattuale, o, in altri termini, l’ordine dei risultati finali che il contratto tende a realizzare»113.

La tesi che equipara oggetto e contenuto parrebbe oggi prevalente114, ma

permane anche quella secondo cui essi sarebbero concetti distinti115, affermandosi

inidoneo a ricevere il mutamento giuridico, che le parti hanno di mira. Quelle qualifiche toccano una circostanza estrinseca, che la norma, secondo una valutazione contingente e mutevole, fa però reagire sullo stesso negozio. In breve, la illiceità ed impossibilità del termine esterno si ripercuotono sul negozio come vizi del contenuto e ne provocano la nullità (art. 1418, 2° comma, Codice Civile) … In via conclusiva, possono essere enunciate le seguenti proposizioni di massima: 1° oggetto (lato

sensu) e contenuto del negozio giuridico si identificano; 2° nell’ambito del contenuto, prende posto

la designazione del termine esterno, che preesiste nella situazione giuridica iniziale ed è destinato a ritrovarsi nella situazione giuridica finale; 3° quel termine è rispecchiato dal negozio, che lo profila idealmente e lo predispone a ricevere l’effetto statuito dalla norma: 4° la disciplina di esso si ripercuote sulla disciplina del contenuto del negozio»; ID., Disposizione, cit., p. 128 ss.; F. CARRESI,

Il contenuto, cit., p. 365 ss.; F.FERRARA SR., Teoria dei contratti, Napoli, 1940, p. 101 ss.

112 Cfr., ad esempio, C.CICERO, Istituzioni di diritto privato, Firenze, 2017, p. 199: «In definitiva sembra più utile a cogliere la nozione di oggetto fare riferimento alla modalità concreta del contenuto in relazione al singolo assetto di interessi realizzato e all’intervento normativo che su quel tipo di contratto la legge prevede».

113 C.M.BIANCA,Diritto, cit., p. 320: «Il contenuto del contratto in senso sostanziale si identifica nell’oggetto del contratto … il programma, ossia il contenuto dell’accordo delle parti, mentre la causa indica l’interesse che tale programma è volto a soddisfare».

114 G.ALPA, Manuale, cit., p. 466.

115 V. ad esempio P.PERLINGIERI -F.CRISCUOLO, Oggetto, cit., p. 504: «Gli esempi addotti confermano la necessità di distinguere concettualmente oggetto e causa del negozio, oggetto e “contenuto” … Il contenuto è lo stesso atto nel suo complesso, l’insieme delle pattuizioni. In esso occorre discernere l’oggetto dalla causa. Il medesimo bene, come descritto dalle parti, può essere l’oggetto di contratti che hanno causa diversa … Nel contenuto sono sintetizzati tanto il profilo statico dell’oggetto, quanto quello dinamico della causa: l’oggetto deve essere possibile e almeno determinabile, la causa deve esistere e deve essere determinata, ma l’uno e l’altra si integrano vicendevolmente sul piano del regolamento di interessi»; F. GALGANO, Diritto, cit., p. 253: «Dal

contenuto del contratto, che è il regolamento contrattuale, l’insieme delle clausole volute dalle parti o inserite in esso per forza di legge, si distingue l’oggetto del contratto: è la cosa o, più in generale, il diritto (reale o di credito) che il contratto trasferisce da una parte all’altra oppure la prestazione che una parte si obbliga ad eseguire a favore dell’altra»; ID., Il negozio giuridico, in Trattato di

diritto civile e commerciale già diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano,

1988, p. 103 ss., il quale osserva che «dilatare il concetto di oggetto, fino a farlo coincidere con il contenuto del contratto, significa trascurare che a quest’ultimo … può inerire la condizione, la disciplina della quale diverge da quella dell’oggetto»; V. ROPPO, Il contratto, cit., p. 339, distingue

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da più parti come l’identificazione del primo istituto nella categoria del contenuto, foriera di svariate confusioni, sarebbe compiuta su basi non chiare116.

Nello specifico, se il contenuto designa l’insieme dei requisiti essenziali ed accidentali del negozio, la dottrina che contesta l’identificazione oggetto-contenuto rileva come la tesi in esame si caratterizzi per un grave errore, vale a dire quello costituito dall’equiparazione di un solo elemento del contratto – l’oggetto, di cui al n. 3) dell’art. 1325 cod. civ. – con l’intero negozio.

Ma – osserva attenta dottrina – se anche si ritenesse che il contenuto sia soltanto una parte del contratto, si ricadrebbe nuovamente nel problema relativo alla natura di quell’elemento e, così, l’interrogativo sull’oggetto non avrebbe trovato risposta117.

Si è giunti ad affermare, in ordine alla tesi in esame, che l’equiparazione tra oggetto e contenuto «appare sovente il frutto di esercitazioni dogmatiche e nominalistiche su quei concetti, piuttosto che il risultato di un’analisi del diritto positivo»118.

A mio avviso, alla luce delle osservazioni sin qui svolte, le tesi principali sull’oggetto del contratto, se considerate singolarmente, non possono essere ritenute pienamente soddisfacenti: passiamo quindi ad analizzare alcune tesi particolari, che hanno il merito di far progredire la ricerca sul tema affrontato.