Il quadro prospettato indica con chiarezza la presenza, a partire dalla fine del IV sec. a.C., di una netta ripresa dell‟insediamento, che segna un cambio di tendenza rispetto alla fase di età classica. Il fiorire di nuclei insediativi, alla cui base è da supporre, pur nella frammentarie- tà dei dati in nostro possesso, un nuovo, intensivo sfruttamento rurale della piana, trova ri- scontro in un generale processo di rioccupazione degli spazi agrari presente anche in altri di- stretti dell‟area mediotirrenica. Il fenomeno è messo in relazione con un possibile mutamento degli assetti sociali a cui fa seguito una diversa strutturazione dei territori delle varie città sta- to etrusche, oltre che di Roma337 ed è particolarmente evidente proprio in area romana, dove risulterebbe connesso con i mutamenti politici seguiti all‟approvazione delle leggi Licinie Se- stie.338 Ricerche recenti hanno confermato il trend per la media val Tiberina. 339 In area nord- etrusca, nell‟area della val di Cecina, posta immediatamente a Nord del territorio oggetto della presente ricerca, le ricognizioni hanno individuato un fenomeno simile che ha portato a ipo- tizzare, per il periodo tra IV e II sec. a.C., un‟occupazione intensiva del territorio mediante piccoli villaggi e fattorie dediti prevalentemente ad attività di cerealicoltura.340 Altri distretti tuttavia sembrano presentare situazioni più complesse: l‟area della valle dell‟Albegna appare fortemente segnata dalla deduzione della colonia di Cosa, il cui impianto comporta il radicale riassetto dell‟occupazione, con la scomparsa dei siti più vicini alla colonia e lo spostamento dell‟insediamento indigeno nelle aree periferiche della valle, dovuto alla distribuzione delle terre più vicine alla città ai coloni.341
Nel corso del II sec. a.C. le tracce insediative si fanno più abbondanti, indicando, come già rilevato da Cambi (CAMBI 2007, pp. 38-39), un‟occupazione capillare del territorio, messa in
335 Vedi scheda di sito 111. 336 CAMBI 2009, p. 227. 337 TORELLI 1990, pp. 125-127. 338 Ibid. 339 DI GIUSEPPE 2005, p. 23. 340 DONATI 2001, p. 59. 341 CARANDINI –CAMBI 2002. pp. 106-112.
168 relazione dallo studioso con il compiersi del processo di assorbimento del comprensorio po- puloniese entro l‟orbita romana. Pur mancando riferimenti specifici da parte delle fonti anti- che, l‟attività edilizia emersa nell‟area dell‟acropoli, che porta proprio in questo periodo alla grandiosa ristrutturazione dell‟area sacra in senso monumentale, potrebbe riflettere il forte di- namismo che tocca anche il territorio della città.342
Appare comunque significativo come tutti i siti presso i quali si svilupperanno vere e pro- prie ville conoscano fasi di occupazione piuttosto precoci all‟interno del periodo in esame, avendo restituito tutti materiali cronologicamente collocabili entro il III sec. a.C. In assenza di attività di scavo nelle aree in questione rimane difficile individuare con precisione il momento dell‟impianto delle ville e i loro caratteri strutturali. È possibile che l‟aumentare della docu- mentazione pertinente al II-I sec. a.C. costituisca un indicatore del momento di passaggio di questi insediamenti da fattorie a vere e proprie ville, anche se l‟organizzazione dello spazio agrario mostra cambiamenti di rilievo solo con l‟inizio della fase successiva, con la scomparsa di alcuni dei siti più piccoli collocati nelle vicinanze delle strutture produttive. In virtù di ciò rimane valido quanto proposto da Lucia Botarelli (BOTARELLI 2006, p. 487) relativamente al
possibile ritardo, rispetto ad altri distretti, con cui si sono sviluppate nell‟area vere e proprie ville rustiche. L‟apparente assenza, prima del I sec. a.C., di fornaci per la produzione in loco di anfore da trasporto costituisce un ulteriore elemento a riprova dell‟assenza nell‟area, tra il III e il II sec. a.C., di una produzione di grandi quantitativi di vino e olio destinati all‟esportazione. L‟avvio della produzione della fornace del Vignale (sito 102) indica un pos- sibile mutamento della situazione, consentendo di supporre la comparsa di forme di sfrutta- mento agrario più marcatamente finalizzate alla vendita del surplus anche su mercati lontani. Prima di questa fase è comunque possibile ipotizzare che il panorama agrario dell‟area preve- desse una pluralità di fattorie la cui produzione, probabilmente solo in parte arboricola, veniva immessa sul mercato locale per il soddisfacimento della richiesta del centro principale e delle esigenze della manodopera, servile o meno, impegnata nelle attività di estrazione e di trasfor- mazione del minerale. Dei cinque siti individuati come ville, solo tre conoscono frequenta- zioni precedenti in età arcaica: sito 31, Le Capanne; sito 53, Franciana; sito 102, Vignale. I si- ti di Vignale e Franciana indicano inoltre, nonostante la scarsità di attestazioni di età classica, un‟occupazione di lungo periodo probabilmente ininterrotta. La preesistenza di insediamenti a vocazione rurale costituisce un indicatore di una sostanziale continuità d‟uso dell‟agro nel corso di un lungo arco cronologico. Pur con i problemi di lettura dovuti al calo di attestazioni
169 del V sec. a.C., tale elemento può costituire un segno di come nuove tendenze produttive, che portano alla creazione di strutture votate allo sfruttamento intensivo della risorsa agricola, si innestino nella bassa val di Cornia su un tessuto agrario già esistente. Un‟analisi comparata della cartografia di fase relativa all‟Orientalizzante medio/recente (tav. 3) e di quella della fa- se di fine IV-I sec. a.C. (tav. 7) indica chiaramente, almeno per la parte della piana a Sud dell‟attuale SS 1 variante Aurelia, una sostanziale persistenza nell‟occupazione delle stesse aree. La dinamica illustrata trova buoni confronti nelle zone limitrofe. Nell‟area del basso cor- so dell‟Ombrone a partire dal II sec. a.C. è stata individuata la presenza di una rete di inse- diamenti medio-piccoli all‟interno della quale risultano inserite le strutture produttive maggio- ri; queste presentano caratteristiche che ne indicano una dimensione quasi sempre limitata ri- spetto alle ville rustiche “classiche” e che hanno portato ad ipotizzare che in esse la produzio- ne fosse volta prevalentemente all‟autoconsumo e alla rivendita del surplus sui mercati locali. Per la valle dell‟Ombrone mancano del tutto attestazioni di fornaci per la produzione di anfo- re, indice dell‟assenza di produzioni destinate a mercati lontani.343 Una situazione analoga è quella che si riscontra tra II sec. a.C. e II sec. d.C. nella bassa Val di Cecina; anche qui, come nella valle dell‟Ombrone e, probabilmente, nella Val di Cornia, le strutture individuate sono quasi sempre prive di elementi architettonici “di lusso”, dimensionalmente non grandi, con una attenzione volta maggiormente all‟efficacia produttiva che alla comodità residenziale.344 Il tessuto insediativo entro il quale sono inserite è anche qui costituito da un sistema di piccole fattorie e villaggi, che costituiscono fonte di manodopera sufficiente a limitare l‟impiego del lavoro servile.345