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La percezione visiva come metodo di progetto

“Non c’è paesaggio né conoscenza né sen- sazioni senza sguardo“[26] Il termine percezione deriva dal latino

perceptionem, da perceptus participio pas-

sato di percipere, apprendere. È implicito

nel termine stesso che l’atto percettivo è un atto in cui l’oggetto viene appreso dal soggetto percepiente.

La percezione è certamente il primo atto di apertura al mondo del soggetto che percepisce e che intenzionalmente cono- sce, ma è al contempo il primo atto di sve- lamento del mondo al percepiente.

La percezione è un processo complesso, fortemente condizionato da fattori cultu- rali, dall’esperienza personale, dall’imma-

[26] M. VentUri Ferriolo, Paesaggi rivelati. Pas-

seggiare con Bernard Lassus, guerini e associati, Milano

2006

ginazione, dalla memoria; coinvolge tutti i sensi dell’uomo, ma la maggior parte delle informazioni che il cervello umano prende in considerazione per orientarsi nello spazio ed elaborare le proprie fun- zioni cognitive sono di carattere visivo. Con un semplice sguardo, “a colpo d’oc- chio”, l’uomo è in grado di ricavare un’im- pressione più o meno positiva di un contesto urbano: cogliere gli elementi di degrado, che fanno aumentare la sen- sazione di insicurezza e disagio, oppure valutare un luogo attrattivo e piacevole. L’occhio umano resta colpito dai gradienti percettivi, dalla modulazione degli spazi e dall’accidentalità degli scorsi paesag- gistici, ricavandone una piacevole sensa- zione nel camminare ed esplorare lo spa- zio urbano.

Attraverso il senso della vista si decodi- ficano i segni architettonici, i margini, i nodi di collegamento tra i percorsi, fis- sando nella mente punti di riferimento

iconografici di un determinato luogo e che contribuiscono all’elaborazione degli spazi.

La percezione avviene quindi attraverso una serie di processi cognitivi, che pre- vedono un’interazione tra il soggetto e gli stimoli ambientali che lo circondano, determinando una valutazione estetica dello spazio esterno.

La psicologia ambientale prende in con- siderazione tutta una serie di fattori psi- cologici e cognitivi, oltre a quello legato strettamente alla percezione visiva, che influenzano la valutazione qualitativa dell’ambiente esterno.

Il confort psicologico di un soggetto fru- itore di uno spazio urbano aperto è lega- to alla leggibilità, come ha rilevato Kevin

Lynch[27], ovvero anche ad una particola-

re conformazione dello spazio urbano,

[27] K. LynCh, L’immagine della città, Marsilio editori, Padova 1971

103 che favorisce l’orientamento, che da sen-

sazioni di sicurezza, la capacità di poter comprendere un luogo ed orientare le proprie scelte. La mappa cognitiva elabo- rata dal fruitore rappresenta un modello spaziale, che negli studi di Lynch può es- sere strutturata in maniera gerarchica, attraverso percorsi e nodi, landmark, margini, limiti e barriere.

La leggibilità di un luogo è sicuramente un indicatore di confort e benessere per il soggetto che, potendosi orientare nello spazio urbano aperto può sperimentare sensazioni positive. Si pensi di contro alla sensazione negativa sperimentata in luo- ghi in cui non ci si orienta, nei quali non si capisce dove ci si trovi, che può arrivare al disagio ed anche alla frustrazione. D’altra parte, se è vero che vengono pre- feriti i luoghi che consentano una facile interpretazione dell’ambiente circostan- te, leggibilità, gli individui trovano attra-

enti quei luoghi in cui è possibile ottenere

informazioni aggiuntive tramite l’esplo- razione, il mistero, e dove si possa trovare facile rifugio.

È il motivo per il quale certe piazze trop- po grandi rispetto alle funzioni diventino luoghi deserti, dove la gente non si ri- conosce, non frequenta, non usa. Certe piazze invece più piccole, più irregolari sono frequentate e vissute dalla popola- zione, dove questa trova il proprio ango- letto, il punto dove poter sostare, che sia una panchina o i gradini di una fontana o sotto gli alberi di un’aiuola.

Ci sono inoltre diversi studi, anche con- dotti attraverso sperimentazioni empi- riche e statistiche, che dimostrano come certi luoghi, che hanno presenza di alberi e vegetazione, siano preferiti dalle per- sone, a prescindere dalla conformazione spaziale degli edifici.

