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Al margine del fiume. Progetto di riqualificazione urbana e valorizzazione ambientale alla foce del Magra

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

desteC

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile-Architettura Tesi di Laurea

a

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M

arginedel

F

iUMe

Progetto di riqualificazione urbana e valorizzazione ambientale alla foce del Magra

Laureanda Relatori

Giulia Cupini

Prof. Ing. Stefano Pagliara Arch. Enrico Bascherini

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I

ntroduzIone

I

l

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uogo

Il territorio della Valle del Magra Il fiume Magra e la sua foce Un luogo di ispirazione

l

a

S

torIa

Breve ricostruzione storica della Val di Magra Il percorso storico dell’’estuario del Magra

Due realtà in crescita: Bocca di Magra e Fiumaretta

l’u

rbanIStIca

La disciplina urbanistica sulla tematica del waterfront Gli strumenti urbanistici

Il Piano Territoriale Di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria Indicazioni del PTCP

Il Piano Territoriale Di Coordinamento della Provincia di La Spezia Indicazioni del PTCsp

Il Piano Regolatore Generale del Comune di Ameglia Indicazioni del PRG

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oMMario

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Il Piano di Gestione Rischio Alluvione dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Ap-pennino Settentrionale

Indicazioni del PGRA

Il Piano del Parco Naturale Regionale di Montemarcello Magra

Indicazioni del Piano Parco Naturale Regionale di Montemarcello Magra

l

etture

t

errItorIalI

Morfologia Infrastrutture Spazi Aperti

Spazi commerciali, turistici e pubblici La furia dell’acqua

Le basse arginature sul Magra

c

omunIcareIl

P

aeSaggIo

La percezione visiva come metodo di progetto Comprendere e percepire il paesaggio

Lo Spazio Racchiuso I Percorsi

I Margini del Fiume

59 62 66 67

71

72 75 78 81 84 86

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102 105 108 114 121

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m

etaProgetto

Alla ricerca di un’identità Oltre il margine Spazi Latenti

I

l

P

rogetto Il percorso sull’argine Sponda Destra Sponda Sinistra La pista ciclo-pedonale Gli spazi pubblici aggregativi I Parchi fluviali I Lookout Block Il Parco Fabbricotti

e

PIlogo Conclusione Ringraziamenti Bibliografia Sitografia Riferimenti normativi

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144 148 156 164 166 170 172 174

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I

ntroduzIone

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d’acqua, producendo episodi di grande interesse e di notevole successo.

L’area oggetto di studio comprende il ter-ritorio lungo la foce del fiume Magra. È proprio dove le acque dolci del fiume si mescolano a quelle salate del mare che nasce un territorio unico, capace di co-niugare l’ambiente fluviale con il paesag-gio costiero.

Negli ultimi anni questo territorio è stato vittima di difficili eventi, le alluvioni, che hanno messo a rischio il delicato equili-brio tra uomo e natura.

A causa della paura e degli effetti della forza dell’acqua sono stati necessari in-terventi di sicurezza che hanno inesora-bilmente trasformato il territorio e pur-troppo sbilanciato il delicato rapporto tra natura e costruito.

La consapevolezza che tale legame, così ricco e complesso, rappresenti un’oppor-tunità irrinunciabile nelle future strate-gie di sviluppo del territorio, sta alla base Il fiume è da sempre al centro

dell’esi-stenza dell’uomo e della maggior parte degli esseri viventi: intorno ad esso nasce la vita. Dal ghiaccio scende a valle, attra-versa ogni ambiente, lascia dietro di sé fertilità, esplodendo nell’infinita vastità del mare.

L’acqua ha intessuto per millenni una rete di rapporti strettissimi con la città, pro-prio attraverso quello spazio di interfac-cia che in letteratura è stato definito wa-terfront.

Il termine waterfront, designa in inglese propriamente lo spazio di relazione tra il fronte urbano ed un naturale corpo d’ac-qua. Come ambito di interazione tra due diversi sistemi – terra ed acqua – il water-front ha sempre avuto un enorme poten-ziale, non solo dal punto di vista edilizio ma anche in termini sociali, culturali e pa-esaggistici.

Nella parola waterfront è contenuto il termine di fronte, assimilabile alle parole

limite, bordo, soglia, da intendersi però non solo come semplice linea, ma come fascia di territorio dove si incontrano identità diverse come l’acqua e la terra-ferma.

Il secondo termine è appunto l’acqua che è sede di vita e di risorse, ma anche di mi-naccia (mareggiate, esondazioni, incur-sioni) dalle quali l’uomo si è protetto nel corso dei secoli.

In un luogo così complesso, dove convivo-no intensi e delicati equilibri, l’uomo nel tempo ha costruito edifici ed infrastrut-ture che hanno modellato e ridisegnato questo affascinante limite.

La riscoperta dell’acqua, patrimonio della collettività, come luogo di costruzione e sperimentazione di programmi, strategie ed azioni è diventata negli ultimi decenni un’occasione di sviluppo urbano, econo-mico, ambientale e sociale che accomuna numerose realtà, impegnate nella riqua-lificazione e riconversione dei loro fronti

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5 del presente lavoro di ricerca.

La tesi si inserisce, quindi, in questo com-plesso scenario tenendo conto di tutte le competenze, vincoli, vulnerabilità e criti-cità che ne scaturiscono, cercando di for-nire una risposta unitaria, dove possano trovare spazio sia la messa in sicurezza del territorio sia la tutela e salvaguardia delle bellezze naturalistiche presenti. Gli obiettivi sono quelli di ottenere una riqualificazione ambientale, intesa come fruibilità e godimento del patrimonio na-turalistico, un ripristino del rapporto tra territorio e fiume, e, allo stesso tempo, una valorizzazione, intesa come tute-la del patrimonio esistente e potenzia-mento dell’offerta culturale, garantendo maggiore fruibilità e maggiori servizi alle aree.

Se si assume che il paesaggio sul qua-le si opera è l’attuaqua-le, cioè il risultato di un intreccio tra immagine tradizionale e immagine recente, la linea di azione non

consiste nell’imitare il passato, quanto nel ritrovare nuove ragioni e nuovi equi-libri nel rapporto tra edificato e non edi-ficato, dove l’ambiente torni ad essere il primo protagonista.

Si tratta quindi di un recupero di tipo na-turalistico, un approccio progettuale che tenta di ribaltare il nuovo rapporto tra uomo e natura, tra terra ed acqua, perse-guendo quell’armonia che da secoli aveva contraddistinto questa terra.

Dall’analisi delle criticità e potenzialità dell’area è nato il progetto d’intervento che ripropone l’elemento acqua come protagonista dell’ambiente, senza nega-re gli interventi di messa in sicunega-rezza che sono stati necessari, ma assorbendoli in un’unica risposta che soddisfi e rispetti le diverse problematiche presenti nel terri-torio.

Qui la riscoperta del waterfront diventa occasione per una nuova riconfigurazio-ne dello spazio urbano e per una

riflessio-ne accurata su come l’uomo debba porsi nei confronti dell’ambiente.

Dalla progettazione quindi scaturisce un nuovo aspetto al fronte d’acqua, che riporta l’attenzione alla sua dimensione naturale, ricucendo così il legame che da secoli ha unito questo territorio al fiume.

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Il territorio della Valle del Magra

Di quella valle fu’ io litorano tra Ebro e Macra, che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano.”

Dante Alighieri, Commedia, Paradiso, IX, 88-90 La Valle del fiume Magra è una terra di confine tra Liguria e Toscana, capace di coniugare l’ambiente fluviale con il pae-saggio costiero, la pianura con la collina, le risorse naturalistiche con il patrimonio archeologico, storico-artistico.

Il suo essere luogo di passaggio e di in-contro tra genti e culture differenti ha permesso di assorbire e rielaborare nel tempo usi, costumi, architetture e sapo-ri di diversa provenienza in una sintesi di straordinaria originalità che da sempre contraddistingue questo territorio della Lunigiana, racchiuso tra colline, a ridosso

delle Apuane, bianche di marmo, dispo-ste intorno ad una vallata fertile, percor-sa dal fiume e lambita dal mare.

Una terra ricca di tradizioni, abitata dai tempi più remoti, dove i borghi, che anco-ra si perdono tanco-ra filari di vite e ulivo, con i castelli, le fortezze, le chiese, i santuari e le torri svettanti, sono la testimonian-za di una storia secolare che manifesta la complessità del suo vissuto in una facies urbanistica che fonde sapientemente An-tichità, Medioevo e modernità.

Con il termine geografico di Val di Ma-gra si intende l’area del bacino del fiume Magra e dei suoi affluenti, che in parte coincide con la Lunigiana, regione storica dell’antica diocesi di Luni.

