• Non ci sono risultati.

Opere pubbliche realizzate dai concessionari di servizi pubblici

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 41-44)

L'art. 7, lett. b) del T.U.edilizia prevede l'esenzione dal permesso di costruireper le “opere pubbliche da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e opere pubbliche di interesse statale da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti ovvero da concessionari di servizio pubblico, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie, ai sensi del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 e successive modificazioni”.

La disposizione costituisce traslazione delle disposizioni richiamate nella rubrica dell'articolo, contenute rispettivamente nell'art. 81, comma 2 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nell'art. 2, comma 1 D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 e nell'art. 31, comma 3 legge 17 agosto 1942, n. 1150, così come sostituito dall'art. 10, legge 6 agosto 1967, n. 765. Nella rubrica dell'art. 7 manca peraltro il riferimento al comma 2 dell'art. 31, legge n. 1150/1942, secondo cui “per le opere da eseguire su terreni demaniali compreso il demanio marittimo, a eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all'amministrazione dei lavori pubblici, di intesa con le amministrazioni interessate e sentito il

L’accordo di programma costituisce uno strumento di semplificazione dell'azione amministrativa

3.2012

42

Comune, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono”. E tuttavia, ancorché non richiamato espressamente, l'art. 31, legge n. 1150/1942 deve sicuramente ritenersi operante, posto che esso aveva definitivamente risolto – attraverso la previsione dell'istituto dell'accertamento di conformità – il pregresso contrasto tra la tesi di chi riteneva che anche le realizzazioni edilizie di competenza dell'amministrazione dello Stato dovessero essere assoggettate a licenza edilizia e l'opposta tesi di chi escludeva tale necessità (cfr. Annunziata, “Poteri preventivi e repressivi del Sindaco ed esecuzione di opere statali”, Foro Amm. 1980, 1, 353 ss.).

Circa la nozione di aree del demanio statale, non può che farsi riferimento ai beni immobili menzionati nell'art. 822 c.c. e nelle altre disposizioni di legge disciplinanti la materia (lido del mare, spiaggia, rade, porti, fiumi, torrenti, laghi, altre acque pubbliche, opere destinate alla difesa nazionale, nonché, se appartenenti allo Stato, strade, autostrade, strade ferrate, aerodromi, acquedotti, immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico); ai terreni abbandonati dal mare (art. 942, comma 2 c.c.) e alle isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi e dei torrenti (art. 945 c.c.).

Di grande interesse, nella previsione dell'art. 7, lett. b) è – agli effetti dell'esenzione dal titolo abilitativo –

l'equiparazione dei concessionari di servizi pubblici alle amministrazioni statali. Sul punto l'unico precedente in materia era costituito dall'art. 2, comma 2 legge n. 109/1994 – come sostituito dall'art. 1, legge n. 415/1998 – che considerava "i concessionari di esercizio di infrastrutture destinate a pubblico servizio" come destinatari della disciplina-quadro dettata in materia di lavori pubblici.

L'equiparazione dei concessionari di servizi pubblici agli enti istituzionalmente competenti costituisce una novità rilevante, che sembra trascendere la stessa potestà di coordinamento della disciplina vigente,

riconosciuta al Governo dall'art. 7, legge n. 50/1999 (Rocco, in AA.VV., Testo Unico sull'edilizia, cit., sub art. 7, 115 ss.). Secondo il richiamato autore, l'intrinseca razionalità della scelta del coordinatore trova però la sua giustificazione nel fatto che il concessionario di un servizio pubblico, esercitando funzioni pubbliche, risulta già per altri versi equiparato alle amministrazioni pubbliche intese in senso stretto, così come risulta dall'art. 2 della richiamata legge n. 109/1994, che recita: “Le norme della presente legge e del regolamento di cui all'art. 3, comma 2 si applicano: ... b) ai concessionari di lavori e di servizi pubblici ed ai soggetti di cui al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158, e successive modificazioni, alle aziende speciali e ai consorzi di cui agli artt. 114, 2 e 31 del T.U. delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, alle società di cui agli artt. 113, 113-bis, 115 e 116 del citato T.U., alle società con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, che abbiano a oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati a essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza; ai predetti soggetti non si applicano gli artt. 7, 14, 18, 19, commi 2 e 2-bis, 27 e 33 della presente legge”.

