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Le ONG di cooperazione internazionale hanno avuto uno sviluppo particolarmente significativo – in tutti i paesi occidentali - a partire dagli anni ’50 e ormai rappresentano un vasto movimento civile che, a livello mondiale, mobilita decine di migliaia di operatori e di volontari. La prima occasione in cui si può parlare di presenza delle Organizzazioni Non Governative risale però al 1920. Alla fine del primo conflitto mondiale, infatti, un gruppo di volontari internazionali porta il suo aiuto alla ricostruzione di Esnes, un villaggio nel Nord della Francia, seriamente danneggiato dai bombardamenti. Dopo questa prima esperienza, Pierre Ceresole fonda la prima vera organizzazione formalmente costituita con il nome di SCI – Servizio Civile Internazionale, ancora oggi presente e attiva in diversi Paesi dell’Unione europea e del mondo. Per l’Italia bisogna attendere più di un decennio, nel 1933, per rintracciare la costituzione della prima ONG. Si tratta dell’UMMI – Unione Medico Missionaria Italiana, anch’essa ancora attiva. Le esperienze che si susseguono trovano - dopo la parentesi della seconda guerra mondiale - un definitivo rilancio con l’organizzazione del primo Congresso Mondiale degli “Organismi privati di volontariato”, essenzialmente realtà attive nella realizzazione di brevi campi di lavoro volti alla fornitura di servizi materiali, svoltosi a Parigi sotto il patrocinio dell’UNESCO (United Nation Education Science and Culture Organization) nel 1948. Al termine di questa assise, le 20 principali Organizzazioni Non Governative danno origine al primo organo di collegamento internazionale che prende il nome di CCIVS (Coordinating Committee for International

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Voluntary Service). Le decadi successive, fino al 1961, sono una continua progressione di realtà che si costituiscono per lavorare e intervenire nelle situazioni di povertà di quello che all’epoca veniva chiamato “Terzo Mondo”, quando il mondo del non governativo assume una dimensione inedita: quella del volontariato parastatale. Negli USA, infatti, l’allora Presidente J.F. Kennedy fonda i PEACE CORPS i quali, mantenendo una forte correlazione con il Congresso statunitense anche per quanto attiene alle risorse economiche e finanziarie copiosamente fornite dall’Amministrazione pubblica, diventano via via la più grande realtà di solidarietà e di volontariato internazionale. Oggi ancora fortemente attivi, i PEACE CORPS contano su un effettivo di oltre 7.000 volontari impiegati nei cinque Continenti. Questo interessamento e supporto dello Stato nei confronti delle Organizzazioni Non Governative e di Volontariato Internazionale trova anche in Italia un suo sviluppo alla fine degli anni ’60. Il sorgere di diverse realtà di ONG anche nel nostro Paese è un fenomeno che trova un riconoscimento da parte dello Stato nel 1971 quando, con l’approvazione delle Legge Pedini (legge n° 1222/71), viene concessa la possibilità di effettuare il servizio sostitutivo all’obbligo di leva ai giovani che partono volontari con una ONG. Questo è un percorso che non avrà più interruzioni. Con una serie di leggi successive, la n° 38/79 che ammette il finanziamento delle ONG per la realizzazione di progetti nei Paesi del Terzo Mondo, la legge n° 73/85 che caratterizza una svolta significativa nella storia delle ONG in Italia, e poi la legge n° 49/87 tuttora vigente, che amplia notevolmente le possibilità, i benefici e le forme di sostegno e riconoscimento delle Organizzazioni Non Governative e del personale espatriato da esse impiegato, le relazioni ed il riconoscimento di queste organizzazioni come attori importanti della cooperazione italiana che diventano una realtà consolidata del nostro Paese. La storia delle ONG italiane è molto variegata, ma in linea di massima si può affermare che, tranne rare eccezioni, tutte sono nate da esperienze concrete e si sono trasformate in aggregazioni di persone, che in vari modi erano entrate in contatto diretto con i bisogni delle popolazioni del Sud del mondo, a cui volevano cercare di rispondere, attraverso la solidarietà, la militanza, la partecipazione. In Italia, come negli altri Paesi industrializzati, la cooperazione non governativa ha assunto un ruolo fondamentale sia nei confronti della società civile che del sistema politico; tuttavia, rispetto agli altri Paesi, la cooperazione non governativa italiana presenta certe peculiarità e talune anomalie che inducono a inquadrarla nel cosiddetto “caso italiano” della cooperazione allo sviluppo. Infatti le caratteristiche della

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cooperazione non governativa italiana possono analizzarsi solo tenendo conto della storia e delle peculiarità della nostra società e della nostra politica.