Questa terra rappresenta un confine tra due regioni, sebbene presenti una pro-pria identità dal punto di vista storico e culturale, testimoniato dal sentimento di appartenenza della sua gente.

La struttura orografica rappresenta la

matrice fondamentale nella composizio-ne storica del popolamento e dei paesag-gi umani; è un’importante fattore regola-tore non solo dell’aspetto vegetazionale, ma ancor più di quello agrario e insedia-tivo.

La parte bassa della valle è composta da un continuum lineare di insediamenti urbani principali, che obbediscono alle regole geomorfologiche di un paesaggio ormai consolidato. Esso trae le sue origini dal disegno geologico del bacino imbrife-ro del fiume Magra, che in questo tratto scorre velocemente verso la foce con un andamento parallelo alla permanenza orografica del promontorio di Monte-marcello.

In questo modo il fiume e la sua foce fun-gono da limite, delimitando il territorio in due scenari naturali distinti: il primo in sponda destra, caratterizzato dalla pre-senza di coste fortemente incise ed aspre che da Montemarcello salgono fino alle

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Il borgo di Nicola, sullo sfondo la valle del Magra Alla foce del fiume Magra

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10 Cinque Terre, il secondo che si apre

ver-so le basse e dolci coste che interessano il territorio della Versilia.

Uno splendido scenario di vita grazie a questa fusione tra campagna, collina, montagna e mare consente di vivere a contatto con la natura caratterizzata in tutta la zona da una ricca vegetazione di faggi e castagni in montagna, vigneti, uli-vi, orti e pinete più in basso.

Il fiume Magra è elemento comune della grande varietà di paesaggi che caratteriz-za la valle: risalendone il corso da Ame-glia, antico borgo medioevale arroccato su un colle alla foce del fiume, a Pontre-moli, elegante cittadina nell’ Alta Lunigia-na, si passa dal mare alla montagna. Ameglia è la perfetta metafora della Li-guria: mare e collina sono tanto attaccati che il turista rimane sorpreso. Così Ame-glia paese sorge su una collina che domi-na la valle del Magra: il borgo antico, di stampo medievale, si sviluppa attorno al

suo castello e alla torre circolare con una stratificazione concentrica.

A due passi Fiumaretta, la cui particolari-tà è la compresenza di acque dolci e sala-te, oltre al bel litorale sabbioso e aperto, che grazie alla presenza di un vento sem-pre teso e regolare, la rende meta favo-rita degli appassionati di vela e windsurf. Come gran parte dell’area tra Marinella di Sarzana e il Magra, anche Fiumaretta era caratterizzata da paludi e acquitrini. La zona è stata bonificata nella seconda metà del XIX dalla famiglia Fabbricotti, periodo a cui risale il borgo.

La presenza di torrenti e acque dolci lo rende anche il luogo ideale per praticare canoa.

E poi Bocca di Magra, villaggio di pesca-tori, divenne nel corso del tempo una lo-calità turistica che attirò nel dopoguerra pensatori e scrittori come Montale, Pa-solini, Einaudi, Vittorini e altri. Oggi sono presenti diverse darsene per la nautica

da diporto e servizi di charter nautico. Attraversando la foce del fiume, con lo sfondo lontano delle cime bianche delle Alpi Apuane, si resta affascinati ed in-namorati di questo paesaggio, un luogo dove poter trascorrere ore piacevoli e rilassanti, apprezzando le bellezze della natura.

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Vista della sponda sinistra del fiume Vista della sponda destra del fiume Vista del borgo di Ameglia

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Il fiume Magra e la sua foce

Il fiume Magra nasce in Toscana dal mon-te Borgognone, nell’Appennino Tosco-E-miliano, creando con il suo corso la Val di Magra; giunto nel territorio ligure conflu-isce con il fiume Vara e infine sfocia con un ampio estuario nel mar Tirreno tra Bocca di Magra e Fiumaretta, dopo 62 Km di percorso.

Interessa le province di Massa Carrara e La Spezia, da Pontremoli ad Ameglia, e tutto il territorio della Lunigiana. È il ter-zo fiume toscano per superficie, con circa 1662 Kmq, dopo l’Arno e l’Ombrone e ri-ceve lungo il percorso numerosi affluenti di minore o maggior portata che nascono dall’Appennino Tosco-Emiliano, Tosco-Li-gure e dalle Alpi Apuane.

Il fiume si divide in tratto superiore, me-dio e inferiore. Nella sua parte alta, ca-ratterizzata da un regime torrentizio fino a Pontremoli, i principali affluenti sono i

torrenti Verde, Gordana, Teglia, tutti da destra. In questa prima parte, priva di inquinamento, il fiume è costeggiato da vegetazione quale ontani neri e salici di ripa. Nel suo tratto medio, tra Pontremoli e Aulla, il Magra rallenta la sua corsa per la diminuzione di dislivello. Da destra ri-ceve le acque dei torrenti Mangiola, Osca e Penolo, mentre da sinistra il Caprio, il Bagnone, il Taverone e l’Aulella con note-voli portate d’acqua. Qua la riva è popola-ta da saliceti arbustivi, mentre le terrazze alluvionali dall’ ontano nero, dal pioppo nero e dalla robinia.

La zona fluviale del fiume Magra in ter-ritorio ligure è molto diversa dalla parte alta del suo corso. Riceve le acque del suo principale affluente, il Vara, all’altezza di Bolano e Santo Stefano Magra, scorren-do poi fino al mare lentamente per 5 km e disegnando ampi meandri. L’idrografia anche qui si presenta dissimmetrica: pra-ticamente assente in destra, dove spesso

il fiume Magra erode la base dei versanti, più importante in sinistra, dove comun-que i piccoli torrenti quali Calcandola e l’Amola hanno portate generalmente scarse, presentando il loro greto asciutto per lunghi periodi. Nonostante la vasta piana sia intensamente coltivata e sfrut-tata, conserva interessanti ambienti ac-quitrinosi, laghetti e stagni.

Zone umide importanti, ideali per la ni-dificazione e la sosta di numerose spe-cie di volatili. Le rive sono ricche di salici, ripaiolo e rosso, e pioppi, con l’euforbia dolce, il lamiastro, il geranio nodoso e il biancospino; mentre dove l’acqua scorre più lenta si sviluppano piante acquatiche e palustri come il millefoglio d’acqua, il coltellaccio, la lisca maggiore e la lisca a foglie strette.

Il basso Magra, dalla confluenza del Vara alla foce, è caratterizzato dall’assetto pianeggiante, nel quale trasporto e so-prattutto sedimentazione vanno via via

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prevalendo sulla capacità d’asporto. È il tratto di pianura per eccellenza che però non giova di stazioni meteorologi-che e soprattutto idrologimeteorologi-che particolar-mente diffuse (essenzialparticolar-mente quella di Sarzana), perciò è più difficilmente carat-terizzabile. In esso il Magra non riceve più affluenti naturali di grande bacino, ad ec-cezione del torrente Calcandola (kmq 20 circa), e di altri, ancora minori, per lo più largamente artificiali e in parte connessi alle opere e agli interventi di bonifica del-le aree paludose, a suo tempo caratteriz-zanti tutto l’ambito della piana terminale e costiera pertinenziale. È certamente uno dei tratti storicamente più condizio-nati e modificati dalla presenza dell’uomo nel corso degli anni.

Il fiume, giunto al termine del suo percor-so sfocia infine con un ampio estuario tra Bocca di Magra e Fiumaretta. L’estuario è inteso come quei luoghi dove i fiumi si ri-uniscono al mare e sono sottoposti

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di canali navigabili e il prelievo eccessivo di acque di falda, hanno provocato l’e-stensione dell’area estuariale che è risa-lita lungo il corso del fiume dando luogo a profonde modificazioni delle condizioni idrologiche, fisiche, chimiche e biologi-che.

I tratti terminali dei fiumi rivestono una grande importanza sia dal punto di vista socio-economico sia da quello ecologi-co. Queste aree di interfaccia tra fiume e mare vengono utilizzate dall’uomo per attività turistiche ed industriali e nello stesso tempo offrono ospitalità a nume-rose specie che vi trovano un habitat ide-ale per la nutrizione e per la riproduzione. In questi ultimi decenni hanno gravato su queste aree una moltitudine di interessi che vanno dall’escavazione in alveo all’in-sediamento industriale, dalle attività tu-ristiche allo scarico di acque reflue. Così interessi molteplici ed esigenze d’u-so diverse si d’u-sono d’u-sovrapposte e, accom-fluenza delle maree, formando una zona

di transizione tra le acque dolci fluviali e le acque salate marine ove queste si me-scolano. Un estuario, come definito da Cameron e Pritchard è “un corpo d’acqua semichiuso e litoraneo in comunicazione con il mare aperto nel quale l’acqua marina è in fase di mescolamento con l’acqua pro-veniente dal drenaggio del continente [1]”. Questa definizione può essere applicata, oltre che a baie, canali, golfi e porti, anche ai tratti terminali dei fiumi, come il Magra. I fiumi che sfociano nel Mar Tirreno hanno generalmente un estuario che si estende in mare o, per un tratto limitato, all’interno del fiume.

