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Diverse voci contro la smilitarizzazione e la sindacalizzazione della polizia si levarono forti e chiare già alla metà degli anni Settanta. Oltre ad alcuni partiti politici che sin dall’inizio si erano espressi in maniera contraria (destra DC, PSDI ed MSI), palesarono la propria opposizione molti degli uomini ai vertici del Corpo e dell’Amministrazione. Tra i più intransigenti oppositori vi furono alcuni alti ufficiali e funzionari di PS e – soprattutto – molti prefetti e funzionari del Ministero dell’Interno.

Le obiezioni nei confronti della riforma si fondavano sul presupposto che, una volta sindacalizzata e demilitarizzata, la polizia non avrebbe più risposto agli ordini dello Stato ma a quelli dei sindacati della Federazione unitaria o dei partiti di sinistra. La riforma fu vista in sintesi come un tentativo di indebolire la PS e di renderla meno efficiente. Prefetti, funzionari, ufficiali ed alcuni esponenti politici espressero una serie di riserve e di distinguo che andavano da una preconcetta ostilità alla riforma fino all’idea di una riforma e di una sindacalizzazione solo parziali (propugnando la nascita di un sindacato autonomo o di un’associazione nazionale senza scopi sindacali come quella dei magistrati). Le posizioni dei contrari erano abbastanza eterogenee e sfumate. Se alcuni avevano mostrato una netta ostilità a qualsiasi forma di cambiamento, altri, pur ammettendo la necessità di un riordinamento, erano contrari alla smilitarizzazione ed al sindacato. Altri ancora propendevano per mantenere parte del Corpo sotto un ordinamento militare ed erano favorevoli alla creazione di un sindacato autonomo, sganciato dalla Federazione unitaria. In ultimo vi erano quelli che, pur ammettendo la necessità di una demilitarizzazione completa, sostenevano in maniera decisa la costituzione di un sindacato autonomo. Sebbene non fossero omogenee e coordinate, nel loro insieme queste posizioni configurarono una vera e propria «ragnatela

antiriformatrice» che, oltre a rallentare il cammino della riforma, creò forti divisioni all’interno di un movimento rimasto sostanzialmente compatto fino alla fine del 19761.

Le prime riserve vennero direttamente da alcuni esponenti del mondo politico. Nel gennaio 1975, Luigi Preti, esponente di spicco del partito Socialdemocratico (tra i più attivi in senso antisindacale)2, scrisse al Presidente del Consiglio Aldo Moro esprimendo la sua preoccupazione sulle voci circolanti riguardo la smilitarizzazione e la sindacalizzazione della PS:

Ho letto sui giornali che si stanno per prendere decisioni in merito alla polizia. Sento il dovere perciò di precisarti il mio pensiero. Portare in parlamento il problema dello stato giuridico della Polizia costituisce, a mio avviso, un rischio assai pericoloso. La campagna promossa dal Corriere della Sera, dalla nota rivista Ordine Pubblico e dall’onorevole Flamigni del P.C.I. tende notoriamente a creare il sindacato dei poliziotti. A mio parere, se questo avvenisse, lo stato italiano dovrebbe rinunciare a contare su di essi, in una situazione tanto difficile come la attuale […]. Il fatto è che la sindacalizzazione delle forze di polizia provocherebbe in seno ad esse quella situazione che vi è in tanti settori della vita italiana di oggi. Un questore non potrebbe più disporre degli agenti di polizia, se non trattando con la triplice sindacale, dove le forze contestatrici hanno il peso che sai. Sorgerebbero anche tra i poliziotti i contestatori, e crollerebbe quella disciplina che è indispensabile a coloro che svolgono un servizio così importante e delicato di pubblico interesse3.

Secondo lo stesso Preti, la sindacalizzazione della polizia avrebbe rappresentato «un altro disastro» per il Paese4. Le dichiarazioni di Preti, erano del tutto in linea con quelle fatte da Belluscio in parlamento il 5 maggio del 1975: «Noi […] siamo contrari al sindacato di polizia. Noi amiamo il nostro paese e, appunto per questo, sappiamo che, nelle attuali condizioni dell'Italia, sarebbe estremamente pericoloso procedere alla politicizzazione della polizia»5.

