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C ORTE COSTITUZIONALE (11)

- Corte cost. Ord., 13 febbraio 2009, n. 46

Il giudice a quo ha omesso di considerare la non omogeneità delle condizioni di accesso alle agevolazioni "prima casa" rispetto ai presupposti per i quali opera la deroga alla decadenza per violazione del divieto di alienazione infraquinquennale. Non appare viziato da irragionevolezza il principio giusta il quale il legislatore tributario abbia adottato una scelta che implichi maggiori restrizioni dal punto di vista degli adempimenti ed oneri del contribuente al fine di conservare l'efficacia delle misure fiscali di favore.

- Corte cost., 5 marzo 2009, n. 68

E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1,

del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, censurato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella

parte in cui non annovera, fra i casi di connessione tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di altro giudice, quello dei reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre. Infatti, il rimettente vorrebbe trasformare l'ipotesi di reati commessi da più persone in danno reciproco - che va annoverata fra i casi di riunione dei processi pendenti nello stesso stato e grado davanti allo stesso giudice - in un caso di connessione eterogenea, atta a determinare uno spostamento della competenza per materia dal giudice di pace a quello superiore, chiedendo un intervento non imposto dai parametri evocati: non c'è, pertanto, violazione dell'art. 3 Cost., poiché né davanti al giudice di pace né davanti ai giudici superiori è prevista la possibilità di procedere alla riunione di processi relativi a reati commessi da più persone in danno reciproco, in deroga alle ordinarie regole sulla competenza; non sono violati, infine, neppure l'art. 111 Cost., poiché la norma dispiega i suoi effetti, nella stessa maniera, nei confronti di ognuna delle parti, e

l'art. 25 Cost., poiché la garanzia del giudice naturale è rispettata quando la regola di

competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia. - Corte cost., 20 marzo 2009, n. 76

È costituzionalmente illegittimo l'art. 2, comma 194, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui stabilisce che i regolamenti da esso previsti siano adottati "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", invece che "d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano". Tale norma prevede che, per sostenere lo sviluppo del settore mediante la promozione di economie di scala ed il contenimento dei costi di gestione delle imprese ivi operanti, siano definite, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-Regioni, le procedure acceleratorie e di semplificazione volte a favorire l'aumento dei flussi turistici e la nascita di nuove imprese del settore, nel rispetto delle competenze regionali. La disposizione, rientrando nella materia del turismo, appartiene alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto

comma, Cost., ma l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni

amministrative, abilita lo Stato a disciplinare siffatto esercizio per legge, in quanto i princìpi di sussidiarietà e di adeguatezza possono giustificare una deroga al normale riparto di competenze contenuto nel Titolo V della Parte II della Costituzione, a condizione che la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e rispettosa del principio di leale collaborazione con le Regioni. L'esigenza dell'esercizio unificato è giustificata, nella specie, dato che per realizzare economie di scala ed un contenimento dei costi di gestione delle imprese operanti nel settore, è necessaria la predisposizione di una disciplina, uniforme su tutto il territorio nazionale, di procedure acceleratorie e di semplificazione, diretta a ridurre gli adempimenti a carico delle imprese operanti nel settore e la durata dei procedimenti, nonché a consentire un miglior coordinamento dell'attività delle varie autorità pubbliche interessate. Ma poiché tale disciplina regolamentare è destinata ad incidere in maniera significativa sulle competenze delle Regioni in materia di turismo (in particolare introducendo procedure e termini che dovranno essere osservati anche dalle strutture amministrative regionali), la norma impugnata deve prevedere l'incisivo strumento di leale collaborazione con le Regioni rappresentato dall'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. La disposizione censurata, quindi, laddove stabilisce che i regolamenti siano emanati "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", prevede una modalità di collaborazione delle Regioni inidonea ad assicurare a queste ultime il ruolo che loro compete.

- Corte cost., 8 maggio 2009, n. 151

È costituzionalmente illegittimo l'art. 14, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio per la salute della donna. La caducazione dell'art. 14, comma 2, limitatamente alle parole "ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre", pur mantenendo fermo il principio per cui non devono essere creati embrioni in numero superiore a quello necessario, secondo accertamenti demandati al medico, nella fattispecie concreta, esclude, però, l'obbligo di un unico e contemporaneo impianto e il numero massimo di embrioni da impiantare: ciò introduce una deroga al principio generale del divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dello stesso art. 14, con conseguente necessità di ricorso alla tecnica di congelamento degli embrioni prodotti ma non impiantati per scelta medica, e comporta la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 14, comma 3.

- Corte cost., 8 maggio 2009, n. 148

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 27°, 28° e 29° comma, legge

24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui dispone che le amministrazioni pubbliche di cui

all'art. 1, 2° comma, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società, e stabilisce una deroga al divieto in relazione alle società che producono servizi di interesse generale ed

all'assunzione di partecipazioni in tali società da parte di dette amministrazioni, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza, disciplinando le modalità di assunzione e di mantenimento delle partecipazioni consentite, nonché la dismissione di quelle vietate, in riferimento agli artt. 117, 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5, 120, 2° comma, Cost. e all'art. 11, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

- Corte cost., 8 maggio 2009, n. 148

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale concernenti l'art. 3, commi da 27

a 29, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), che dispone che le

amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 "non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società" e stabilisce una deroga al divieto in relazione alle società che producono servizi di interesse generale ed all'assunzione di partecipazioni in tali società da parte di dette amministrazioni, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza, disciplinando la modalità di assunzione e di mantenimento delle partecipazioni consentite, nonché la dismissione di quelle vietate. Essendo, infatti, le suddette norme riconducibili all'àmbito della tutela della concorrenza, il legislatore statale ha titolo a porre in essere una disciplina dettagliata (sentenze n. 411 e n. 320 del 2008); inoltre, in virtù del criterio della prevalenza, è anche palese l'appartenenza a detta materia del nucleo essenziale della disciplina dalle stesse stabilita (sentenze n. 411, n. 371 e n. 326 del 2008), con conseguente infondatezza della denuncia di violazione del principio di leale collaborazione.