Sempre secondo il richiamato autore, rientrerebbero nella previsione di cui alla lett. b) dell'art. 7 del T.U. edilizia anche le opere destinate alla difesa nazionale, per effetto dell'art. 2, D.P.R. n. 383/1994, nonché le opere relative alla realizzazione di centrali termoelettriche e di centrali elettronucleari, da parte dell'ENEL.

In ogni caso, le opere pubbliche di cui si è appena detto devono essere sottoposte ad accertamento di conformitàalla stregua della lett. b) dell'art. 7, “previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 e successive modificazioni”.

L'accertamento di conformità deve essere eseguito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – subentrato alle funzioni a suo tempo

Aree demaniali 

Dottrina



3.2012

43

esercitate dalla Direzione generale per l'urbanistica istituita presso il Ministero dei lavori pubblici con legge 13 dicembre 1965, n. 1337 – d’intesa con la Regione interessata, entro 60 giorni dalla richiesta da parte dell'amministrazione statale competente (artt. 41 e 42, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300).

Se l'accertamento di conformità risulta negativoovvero l'intesa tra Stato e Regione interessata non si perfeziona entro il termine stabilito, sarà necessario convocare una conferenza di servizi, ai sensi dell'art. 2, comma 14 legge 24 dicembre 1993, n. 537, con la partecipazione della Regione e previa deliberazione degli organi rappresentativi interessati (Comune o Comuni interessati, altre amministrazioni dello Stato ed enti comunque tenuti ad adottare atti di intesa o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni o nulla osta, previsti dalle leggi statali o regionali).

La conferenza valuterà i progetti definitivi relativi alle opere d’interesse statale, nel rispetto delle disposizioni relative ai vincoli archeologici, storici, artistici e ambientali e si esprimerà sui progetti definitivi entro 60 giorni dalla convocazione, apportando a essi, ove occorra, le opportune modifiche, senza che ciò comporti la necessità di ulteriori deliberazioni da parte del soggetto proponente. Dispone in proposito l'art. 3, comma 4, del medesimo D.P.R. n. 333/1994 che “l'approvazione dei progetti, nel caso in cui la decisione sia adottata dalla conferenza di servizi all'unanimità, sostituisce a ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nullaosta previsti da leggi statali e regionali”.

Viceversa, in mancanza di unanimità, si applicheranno le disposizioni di cui all'art. 81, comma 4 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con la conseguenza che se l'intesa non si realizzi entro 90 giorni dalla data di ricevimento da parte delle Regioni del programma di intervento e il Consiglio dei Ministri ritenga di dover procedere in conformità alla previsione degli strumenti urbanistici, si dovrà provvedere, con decreto del Presidente della Repubblica, sentita la Commissione interparlamentare per le questioni regionali, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro o dei Ministri competenti per materia (art. 81, comma 4 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).

E, dunque, l'accertamento di conformità s’intenderà acquisito positivamente o con la conclusione dell'accertamento da parte dell'organo ministeriale ovvero con la conclusione unanime della conferenza dei servizi ovvero ancora con il decreto presidenziale che recepisca la determinazione governativa di dar corso alla realizzazione dell'opera.