L’esponente politico socialdemocratico non era il solo a pensarla in questi termini. Qualche tempo prima, alla fine di dicembre del 1974, un colonnello di PS

1 L’espressione “ragnatela antiriformatrice” per riferirsi all’eterogeneo schieramento che si oppose alla riforma è utilizzata in Giancarlo Lehner, Dalla parte dei poliziotti, Milano, Mazzotta, 1978, pp. 247-264. Lo stesso Franco Fedeli utilizzò immagini simili in una serie di articoli comparsi su «Nuova Polizia e Riforma dello Stato» che denunciarono costanti interferenze, opposizioni e manovre fuorvianti messe in atto contro il movimento democratico (Franco Fedeli, Polizia e democrazia, Pordenone, Studio Tesi, 1978, pp. 115-145). Sui contrari alla riforma cfr. anche Paolo Pozzesi (a cura di), Eroi senza medaglia. Uomini, idee, lotte,

speranze, delusioni e vittorie della grande battaglia per la riforma della polizia, Roma, Editoriale Nuova Polizia, 1984, passim.

2 L’on. Costantino Belluscio aveva sostituito Franco Fedeli alla guida di «Ordine Pubblico» e si era più volte espresso pubblicamente contro un sindacato di polizia vicino alla Federazione unitaria. Lehner, Dalla

parte dei poliziotti cit., pp. 256-257.

3 Lettera inviata da Luigi Preti ad Aldo Moro (ed inoltrata per conoscenza al ministro dell’Interno Luigi Gui il 25 gennaio 1975). ACS, MI GAB 1971-1975, b. 120, fasc. 11070/120/95, sott. 2.

4 Ibidem.

5 Intervento dell’on. Costantino Belluscio in Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, VI legislatura, seduta del 5 maggio 1975.

(probabilmente allarmato dalla prima riunione pubblica tenuta dal movimento all’hotel Hilton) aveva scritto al ministro dell’Interno Luigi Gui chiedendo di fare il possibile per scongiurare la riforma della PS. Smilitarizzazione e sindacato, agli occhi dell’alto ufficiale, erano pretesti per seminare il disordine tra le forze di polizia: «La smilitarizzazione e il sindacato solo farebbero il gioco di coloro che vogliono creare il caos per pescare nel torbido. […] Non permetta, onorevole Ministro, la prego, che il corpo delle guardie di P.S. si disgreghi e si sgretoli»6.

Alle voci degli ufficiali si aggiunsero quelle dei funzionari. Nell’ottobre 1975 il questore a riposo Guglielmo Di Benedetto scrisse al ministro Luigi Gui esprimendo parere favorevole ad un’associazione per i poliziotti, ma opponendosi in maniera decisa ad un sindacato, anche autonomo: «sì all’associazione di tutti gli appartenenti alle forze di Polizia, no al sindacato autonomo o aderente alla Confederazione unitaria dei sindacati dei lavoratori»7. Lo stesso funzionario mise in guardia il Ministro anche dalla possibile solidarietà che avrebbe potuto generarsi fra operai e poliziotti nel caso (poi verificatosi in occasione dello sciopero del dicembre 1977) di manifestazioni di solidarietà:

Fare scioperare gli operai per sostenere le eventuali rivendicazioni economiche e normative degli appartenenti alle forze di polizia come sostengono i sindacalisti politicizzati, significherebbe: o legare i poliziotti agli operai con vincoli di gratitudine e riconoscenza tali da indurli a fraternizzare con loro anche quando essi si abbandonassero ad atti di violenza in danno di altri cittadini o enti pubblici e privati; o creare discordie fra gli operai costretti a scioperare per questioni non proprie e quindi non tutti egualmente disposti a perdere una giornata o anche due di salario per la Polizia, una volta ritenuta e presentata dagli stessi sindacalisti come venduta e serva dei padroni reazionari8!!

