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La salinizzazione dell’acquifero è certamente nociva anche per la salute delle pinete. Per le pinete, come per tutte le colture è importante il franco di coltivazione, cioè quello spessore di suolo non saturo di acqua che permette alle piante di svolgere la propria attività fisiologica. Il drenaggio, dal punto di vista contingente, sarebbe la misura migliore per aumentare il franco di coltivazione e garantire la salute delle pinete. Questo sicuramente può favorire un miglioramento delle condizioni di sviluppo dei pini, però innesca una retroazione fortemente negativa sull’acquifero che finirà poi per ripercuotersi anche sulle pinete stesse. L’abbassamento della freatica tramite drenaggio, infatti, viene a togliere quel carico idraulico necessario per contrastare l’intrusione d’acqua salata.

Nelle pinete di San Vitale si sono adottate alcune misure per contrastare l’intrusione d’acqua salata come la chiusura di alcuni Chiari della Piallassa confinanti con la pineta. Tali misure, nonostante in teoria corrette, non si sono dimostrate molto efficaci dato che i piezometri in pineta, a ridosso dei Chiari, presentano valori di salinità molto vicini a quelli dell’acqua di mare. Il fatto che i Chiari d’acqua dolce non si siano dimostrati efficaci può essere imputato a diversi fattori. Il primo è che il livello d’acqua dolce nei chiari deve essere mantenuto molto sopra il livello del mare per tutto il periodo dell’anno e non solo quando vi è un surplus d’acqua dolce. Un secondo fattore è che nelle condizioni climatiche del ravennate, l’evaporazione da specchi d’acqua libera è molto intensa, soprattutto nel periodo estivo, il che contribuisce a salinizzare acque che in principio erano dolci ma che a causa del processo di concentrazione diventano più saline sprofondando verso il fondo del bacino.

Sulla base dei risultati ottenuti, però, si possono ipotizzare altri interventi per cercare di salvaguardare il benessere delle pinete e al contempo impedire la completa salinizzazione dell’acquifero freatico. Le possibilità d’intervento sono diverse ma limitate dall’alta conduttività idraulica dell’acquifero e dalla scarsa disponibilità d’acqua dolce.

Sicuramente il principale provvedimento è quello di impedire all’acqua salata di penetrare nell’entroterra risalendo lungo fiumi e canali. Questo si può fare con opportune opere di controllo del flusso d’acqua da e verso mare in prossimità delle foci (chiuse e barre di foce artificiali). Ad esempio, nel caso del fiume Lamone, sarebbe

necessario spostare di circa 3.5-4 km più a valle l’attuale diga per evitare la risalita dell’acqua salata lungo il fiume fino all’altezza delle aree naturali di Punte Alberete e San Vitale. La nuova chiusa potrebbe avere le stesse caratteristiche di quella attuale, con un salto idraulico di 1.5-2 m. Se si ipotizza il mantenimento di 1 metro di carico idraulico sopra il l.m.m., il volume dell’invaso che si verrebbe a creare tra i due sbarramenti richiederebbe una quantità d’acqua dolce limitata che non andrebbe ad intaccare le riserve d’acqua per l’agricoltura di Ravenna e creerebbe anche un gradiente idraulico per contrastare la risalita di acqua salata dal fondo. Inoltre questo tipo di intervento potrebbe essere abbinato ad arginature impermeabili contenenti setti argillosi estesi fino, o quasi, al basamento dell’acquifero da realizzare lungo il tratto terminale del fiume, dal secondo sbarramento alla foce (Fig. 9.1).

a)

b)

Fig. 9.1 – Possibile intervento lungo il fiume Lamone: a) sbarramento del corso del fiume più vicino alla foce rispetto alla situazione attuale; b) setti impermeabili lungo gli argini del tratto finale del fiume.

Attualmente lungo il tratto terminale del Lamone (lato sinistro) è stato fatto questo ultimo tipo di intervento con diaframmi plastici impermeabili costituiti da fanghi autoindurenti (acqua, bentonite, cemento in polvere) allo scopo di arginare il flusso di acqua salata dall’alveo del fiume verso i terreni (RER, 2006). In realtà questo intervento non ha completamente risolto il problema della salinizzazione perché i setti impermeabili non sono abbastanza profondi (8 m dal piano campagna).