Nel caso del fiume Magra però, l’antro-pizzazione e, in particolare le escavazioni per l’estrazione di inerti o la costruzione

[1] M. AbbAte, V. DAMIAnI, Studio ambientale del

fiu-me Magra: esempio di un approccio fiu-metodologico e speri-mentale per la salvaguardia dell’ambiente fluviale, enea, La

Spezia 1989

pagnate anche da una cattiva gestione, portando inevitabilmente alla compro-missione dell’ambiente fluviale e ripario e delle aree adiacenti.

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Un luogo di ispirazione

Lungo il pendio del monte Caprione, sul-la riva destra del Magra, dove il fiume si confonde con il mare, sono conservati i resti di una villa marittima romana che si affacciava sull’antico Portus Lunae, godendo della delizia e piacevolezza dei paesaggi marino e collinare, racchiusi dal cerchio roccioso delle Alpi Apuane, bian-che di marmi. L’antica residenza estiva in bellissima posizione, era strutturata su più terrazze degradanti verso il mare, ospitò probabilmente i poeti Stazio e Per-sio che ne cantarono la bellezza.

“...Per me ora è tiepida la spiaggia ligure e sverno lungo il mio mare, dove gli sco-gli formano un lungo argine e la spiaggia

si interna in curva profonda. “Il Porto di Luna venite a visitare, o cittadini, ne vale la

pena”, Ennio lo consiglia…”

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17 I poeti, fin dall’antichità, cantano il loro

amore e la loro nostalgia per questi luo-ghi della costa ligure, lontani dal clamore e dalla folla, adagiati nella mitezza de-gli inverni, immersi nell’ombrosità della macchia mediterranea e riscaldati dalla vasta solarità marina; anche Dante Ali-ghieri viaggiò per queste strade nel 1306, quando nelle vesti del ghibellin fuggiasco

cercò rifugio nel Monastero del Corvo. Bocca di Magra, è stata luogo di incontro per scrittori e intellettuali come Eugenio Montale, che vi giunse verso la fine degli anni ‘20, con il commediografo carrarese Cesare Vico Lodovici.

Egli dedicò a Bocca di Magra un racconto

La casa sul Magra e la poesia Il ritorno, in

cui è nominato il barcaiolo Duilio, che tra-ghettava la gente dall’una all’altra riva del fiume, quando ancora non c’era il ponte a collegarle [2].

[2] Il ponte della Colombiera verrà costruito nel 1961

Vista di Ortonovo dal basso

Nelle acque del mare Attività Alla foce del Magra Tramonto alla foce del fiume

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Fiumaretta, la Società degli Amici di Bocca di Magra.

Tale società si proponeva la tutela del pa-esaggio e dei territori di Ameglia e frazio-ni dalla speculazione edilizia, sulla falsa-riga di Italia Nostra fondata nel 1955 ad opera, tra gli altri, dello scrittore Bassani, passato anch’egli a Bocca di Magra.

Il consiglio direttivo della Società era formato da illustri scrittori quali Giulio Einaudi, Luigi Biso, Nicola Chiaromonte, Franco Fortini, Giorgio Piccardi, Vittorio Sereni, Hans Deichmann, Vittorio Korach e tanti altri, ma risultavano circa ottan-ta i membri firmaottan-tari, tra cui Iottan-talo Calvi-no, Mary Mc Carthy, Valentino Bompia-ni, Guido Piovene, Mario Soldati, Harry Craig ed Elio Vittorini. Si ritrovavano per le riunioni alla Residenza Gli Olivi, di

pro-prietà di Luigi Biso e di Idina Fabbricotti,[3]

[3] Ultima discendente di una famiglia di industriali del marmo, che possedeva numerose proprietà nell’ambito del territorio, in seguito acquistati dal Monte dei Paschi

Nella nitidezza delle lunghe giornate, Bocca di Magra trasmette l’idea della frontiera geografica e fisica ma anche mentale. Qui la penisola italiana è al pun-to di svolta: le montagne non si gettano più nel mare e questo spazio vitale di pia-nura marittima infonde una certa tran-quillità d’animo.

Per questo Bocca di Magra è stata il più incredibile buen retiro intellettuale

italia-no per un lungo periodo che va dal dopo-guerra alla fine degli anni settanta, come spiega il poeta Vittorio Sereni nella poe-sia Un posto di vacanza:

“Un fiume negro – aveva promesso l’amico – / un bel fiume negro d’America. /Questo era il dato invogliante. Opulento a fine cor-sa / pachidermico / in certe ore di calma. / Era in principio solo canne / polverose e, dalla foce, mare da carboniere...”

Negli anni ‘60 si costituì ad opera di scrit-tori, poeti e intellettuali che venivano in vacanza abitualmente a Bocca di Magra e

definito da Sereni una sorta di genius loci. La signora Idina custodisce ancora gelo-samente un libro delle firme degli illustri amici che sceglievano Bocca di Magra, perchè ancora selvaggia e meno mondana della Versilia o delle Riviere liguri. Come recitava lo Statuto della loro Società, oc-correva “favorire un più ordinato sviluppo economico e sociale di questa parte del nostro paese” ed “informare l’opinione pub-blica dei pericoli che gli interessi speculativi di forti gruppi finanziari possono far correre ad uno dei più bei luoghi dell’alto Tirreno [4]”. Celebre e la poesia Un posto di vacanza di

Vittorio Sereni, che descrive la Bocca di Magra del 1951; il componimento, evoca uno spazio vissuto e non pietrificato in un’immagine statica, puramente descrit-tiva, con un po’ di rimpianto per come era

di Siena quando i Fabbricotti fallirono

[4] M. MoreLLI, testo tratto dal sito Pro Loco foce

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19 Bocca di Magra prima, senza tutte quelle

barche e la gente giunta in massa. Lo stes-so passaggio dall’una all’altra riva prima non era percepito come qualcosa di ordi-nario, ma “sembrava comportare una deci-sione importante, significativa; e anche più, un rituale, un sortilegio, quasi si trattasse del trapasso da un mondo a un mondo di-verso”.

In generale tutte queste presenze hanno fatto sì che in breve tempo si formasse una leggenda sul posto, come di un cen-tro di vacanza per intellettuali, in realtà niente di più lontano dall’atteggiamento, dallo stato d’animo e dal modo di vivere dei suddetti, che cercavano non la villeg-giatura mondana, ma piuttosto la quiete e l’isolamento nell’eccentricità relativa sia geografica che topografica del posto. Questa località è stata da sempre partico-larmente amata da poeti e scrittori e per questo eletta a rifugio, a luogo dell’anima per la bellezza assoluta del paesaggio.

Ancora nei versi di Franco Fortini, che dalla sua casa sopra Bocca di Magra, sulle pendici boscose del Montemarcello, au-spicava che “i vostri occhi potessero vedere / questo cielo sereno che si è aperto, / la calma delle tegole, la dedizione / del rivo d’acqua che si scalda”, rimandando ad un

dopo quello che deve essere detto, poi-ché all’istante sarebbe bastato guardare

“la bella curva dell’oleandro, / i lampi della magnolia”.

Striscia di confine tra Toscana e Liguria, un vero e proprio punto di vista sulla vita dove gli elementi naturali, fiume, mare, montagna, sembrano alludere e rifran-gere gli umani destini, il loro compiersi e mutarsi.

Visitando questo piccolo paese, si resta affascinati dall’aspetto così naturale del luogo, rimasto quasi intatto, nonostante lo sviluppo delle attività umane, che si sono mescolate al lento scorrere del fiu-me.

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Il porticciolo a Bocca di Magra Vista della foce del fiume da Montemarcello

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Breve ricostruzione storica della Valle del Magra

Il tratto di pianura dove il fiume Magra incontra il mare è sempre stato teatro di molteplici frequentazioni: culture diffe-renti per storia e tradizioni; nei secoli, si sono sovrapposte ed hanno permeato il territorio con i segni del loro passaggio. Il Magra è un fiume antico, conosciuto già dall’antichità ai tempi dei Greci e Romani, da scrittori, poeti e geografi, poiché sulle sue rive è stata impressa l’orma dei gran-di che hanno fatto la storia: forse Anniba-le, o celebri consoli romani, forse Rotari, e imperatori, papi, re di ogni epoca.