La sindacalizzazione era ritenuta, in sintesi, un espediente per indebolire la polizia: «nulla impedisce di pensare che scopo di essi sia quello di disgregare uno dei pilastri ancora solidi della Repubblica democratica italiana»9.

Le comunicazioni inviate al Ministro Gui ci danno l’idea, oltre della natura e delle argomentazioni degli oppositori della riforma, anche delle pressioni e delle influenze che egli dovette subire nel corso della sua permanenza al Ministero10. Anche lo

6 Lettera inviata da L. A., colonnello di PS, al Ministro dell’Interno Gui (28 dicembre 1974). ACS, MI GAB 1971-1975, b. 120, fasc. 11070/120/95, sott. 2.

7 Lettera di Guglielmo Di Benedetto al Ministro Gui del 18 ottobre 1975 con allegata risposta del Ministro, ACS, MI GAB 1971-1975, b. 120, fasc. 11070/120/95, sott. 2.

8 Ibidem. 9 Ibidem.

stesso Cossiga, una volta giunto al dicastero, fu costretto a subire pressioni analoghe, se non maggiori, visto il suo entusiasmo e il suo attivismo pro-riforma11.

Argomentazioni molto simili comparvero anche all’interno di un breve saggio (intitolato Compagno poliziotto) scritto da un questore a riposo che si firmava con lo pseudonimo di Francesco Irminio12. Nella pubblicazione Franco Fedeli e i poliziotti del movimento furono descritti come alfieri e promotori, più o meno consapevoli, di una strategia da «guerra rivoluzionaria» finalizzata all’indebolimento dello Stato e delle istituzioni13.

Lo stesso funzionario, favorevole in linea di principio ad una ristrutturazione tecnica del Corpo ma contrario ad una sindacalizzazione, descrisse il movimento dei poliziotti come una «organizzazione parallela», una sorta di «base d’appoggio» per una lotta da condurre contro le istituzioni dello Stato.

Classica organizzazione gerarchica parallela è stato ed è il comitato di coordinamento per il riordinamento della Polizia, nato come surrogato del sindacato di Polizia, vietato dalla legge, e nonostante rappresentasse solo la volontà di una parte […] con un’accorta azione, fiancheggiata da quelle forze che detengono il potere reale (sindacati), è stato presentato quale unico sindacato realizzabile e a fortissima rappresentatività14.

L’opposizione più dura alla ristrutturazione della polizia venne però da alcuni rappresentanti del corpo prefettizio che vedevano nella possibile riforma un pericolo per la loro funzione e la possibilità di una riduzione del loro potere e della loro centralità (nelle province).

Una prima avvisaglia della – parziale – opposizione dei prefetti si ebbe già all’indomani dell’istituzione dei Comitati di rappresentanza (la concessione parasindacale con cui il Ministero cercò di frenare il dissenso in polizia) promossi da Luigi Gui. Il 12 novembre 1975 il prefetto di Alessandria, in una lunga nota riservata inviata al Ministero, espresse tutto il suo disappunto per alcune critiche (contro i prefetti) trapelate dai verbali delle prime riunioni dei Comitati di rappresentanza. Per ovviare ad una serie di disfunzioni, infatti, alcuni funzionari di PS avevano auspicato che a livello centrale gli

11 Si vedano, su questo, i pareri su una possibile riforma della polizia inviati dai prefetti in sede al Ministero (dicembre 1977). ACS, MI GAB 1976-1980, b. 147, fasc. 11070/140/2 sott. 1.

12 Il volumetto, un’ottantina di pagine scarse, fu pubblicato da una casa editrice che si occupava principalmente di autori riconducibili al “panorama” culturale dell’estrema destra (nella stessa collana trovavano posto anche Julius Evola ed Ezra Pound). Francesco Irminio, Compagno poliziotto, Milano, Il Falco, 1980.

13 Ivi, pp. 25-26. 14 Ivi, p. 70.