Purtroppo questi tipi di interventi sono costosi perchè i setti impermeabili dovrebbero essere profondi, possibilmente fino al basamento dell’acquifero, per evitare l’intrusione o, almeno, allungare il più possibile il percorso di filtrazione tanto da produrre una sufficiente diminuzione della pressione idraulica.

Oltre a nuove opere di controllo è necessario mantenere la massima efficienza possibile per l’infrastruttura idraulica già presente preposta ad impedire la risalita d’acqua salata lungo i corsi d’acqua, per esempio quelli che collegano la pineta e la Piallassa e ciò non è sempre stato fatto fino ad oggi.

I chiari d’acqua dolce esistenti, una volta appurata la loro effettiva continuità idraulica con l’acquifero sottostante, dovrebbero essere continuamente riforniti con acqua dolce, proveniente dai canali di bonifica, in maniera da mantenere il carico idraulico costantemente sopra il l.m.m.. Una quota di 0.5 m s.l.m. potrebbe essere sufficiente a garantire un flusso di acqua dolce in direzione della pineta e creare un ”effetto cuscinetto” tra la Piallassa e la falda superficiale della pineta.

I sistemi di ricarica artificiale in un acquifero molto permeabile come quello della pineta di San Vitale sarebbero molto costosi, perché richiederebbero enormi quantitativi d’acqua dolce che debbono essere pompati nell’acquifero per mantenere un modesto carico idraulico.

Per esempio, si è ipotizzato uno schema di ricarica artificiale, come in Fig. 9.2, lungo il bordo est della pineta parallelo alla Piallassa e si è applicato il metodo di Neuman (Neuman, 1975) per calcolare il pompaggio ottimale e la minima distanza tra i pozzi che si dovrebbero adottare per ottenere l’abbattimento dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata fino al basamento dell’acquifero e creare, così, un’efficace barriera contro l’intrusione salina in pineta (Giambastiani et al., 2006).

Dai risultati dello studio è stato possibile concludere che un sistema di ricarica artificiale in pineta sarebbe possibile ma ad alti costi perchè i quantitativi di acqua pompata sono sensibili alla conduttività idraulica e alla distanza tra di loro dei pozzi di iniezione. Quindi, dove la conduttività idraulica è alta si necessità o di grandi quantità di acqua per avere un significativo incremento del carico idraulico (Fig. 9.3) o di un numero maggiore di pozzi più vicini tra loro. In questo caso, poi, si devono tenere in considerazione anche gli effetti della risalita della tavola d’acqua sulla vegetazione nelle aree di maggior influenza intorno ai pozzi di iniezione (circa 25 m) per evitare che il livello dell’acqua abbia effetti negativi sulla vegetazione.

Fig. 9.3 – Risultati dei calcoli per il sistema di ricarica artificiale in pozzo considerando i valori di conduttività idraulica (K) nei piezometri (PZ) n. 8, 12, 13 e 14 in pineta (Giambastiani et al., 2006). Da notare i grandi quantitativi d’acqua (Q) necessari, ad esempio nel caso del piezometro n.14, per ottenere

l’abbattimento dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata (in colore rosso nel grafico a sinistra ) fino al basamento dell’acquifero. Sempre nel grafico a sinistra, in colore blu è rappresentato l’incremento del

carico idraulico conseguente al pompaggio Q.

La soluzione ideale sarebbe la ricostituzione del cordone di dune costiere. Q uesta è una soluzione totale i cui costi sono certamente molto elevati. Rimane però indiscutibile l’importanza di preservare almeno i lembi di dune sopravvissuti.

Alla luce dei previsti cambiamenti climatici, dell’innalzamento del livello marino e della scarsità d’acqua dolce che si prospetta per i prossimi decenni, è opportuno rivalutare la potenzialità dell’ottimo acquifero costiero romagnolo. Fino ad oggi questa potenzialità è stata trascurata non considerandone il suo valore come risorsa e la sua

importanza per l’ecosistema costiero. Nel futuro, non potendo pensare di costruire altri invasi montani, la potenzialità del serbatoio costiero sarà un’ottima ragione per salvaguardare le acque dolci superficiali adottando opportune opere di protezione, cosa che sarà possibile solo con l’adattamento delle attività antropiche al contorno con i mutati scenari imposti dai cambiamenti climatici. Nonostante l’acquifero freatico costiero non sia una riserva strategica d’acqua potabile, esso è d’importanza vitale per le zone umide, l’ecosistema, l’agricoltura e la qualità dei suoli, nonché per le pinete.

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