È un fiume che collega, unisce e divide. Unisce i Liguri Apuani, unisce in momenti determinanti della storia gli uomini della Diocesi e del Comitato di Luni. Divide le province romane, divide ancora oggi un territorio complesso geograficamente, con promontori rocciosi da un lato ed

estese pianure dall’altro, divide i liguri dai toscani, “ Di quella valle fu’ io litorano tra Ebro e Macra, che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano [5]”, come ricorda Dante, ripreso da Fazio degli Uberti là dove si legge “Da questo fiume Toscana in-comincia che cade in mare dal monte del Corbo [6]”.

Dalle ville e dai poggi che sovrastano oggi Bocca di Magra, la piana di Luni preroma-na e romapreroma-na si espande, suggestiva nelle riscoperte rovine, assediate da ogni parte da un’edificazione quasi selvaggia, opera contradditoria dell’uomo civile, precedu-ta qua e là, specie verso le colline da abi-tanti meno moderni, sottosabi-tanti ai bor-ghi e ai Castelli di Nicola, di Ortonovo, di Castelnuovo, di Sarzanello, di Fosdinovo e più ad occidente di Falcinello e di

Pon-[5] D. ALIghIerI, La Divina Commedia, Paradiso, canto IX, v. 89-90

[6] F. degli Uberti, Dittamondo, cap. VI, v. 14-15

zano.

Alle spalle della foce si stende l’alto pro-montorio di Montemarcello e, più sotto, Ameglia, ma soprattutto la non lontana Punta Corvo, con il suo cenobio di Santa Croce, dove Dante, secondo un’accredi-tata tradizione fondata sulla famosa let-tera di Frate Ilario, “era giunto a cercare pace nel fascino di una solitudine che gli molcesse per breve spazio di tempo le acer-be cure [7]” .

In queste terre esistono numerose testi-monianze monumentali dell’occupazione umana tardo-preistorica dell’area lunen-se, consistenti in alcuni reperti antropo-morfi di tipo megalitico tra i più significa-tivi ed omogenei. Si tratta di statue-stele (o statue-menhirs), simili a come sono state ritrovate in Spagna, Francia, Svizze-ra, Corsica, Romania, Bulgari e Russia.

[7] F. battolini, et altri, La Magra: viaggio all’interno di

una valle: storia, cultura, tradizioni, notizie, Lunaria

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25

Rappresentazione foce del Magra nel Medioevo

Rappresentazione foce del Magra nel Medioevo

Si ritiene che il culto delle statue-stele sia cominciato alla fine del neolitico e si sia diffuso nell’età del bronzo, con un ritorno nell’età del ferro; a tali epoche si può far risalire l’umanizzazione, probabilmente celto-emiliana di questo territorio.

Il corpus delle statue-stele della

Lunigia-na si articola in uLunigia-na gamma di esemplari che via via si allontanano dalla stele per diventare sempre più figura umana, in un arco di tempo che arriva alle soglie del-la colonizzazione romana. Un passaggio significativo dal simbolismo al realismo che, al di là dei valori artistici, rappresen-ta profonde divergenze etnico-culturali. A questi primi abitatori seguono i Ligu-ri Apuani, o da questi deLigu-rivano, quando scompare il nomadismo, e si formano le prime residenze stabili sulle alture. Nei castellari costruiti ai fini della difesa, sul-le brevi terrazze alluvionali, iniziano una forma embrionale di agricoltura.

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cau-26 sa delle loro ostinate lotte contro la

colo-nizzazione romana.

Nel periodo romano classico l’aspetto geologico di Bocca di Magra doveva es-sere ben diverso da quello attuale: non doveva esistere tutto il terreno golenale che adesso ostruisce l’estuario del fiume. Probabilmente il mare doveva internarsi per un certo tratto fra il promontorio di Montemarcello e le prime alture collinari di Sarzana, formando quella insenatura sulla quale nel 177 a.C. i romani forma-rono Luni, colonia nota al mondo romano

[8], cardine strategico contro le superstiti

resistenze degli Apuani, ma soprattutto porto commerciale e presidio importante

[8] “Lunam coloni eodem anno duo milia civium

Roma-norum sunt deducta,.. et singula iugera et semisses agri in singulos dati sunt; de Ligure is ager erat; etruscorum ante quam ligurum fuerat”- Livio, XVI, 13- traduzione “nello stesso anno duemila coloni cittadini romani sono trasferiti a Luni,... a ciascuno è dato un ingero e mezzo di terreno; que-sto territorio era ligure e prima era stato etrusco”, tratto da

P.Marchi, La Spezia e la foce del Magra, Sagep editrice, genova 1978

della grande viabilità romana.

Dedotta la colonia, i Romani provvidero alla centuriazione del territorio circo-stante e il porto accrebbe il suo ruolo, al servizio dell’importante città di Luni, ma anche e soprattutto come scalo commer-ciale, specialmente per quel marmo trat-to dai monti “dove ronca lo carrarese che di sotto alberga [9]” e, secondo i versi del poeta Alighieri, dove Aronte aveva dimo-ra. Ma Luni era importante anche come stazione interna della via di mare verso Genova, la Gallia la Spagna.

All’esterno di questo presidio militare operano certamente le componenti di una salda economia rurale che, median-te la costruzione di strade, ponti e canali, mediante la legalizzazione della proprietà privata, fanno il massimo uso delle risor-se naturali. L’organizzazione territoriale è

[9] D. ALIghIerI, La Divina Commedia, inferno, canto XX, v. 47-48

la migliore arma per vincere la resisten-za dei Liguri che si arroccano sulle alture sfruttando esclusivamente la pastorizia ed una limitata agricoltura.

La Val di Magra è oggetto di attenzione e riferimenti non soltanto di Dante, che forse vi scrive i versi meravigliosi e strug-genti dell’”ora che volge il desio… e intene-risce il core, quando si ode squilla di lontano mentre il giorno muore [10]”.

Luni romana, magnificata dai poeti; Luni cristiana, sede di una delle più antiche e più importanti diocesi; Luni medievale, che dà il nome ad un vasto territorio, già almeno in parte compreso nel Municipio, poi nella Diocesi, infine nel Comitato di Luni: il nome della Lunigiana.

Centro fondamentale ancora con i Bizan-tini, perno per la difesa della “Maritima”

contro l’invasione dei Longobardi,

atte-[10] Forse alighieri allude alle campane di Sarzana. D. ALIghIerI, La Divina Commedia, Purgatorio, canto VIII, v. 47-48

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27

Resti dell’anfiteatro dell’antica Luni

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28 stati dal 568 sugli Appennini, nel

lucche-se e in Versilia. Nel 643 il longobardo Ro-tari travolge definitivamente la struttura bizantina nella “Provincia Marittima”; Con

Liutprando la regione passa al ducato longobardo di Lucca. Luni è ancora fer-vida di vita all’epoca di Gregorio Magno (fine VI sec., principio VII sec.) e tenuta saldamente dai bizantini anche dopo l’in-vasione longobarda.

La varietà dei contatti fra le diverse po-polazioni, che si era venuta manifestando nella società tardo romana, subisce una brusca contrazione e si esaspera il frazio-namento dei gruppi etnici: gli invasori bi-zantini, al contrario dei romani, adottano il genere strategico della difesa. In questo periodo cominciano a sorgere i castelli o costruzioni, riunite come sedi materiali dell’accentramento dei poteri politico, economico, di comunicazione didattica e religiosa.

Il complesso abitato è costantemente

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29 separato dal castello rimanendo sempre

rigida la distinzione fra classe militare bi-zantina, monopolizzatrice dell’uso delle armi, e popolazione locale dedita all’agri-coltura. Tutta l’organizzazione territoria-le diviene funzione di un sistema difensi-vo e dell’approdo militare di Luni.

Alla classe militare bizantina si debbo-no le torri e i primi castelli, costruzioni di ispirazione orientale, intorno alle cui mura si arrocano le fragili abitazioni con-tadine ed artigiane.

La funzione militare del castello, con i suoi apparati (maschi, pusterle) è tuttavia

poco attiva in Lunigiana.

Anche se sorge una fitta rete di castelli, ciò sta a solo significare la volontà auto-nomistica, anche di piccole comunità, e la necessità di gravitare intorno ad un polo attivatore di piccoli commerci.

