C APITOLO 4 S VILUPPO DELL ’ APPLICAZIONE E TEST DI USABILITÀ
4.1 C ONCETTI CHIAVE
Una volta terminato il lavoro con gli studenti, abbiamo confrontato i dati, qualitativi e quantitativi, raccolti per mezzo delle tecniche di user-centered design, con le nostre conoscenze pregresse. In questo modo abbiamo avuto la possibilità di guardare al tema dell’orientamento da un punto di vista diverso, slegato dai nostri preconcetti e più in linea con le reali necessità degli studenti di quarta e quinta superiore. Come risultato abbiamo delineato alcuni concetti chiave, sui quali si è basato lo sviluppo dell’applicazione.
La prima conclusione che abbiamo ottenuto, già introdotta nel paragrafo relativo alle funzionalità basate sulla casualità (2.6.2), è che la scelta dell’università non è un processo che possa fare affidamento solo sulla conoscenza esterna. Le informazioni che forniscono le università sulla propria offerta formativa non sono altro che il supporto ad un percorso personale dello studente, che in prima istanza deve valutare sé stesso. Deve
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imparare a conoscere le proprie aspirazioni, i propri interessi, la sua capacità di giudizio. Deve capire se ci sono campi di studio che stimolano il suo interesse al punto da influenzare la sua scelta, o se viceversa deve fare entrare in gioco altri fattori più oggettivi, come la facilità di comprensione degli argomenti o le opportunità lavorative. Il nostro compito dev’essere quello di stimolare questo processo, di spingere lo studente a farsi delle domande dandogli delle idee, dei suggerimenti, mettendogli la proverbiale pulce nell’orecchio.
Il secondo fattore importante che abbiamo individuato è un problema che abbiamo identificato come “divario percettivo”. Ci siamo messi nei panni di ragazzi di 18, 19 anni e abbiamo realizzato che c’è un grande differenza tra il modo in cui uno studente delle superiori percepisce lo studio e l’istruzione in generale, e il modo in cui questi concetti sono intesi nel mondo accademico. Per moltissimi studenti la scuola dell’obbligo è, appunto, un obbligo. Lo studio è sentito come una forzatura, e l’insegnamento come un processo a senso unico, nel quale il professore insegna e non ammette possibilità di replica. Per questo è difficile che lo studente riesca anche solo a concepire i ritmi e le modalità di insegnamento dell’università, dove sarà chiamato a organizzarsi da solo lo studio, potrà decidere se seguire o meno le lezioni, e dove i professori hanno decisamente meno conoscenza personale dei propri alunni. Questo divario fa sì che anche a livello di linguaggio scuola e università differiscano: non solo il concetto di “studio” e di “lezione” è diverso tra le due realtà, ma spesso anche a livello di contenuti uno studente può avere idee poco realistiche. Si pensi al concetto di “matematica”. Per uno studente del liceo scientifico la matematica finisce agli integrali, con il programma del quinto anno. Più o meno tutta la matematica che si studia alle scuole superiori può essere riassunta nell’insegnamento Analisi matematica I, presente in tutti i corsi di natura scientifica. Lo stesso vale per tante altre discipline, delle quali spesso non si conoscono la profondità e tutte le varie divisioni e concetti.
Crediamo che il divario percettivo possa in certi casi creare un problema di comunicazione tra l’università e i suoi futuri studenti, perché semplicemente sono abituati a parlare un linguaggio differente. Gli studenti queste differenze le imparano con il tempo, frequentando l’università, e dare per scontato che le conoscano già prima di iscriversi può avere conseguenze negative.
- 95 - Un altro fondamentale problema che abbiamo individuato può essere considerato una conseguenza dei precedenti. Lo abbiamo chiamato “mancanza di visibilità”. Basandoci sulle nostre esperienze passate ci siamo resi conto che se il percorso di orientamento non è ben indirizzato è possibile che uno studente non conosca mai il corso di Laurea più adatto alle sue esigenze. L’offerta formativa dell’Università è vasta, e non si possono conoscere uno per uno tutti i corsi, la conoscenza è anzi spesso limitata ai soli nomi dei singoli corsi, che, richiamando nella mente dello studente concetti a lui familiari, vengono usati per costruire un modello mentale. Quando si affronta il problema dell’orientamento è necessario tenere conto del fatto che gli studenti delle scuole superiori molto spesso non hanno un grande interesse a programmare il proprio futuro. Dobbiamo mettere in conto che l’esplorazione dell’offerta formativa potrebbe essere condotta con superficialità, che vedere il nome di un corso in una lista può non bastare allo studente per interessarsi ad esso. L’applicazione che vogliamo progettare potrebbe essere usata nei tempi morti, magari in spiaggia d’estate, durante il riposo che segue la maturità. Mettere a disposizione dell’utente informazioni esaustive e dettagliate non implica necessariamente che verranno consultate con la dovuta attenzione. Uno studente può trovare un corso che soddisfa vagamente le sue necessità e pensare che la sua ricerca sia giunta alla fine, che il lavoro di esplorazione sia terminato e finalmente non debba pensare più a niente che riguardi “la scuola” fino al momento dell’iscrizione. Così facendo potrebbe precludersi la possibilità di entrare in contatto con altri corsi che rispecchiano maggiormente le sue esigenze. Il nostro obiettivo dev'essere quindi anche quello di mettere davanti agli occhi dell’utente, nel modo più immediato e accessibile possibile, tutte le opzioni che corrispondono ai suoi interessi: dobbiamo spingerlo a confrontare tutte le possibilità che gli vengono fornite, a non fermarsi anche se pensa di aver trovato quella giusta, perché la chiave per una carriera universitaria felice e di successo potrebbe trovarsi proprio dietro l’angolo.