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Organizzazione »

1. Guerre civili nell'era della globalizzazione »

2.4. Paramilitarismo o warlordismo? »

2.4.2. Organizzazione »

217 Romero, op. cit., 2003, pp.194-6.

Per comprendere meglio in che senso è possibile parlare di warlordismo nel caso colombiano dobbiamo focalizzare l’attenzione soprattutto su tre aspetti cruciali strettamente intrecciati tra loro: 1) il progetto politico enunciato dalla stessa organizzazione; 2) le modalità attraverso le quali si esplica questo potere politico-militare; 3) l’impatto di questa autorità sulla popolazione.

Abbiamo già evidenziato come i paramilitari inizialmente furono il prodotto della ribellione di specifici settori della società contro il dominio delle Farc. Ma solo nel momento in cui il fenomeno raggiunse una compiuta forma organizzativa, attraverso la nascita dapprima delle ACCU poi divenute AUC, il suo appoggio sociale si ampliò notevolmente218. Tra il 1993 e il 1994 il progetto paramilitare si trasformò radicalmente riuscendo a dare vita a forti eserciti regolari in grado non solo di conquistare il controllo di ampie zone del paese da tempo nelle mani delle formazioni guerrigliere ma anche di appropriarsi delle funzioni dello Stato219. Grazie a questa espansione territoriale, avvenuta principalmente nelle zone rurali in cui era assente il controllo statale, e soprattutto alla capacità di inserirsi all’interno dei grandi mercati internazionali sono riusciti a creare, esattamente come sostiene Duffield, dei compiuti sistemi politico-economici.

Il processo di formazione di questi eserciti, guidato da una stretta cerchia di persone, si basava su una rigida struttura di comando,

218 Gutierrez e Baròn, op. cit., pag. 296.

219 Duncan G., Los señores de la guerra. De paramilitares, mafiosos y autodefensas en

Colombia, Editorial Planeta Colombiana, Bogotà, 2006; terza ed. luglio 2007, pag.

294.

sulla disciplina e su una precisa iconografia attraverso l’uso di segni distintivi quali le uniformi, gli stemmi e gli inni. Questa evoluzione è individuata come il momento cruciale in cui è evidente che non ci si trova più di fronte a semplici gruppi armati al servizio di Forze di Sicurezza o di narcotrafficanti ma di veri e propri “signori della guerra”220. Sono i membri stessi dell’organizzazione a rifiutare la l’appellativo di “paramilitare” proponendosi piuttosto come “autodefensas” a sottolineare, appunto, il carattere politico della loro azione. Essi si definiscono infatti “un gruppo politico, militare, antisovversivo, al margine della legge, anticomunista, antiterrorista che cerca la pace nel paese”221. Rifiutano anche l’identificazione tout court come narcotrafficanti nonostante ammettano il loro stretto coinvolgimento con questi traffici illeciti. Dichiarano pubblicamente che il narcotraffico è un inevitabile strumento per portare avanti la loro guerra contro-insurgente e che quindi esula da qualsiasi ragione di ordine etico dell’organizzazione. Si fa quindi una netta distinzione tra i “narcotrafficanti puri” pertinente alla semplice sfera criminale e i “narcotrafficanti che erano lo Stato in un territorio” e che rientrano di fatto all’interno di una dimensione politica222.

Ciò che differenzia l’azione di questi warlords da quella di altre

220 Ivi, pag. 294.

221 Questa definizione (tr. nostra) riportata dal quotidiano El Tiempo era inserita nelle lezioni di teoria politica delle scuole di formazione delle reclute del Bloque Central Bolivar (in Duncan, op. cit. 2007)