Qui ha origine la successiva tendenza del-le comunità a fondere del-le mura del castello con la cinta cittadina, sino a far diventa-re, in tempi più recenti, il margine dell’a-bitato, una continua palazzata a guisa di cinta muraria. Il castello diviene così bor-go munito, la corte si allaccia più stretta-mente alla popolazione generando quel microcosmo sociale chiuso e compatto, frequentissimo nella Lunigiana altome-dievale.

Luni accentua una decadenza già rilevabi-le, ma ancora quasi indistinta, poco prima della caduta dell’Impero Romano d’Occi-dente. Soffre assedi, soffre devastazioni, compresa quella che storia e leggenda hanno amplificato, dovuta ai Normanni

Ricostruzione dell’antica colonia di Luni

che l’avrebbero scambiata per Roma. Intanto le paludi avanzano con la malaria e gli edifici sontuosi soffrono un abban-dono, cui non sarà posto rimedio né nel periodo carolingio né nei periodi succes-sivi, sino a costringere il Vescovo, che già altrove, a Carrara, a Ameglia, aveva posto la sua provvisoria dimora, a sugellare il distacco da Luni nel 1204 e a scegliere Sarzana come sede della chiesa lunense. Luni decadeva e si avviava a scomparire come centro abitato, ma le sue rovine continueranno ad attestare la sua impor-tanza nella storia civile, politica ed ec-clesiastica: e intorno a Luni, altri reperti, come quelli di Ameglia, contribuiranno a confermare come su quel sito fosse stata stampata un’orma d’uomo fin dalla prei-storia e dai primordi dell’umanità, e poi nei millenni e nei secoli che si sono suc-ceduti.

I Vescovi di Luni, a cominciare dal 900, avevano ricevuto riconoscimenti dei loro

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30 possessi e dei loro diritti con diplomi di re

e d’imperatori, fino ad unire alla loro qua-lifica di capi religiosi quella di conti. Quei vescovi-conti di Luni erano protesi al do-minio nel temporale su tutto il territorio della diocesi nel bel mezzo dell’età feu-dale, ma contrastati in quel disegno dagli Obertenghi, soprattutto dai Malaspina, oltre che da minori schiatte feudali, come appare dalla pace di Lucca del 1124, ri-guardante principalmente la contesa per il Monte Caprione.

La lotta per il predominio nel comitato andrà avanti con alterna fortuna e non pochi dei domini minori si schiereranno con i vescovi di Luni.

Le paci ricorrenti scandiscono i tempi e le pause della cruenta contesa, la pace del 1202 particolarmente; e poi l’orgoglio-so tentativo di riscossa vescovile della seconda metà del ‘200, personificato in Enrico da Fucecchio, sotto il quale vengo-no raccolti importantissimi documenti in

quello che è noto come Codice Pelavici-no[11].

E così, sino alla pace che prende il nome da Dante, procuratore dei Malaspina, concordata a Sarzana e a Castelnuovo, dove infine nel 1306 trova suggello in un atto notarile: ma è una pace diversa, la tensione è giunta al suo termine, i Ma-laspina appaiono definitivamente vitto-riosi, vittoriosi sul Vescovo e sui domini minori costretti al loro servizio o a scom-parire dalla storia. Neppure i Malaspina però assolveranno ad un ruolo unificante. Il controllo di questo territorio, della valle solcata dal fiume Magra, appariva indispensabile per gli scopi commercia-li e micommercia-litari, e quindi pocommercia-litici, a Genova, Pisa, Lucca, Firenze già prima ma poi

so-[11] È il più importante monumento di storia lunigia-nese ed uno dei più antichi e meglio conservati “liber jurium” del medioevo. in esso si trovano atti giudiziari, carte di procura, carte di vendita e di locazione, obbli-gazioni ed alienazioni di immobili che appartengono ai vescovi del tempo.

prattutto con il sorgere e il consolidarsi dei liberi Comuni, generalmente sotto l’impulso delle vecchie aristocrazie più dinamiche ma poi particolarmente dei ceti imprenditoriali e mercantili, che ave-vano esteso un loro stato sub-regionale, avevano assunto e portato a compimen-to quel disegno unificante Luni, Sarzana, Pontremoli in Lunigiana non erano riusci-ti a conseguire.

Alla foce della Magra, morto il porto an-tico di Luni, le funzioni portuali perma-nevano in quello che venne denominato il porto di Ameglia e, come ci documenta il Codice Pelavicino, il porto di San Mau-rizio, il quale assolse per secoli a una non secondaria funzione come scalo di mer-ci, milizie e pellegrini da e per la Liguria Orientale, prima dell’ascesa di Lerici. Genova tende ad estendere la propria in-gerenza su tutte le terre della bassa Val di Magra, contrastando lucchesi, pisani, e fiorentini. I giochi politici appaiono

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con-31

Cartografia foce Ercole Spina 1592

fusi in questi decenni, finchè nella secon-da metà del XVI secolo tutto il territorio apparterrà alla Repubblica genovese. Il declino di questa potenza però si va ac-centuando nel corso del secolo XVIII; si evidenzia quindi il suo distacco dai terri-tori di frontiera, come Ameglia, Sarzana e la valle del Magra, sino a quando nel periodo napoleonico il territorio in esa-me sarà incluso nella Repubblica

Demo-cratica Ligure e poi nell’Impero Francese, per divenire, con la Restaurazione, lembo dello Stato Sardo.

Il paese tuttavia progredisce, l’aumento anagrafico è costante per due secoli; il territorio, come per il passato, continua a produrre olio, vino e “squisite pasture per i greggi [12]” come dice il Repetti, in collina e inoltre vino, biade e lino in pianura, as-sieme ai prodotti della pesca e dei pascoli oltre Magra.

Nell’anno 1811 con il Decreto del 6 giugno, vengono stabiliti i confini con i Comuni di Sarzana, Castelnuovo e Or-tonovo. Dell’anno successivo è invece il

“Plan cadastral parcellaire de la Comune d’Ameglia”, che è certamente la più

anti-ca esistente anti-carta anti-catastale del territo-rio del Comune di Ameglia. Da questo si rilevano i percorsi che collegano i centri

[12] e. rePetti, Dizionario storico, geografico e fisico

della Toscana, Firenze 1839

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32 di allora: Ameglia, Montemarcello,

Tel-laro; la strada che da Sarzana termina al Canal Grande per comunicare con il Pog-gio; un’altra strada che prosegue lungo il canale, attraversa la “Maestà” e prosegue

per la foce Magra con il nome di “Chemin de S. Croix”.

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33

Il percorso storico dell’’estuario del Ma-gra

Le variazioni morfologiche che hanno in-teressato la foce del Fiume Magra e l’evo-luzione della cosiddetta Piana Lunense sono tutt’oggi oggetto di studio; infatti, per quanto siano stati utili i ritrovamen-ti archeologici nell’area, ancora difficile risulta capire con precisione l’esatta col-locazione del Portus Lunae.

La descrizione dei luoghi fatta da Tolo-meo nella sua Geografia, fece ritenere a molti studiosi che il porto di Luni dovesse essere identificato con il vicino Golfo del-la Spezia.

Oggi è largamente accettata un’altra ipo-tesi e cioè che il porto lunense si trovasse vicino alla città, in prossimità della foce del Fiume Magra. I numerosi interroga-tivi nascono anche a causa della diversa morfologia attuale del territorio rispetto a quella descritta dagli antichi scrittori

romani.

Secondo alcuni studi all’incirca 10.000 anni fa il livello del mare in corrisponden-za della riva lunense era di 7-8 metri più basso dell’attuale, e l’ultimo tratto del corso del Magra scorreva attraverso una piana formata da depositi ciottoloso-sab-biosi che partivano dai piedi delle colline di sinistra e, in modo più distanziato ri-spetto ad oggi, dal promontorio di Punta Bianca. Intorno al 2000 a.C. il livello del mare si innalzò fino a superare di 4 me-tri quello attuale; in questo modo il mare si era insinuato nella pianura ed aveva creato nella parte alta un’area paludosa. Nel corso del I millennio a.C., il livello del mare regredì nuovamente e si determinò così un’estensione della piana alluvionale con la formazione di barre sabbiose che chiudevano in parte il golfo; Nel I sec. a.C. l’estuario del Magra si affacciava su un’in-senatura, di ampie dimensioni, che arri-vava fino all’attuale Sarzana.

I depositi trasportati dal Magra crearono una barra di sabbia, seguente una dire-zione est-ovest, cioè verso l’estuario del Magra, così da disegnare un’insenatura, presente nella toponomastica medioe-vale col nome di Seccagna, affiancata da aree paludose, come si nota anche da una carta del 1592 disegnata dal geografo e cartografo Ercole Spina. Nel documento sono ben evidenti la conformazione della foce del fiume e una lingua di terra che si protende in mare a partire dal limite me-ridionale della città.