Sono anche preferiti i luoghi legati all’i- dentità storica, dove gli elementi stili- stici dell’architettura sono riconoscibili,

ovvero luoghi che abbiano comunque una chiara identità visiva; sono prefe- riti spazi che hanno una conformazione spaziale comprensibile, sia dal punto di vista estetico che funzionale, come i luoghi dove incontrarsi, sedersi assiste- re ad eventi.

La percezione rappresenta lo strumento attraverso il quale è possibile assegnare ad un territorio l’attributo di paesaggio. Allo stesso tempo, all’interno di un più ampio processo cognitivo, la percezione si definisce come il momento di raccolta, tramite i sensi, degli innumerevoli dati provenienti dallo spazio esterno, al fine di ottenere, successivamente, un livello di conoscenza tale da permettere una personale interpretazione dell’oggetto di osservazione.

All’interno di questo processo di indi- viduazione del territorio, lo sguardo, la memoria e la capacità di decodificazio- ne di segni rappresentano gli strumenti

104 essenziali, al fine di individuare trame di

coerenza e rapporti di senso tra le diffe- renti componenti fisiche e/o immateriali che costituiscono il sistema paesaggio. La percezione quindi si presenta come il medium attraverso il quale il paesaggio viene decodificato, e può essere descritta parallelamente come strumento efficace nell’individuazione di tutti quei valori po- tenziali che permangono, in maniera più o meno evidente, al di sotto dell’immagine apparente che il territorio rimanda.

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Comprendere e percepire il paesaggio

“Sia gli architetti che il pubblico dovreb- bero considerare gli edifici dal punto di vista del loro effetto su tutta la città. […] Gli architetti dovrebbero essere educati a pensare per prima cosa al modo in cui

i loro edifici si inseriranno nell’ambiente esistente. L’armonia e l’unità che legano gli edifici e li fondono in un tutto unico sono elementi di tale importanza che dovrebbe-

ro avere la precedenza“ [28] Il paesaggio, esito di fenomeni naturali e di rapporti secolari tra le comunità in- sediate e il contesto ambientale, viene percepito in primo luogo visivamente, secondo modalità che definiscono i valo- ri estetici e condizionano le altre forme percettive.

[28] r. UnwIn, La pratica della progettazione urbana,

traduzione di Antonietta Mazza, il Saggiatore, Milano

1971

Il territorio non è solo il frutto di un’inces- sante interazione tra uomo ed ambiente naturale, ma costituisce un’importante risorsa economica, ecologica e sociale, che coinvolge una grande diversità di fe- nomeni, configurazioni, qualità e valori del luogo.

È necessario sottolineare l’importante ruolo che un’idonea lettura ed una accu- rata interpretazione dei valori naturali, culturali e storici del territorio possono svolgere nei luoghi definiti critici.

Se il paesaggio, come afferma Beguin François, è “un patrimonio di immagini con- divise che può fondere una identità omoge- nea”, esso diviene “la cartina di tornasole”

dei valori, del degrado e dei problemi del territorio.

La lettura visiva del paesaggio diviene quindi uno strumento di analisi essenzia- le, capace di cogliere le specificità del ter- ritorio, di mettere in luce le potenzialità e

106 L’analisi percettiva del paesaggio proce-

de per scomposizione e classificazione degli elementi, i quali sono considerati

invarianti o punti fermi, da escludere da

qualsiasi progetto di trasformazione o modificazione oppure elementi variabili

o artificiali, che invece ne modificano l’a-

spetto.

La trasformazione del paesaggio da par- te dell’uomo è un fattore strettamente correlato al suo sviluppo civile. Ad un pa- esaggio naturale, non modificato dall’in- tervento dell’uomo, si è quindi andato a sovrapporre un paesaggio antropizzato, funzione invece delle diverse esigenze di sviluppo.

Paesaggi periurbani, collinari e pianeg- gianti si sono modificati e stanno mu- tando secondo modalità non sempre complementari, quindi uno studio visi- vo-percettivo ed estetico del paesaggio può stabilire l’utilità della rappresenta- zione del reale e la decodificazione dei

segni dell’antropizzato.