222 Queste dichiarazioni sono state riportate in un articolo pubblicato sul sitoweb del Bloque Central Bolivàr che era uno dei “fronti” più influenti all’interno delle AUC. L’articolo a firma di Montanez J., Bolivàr J e Bàez E. è apparso sul sito

www.bloquecentralbolivar.org. In seguito al processo di smobilitazione delle AUC, attualmente il sito non esiste più e il dominio su internet risulta in vendita. L’informazione è riportata in Duncan (op. cit., 2007) a pag. 323 e fa riferimento a una consultazione del sito datata 1/8/2002.

tipologie mafiose e violente di controllo locale, è l’andare oltre la semplice imposizione coercitiva. La sua struttura organizzativa para-statale conforma ogni aspetto della società da quello politico a quello economico, da quello sociale a quello culturale. Se da una parte non si può non riconoscere un uso sistematico del terrore e l’accumulazione di ricchezze frutto della gestione di economie illegali dall’altra è importante evidenziare l’abilità a esercitare una serie di funzioni di Stato. Oltre alla principale funzione di protezione questi warlords gestiscono affari cruciali all’interno delle comunità che sono sotto il loro controllo: definizione della proprietà privata, amministrazione attraverso un proprio codice di norme, costruzione di infrastrutture, solo per citare i principali223. Il fenomeno delle “autodefensas” non può quindi essere ridotto al puro fine di arricchimento, si tratta di un progetto molto più ampio e intenso che penetra profondamente il tessuto sociale.

Un’interessante ricerca etnografica compiuta recentemente in un paese della regione di Urabà, una delle zone dove maggiormente si è consolidato il fenomeno paramilitare, mostra chiaramente le dinamiche attivate da questo attore illegale a tutti i livelli della vita economica, politica e sociale del luogo224. La ricerca evidenzia soprattutto l’influenza che l’autorità paramilitare ha sulla popolazione sia dal punto di vista delle abitudini di vita quotidiana e dell’impatto emotivo sia, più profondamente, dal punto di vista dei cambiamenti di ordine etico. Dalla raccolta di osservazioni e testimonianze emerge, per esempio, un esplicito consenso riguardo l’esercizio di funzioni statali da parte dei paramilitari come la

223 Duncan, op. cit., 2007.

224 Madariaga Patricia, Matan y matan y uno sigue ahì, Ediciones Uniandes Ceso, Bogotà, 2006.

regolazione di conflitti sociali e di amministrazione della giustizia. Alcuni intervistati ammettono, per esempio, di non fidarsi dell’esercito e di preferire i paracos come agenti di sicurezza225. Inoltre Questa funzione di amministrazione della sicurezza e della giustizia si esplica dalla gestione dei conflitti minori, come liti e incidenti, fino alla sanzione di violazioni più gravi come furti o collaborazione con la guerriglia, che vengono generalmente puniti con la morte. Lo stretto controllo di questa autorità arriva perfino a imporre regole di comportamento come il divieto di consumo di droga e a monitorare aspetti come il modo di vestire e il tipo di musica che si ascolta226. Questo codice viene imposto, ma bisogna anche dire che in buona parte viene accettato e condiviso. Per esempio dalla ricerca emerge chiaramente l’approvazione da parte soprattutto delle donne madri del ruolo educativo e di controllo che l’autorità paramilitare esercita sui giovani e sugli adolescenti. Il controllo dei paramilitari è percepito dunque più in termini di autorità che di dominazione.

In conclusione, ciò che emerge è la conferma della nostra ipotesi iniziale seconda la quale i paramilitari in Colombia si configurano come dei veri e propri warlords capaci di imporre un’autorità legittima su un territorio attraverso l’instaurazione di relazioni molto complesse e ambivalenti con la popolazione. Come sostiene Kalyvas durante i conflitti civili i rapporti tra gli attori armati e la popolazione civile seguono logiche intricate e multiformi al cui interno ciascun attore sfrutta la situazione a seconda dei suoi interessi.

225 Ivi, pag. 36.

226 Alcuni modi di vestire o certi tipi di musica sono infatti considerati dai paramilitari come caratteristici della cultura sovversiva e di conseguenza guardati con sospetto.