Fondamentale risulta infatti il fatto che il nostro Paese è stato caratterizzato dal dopoguerra in poi dalla partitocrazia, dalla frammentazione e dalla contrapposizione ideologica e dall’assenza di vere lobbies; inoltre, alcuni fattori culturali come l’influenza della Chiesa Cattolica, il divario Nord-Sud e l’assistenzialismo incidono profondamente sulla struttura della nostra cooperazione non governativa.

La frammentarietà del panorama delle ONG, in modo particolare di quelle italiane, ha sempre suscitato esplicite critiche e accorati dibattiti tra i fautori di un necessario accorpamento in vista di un accresciuto impatto delle azioni promosse e i sostenitori della peculiarità della dimensione circoscritta e del riferimento storico territoriale delle ONG. In questa dinamica, da oltre trent’anni le Federazioni ed i Coordinamenti stabili di ONG hanno assunto in Italia ruoli progressivamente crescenti, sia per quantità che per qualità.

Accanto alle tre Federazioni che storicamente hanno raggruppato la maggioranza delle ONG di più lunga data (la FOCSIV, Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario - creata nel 1972 tra le ONG cattoliche, conta 56 membri; il COCIS, Coordinamento Organizzazioni di Cooperazione Internazionale allo Sviluppo - nato nel 1975 tra quelle laiche, annovera 28 ONG; il CIPSI, Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale - costituito nel 1983, ne raggruppa 25), più di recente - a partire dagli anni ’90 - si assiste alla creazione di forme consortili create per la realizzazione di progetti o di segmenti di attività in comune tra ONG, riferibili al modello del “consorzio di impresa”, e alla nascita di aggregazioni stabili non necessariamente con riconoscimento a livello giuridico e con obiettivi e interessi diversificati che vanno dalla messa in campo di sinergie operative all’elaborazione di posizioni condivise a livello politico, settoriale e tematico. Sembra cioè consolidarsi la tendenza a riconoscere il bisogno di dotarsi di corpi ed ambiti intermedi, sia per quanto attiene la rappresentanza e la fornitura di servizi - ambiti privilegiati dalle Federazioni - sia per ciò che riguarda l’operatività nei Paesi in via di sviluppo e in Italia. Notevole significato sul fronte della rappresentanza e dei rapporti con le istituzioni pubbliche – Ministero Affari Esteri, Unione Europea, Nazioni Unite e mondo politico istituzionale nazionale e internazionale - assume la costituzione formale, alla fine del 2000, dell’Associazione ONG Italiane. Questa realtà di terzo livello è l’evoluzione voluta dalle stesse Federazioni, che rimanendo attive sono state tra i soggetti costituenti, e dalle altre ONG non federate

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appartenenti alla precedente Assemblea Generale delle ONG Italiane, che fino dagli anni ’80 costituiva una rappresentanza unitaria dell’insieme delle Organizzazioni Non Governative. L’Associazione ONG Italiane conta oggi 164 organizzazioni socie, la quasi totalità delle ONG attive in Italia.

Le ONG possono essere classificate secondo parametri molto diversi, per esempio in base alle loro attività (alcune si occupano di finanziamento, altre svolgono attività operative o di lobbying), al loro campo di azione geografica (locale, nazionale o internazionale), alla loro costituzione (organizzazione con soci persone fisiche o associazioni), alcune sono organizzazioni confessionali, altre laiche. Altri fattori possono incidere direttamente sul funzionamento delle ONG. La dimensione – ad esempio – rappresenta una variabile particolarmente significativa a livello europeo, come pure all'interno di ciascun paese, che influenza direttamente la capacità della singola ONG di impegnarsi contemporaneamente in uno o più campi di azione.

Per quanto riguarda le origini, molte ONG sono state fondate da organizzazioni religiose. Alcune si sono sviluppate per colmare un'evidente lacuna nei programmi del governo, altre ONG sono divenute interlocutori del governo, con una partecipazione attiva alla politica decisionale e all'elaborazione delle politiche governative.

A livello legislativo la legge che in Italia disciplina la cooperazione allo sviluppo è la L. 49 del 1987. In materia di cooperazione non governativa, la legge 49 prevede alcuni punti:

Art.2 (Attività di cooperazione)

[…]

3.Nell’attività di cooperazione rientrano: […]

e) il sostegno alla realizzazione di progetti e interventi ad opera di organizzazioni non governative idonee anche tramite l'invio di volontari e di proprio personale nei paesi in via di sviluppo;

Art. 28 (Riconoscimento di idoneità delle Organizzazioni non governative)

1. Le organizzazioni non governative, che operano nel campo della cooperazione con Paesi in via di sviluppo, possono ottenere il riconoscimento di idoneità ai fini di cui all'articolo 29 con decreto del Ministro degli affari esteri, sentito il parere della Commissione per le organizzazioni non governative, di cui all'articolo 8, comma 10. Tale

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Commissione esprime pareri obbligatori anche sulle revoche di idoneità, sulle qualificazioni professionali o di mestiere e sulle modalità di selezione, formazione e perfezionamento tecnico-professionale dei volontari e degli altri cooperanti impiegati dalle organizzazioni non governative. ( La Commissione è stata soppressa ai sensi del DPR 9/5/1994, n.608)

2. L'idoneità può essere richiesta per la realizzazione di programmi a breve e medio periodo nei Paesi in via di sviluppo; per la selezione, formazione e impiego dei volontari in servizio civile; per attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni idonee per una delle suddette attività possono inoltre richiedere l'idoneità per attività di informazione e di educazione allo sviluppo.