- Corte cost., 8 maggio 2009, n. 137

E' dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 17 e della tabella B della L.R. 28 dicembre 2006, n. 28, Lazio (Bilancio di previsione della Regione Lazio per l'esercizio finanziario 2007) – con le quali la Regione ha disposto il proprio concorso alle iniziative sociali, culturali e sportive - in quanto si pongono in contrasto con i principi di cui all'art. 3

della Costituzione, non rispettando il principio di eguaglianza nel suo significato di parità di

trattamento. Le predette disposizioni, impedendo ad un'associazione di partecipare ad un procedimento per la concessione di contributi finalizzati ad iniziative sociali, risultano caratterizzate da arbitrarietà e irragionevolezza in quanto non è stato possibile rinvenire (né l'Amministrazione regionale è stata in grado di indicare) le particolari ragioni suscettibili di giustificare la deroga operata al principio della par condicio. Qualora, inoltre, il legislatore ponga in essere un'attività a contenuto particolare e concreto, debbono essere indicati i criteri in base ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione. Dal testo della norma in esame, viceversa, è possibile estrarre un mero elenco dettagliato di destinatari, di progetti finanziati e di importi ripartiti e dai lavori preparatori della legge non emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultando che il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno.

- Corte cost. Sent., 22 maggio 2009, n. 160

E' fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, c. 1, lett. p), della L.R. n. 1 del 2008, regione Campania che, nel modificare l'art. 38, c. 5, lett. b), della L.R. n. 3 del 2007, regione Campania ha previsto la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando nell'anno successivo alla stipulazione del contratto iniziale nel caso di nuovi servizi consistenti nella ripetizione dei servizi analoghi già affidati all'operatore economico aggiudicatario. La competenza statale in materia di tutela della concorrenza ricomprende anche la disciplina delle procedure negoziate. L'indicazione, infatti, dei rigorosi presupposti che autorizzano il ricorso a tali procedure si inserisce in un ambito di disciplina unitario finalizzato ad assicurare un sistema di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, che consenta la deroga ai normali metodi di gara soltanto in presenza delle condizioni puntualmente individuate dal legislatore statale. La norma in esame, intervenendo in un ambito di competenza esclusiva statale, ha un contenuto diverso rispetto a quanto stabilito a livello nazionale. Ne consegue che la norma impugnata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, c. 2, lett. e), - Corte cost. Sent., 26 giugno 2009, n. 184

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, comma 1-bis, c.p.p., richiamato dall'art. 556, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevede l'utilizzabilità, nel giudizio abbreviato, ai fini della decisione sul merito dell'imputazione - in assenza di situazioni riconducibili ai paradigmi di deroga al contraddittorio dettati dall'art. 111,

comma 5, Cost. - degli atti di investigazione difensiva a contenuto dichiarativo,

unilateralmente assunti, sollevata in riferimento agli artt. 111, commi 2 e 4, e 3 Cost. - Corte cost., 24 luglio 2009, n. 246

E' inammissibile, per oscurità della prospettazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 150, in combinato con l'art. 170, comma 3, lettera i), del D.Lgs. 3

aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione degli artt. 117 e 118 Cost., perché

illegittimamente determinerebbe una "attrazione completa nell'ambito di attività amministrativa ministeriale di tutta la disciplina relativa alla gestione del servizio considerato, consolidando nelle norme del decreto delegato precedenti atti ministeriali", senza che "a fronte di ciò si possano rinvenire peculiarità del servizio idrico integrato che giustifichino un simile intervento legislativo statale in deroga alla disciplina generale dei servizi pubblici locali". Infatti, la ricorrente muove dalla generica e indimostrata premessa che la norma censurata abbia "consolidato" "precedenti atti ministeriali", senza spiegare in cosa consista tale "consolidazione" e quali siano tali atti ministeriali.

- Corte cost., 4 dicembre 2009, n. 315

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 15, comma 3, della L.P. 10 giugno 2008, n. 4, Provincia di Bolzano. La disciplina statale concernente il rilascio dell'autorizzazione in esame risponde all'esigenza di "articolare unitariamente tale attività secondo principi che assicurino l'osservanza dei criteri stabiliti dalla normativa nazionale" e quindi vincola il legislatore regionale. Pertanto, posto che la citata norma statale impone che l'autorizzazione preceda la messa in esercizio dell'impianto e che tale previsione costituisce un livello uniforme di tutela dell'ambiente, dettato dunque in materia di competenza esclusiva dello Stato, è in contrasto con detta disciplina statale la norma provinciale in esame che deroga ad essa, consentendo al gestore di mettere in esercizio impianti che producono emissioni prima che l'Agenzia provinciale per l'ambiente esegua il collaudo e rilasci l'autorizzazione alle emissioni. Né può ritenersi che, alla luce di quanto stabilito dal legislatore statale, la prescritta autorizzazione possa essere sostituita dalla mera dichiarazione del gestore, sottoscritta da un tecnico qualificato iscritto al relativo albo professionale, di conformità dell'impianto al progetto già approvato, non assicurando la predetta dichiarazione un equivalente livello di tutela dell'ambiente.