Si tratta in sostanza di fornire un’inter- pretazione critica e valutativa del luogo, analizzando ed intuendo il senso di com- plessità ed i delicati equilibri che coesi- stono nel paesaggio.

Prendendo a prestito la teoria di Kevin Lynch sulla percezione visiva e la configu- razione del luogo, è possibile fornire sem- pre nella chiave di lettura del paesaggio, una coerenza nella forma dei valori natu- rali e artificiali.

Sempre secondo l’autore è possibile indi- viduare determinati elementi che colla- borano a dare l’immagine pubblica della città, che è a sua volta formata dalla so- vrapposizione di molte immagini indivi- duali.

Egli individua nei percorsi, nei margini, nei quartieri, nei nodi e nei riferimenti i fattori determinanti nell’individuazione e

percezione del territorio[29].

Questi elementi sono organizzati e re- lazionati tra loro all’interno del disegno urbano; si formeranno così dei complessi che verranno percepiti come un tutto dai cittadini.

Le immagini che si creano possono essere distinte in base alle loro qualità struttu- rali, ossia il modo in cui le parti sono di- sposte ed interrelazionate.

Si avranno quindi immagini disunite in cui gli elementi sono sciolti, senza relazioni (le più deboli), immagini in cui gli elementi sono connessi da una direzione generale, o ancora in modo tenue e flessibile o, infi- ne, elementi collocati in una struttura ri- gida, con parti fortemente legate tra loro (l’immagine più forte).

L’obiettivo è quello di considerare la città esistente come un dato di fatto, un punto

[29] K. LynCh, l’immagine della città, Marsilio editori, Padova 1971

107 di partenza del quale capire ed analizzare

come si è formata l’immagine, dedurre i le interazioni, gli scambi, gli equilibri, i punti di forza e quelli deboli che caratterizzano il paesaggio.

Considerando che la peculiarità dell’ar- chitettura è quella di creare dei luoghi, dei vuoti nei quali gli uomini si muovono e vivono, la cui qualità è data dai pieni che li formano, emerge come l’obiettivo sia soprattutto quello di capire come questi pieni qualificano il vuoto e come lo stesso vuoto sia percepito.

Riprendendo a tal proposito le parole di Bruno Zevi, “L’esperienza spaziale dell’ar- chitettura si prolunga nella città, […] do- vunque l’opera dell’uomo ha limitato dei “vuoti”, ha cioè creato degli spazi racchiu- si. […] tutto lo spazio urbanistico, tutto ciò che è limitato visualmente da cortine, siano esse opere murarie o filari di alberi o fon- dali, è caratterizzato dagli stessi elementi che caratterizzano lo spazio architettoni- co. […] ogni edificio collabora alla creazio- ne di due spazi: gli spazi interni, definiti compiutamente dall’opera architettonica,

e gli spazi esterni, o urbanistici, racchiusi entro quell’opera e le altre attigue. Allora, è evidente che tutti quei temi che abbiamo escluso dall’architettonica vera e propria […] e particolarmente le facciate degli edifi- ci, tutti rientrano in giuoco nella formazione degli spazi urbanistici. […] ciò che interessa è la loro funzione come determinanti di uno spazio racchiuso.” [30]

[30] b. ZeVI, Saper vedere l’architettura. Saggio sull’inter-

pretazione spaziale dell’architettura, einaudi, torino 2009 I cinque elementi di Kevin Lynch: percorsi, margini quartieri, nodi e riferimenti.

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Lo Spazio Racchiuso

“Ma l’architettura non deriva da una som- ma di larghezze, lunghezze e altezze degli

elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso.” [31] Elemento centrale dell’architettura è lo

spazio, inteso sia come quello architetto-

nico (interno agli edifici) che come quello urbanistico (lo spazio aperto racchiuso nella città), e i significati che tale spazio possiede. Fondamentale è come lo spazio è concepito e quindi percepito.

Il progetto dello spazio pubblico, parten- do da elementi di percezione individua- le, deve cercare conformazioni spaziali e creazione di luoghi, nei quali ognuno pos- sa ritrovare un ambiente confortevole,

[31] b. ZeVI, Saper vedere l’architettura. Saggio sull’inter-

pretazione spaziale dell’architettura, einaudi, torino 2009

piacevole ed attrattivo.