Molti studiosi quindi ipotizzano che sia proprio in quest’ansa che i romani fonda-rono l’antico Portus Lunae.

Se infatti si osserva una cartina strada-le, si può pensare che l’area dove oggi è situata la pianura posta a valle dell’auto-strada, fosse un tempo sotto il livello del mare, oggi tombata dagli apporti del fiu-me, individuabile nel sito oggi occupato dal materasso fluviale del cosiddetto

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Pia-34

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35

Della Spina de Mailly con “Le due riviere di Genova con i lori confini”, incisione su

rame del 1697. Addirittura più grande (arriva fino al Carrione, nome moderno no di Ameglia.

Altri invece propongono una tesi diffe-rente[13], a ciò indotti dall’osservazione di

alcune carte topografiche del 1600, ‘700, ‘800 dalle quali si apprende che alla foce del fiume c’era un’isola di ragguardevoli dimensioni. In ordine di tempo infatti si trova un’incisione su rame, datata 1685 e firmata dall’ingegnere militare Joseph Chafrion, dove si evidenzia che, alla foce del Magra, c’era un grande banco di sab-bia coperto forse da vegetazione. Analo-ga informazione è proposta da Chafrion e di D. De Rossi con un’altra incisione su rame stampata a Roma nel 1697 e intito-lata “La Liguria, Stato della Repubblica di Genova”.

Della presenza di una grandissima iso-la, un’isola che arrivava fino alla foce del Parmignola, è data notizia anche da L.

[13] g. rAgnettI, Luna, una misteriosa città romana

nel Golfo di La Spezia, Luna editore, La Spezia 2007 Cartografia Storica, Autorità di Bacino del fiume Magra

dell’Avenza, cioè a Marina di Carrara) è l’isola disegnata dall’ingegner Le Rouge stampata nel 1747 a Parigi con il titolo

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36 meridionale del fiume poteva benissimo

lambire le mura di Luni.

Del canto suo nel 1753 il celebre carto-grafo Matteo Vinzoni collocava due gran-di isole nel tratto terminale del Magra, una di seguito all’altra con l’aggiunta di alcuni stagni costieri; sulla sponda sini-stra, avendo le rovine di Luni alquanto lontane, segnalava le vestigia della chiesa di San Maurizio.

Fino all’altezza di Avenza arriva pure l’i-sola riportata sulla “Carta topografica degli Stati della Repubblica di Genova” del

medesimo Joseph Chafrion (si presume postuma) e di A. Dury, incisione su rame impressa a Londra nel 1764. Ferdinando Morozzi nel 1775 disegnava un’isola nel-la incisione su rame “Carta della provin-cia della Lunigiana”, mentre una ventina

di anni più tardi (1796-1803) l’ingegner colonello Giacomo Brusco nella carta in-titolata “Litorale, Golfi e Porti di Genova misurati trigonomicamente dal colonello

Brusco...” segnava un’isola che si

estende-va fino a Marinella.

Ancora un’isola alla foce appariva nella carta numero 32, “Marinella” della

raccol-ta dei Rilevamenti eseguiti nella riviera di levante dagli Ufficiali del corpo di Sta-to Maggiore per la Sta-topografia degli Stati Sardi, lavoro datato 1829; nello stesso periodo, più o meno, il capitano Muletti e il maggior Riccio nella Riduzione per la carta topografica degli Stati sardi scala 1:50.000 vi ponevano un’isola abbastan-za grande e un inedito isolotto più fora-neo; isola e isoletta che compaiono anche nel 1849 nella “Carta topografica del golfo di La Spezia” della Commissione

D’Arcol-liers, estratta dalla Carta topografica del Regio Corpo di Stato Maggiore.

Lungo il litorale poi, vi erano lagune e sta-gni costieri che in teoria potevano funge-re da bacino di collegamento fra Luni e mare. Inoltre un vasto lago, che si inoltra nell’entroterra fino all’altezza di Nicola,

con un canale che lo tiene a contatto col mare, è riportato nel 1613 da Gio. Anto-nio Mangini nella carta “Riviera di Genova di Levante”.

Nel 1664 Cornelise Joan Blaev nella carta “Dominio fiorentino” stampata ad

Amsterdam disegna un lago, ponendolo all’incirca nella zona di Luni.

Un lago collegato al mare sorgeva invece nella piana di Marinella secondo un’inci-sione su rame di N. De Fer intitolata “Par-tie de la Haunte Lombardie ou sont remar-quez les Etats possedez par la Maison des Fiesque”, incisione su rame.

Anche nei lavori del cartografo Giuseppe Allegrini, “Carta della provincia della Lu-nigiana” del 1759, si notano lagune di

di-screte dimensioni, così come in quelle di Bartolomeo Ratto, in “Il golfo della Spezia”

del 1782.

Questi documenti, che abbracciano un arco di tempo abbastanza ampio, testi-moniano come in quei secoli giunto in

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37

Schema evolutivo dell’estuario del Magra 1. Magra 10000 anni fa

2. Magra 2000 a.C. 3. Magra 1000 a.C. 4. Magra 1200 d..C. 5. Magra oggi

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38 prossimità del mare, il corso del Magra,

all’altezza dell’attuale Cafaggio, bifor-casse con un ramo che lambiva nel modo d’oggi il Caprione, e l’altro che spingeva verso Ortonovo.

Nulla quindi vieta di pensare che un as-setto analogo potesse presentare il fiume anche in epoche antecedenti la venuta di Cristo e che pertanto un eventuale villag-gio ligure e la successiva colonia di Luni potessero sorgere in sponda sinistra del ramo meridionale del Magra, una dirama-zione secondaria idonea comunque per essere usata come porto per i commerci minuti della città.

Ciò spiegherebbe la rapidità con la quale si suppone sia avvenuto l’interramento dell’uno e dell’altro scalo, e avvalorereb-be appieno il lavoro dello stesso Tolomeo che nella Tabula Sexta pone Luni già di-stante dalla foce del fiume.

L’esistenza dell’isola anche in epoche ro-mane è certificata da Repetti il quale nel

suo Dizionario alla voce “Ameglia” citava

Camisano, o Camixanum: “…Corte che

sparì con l’isola in cui esisteva alla foce del fiume Magra nella comunità di Ameglia [14]”. Dunque se l’isola esisteva nel 1800, ed esisteva nel Mille, per molti studiosi si può presumere che esistesse perfino al tempo della conquista romana. Al di là delle varie ipotesi, quel che è certo è che la morfologia del territorio in esame è ab-bastanza recente.

Nei secoli successivi un massiccio appor-to di detriti da parte del Magra deter-minò la chiusura completa della laguna, dirigendo la foce sempre più verso ovest; inoltre i movimenti orogenetici hanno determinato il sollevamento della dorsa-le appenninica, generando l’attuadorsa-le mor-fologia del territorio.

Questa progressione della terraferma si

[14] e. rePetti, Dizionario storico, geografico e fisico

della Toscana, volume i, Firenze 1839, p. 317

protrasse fino a metà ‘800, mentre a par-tire dal 1878 circa (anno a parpar-tire dal qua-le si dispone di cartografie topografiche sufficientemente dettagliate), iniziò una tendenza inversa, cioè una progressiva erosione con conseguente arretramento della linea di costa ad est dell’estuario. L’arretramento decresce progressiva-mente procedendo verso Sud-Est, fino ad annullarsi in prossimità della foce del Torrente Parmignola, seguito da un leg-gero avanzamento sino al porto di Mari-na di Carrara. Studiosi come Raggi e San-soni attribuiscono questo fenomeno sia a

cause globali, come l’innalzamento del li-vello del mare legato a variazioni climati-che, sia a fattori antropici, quali variazio-ni dell’uso del suolo a scala di bacino che l’escavazione dei sedimenti dagli alvei. Quest’ultime infatti, oltre all’effetto di-retto di abbassamento del fondo degli alvei fluviali, comportano una subsidenza della pianura per l’abbassamento della

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39 superficie freatica.

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Due realtà in crescita: Bocca di Magra e Fiumaretta

Bocca di Magra, luogo alla foce del fiume ed ai piedi del monte Caprione, è cono-sciuto già dall’epoca romana e ne sono testimonianza i resti di una villa del I - IV secolo a.C., situata all’estremità del borgo attuale. Nasce come villaggio di pescato-ri, e si trova sulla riva destra dell’omoni-mo fiume, proprio di fronte a Fiumaretta. Nei primi anni dell’Ottocento, scesero a popolare Bocca di Magra gli abitati dei borghi limitrofi, di Ameglia in particola-re[15].