Le opere pubbliche comunali validate ai sensi dell'art. 47, D.P.R. n. 554/1999

Sono esentate dal permesso di costruire anche le opere pubbliche dei Comuni, deliberate dal Consiglio comunale ovvero dalla Giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi dell'art. 47, D.P.R. n. 554/1999, che recita: «prima dell’approvazione, il responsabile del procedimento procede in contraddittorio con i progettisti a verificare la conformità del progetto esecutivo alla normativa vigente ed al documento preliminare alla progettazione. In caso di appalto integrato la verifica ha a oggetto il progetto definitivo.La validazione riguarda fra l'altro:

a) la corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell'affidamento e la sottoscrizione dei documenti per l'assunzione delle rispettive responsabilità;

b) la completezza della documentazione relativa agli intervenuti accertamenti di fattibilità tecnica, amministrativa ed economica dell'intervento;

c) l'esistenza delle indagini, geologiche, geotecniche e, ove necessario, archeologiche nell'area d’intervento e la congruenza dei risultati di tali indagini con le scelte progettuali;

d) la completezza, adeguatezza e chiarezza degli elaborati progettuali, grafici, descrittivi e tecnico-economici, previsti dal regolamento;

3.2012

44

f) l'esistenza dei computi metrico-estimativi e la verifica della corrispondenza agli elaborati grafici, descrittivi ed alle prescrizioni capitolari;

g) la rispondenza delle scelte progettuali alle esigenze di manutenzione e gestione;

h) l'effettuazione della valutazione di impatto ambientale, ovvero della verifica di esclusione dalle procedure, ove prescritte; i) l'esistenza delle dichiarazioni in merito al rispetto delle prescrizioni normative, tecniche e legislative comunque applicabili al progetto;

l) l'acquisizione di tutte le approvazioni e autorizzazioni di legge, necessarie ad assicurare l'immediata cantierabilità del progetto; m) il coordinamento tra le prescrizioni del progetto e le clausole dello schema di contratto e del capitolato speciale d'appalto nonché la verifica della rispondenza di queste ai canoni della legalità».

La disposizione dell'art. 7, lett. c) T.U. ediliziatrova la sua origine nel già ricordato conflitto tra la tesi di chi riteneva di assoggettare al rilascio della concessione edilizia anche le opere di competenza comunale e la contrapposta tesi di chi riteneva che l'amministrazione comunale dovesse ritenersi esentata dai titoli abilitativi.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa aveva espresso un orientamento decisamente favorevole alla tesi della non necessità della concessione edilizia, argomentando che l'amministrazione comunale, nel momento in cui approva il progetto di un'opera pubblica, assolve anche il compito di controllare che l'opera sia conforme alla strumentazione urbanistica vigente. Si veda, in questo senso, Cons. Stato 11 aprile 1978, n. 289 e T.A.R. Veneto, 16 marzo 1985, n. 109, secondo cui l'esecuzione di un'opera pubblica comunale non esige la concessione edilizia, né i pareri cui di regola è subordinata, perché nell'approvazione del progetto gli organi comunali assolvono anche al compito di controllare che l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici, alla legge e ai regolamenti, oltre che alle esigenze dell'igiene e dell'estetica.

Di diverso avviso era però la giurisprudenza penale, per la quale la necessità del rilascio della concessione anche per le opere realizzate dall'amministrazione comunale discendeva

dall'esigenza che il Sindaco, quale soggetto responsabile del legittimo e lecito svolgersi di tutte le attività di trasformazione del territorio, controllasse – mediante apposito procedimento – la conformità alla vigente disciplina pianificatoria dell'opera, deliberata dall'organo consiliare (Cass. 19 gennaio 1984, n. 83).

Il conflitto era stato peraltro risolto dall'art. 4, comma 16 D.L. n. 398/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 493/1993, che ha sancito il principio secondo cui, per le opere pubbliche dei Comuni, la deliberazione con la quale il progetto viene approvato o l'opera autorizzata ha i medesimi effetti della concessione edilizia. I relativi progetti devono però essere corredati dalla relazione a firma di un progettista abilitato, che attesti la conformità alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesistiche.

La disposizione da ultimo richiamata è stata successivamente integrata dall'art. 47, D.P.R. n. 554/1999 – attuativo dell'art. 156, comma 4 della stessa legge – che così recita: “i certificati di pagamento e la relazione sul conto finale sono firmati dal responsabile del procedimento”.

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 41-44)