I luoghi abitati ed utilizzati dall’uomo, mutando continuamente per adattarsi ai nuovi processi sociali ed economici, ge- nerano dentro di loro situazioni spaziali sempre nuove: edifici dismessi, spazi in- terstiziali, vuoti nati da progetti falliti o incompiuti, aree abbandonate, luoghi de- gradati.

I paesaggi che ancora oggi rappresentano realtà di pregio sono quelli che denotano un intervento equilibrato dell’uomo sugli elementi naturali; sono quelli che offrono una chiara presenza di segni storici e di nessi leggibili tra struttura e uso del suo- lo.

Quando l’osservatore non denota queste qualità allora forse questo rapporto tra uomo e natura deve ancora essere trova- to, oppure è andato a mutarsi, alterando- si, spezzandosi ed ha ribaltato l’equilibrio esistente.

Analizzando il territorio oggetto di studio

si nota ancora una volta la netta differen- za che caratterizza anche gli spazi aperti del paesaggio nelle due sponde.

Se sulla sponda destra, in Bocca di Magra, la percezione del paesaggio è nel com- plesso gradevole, diverso è invece il caso di Fiumaretta, in sponda sinistra del fiu- me.

Attraversando le strade di Bocca di Ma- gra, si percepiscono i segni che l’uomo ha lasciato nel territorio: le aree aperte de-

109 stinate alle coltivazioni, i terrazzamenti,

le aree adibite lasciate a bosco.

Negli anni però l’uomo ha saputo man- tenere un delicato equilibrio con il pae- saggio, sebbene negli ultimi 50-60 anni questa frazione abbia visto crescere l’in- teresse per la propria terra e limitato le mire della speculazione edilizia.

Infatti si trovano piccole ville o abitazio- ni indipendenti con uno o due piani fuo- riterra; il rapporto tra costruito e non è abbastanza equilibrato.

Non vi sono eccessivi spazi su terra de- stinati alle attività nautiche, come inve- ce accade nella sponda opposta. Le aree pubbliche designate a spazi aggregativi per manifestazioni o eventi si concen- trano nell’ultimo stretto tratto a ridosso della foce.

Sebbene la frazione di Bocca di Magra si sviluppi su una piccola lingua di terra ai piedi del promontorio di Montemarcello, si percepisce il carattere di piccolo bor-

go, un posto di vacanza dove passeggiare lungofiume od addentrarsi lungo i sentie- ri che scavalcano il promontorio.

Differente è invece la percezione che si avverte nella sponda opposta, in Fiuma- retta. Qui l’aggregato edilizio ha preso il sopravvento negli anni ’50-’60, successivi alla bonifica della piana.

Se da un lato ampi spazi sono stati lasciati a campi ed aree coltivate, dall’altro, dove si è insediata la popolazione, gli spazi ur- bani sono sorti quasi casualmente. Infatti non si riscontrano spazi aperti ri- volti ad attività collettive della popola- zione; esiste infatti un’unica piazza, all’in- crocio tra via Baban e via Ratti, dove la popolazione celebra eventi e si riunisce. Anche attraversando le strade ed osser- vando la spazio circostante non si notano segni od elementi caratterizzanti; la man- canza di un’identità unita ad una pianifi- cazione urbana disorganizzata influenza- no la percezione dello spazio fisico.

Nel tratto di terra che invece va dal tor- rente Bettigna fino al ponte della Co- lombiera si trovano molti spazi aperti destinati ad ospitare le numerose imbar- cazioni che nel periodo estivo rientrano nel fiume e nel mare; che siano di turisti o di pescatori, grande spazio è dedicato alle attività inerenti la nautica.

Superato invece il ponte e risalendo sem- pre più a monte il fiume si trovano anche numerose industrie nautiche che hanno contaminato con le loro macchine il pae- saggio fluviale.

Nella stretta fascia fluviale dell’abitato di Fiumaretta, dove, prima della realizzazio- ne delle arginature il contatto terra acqua non era interrotto dal muro, si poteva go- dere appieno della vista diretta sulla foce. Anche gli spazi a ridosso della sponda, non presentano una strategia, un proget- to chiaro dove si riesca a valorizzare lo spazio circostante. Giunti infatti alla fine di via del Botteghino è presente una stri-

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Qui il senso di vuoto e incompiutezza raggiunge il limite. Si tratta infatti di un ex area cantieristica lasciata in degrado, dove la vegetazione spontanea ha peso il sopravvento.