Un certo traffico alla foce non era mai mancato, ed è possibile documentarlo

[15] Prima di allora (vedi repetti nel dizionario storico, geografico e fisico della toscana) bocca di Magra era soltanto uno “scalo e ricovero opportuno ai piccoli navigli

allorchè i venti contrari e le traversie impedivano loro di su-perare il vicino promontorio del Corvo per entrare nel golfo della Spezia”.

almeno dal 1728 , in cui si andava “que-stuando alle barche esistenti in questo Ma-gra per avere, fave et altro dalli padroni di detti vascelli [16]”.

C’è anche un documento del 22 marzo 1787[17] : “Navicello toscano viene a Bocca

di Magra con formaggio, riso ed altro per diversi”.

A partire dalla seconda metà dell’Otto-cento diviene, non solo un semplice scalo e un riparo per le piccole imbarcazioni, ma evolve in porto per i “marmaioli”, cioè

per quei velieri che trasportavano il mar-mo verso Genova, la Corsica, la Francia e la Spagna.

Si presume quindi che alla fine dell’800, Bocca di Magra avesse già assunto un suo carattere di villaggio alquanto popolato che vive soprattutto di pesca, ma anche

[16] registro dell’amministrazione 1695-1794- arch. Parrocchiale ameglia, e. SILVeStrI, Ameglia nella storia

della Lunigiana, ameglia 1991, p. 281

[17] Ibidem

di attività agricolo-pastorali, e particolar-mente di quella attività terziaria sempre più richiesta dal traffico crescente sul fiume, che si apre ai navicelli, destinati al trasporto dei marmi di Carrara. In que-sti anni si assiste ad una ripresa del ter-ritorio verso quelle funzioni dell’antico

Portus Lunae, che era appunto quella di

attracco anche per le navi onerarie desti-nate al trasporto dei marmi lunensi il cui carico avveniva presso l’Avenza.

Al trasporto di marmo si affiancò col tem-po quello della sabbia, inviata verso gli al-tri porti liguri, fino ad arrivare all’odierna trasformazione in un accogliente portic-ciolo da diporto e rimessaggio per yachts e splendide barche a vela.

Nel 1855 Carlo Fabbricotti acquista gran parte dei terreni oltre Magra e buona parte di Bocca di Magra, precisamente le pertinenze dell’antico convento di S.

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Cro-41

Fiumaretta, 1952 Traghetto che collegava le due sponde del fiume

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bricotti poiché egli diceva che le alluvioni

“aggiungendo limo a limo, l’avrebbero anco-ra elevato e reso più fertile [19]”.

Il figlio Carlo Andrea invece mette ano all’opera che sarà terminata in tre anni. Circonda la bassura con un argine, fian-cheggiato da un largo fosso esterno per raccogliere le acque provenienti dall’alto; quindi apre un canale collettore lungo 2 chilometri e largo 3 metri che, passando a mezzo di un sifone, sotto il vecchio corso del torrente Minale, scarica le acque del-la zona bonificata nel Magra.

Il diretto afflusso nel Minale doveva es-sere evitato perché quel torrente, dopo alcuni giri tortuosi andava a gettarsi in mare dove spesso era ostruito dalle ma-reggiate che procuravano rotture di argi-ni ed allagamenti.

Il Fabbricotti provvide anche a

raddriz-[19] e. SILVeStrI, Ameglia nella storia della Lunigiana, ameglia 1991, p. 289

ce, con l’aggiunta del Fortino[18] , ceduto dalla Marina Militare, e della Sanità dal

Demanio.

A partire da Carlo, per poi seguire le sue orme il figlio Carlo Andrea, inizia un lavo-ro di bonifica del territorio, soprattutto del Piano di Ameglia, che permetterà il sorgere di questa frazione che, nel giro di 50 anni, diventerà Fiumaretta.

Il drenaggio razionale con canali colletto-ri e di media portata, l’apertura di strade campestri, favoriscono un primo insedia-mento di coloni nelle case appositamente costruite dal Fabbricotti, che si distin-guono per l’eccesso del marmo che vi si ritrova.

I 70 ettari della Seccagna, o Padule, più bassi ed acquitrinosi della restante parte del territorio già bonificato, erano stati volutamente trascurati dal vecchio

Fab-[18] Punto di partenza del cavo telegrafico sottoma-rino per la Corsica

zare il corso del torrente in questione, mediante un canale di 1200 metri, largo 6 con 2 metri di profondità, che si immet-teva nel Bettigna.

L’area prima paludosa fu poi divisa in ta-volate opportunamente servite da fossi secondari. Furono costruiti anche 7 chi-lometri di strade e un altro fosso di circa 700 metri per scaricare nel Magra le ac-que di oltre argine.

Quindi negli anni immediatamente suc-cessivi alla bonifica iniziano a fiorire nuo-vi insediamenti nella sponda sinistra del Magra, che per tanto anni verrà chiamato semplicemente Piano di Ameglia, fino al 1959, quando l’Amministrazione Civica delibera di battezzarlo Fiumaretta. La fine del secolo e i primi del ‘900 regi-strano quindi l’inizio dei due insediamen-ti alla foce del Magra, desinsediamen-tinainsediamen-ti a diventa-re importantissimi centri della comunità amegliese.

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Il Castello Fabbricotti ed in basso il Monastero di Santa Croce, 1926 Bocca di Magra, Villa Fabbricotti in alto

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Gli elementi fondamentali emersi a cui prestare attenzione in questa fase sono principalmente il rapporto che intercor-re tra città e ambiente e il rapporto tra la città da riqualificare e le parti di città esistenti.

Nasce il concetto di “waterfront”, cioè di

fronti di territorio a contatto con l’acqua, di grande attualità, che coinvolge ambiti sia urbani che rurali, come città e paesi costieri e territori lungo fiumi e canali. Nella parola waterfront è contenuto il termine di fronte, assimilabile alle parole limite, bordo, soglia, da intendersi però non solo come semplice linea, ma come fascia di territorio dove si incontrano identità diverse come l’acqua e la terra-ferma. Il secondo termine è appunto l’ac-qua che è sede di vita e di risorse, ma an-che di minaccia (mareggiate, esondazioni, incursioni) dalle quali l’uomo si è protetto nel corso dei secoli.

In un luogo così complesso, l’uomo nel

tempo ha costruito edifici e infrastrut-ture che hanno modellato e ridisegnato questo affascinante limite.

Gli interventi di pianificazione più recenti hanno quindi perseguito l’obiettivo di av-viare dei processi di riqualificazione ad un territorio più vasto, rivolgendosi a quella fascia di costa interessata dall’affaccio della città sull’acqua e dalle connessioni infrastrutturali e funzionali con i tessuti urbani adiacenti.

Le aree in esame infatti costituiscono una rete di luoghi e funzioni, di collegamenti e ricuciture tra costa e città, tra parchi e attività urbane; non sono zone chiuse, bensì perimetri permeabili e multiformi. Le attuali strategie di pianificazione ten-dono principalmente ad innescare pro-cessi di rilancio economico della città che si rapportano con l’elemento acqua. Il concetto di “facciata urbana” sul mare che ha accompagnato la pianificazione degli anni precedenti, è, infatti, ormai

uf-La disciplina urbanistica sulla tematica del waterfront

“Negli ultimi decenni l’urbanistica con-temporanea è stata dominata dal tema dello sviluppo urbano, non più inteso come semplice espansione della città nel terri-torio in termini di dimensione e quantità, ma come ricerca di una rinnovata qualità urbana, attualmente considerata

l’obbiet-tivo fondamentale da perseguire sia negli interventi di nuova pianificazione che in quelli di recupero e riqualificazione

dell’esi-stente [20]”. Il dibattito sullo sviluppo e sulla riqualifi-cazione urbana ha favorito l’emergere di alcuni aspetti che sono alla base dei nuovi indirizzi della pianificazione urbana.

[20] l. Fonti, Porti – Città – Territori. Processi di

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47 ficialmente cambiato, e se prima la

ten-denza formale era di edificare volumi che conferissero alla città una “maschera” di alto livello economico, oggi le soluzioni progettuali adottate per le fasce costie-re del waterfront urbano pcostie-rediligono la valorizzazione dell’aspetto naturalistico e sociale, grazie ad una maggiore consa-pevolezza del valore sia del paesaggio co-stiero che di quello prettamente urbano. Ad oggi l’urbanistica contemporanea ha ufficialmente riconosciuto la necessità di considerare nuovamente il waterfront come elemento fortemente costitutivo dell’organismo urbano a cui appartiene, superando il semplice ambito di margi-ne del contesto urbano. Il limite costiero conferisce infatti al contesto un caratte-re fortemente identitario sotto diversi aspetti (storico, funzionale, morfologico ecc…) che non può essere tralasciato a margine nelle strategie sia di riqualifica-zione dell’esistente sia di nuova

urbaniz-zazione. Parallelamente la presenza della costa non è più intesa come semplice limi-te fisico all’urbanizzazione, ma anch’essa ha assunto un ruolo connotativo, sia nel quadro della composizione del paesaggio urbano sia in quello dell’organizzazione spaziale dei tessuti e delle funzioni. La pianificazione attuale punta quindi, a li-vello strategico proprio sul tema dell’in-tegrazione tra i diversi ambiti in gioco -città costa e territorio- al fine di ottene-re un valoottene-re qualitativo sia sulla tutela del patrimonio del contesto, sia nei processi di recupero e di riqualificazione.