3. Sono fatte salve le idoneità formalmente concesse dal Ministro degli affari esteri prima dell'entrata in vigore della presente legge.

4. Il riconoscimento di idoneità alle organizzazioni non governative può essere dato per uno o più settori di intervento sopra indicati, a condizione che le medesime:

a) risultino costituite ai sensi degli articoli 10, 36 e 39 del codice civile;

b) abbiano come fine istituzionale quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo in favore delle popolazioni del terzo mondo;

c) non perseguano finalità di lucro e prevedano l'obbligo di destinare ogni provento, anche derivante da attività commerciali accessorie o da altre forme di autofinanziamento, per i fini istituzionali di cui sopra;

d) non abbiano rapporti di dipendenza, da enti con finalità di lucro, né siano collegate in alcun modo agli interessi di enti pubblici o privati, italiani o stranieri aventi scopo di lucro;

e) diano adeguate garanzie in ordine alla realizzazione delle attività previste, disponendo anche delle strutture e del personale qualificato necessari;

f) documentino esperienza operativa e capacità organizzativa di almeno tre anni, in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, nel settore o nei settori per cui si richiede il riconoscimento di idoneità;

g) accettino controlli periodici all'uopo stabiliti dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo anche ai fini del mantenimento della qualifica;

h) presentino i bilanci analitici relativi all'ultimo triennio e documentino la tenuta della contabilità;

i) si obblighino alla presentazione di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in corso.

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Art. 29 (Effetti dell'idoneità)

1. Il Comitato direzionale verifica - ai fini dell'ammissione ai benefici della presente legge la conformità, ai criteri stabiliti dalla legge stessa, dei programmi e degli interventi predisposti dalle organizzazioni non governative riconosciute idonee, sentila la Commissione per le organizzazioni non governative di cui all'articolo 8, comma 10 (La Commissione è stata soppressa ai sensi del DPR 9/5/1994, n.608).

2. Alle organizzazioni su indicate possono essere concessi contributi per lo svolgimento di attività di cooperazione da loro promosse, in misura non superiore al 70 per cento dell'importo delle iniziative programmate, che deve essere integrato per la quota restante da forme autonome, dirette o indirette, di finanziamento, salvo quanto previsto agli articoli 31, comma 2-bis, e 32, comma 2-ter (Comma modificato dall’art.1 della Legge 29/8/1991 n.288). Ad esse può essere altresì affidato l'incarico di realizzare specifici programmi di cooperazione i cui oneri saranno finanziati dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo

3. Le modalità di concessione dei contributi e dei finanziamenti e la determinazione dei relativi importi sono stabilite con apposita delibera del Comitato direzionale, sentito il parere della Commissione per le organizzazioni non governative.

4. Le attività di cooperazione svolte dalle organizzazioni non governative riconosciute idonee sono da considerarsi, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale.

Le azioni delle ONG nei PVS a favore dei minori si concentrano sull’alfabetizzazione, sulla promozione sociale e sanitaria, sull’educazione primaria, sulla formazione professionale e artigianale, sul sostegno dell’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro attraverso apposite iniziative di job service e/o di sviluppo di microimprese. Sono focalizzate le problematiche dello sfruttamento del lavoro minorile, della prostituzione infantile, dell’utilizzo di bambini soldato, dei minori sottoposti alle azioni giurisdizionali e alle misure carcerarie. Alcune ONG sviluppano, inoltre, attività di sostegno e recupero dei minori non accompagnati presenti in Italia, orientandole all’integrazione o, qualora possibile, al reinserimento nei Paesi d’origine. Condividendo le direttrici fissate dalla Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo degli Affari Esteri (DGCS) nelle Linee-Guida per la Valorizzazione del Ruolo delle Donne e la Promozione di un’Ottica di Genere nell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo dell’Italia, si favorisce l’inserimento scolastico e lavorativo delle bambine e delle giovani, promuovendo le pari opportunità in contesti non sempre favorevoli all’approccio di genere.