Le aree analizzate presentano differen- ze di qualità ed utilizzo ma presentano lo stesso denominatore: la mancanza di un’identità e di un nome. La presenza spesso casuale e disordinata di verde, ar- redo urbano e la mancanza di un disegno unico ed unificatore influenzano la per- cezione di questi spazi.

Si tratta infatti di luoghi inseriti nel tes- suto in modo discontinuo ed incoerente, apparendo poco accoglienti e poco signi- ficativi, sebbene siano utilizzati sia dalla popolazione locale che dai turisti nella stagione estiva. Sono non luoghi che non hanno ancora trovato il loro senso di ap- partenenza, così come il suo cittadino, che si trova a volte spaesato, non com- preso.

Proprio in questa ottica bisogna affron- tare la progettazione degli spazi che non solo miri a migliorare la qualità degli stes- si, delle attrezzature e dell’arredo urba- no ma che tenda anche a facilitare le oc- casioni di contatto e socializzazione, di conoscenza reciproca, di comprensione delle esigenze altrui e di chiarimento tra i diversi soggetti fruitori dello spazio. Non bisogna cioè dimenticare il valore sociale delle azioni di rigenerazione territoriale. scia di spazio aperto prima di toccare le

acque del fiume; subito dopo una piccola area ludica con giochi e giostre per i bam- bini.

Si giunge alla terrazza sul fiume del risto- rante “Il Pilota”, dove la vista è magnifica

e si può godere appieno l’affascinante visuale sulla foce, senza che il muro at- tuale impedisca ed interrompa la visuale. Affianco una piccola costruzione, il Circo- lo di Fiumaretta, dove gli anziani soprat- tutto amano incontrarsi per parlare e confrontarsi sul tema del giorno. Questa piccola fascia di spazio è però mal orga- nizzata. La lettura è infatti non uniforme e mal organizzata, senza considerare il brutale impatto avvenuto dopo la realiz- zazione del muro; se già prima un senso di disorganizzazione e non uniformità si intuiva, oggi la comprensione risulta an- cora più complessa.

Lo stesso accade nella vasta area vuota denominata “Labornaves”.

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I Percorsi

I percorsi sono quei “canali lungo i quali l’osservatore si muove […]. Essi possono es- sere strade, vie pedonali, linee di trasporti pubblici, canali, ferrovie”[32] ; sono fonda- mentali perché lungo essi l’osservatore guarda il territorio e questi hanno carat- teristiche tali da donargli implicitamente o no un’importanza diversa, caratteristi- che in grado di rafforzare o diminuire la sua immagine.

Tra queste vi è la loro ampiezza o la loro angustia, rapportata anche ai margini de- gli elementi che la racchiudono e la deli- neano, che siano le facciate di due edifici che la delimitano o le alberature che la fiancheggiano.

Percorrendo le strade dell’abitato di Fiu- maretta la visuale è spesso interrotta

[32] K. LynCh, L’immagine della città, Marsilio editori, Padova 1971, p.66

e delimitata dai margini degli edifici. La stessa direzione ed andamento regolare, quasi a scacchiera, rappresenta da una parte un senso di regolarità ed orienta- mento che l’osservatore percepisce at- traverso queste vie, dall’altra parte però si avverte un senso di ripetitività e quasi di anonimato.

Attraversando le strade dell’abitato non si riscontrano particolari riferimenti ar- chitettonici o elementi che si differenzino gli uni dagli altri. Queste costruzioni infat- ti risalgono tutte agli ultimi sessant’anni, nel periodo successivo alla bonifica della piana di Ameglia e di conseguenza al suo popolamento ed incremento edilizio. La visuale, sebbene la strada sia chiusa su due lati dagli edifici che vi si affacciano, non risulta tropo stretta; le costruzioni infatti arrivano a due o massimo tre pia- ni fuoriterra e le vie presentano una lar- ghezza adeguata.

Nel complesso all’interno dell’abitato cit-

tadino di Fiumaretta poche sono le strade dalle quali è possibile intuire la presenza del fiume, anche perché non si riscontra nemmeno un cambio di pendenza e quin- di non è possibile avere una maggior vi- suale ad altimetrie maggiori.

Una di queste è via Paganini, la quale in-

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