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Questa fase risulta la più problematica da interpretare, a causa della pressoché totale assen- za di materiali ascrivibili con certezza al periodo: solo due siti hanno restituito oggetti databili tra la fine dell'VIII e i primi 25 anni del VII sec. a.C. Entrambi i rinvenimenti, uno in località Cafaggio (sito 3), all‟estremità Nord della piana (poco distante dai primi contrafforti dei mon- ti di Campiglia), l'altro nella zona centro meridionale, in località Campo al Pero (sito 97), so- no ipoteticamente riconducibili a contesti tombali. Stupisce l'assenza di attestazioni ascrivibili al periodo nei siti con precedenti presenze villanoviane; se almeno nel caso del sito 153 la va- ghezza delle notizie relative al ritrovamento potrebbe indurre ad abbassarne la datazione pro- prio all‟Orientalizzante antico,257 appare difficile giustificare l'interruzione nella documenta- zione archeologica per quei siti (in particolare La Sdriscia, Affitti Gotti e Casa Franciana) che conosceranno in seguito una rioccupazione di lungo periodo. La generale scarsità della docu- mentazione recuperata nel corso delle ricognizioni oggetto della ricerca induce alla prudenza nel tentare di interpretare l'assenza come portato di un fenomeno di intenzionale abbandono avvenuto al termine della facies villanoviana. Più fattori possono infatti aver influenzato ne- gativamente l'individuazione di evidenze dell'Orientalizzante antico, dalla generale scarsità di materiali cronologicamente significativi alla mancata emersione in superficie di oggetti ascrit- ti al periodo. Non è da escludere tuttavia che con il volgere al termine del Villanoviano si as- sista, in evidente ritardo rispetto a quanto si verifica in altri distretti d'Etruria, ad una concen- trazione dell'insediamento nel centro egemone, con il conseguente abbandono di villaggi mi- nori sparsi sul territorio e ad una diversa organizzazione dell‟agro, basata sul controllo di am- pie porzioni di terreno da parte di pochi gruppi gentilizi. La presenza di sepolture isolate sul territorio potrebbe adombrare forme di possesso della terra da parte di questi ultimi, secondo

dalla seconda metà di esso, si assiste nell‟area etrusco-meridionale ad una proliferazione di siti “minori” che spesso dopo un‟occupazione collocabile nel corso del Bronzo finale ed un abbandono limitato al Villanoviano I, conoscono una nuova fase di vita successiva, risultando inseriti in un tessuto insediativo in cui il ruolo dei grandi centri risulta dominante (sull‟argomento si vedano in particolare PACCIARELLI 2000; IAIA –MANDOLESI 1993, DI GENNARO 1986). Al contrario, nel caso del sito 40 (Affitti Gotti) e forse del sito 65 (Casa Franciana) una da- tazione alta entro l‟VIII sec. a.C. potrebbe costituire l‟ulteriore traccia di una crisi (ipotizzata in ROMUALDI

1994, p. 172) che investe il comprensorio di Baratti nel corso della seconda metà del secolo, e dalla quale attorno al 700 a.C. nascerà un nuovo assetto politico e dunque territoriale (vedi paragrafo successivo).

257 L‟impossibilità di conoscere il tipo esatto della fibula rinvenuta nel sito 44 porta a non poter escludere a priori una datazione particolarmente bassa dell‟eventuale sepoltura di cui l‟oggetto costituiva parte del corredo; è dun- que possibile che la cronologia del contesto di provenienza possa scendere fino alla fine dell‟VIII sec. a.C. e for- se anche oltre.

