Storia dei corsi serali in Italia
6.3. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Subito dopo l’Unità d’Italia, la lotta all’analfabetismo viene sen-tita, almeno dalle classi dirigenti più progressiste, come la solu-zione necessaria per la realizzasolu-zione di una società in cui gli in-dividui siano protagonisti attivi di coesione e progresso sociale ed economico. Ma è intorno agli anni ’60 e ‘70 del Novecento,
17 Si vedano in particolare: Memorandum sull’istruzione e la formazione per-manente, pubblicato dalla Commissione europea il 30 ottobre del 2000; Rac-comandazioni del Parlamento e del Consiglio europeo del 18 dicembre 2006;
Legge n. 92/2012 (legge Fornero) che sancisce il diritto del cittadino di vedersi riconosciuti e validati apprendimenti e competenze acquisite in ambiti formali, non formali e informali.
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soprattutto nell’area più industrializzata del paese, che questa esigenza viene avvertita in maniera generale, cioè dalla mag-gior parte dei cittadini, in vista di una crescita comune ed effet-tiva. Si tratta di un passaggio fondamentale: mentre nel perio-do precedente l’analfabetismo veniva percepito come problema reale quasi esclusivamente da politici e intellettuali illuminati – quindi ampiamente alfabetizzati – con l’industrializzazione ita-liana il problema inizia ad essere avvertito da chi ne è portatore, perché ostacola l’effettiva integrazione e realizzazione perso-nale e professioperso-nale. Lo sviluppo industriale aveva infatti mes-so in movimento una parte ampia della popolazione generale, che dalle campagne si spostava verso le zone più industrializ-zate. Lasciando il lavoro agricolo, fatto di attività sempre uguali e di saperi tramandati oralmente e praticamente, gli individui si ritrovano in una società che offre nuove e interessanti prospet-tive, per raggiungere le quali è però necessario saper leggere e scrivere. Grazie ai corsi serali molti adulti riescono a progredire sia nell’ambito lavorativo che sociale. Oggi l’attività dei CPIA e dei corsi serali permette agli stranieri di inserirsi e diventare parte integrante della società in cui si trovano a vivere. Permet-te inoltre il rientro in formazione dei giovani che abbandonano la scuola, ma permette anche, con i diversi percorsi formativi che sono attivi nei centri, di riqualificare le proprie competenze in una società che è in continuo mutamento.
Possiamo dire allora che la lotta all’analfabetismo continua ad essere la chiave di successo per un vivere civile pieno e soddi-sfacente. Oggi il problema si arricchisce di ulteriori componenti:
per analfabetismo oggi possiamo infatti intendere anche altre forme di esclusione sociale, che non sono più il solo “non saper leggere e scrivere” ma vanno oltre, abbracciano le nuove tecno-logie, le lingue straniere, la cittadinanza globale e, soprattutto, la capacità costante di apprendere in un mondo che cambia a velocità mai sperimentate prima.
vile. Un piccolo popolo per una grande nazione (1880-1911).
Roma, Anicia, II edizione.
Legge 20 maggio 1970 n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e nell’attività sin-dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
Ordinanza Ministeriale n. 455 del 29 luglio 1997 “Educazione in età adulta - Istruzione e formazione”.
Direzione Generale Istruzione Tecnica, Prot. n. 2564/98, Roma, 16 giugno 1998, “Corsi serali nell’Istruzione Tecnica: progetto sperimentale SIRIO”.
Legge 28 giugno 2012, n. 92 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n.
263 “Regolamento recante norme generali per la ridefinizio-ne dell’assetto organizzativo didattico dei Centri d’istruzioridefinizio-ne per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, a norma dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, converti-to, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.
Sitografia
ISTAT (2017). Serie Storiche, istruzione e lavoro. Disponibile in http://seriestoriche.istat.it/index.php?id=1&no_cache=1&tx_
usercento_centofe%5Bcategoria%5D=7&tx_usercen- to_centofe%5Baction%5D=show&tx_usercento_cento- fe%5Bcontroller%5D=Categoria&cHash=1b020e5419ca-607971010a98271e3209 (17/12/2017)
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Manzi, A. (1961) “Non è mai troppo tardi - 24 febbraio 1961”.
Disponibile in https://www.youtube.com/watch?v=UF_Xypl-TnNk (17/12/2017).
Unità didattica tratta da “La storia siamo noi” - “L’alfabetizzazio-ne. Storia sociale d’Italia dal 1945/2000”. Disponibile da http://
www.raiscuola.rai.it/articoli/l-alfabetizzazione-storia-socia-le-ditalia-19452000/7120/default.aspx (17/12/2017).
7.1. INTRODUZIONE
La nascita dei Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti è strettamente connessa alle questioni dell’identità strategica e culturale, al rapporto con il contesto territoriale e con i porta-tori d’interesse e, di conseguenza, alla rendicontazione e alla responsabilità sociale.
Come per tutte le organizzazioni anche per i CPIA la consapevo-lezza dell’identità strategica, del “perché operiamo” (mission), del “dove vogliamo andare” (vision), di “quali sono i codici di comportamento da adottare” (valori), costituisce la base per la comprensione reciproca all’interno delle istituzioni scolastiche, il fondamento del processo di autovalutazione e l’origine della legittimazione sociale della scuola. L’identità trova il suo natu-rale sbocco nel piano strategico, il documento programmatico che disegna le tappe di sviluppo dell’istituzione, tenendo insie-me missione, visione, valori e obiettivi strategici.
Aspetto ineludibile nella formulazione dell’identità e nella ge-stione strategica dei CPIA è sapere chi sono e cosa si aspettano i portatori d’interesse, così definiti dalle Linee guida per il re-porting di sostenibilità della Global Rere-porting Initiative: “gli sta-keholder, ovvero portatori di interesse, sono gruppi o singoli:
(a) che, ragionevolmente ci si aspetta siano interessati in modo significativo da attività, prodotti e/o servizi dell’organizzazio-ne; o (b) le cui azioni ci si aspetta che influenzino la capacità dell’organizzazione di implementare con successo le proprie strategie e di raggiungere i propri obiettivi” (Global Reporting Initiative, 2011).
L’identità gioca un ruolo centrale nella rendicontazione