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L’ OPG di Montelupo Fiorentino

Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari OPG

1.2 L’ OPG di Montelupo Fiorentino

Il complesso dell’OPG di Montelupo Fiorentino è costituito da una maestosa villa medicea di fine ‘500, in località Ambrogiana a forma quadrata e con quattro torrioni agli angoli, comprendente anche una vasta area riservata ai giardini.

L’attuale numero di soggetti presenti negli OPG si aggira all’incirca intorno alle 1200, persone con età media intorno ai 40 anni ed in prevalenza di sesso maschile ed esaminando un campione di 150 internati possiamo individuare:

psicotici gravi: 45% circa

etilisti con deterioramento:15% circa

insufficienza mentale con disturbi psicotici: 15% circa disturbi di personalità: 25% circa

il rimanente 5% è costituito da personalità in cui non si riscontrano elementi sufficienti per un inquadramento in categorie diagnostiche codificate o con assenza di disturbi specifici.

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Gli internati, come detto già in precedenza, vengono ricoverati sulla base di criteri giuridici e criteri sanitari che portano a distinguere un reparto per gli internati provvisori ed un reparto per gli internati definitivi.

Una quota significativa di questi internati viene inviata in altri reparti riservati esclusivamente ad attività riabilitative.

Nel reparto di osservazione, caratterizzato da un elevato ricambio della popolazione carceraria sono accolte le seguenti categorie:

a) Detenuti provenienti da istituiti carcerari ordinari per un periodo di osservazione psichiatrica non superiore a 30 giorni: questa osservazione viene richiesta dall’autorità giudiziaria su proposta del personale medico del carcere quando si sospetti la presenza di un disturbo psichico

b) Soggetti con una misura di sicurezza ancora provvisoria oppure definitiva che devo per forza passare da questo reparto per le iniziali valutazioni cliniche prima di essere destinati ad altre sessioni dell’ospedale

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c) Internati già presenti in OPG in fase di riacutizzazione del loro quadro psicopatologico, che hanno bisogno di una maggiore sorveglianza per evitare eventi lesivi

Le attività che vengono svolte in questo reparto vanno da i colloqui psichiatrici e visite periodiche dei singoli internati all’individuazione del quadro diagnostico con relativa identificazione del trattamento psicofarmacologico alla gestione di episodi di riacutizzazione del quadro clinico e organizzazione delle emergenze.

In conclusione si tratta di un reparto che si caratterizza per la presenza di elevati livelli di tensione emotiva che richiedono uno stato di allerta del personale sanitario più intenso rispetto agli altri reparti.

Al reparto per gli internati provvisori vengono destinati coloro i quali la misura di sicurezza è stata applicata in via provvisoria appunto. Le attività svolte dal personale anche qui riguardano i colloqui psichiatrici e le visite periodiche dei singoli pazienti per avere un monitoraggio clinico. È, inoltre, possibile, proprio perché la popolazione di internati è più omogenea e permanente rispetto a quella del reparto di osservazione, l’avvio di un progetto risocializzante e

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riabilitativo tramite l’inserimento dei singoli internati a seconda delle condizioni che presentano, in corsi di formazione professionale.

Per quanto riguarda, invece, la strutturazione di un progetto di trattamento esterno, è possibile, in questa fase, data la non ancora ben definita posizione giuridica dei singoli internati, avviare solo dei primi contatti con i servizi psichiatrici territoriali, che dovranno poi seguire il paziente al momento della dimissione.

Il reparto per gli internati definitivi, infine, è quello addetto all’accoglienza di internati prosciolti o seminfermi con una posizione giuridica definitiva e di detenuti per infermità psichica sopravvenuta alla condanna.

Per questi internati è possibile, essendo la misura di sicurezza ormai non più soggetta ad ulteriori modifiche, l’avvio di un intervento di riabilitazione più approfondito.

Oltre alle attività previste già per gli internati provvisori è possibile avviare un programma “di sperimentazione esterna” caratterizzato da uscite dall’ OPG così strutturate: licenze orarie con volontari e personale sanitario per stemperare la tensione emotiva dovuta alla

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degenza nella struttura in questione e per testare un progressivo riadattamento del paziente alla vita esterna; altre uscite sono dedicate alla partecipazione a gruppi esterni ed all’inserimento nel mondo del lavoro.