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Per garantire una maggiore efficacia degli interventi, in ogni azione di sviluppo si presta particolare attenzione alla formazione dei formatori, nella convinzione che, per innescare processi autonomi di sviluppo, i PVS abbiano bisogno di risorse umane qualificate professionalmente e umanamente. La formazione dei quadri locali è, pertanto, presente in tutti i progetti di cooperazione delle ONG italiane non solo per valorizzare le risorse umane locali ma anche per dare sostenibilità e continuità alle azioni di sviluppo.

Sui temi della promozione e della tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti si concentra buona parte dell’attività di informazione rivolta dalle ONG all’opinione pubblica italiana, con l’utilizzo dei principali mezzi di comunicazione di massa, di Internet e la realizzazione di importanti campagne informative e di iniziative di formazione e sensibilizzazione.

Negli interventi delle ONG italiane nei PVS permane centrale la strategia orientata allo sviluppo del settore educativo/formativo, rivolta prioritariamente a un gruppo sociale target tra i più significativi: i minori d’ambo i sessi in condizione di povertà e disagio. L’aspetto educativo è riconosciuto, negli ambienti governativi e non governativi della cooperazione internazionale, come fattore centrale per la lotta alla povertà in quanto capace d’innescare non solo processi di sviluppo dei singoli e delle comunità, ma anche di opporsi all’esclusione sociale che facilita i fenomeni d’insicurezza e di tensione. In questo senso, gli interventi a favore dell’infanzia e del settore educativo costituiscono strumenti fondamentali anche nella prevenzione dei conflitti.

Per questi motivi le ONG destinano ingenti risorse e la presenza di personale adeguatamente formato (volontari e cooperanti) allo sviluppo delle condizioni dell’infanzia, nella consapevolezza che i minori rappresentano la fascia più debole della popolazione nei PVS, spesso privati del diritto fondamentale a vivere la loro infanzia e adolescenza in serenità e sicurezza, e sottoposti a privazioni fisiche e psichiche. In quest’azione si condivide l’affermazione contenuta nelle Linee Guida della Cooperazione Italiana sulla Tematica Minorile, secondo la quale investire nelle nuove generazioni è un fattore fondamentale e una condizione determinante dello sviluppo. Per questi motivi, il tema dell’infanzia e dell’adolescenza è oggetto di dibattito e confronto all’interno del vasto panorama associativo italiano: il Forum permanente del terzo settore ha redatto uno specifico Piano Infanzia facendosi portavoce delle istanze di cambiamento che riguardano, da un lato, la cooperazione allo sviluppo, dall’altro la normativa che disciplina il sostegno a distanza.

- 113 - a) una repentina riforma della Legge 49/1987;

b) la predisposizione di linee di finanziamento per tematiche sul modello dell’Unione Europea61;

c) la concretizzazione come mainstreaming delle strategie della cooperazione italiana della protezione dei diritti dell’infanzia;

d) l’approvazione di una programmazione strategica a inizio legislatura specifica sia per la cooperazione bilaterale che per quella multilaterale;

e) che il governo italiano rispetti l’impegno preso nel 2002, in sede UNGASS, di devolvere all’aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,7 % del Pil.62

Parallelamente, impegnato su questi temi, il PIDIDA - Per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza- , nato nel 2000, è un libero tavolo di confronto e coordinamento aperto a tutte le associazioni, ong, e in generale alle realtà del Terzo settore che operano per la promozione e protezione dei diritti dei minori in Italia e nel mondo.

Il PIDIDA nasce a seguito di un invito del Comitato italiano dell’Unicef verso tutte le altre realtà italiane che si occupano di infanzia e adolescenza per collaborare insieme al processo preparatorio alla Sessione Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU dedicata all’infanzia (UNGASS).

Questo organismo è stato poi reso permanente e si è dotato di un documento programmatico che le associazioni che intendono aderire devono sottoscrivere.

L’attività del PIDIDA è sostanzialmente strutturata attraverso dei Gruppi di lavoro:  Gruppo di lavoro sulla sessione speciale (UNGASS): si occupa di verificare il

rispetto di quanto sottoscritto nel documento “Un mondo a misura di bambino”;  Gruppo di lavoro sulla partecipazione:, promuove una riflessione e una formazione

degli operatori delle diverse associazioni aderenti su come favorire la partecipazione dei minori italiani nella valutazione dello stato di applicazione della Convenzione nel nostro paese, e facilitare il loro dialogo con le istituzioni;

 Gruppo di lavoro sull’approfondimento della Convenzione: promuove l’organizzazione di seminari tematici di approfondimento e l’adozione di documenti comuni sui temi collegati ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

61 L’Unione Europea, attraverso l’Ufficio Europeaid, predispone annualmente linee di finanziamento per

tematiche e per paese, rivolte sia al mondo associativo del no profit, sia alle istituzioni pubbliche (enti locali, scuole, università).

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