136 dinamiche ben note ormai per l‟area etrusco-meridionale e laziale.258 Un abbandono tardivo di villaggi di tradizione precedente si accorderebbe, d‟altra parte, con il quadro relativo alle te- stimonianze villanoviane del golfo di Baratti, in cui, in base a quanto ipotizzato da più studio- si, vi sarebbe la coesistenza di una pluralità di gruppi gravitanti attorno alla baia, non ancora riuniti entro un singolo agglomerato protourbano.259 Solo con la fine della prima età del ferro si verificherebbe a Populonia una decisa tendenza a concentrare l'insediamento nell'area dell'acropoli. La mancanza di continuità insediativa riscontrata nell‟area della piana nel corso dell'Orientalizzante antico costituirebbe una conferma indiretta a quanto ipotizzato fino ad ora per il centro principale. Specchio di tale fenomeno, al quale sarebbe sotteso un riassetto degli equilibri politici dei gruppi gravitanti attorno al golfo di Baratti, risulterebbe dunque il rinve- nimento sull'acropoli di Populonia dei segni di una libagione rituale, legata alla distruzione di una struttura abitativa pertinente a un personaggio di alto rango (cd. “casa del re”) e interpre- tata dagli scavatori come rito collettivo (per la presenza di circa cento tazze) legato alla “as- sunzione al potere di una nuova leadership nel comparto di Populonia”260 proprio in un mo- mento collocabile alla fine dell'VIII sec. a.C.261 Il verificarsi, a partire dal tardo Villanoviano, di un progressivo mutamento dei rapporti gerarchici tra le varie élites gravitanti attorno al comprensorio di Baratti potrebbe essere alla base del progressivo sviluppo dell‟area di necro- poli di San Cerbone Casone e Porcareccia. A partire da un orizzonte avanzato della prima età del ferro infatti compaiono nell‟area le prime tombe a camera; con l‟Orientalizzante il sepol- creto conosce un notevole sviluppo, al contrario di quanto si verifica nell‟area di Pog- gio/Piano delle Granate, dove, nel corso del VII sec. a.C., non verrà recepito il nuovo tipo di

258 Sul problema si veda in particolare ZIFFERERO 1991: la presenza di nuclei sepolcrali più o meno distanti dai centri principali, talvolta in stretta relazione con tracce di insediamento, è stata riscontrata, ad esempio, in area laziale (BEDINI 1985) e veiente (DE SANTIS 1991). Inserita nello stesso contesto, anche se non direttamente in

relazione con i rinvenimenti dal territorio populoniese, è l‟interpretazione indicata da Zifferero (cit.) della pre- senza di tumuli isolati sul territorio, che risulterebbero marcatori della proprietà della terra da parte di gruppi gentilizi, per i membri dei quali lo studioso ipotizza una residenza comunque nel centro protourbano a cui l‟agro afferisce.

259 Un primo quadro organico sull‟argomento, ancora valido nelle sue linee generali, in DELPINO 1981, pp. 279- 280. Si veda anche FEDELI 1983, pp. 92-93. La proposta è stata ripresa, tra gli altri, da G. Bartoloni (1991), che tuttavia in anni recenti ha riconsiderato la questione, proponendo per Populonia una dinamica di accentramento dell'insediamento paragonabile a quella nota per i grandi centri villanoviani etrusco-meridionali (BARTOLONI

2004; BARTOLONI 2007). La nuova teoria è basata soprattutto sull‟assenza di tracce di abitato di prima età del ferro in aree diverse da quella recentemente indagata sull‟acropoli di Populonia (sull‟omogeneità del processo di formazione dei centri protourbani in Etruria settentrionale e meridionale, pur con supposte varianti nell‟estensione dei villaggi protourbani: PERONI 2003, p. 141). A favore dell'ipotesi di una pluralità di insedia-

menti, la cui coesistenza sarebbe attestata dalla presenza di più nuclei di necropoli disposti lungo tutto l‟arco del golfo di Baratti, si vedano FEDELI et al 1993, pp. 76-78;ROMUALDI 1994, p. 172; PACCIARELLI 2000, p. 135; DE

TOMMASO 2003a, p. 33; sull‟argomento si veda anche ZIFFERERO 2006, p. 410.

260ACCONCIA -BARTOLONI 2007, p. 26.

137 tomba a tumulo con crepidine a tamburo cilindrico, ampiamente diffuso invece a San Cerbo- ne.262

È dunque possibile che le nuove élites dominanti sull'area di Baratti, oltre ad imprimere una spinta decisa verso la costituzione di un centro unitario, dettino i modi di un'occupazione del territorio improntata a criteri radicalmente diversi rispetto al passato e simili, per certi ver- si, a quelli messi in atto in area etrusco-meridionale.263

Come vedremo in seguito, all'abbandono dei siti villanoviani seguirà una rioccupazione a partire dall'Orientalizzante medio e recente, interpretabile come una spinta verso uno sfrutta- mento più capillare delle risorse offerte dall'area.