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Gli strumenti urbanistici

Gli Enti ricadenti nell’area di interesse sono molto numerosi: ciò ha fra le varie conseguenze anche quella di un eleva-to numero di strumenti di pianificazione territoriale di vari livelli, redatti a vario titolo da diversi Enti. Oltre al Piano Terri-toriale di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria (PTCP), il Piano Territo-riale di Coordinamento della Provincia di La Spezia (PTCsp), il Piano Regolato-re Generale del Comunale di Ameglia (PRG), si trovano altri due piani di enti sovraordinati: il Piano di Bacino interre-gionale del fiume Magra (PAI) ed il Piano del Parco di Montemarcello Magra. Spes-so, inoltre, questi strumenti sono redatti indipendentemente l’uno dall’altro e se-guono iter di adozione e approvazione fra loro sovrapposti.

Si trovano diversi regimi vincolistici adot-tati dalle varie aree protette, che in

misu-ra variabile ricadono all’interno dell’area considerata, il Parco Regionale di Mon-temarcello-Magra, siti SIC, d’importanza comunitaria e SIR, d’importanza regiona-le. Parte di tali aree è inserita nell’ambito della Fascia di riassetto fluviale.

L’azione conduttrice, dalla grande scale regionale fino a quella piccola comunale, è la qualità del paesaggio e dell’ambiente, intesa come patrimonio da conversare e valorizzare.

Attualmente si sta compiendo uno sforzo articolato di messa in sicurezza idroge-ologica del territorio, che ha come pro-tagoniste in prima linea le Autorità di Bacino Interregionale del fiume Magra e la Regione stessa, mentre altri fattori di sicurezza territoriale sono affrontati dal-la pianificazione ambientale e daldal-la pro-grammazione di matrice sociale.

Le azioni si attuano attraverso il migliora-mento del paesaggio a livello territoriale, attraverso la conservazione e

qualifica-zione delle strutture insediative, dei ma-nufatti emergenti e delle configurazioni agricole e geomorfologiche a livello loca-le.

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Il Piano Territoriale Di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria

Il Piano Territoriale di Coordinamen-to Paesistico (previsCoordinamen-to dalla legge n. 431/1985) è uno strumento preposto a governare, sotto il profilo paesistico, le trasformazioni del territorio ligure. La Regione Liguria è stata la prima a dotarsi di un Piano paesistico: adottato nel 1986 e approvato nel 1990 (delibera del consi-glio regionale n.6 del 26 febbraio 1990), il PTCP è esteso all’intero territorio regio-nale.

Nel patrimonio di immagini che fissano le visioni più suggestive del paese, la Liguria ha un ruolo di primo piano. La regione si è fatta apprezzare dal mondo intero non solo attraverso lavoro, economia, ma so-prattutto per il suo paesaggio, la cui qua-lità è stata tuttavia minacciata negli ulti-mi anni.

La definizione degli obiettivi generali del

PTCP discende direttamente dall’indivi-duazione dei maggiori e più urgenti pro-blemi di ordine paesistico e ambientale. Il Piano persegue l’individuazione di si-stemi di aree ritenute idonee ad un com-plesso di usi ricreativi, affidando alla progettazione ambientale il compito di esaltarne i valori paesistici e ambientali; rispondendo a un’effettiva domanda di un uso più diversificato e consapevole del tempo libero, con nuove forme di utilizza-zione.

Altro obiettivo del Piano è quello di pre-servare e valorizzare l’identità del terri-torio, con i suoi specifici caratteri, intesi sia come caratteri del paesaggio naturale, sia come i segni che l’uomo ha impresso attraverso la storia ed hanno caratteriz-zato in modo univoco il territorio.

I modi nei quali il Piano Paesistico si pro-pone di intervenire, vanno dalla pura e semplice individuazione e tutela di quei luoghi che presentano una spiccata

iden-tità, fino allo sforzo di creare o ricostitu-ire, attraverso la progettazione consape-vole, un’identità ai luoghi ancora privi o che l’hanno perduta.

Conservazione quindi di quei caratteri naturali dotati di spiccata riconoscibi-lità, preservazione del senso dei luoghi attraverso il controllo delle destinazioni d’uso del territorio, intensificazione dei caratteri paesistici, sono i modi attraver-so i quali, ai vari livelli, il Piano Paesistico persegue gli obiettivi indicati.

Il Piano delinea quindi una ricerca di con-dizioni di crescente stabilità degli eco-sistemi, a compensazione dei fattori di fragilità determinati dall’urbanizzazione e dallo sfruttamento produttivo delle ri-sorse. Si aprono spazi sempre più grandi per conseguire nuovi equilibri tra uomo e ambiente attraverso una piena collabo-razione con la natura, una riconversione delle trasformazioni già avvenute.

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Indicazioni del PTCP

L’area di interesse risulta ricadere nell’ambito 97 “Valle Magra”. Quest’area, costituita dalla piana alluvionale e dalla porzione terminale del fiume Magra, è caratterizzata da una pluralità d’uso del suolo (residenziale, industriale, agricolo) e, in particolare presso la foce, turistico. Elementi positivi del paesaggio, oltre al fiume, sono gli antichi borghi collinari, le residue coltivazioni, in particolare nella piana, e la foce del Magra con l’attiguo arenile a pineta. Sono fonte, viceversa, di degrado ambientale le industrie, i can-tieri, le discariche, gli approdi dislocati disordinatamente. La recente espansio-ne edilizia, priva di identità, è sorta al di fuori di un disegno pianificatorio. L’am-bito, seppur dotato di elementi di pregio paesistico, presenta tuttavia sintomi di squilibrio ambientale e il sovrapporsi di attività molteplici e non pianificate.

L’indirizzo normativo è volto a consentire l’evoluzione degli attuali assetti territo-riali verso forme più organizzate, che as-sicurino, ai futuri sviluppi, livelli qualitati-vi e funzionali più adeguati al luogo. In tal senso vanno intese le ampie previsioni dì modificabilità attribuite a tutti gli aspetti quantitativi con particolare riferimento al sistema della viabilità. L’indirizzo del mantenimento degli aspetti strutturali del sistema insediativo e degli usi agricoli dei suoli è preordinato alla tutela dei pre-gevoli aspetti paesaggistici, che contrad-distinguono le parti collinari del territo-rio.

Per quanto riguarda il reticolo idrografi-co e la piana di fondovalle, il Piano pre-dilige un’azione di mantenimento per gli aspetti quantitativi, anche se già alcuni canali sono stati parzialmente modificati. Inoltre l’area è idonea ad ospitare for-me di agricoltura ad alta redditività. Per questo l’indirizzo del Piano auspica ad un

migliorabile livello qualitativo, con inter-venti innovativi locali sulla composizione delle essenze. Da privilegiare la vocazio-ne a bosco o l’idovocazio-neità a fini agricoli di tali cenosi.

La scarsa fruibilità dell’ambiente fluvia-le, concomitante al progressivo e disor-dinato consumo per finalità residenziali e produttive della corrispondente piana alluvionale, suggeriscono come azione prioritaria il rafforzamento delle qualità paesistiche e delle strutture di fruizione collegate al corso del fiume Magra.

Il principale intervento proposto riguar-da pertanto le percorrenze pedonali o escursioni a cavallo lungo il fiume, in in-tegrazione alla razionalizzazione del si-stema di aree protette sulle sue sponde. Inoltre si prevede di attrezzare il parco fluviale con strutture di maggiore inte-resse nei punti nodali come la foce e ver-so le principali localizzazioni storico-in-sediative ed archeologiche limitrofe.

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Cartografia PTCP Liguria-Ambito 97 La Valle del Magra

Il miglioramento della percorribilità e dell’accessibilità di tutta la fascia marit-tima da Marinella a Bocca di Magra si in-tegra, come condizione irrinunciabile di qualificazione paesistica, ad analoghe di-sponibilità pubbliche da sviluppare lungo tutte le sponde del fiume.

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