Per quanto riguarda i programmi di reinserimento all’esterno in accordo con i servizi territoriali si intensifica la collaborazione tra operatori dell’ OPG e strutture psichiatriche in vista della futura dimissione del soggetto. In questa fase è importante un efficace collaborazione tra i due organi, che deve basarsi, essenzialmente sulla condivisione di obiettivi chiari e comuni riguardo il reinserimento futuro del paziente e su un accordo completo relativo alle modalità di trattamento del soggetto sia per quel che riguarda l’aspetto farmacologico che per quello socio-riabilitativo.

Si deve individuare la sede esterna più idonea al reinserimento del paziente, cosa il soggetto andrà a fare in tale sede e le possibilità dei servizi di continuare a seguire il paziente sia per il trattamento farmacologico che per quello riabilitativo e risocializzante.

È talvolta molto difficoltoso il rientro nel ambiente sociale, che ostacola, spesso,sia involontariamente che non il reinserimento del

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soggetto a causa del naturale ed ormai storicamente radicato processo di rifiuto che la società ha verso le follia in associazione al fatto-reato. Nell’ambito dell’ OPG c’è anche un reparto riservato essenzialmente a programmi di risocializzazione e riabilitazione interna.

Questo reparto accoglie soggetti “definitivi” cioè internati prosciolti e seminfermi con una posizione giuridica definitiva, detenuti per infermità psichica sopravvenuta alla condanna.

I soggetti in questione vengono selezionati e destinati a tale reparto solo sulla base di criteri clinici: la presenza, cioè, di disabilità psichiche residue che rimangono una volta che la fase acuta è risolta e risulta essere equilibrata già da tempo.

È su queste disabilità psichiche che l’equipe sanitaria incentra il suo principale sforzo nel tentativo di far recuperare quelle capacità psichiche che lunghi anni di malattia psichiatrica hanno affievolito. Questo recupero viene attuato ormai da circa dieci anni presso l’OPG di Montelupo Fiorentino attraverso l’organizzazione e lo svolgimento di particolari attività riabilitative, oltre a quelle già svolte nel reparto per gli internati definitivi e per i provvisori, seguendo uno schema.

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Innanzitutto, in questo reparto è prevista l’apertura continuativa delle celle dalle ore 08:00 alle 20:00.

Ciò ha reso indispensabile strutturare la vita interna alla sezione valorizzando gli spazi comuni con attività socializzanti come attività ricreative, gruppi di lettura, consumazione in comune di tutti i pasti giornalieri per tutti i giorni della settimana creando un ambiente gradevole; l’intento è quello di far si che la condivisione di questi momenti possa favorire l’aggregazione e consentire al paziente di riappropriarsi di quei gesti che rimandano alla “normalità” della vita quotidiana proprio per questo, tale spazio viene fatto gestire in massima parte dai pazienti stessi, che si preoccupano di curare l’ambiente in cui si svolgono i pasti, assemblee di reparto mensili tra gli operatori e i pazienti per discutere insieme i problemi ed avanzare proposte, programmazione di feste ed incontri da svolgersi alla presenza di volontari, elaborazione di programmi personalizzati con lo scopo di recuperare capacità perse come: igiene, cura di se stessi, del proprio ambiente (la propria stanza) e del proprio abbigliamento in modo di arrivare ad una graduale autonomia.

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Nel descrivere il modello organizzativo di un OPG, si deve, tenere conto che le principali componenti sono rappresentate, da un lato, da quella sanitaria che punta per sua formazione culturale, al trattamento ed al recupero, dall’altra, da quella penitenziaria che trova nella custodia ed un controllo rigido i suoi fondamenti.

Queste componenti sono spesso in conflitto tra loro o addirittura, difficilmente compatibili.

È, infatti problematico curare ed, al tempo stesso, limitare la libertà personale. Ciò è maggiormente vero quando curare, come nel caso degli OPG, presuppone un trattamento molto articolato che va dalla somministrazione di psicofarmaci all’adozione di strumenti psicoterapeutici di vario livello e complessità. Per questo tipo di intervento mettere la libertà personale dentro rigide normative, tipiche dell’istituzione carceraria, ostacola non poco il tentativo di recuperare e di ripristinare le capacità psichiche alterate ed i comportamenti dei soggetti ricoverati negli OPG.

La possibile soluzione da apportare a questa situazione sarebbe quella di fare in modo che tali componenti abbiano conoscenze, attitudini e motivazioni condivisibili, che, quindi, ricevano una formazione il più

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possibile uniforme, che permetta alle due parti di aver punti in contatto. Questa situazione, tuttavia, rappresenta di per sé uno dei problemi che si incontrano nell’organizzazione interna degli OPG.

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