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4.2. Overwatch: risultati del questionario e commento

4.2.5. Overwatch: fan productivity

L’ultima sezione del questionario ha lo scopo di approfondire: 1) la tipologia di pratiche produttive che hanno luogo nel fandom; 2) l’eventuale polarizzazione tra fandom-produttività-pubblico femminile e gaming-pubblico maschile che a volte caratterizza determinati generi videoludici in cui la cultura videoludica hardcore è più presente; 3) l’importanza della condivisione di tali pratiche all’interno della community; 4) il ruolo dell’affettività nella relazione con il brand e in quali episodi. Quesito 34: “Ritieni che vi siano differenze nella partecipazione alle pratiche legate ad Overwatch in base al genere (es. maschi = competizione, eSports, ecc./ femmine = cosplay, disegno, scrittura, ecc.)? Perché?”

La raccolta delle risposte ha prodotto i risultati che possiamo osservare qui sotto:

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Il 56,3% degli utenti sostiene che esistano differenze nelle forme di partecipazione femminile e maschile: la quasi totalità di chi ha scelto questa risposta sostiene che, mentre il pubblico maschile è più attivo a livello di competizione (non necessariamente eSportiva, dove è risaputo che il numero di giocatrici sia piuttosto basso), vi sia una maggioranza femminile nelle attività di rielaborazione creativa del brand nel fandom; secondo questa opinione, in linea con il pensiero di alcuni autori (vedi capitolo 1), è possibile individuare in Overwatch una netta demarcazione tra partecipazione videoludica, maschile, e partecipazione al fandom, femminile. Abbiamo però visto che, nell’era dello streaming, anche questo intrattenimento costituisce parte del fandom; tuttavia, essendo legato al

gameplay competitivo, possiamo supporre che anche lo streaming sia prevalentemente seguito da un

pubblico maschile. Appare quindi necessario segmentare le pratiche di fandom in intrattenimento e rielaborazione creativa, dove quest’ultima sarebbe la parte associata ad una maggiore presenza femminile.

Tra il 34,4% dei partecipanti che hanno optato per il “no”, pochi riportano la motivazione di questa scelta. Tra coloro che hanno specificato, la ragione fornita è la presenza di una componente sia maschile che femminile in entrambe le sfere di partecipazione: vi sarebbero, quindi, giocatrici fortemente competitive così come uomini che prediligono attività quali disegno e cosplay.

Quesito 35: “Hai mai svolto alcune di queste attività?”

La domanda si riferisce questa volta alle attività praticate nell’ambiente di fandom, con l’obiettivo di determinare quali tipologie di fan productivity siano più sviluppate e in quale percentuale gli utenti siano attivi o inattivi non solo a livello di partecipazione (presa in considerazione nella sezione precedente) ma a livello di produzione di contenuti. Il grafico seguente ci mostra quali siano le opzioni più selezionate:

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Notiamo che, a pari merito (34,4%) le attività che vedono una più diffusa partecipazione sono “cosplay/fotografia cosplay” e “visione e interazione con streaming altrui”; vengono successivamente le attività di “disegno e condivisione di fan arts” con il 25%; il 12,5% si è cimentato con lo streaming delle proprie sessioni di gioco; solo il 6,3%, infine, ha scelto “disegno e condivisione dojinshi”. Si nota la totale assenza di chi si è cimentato in attività di scrittura e attività di carattere informativo, quale la realizzazione di guide (scritte/video), database, ecc. Vi è, infine, una buona parte di utenti che non ha mai partecipato a nessun tipo di attività produttiva (31,3%).

Quesito 36: “Riguardo alle attività della domanda precedente, quali di queste motivazioni ti si addicono di più?”

Per completare il quadro individuato dal quesito 35 con l’aspetto motivazionale della produttività, il grafico seguente mostra le risposte a questa domanda:

L’opzione che ha ricevuto più riscontri (56,3%) è “passare il tempo”: l’approccio ad Overwatch, quindi, appare per la maggior parte finalizzato al divertimento personale momentaneo, con un basso coinvolgimento nelle dinamiche della community (al di fuori dei propri amici o conoscenti con cui si gioca) e, in generale, un basso attaccamento anche al brand. Il 50% degli utenti ha scelto “migliorare le mie abilità”: in questa risposta confluiscono sia le pratiche creative (ad esempio, chi pratica cosplay per migliorare nella realizzazione costumi, pose, ecc.) sia le abilità di gioco (osservando, ad esempio, il modo in cui un personaggio viene giocato da altri attraverso lo streaming). Il 37,5% ritiene che la motivazione principale della loro partecipazione sia invece la possibilità di relazionarsi o conoscere nuove persone, mentre il 34,4% ha scelto “acquisire nuove conoscenze” (per cui vale un discorso analogo al miglioramento delle abilità). A 9,4% si collocano invece “contribuire ad arricchire la

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community”, “sentirmi psicologicamente bene con me stesso/a” e “apprezzarmi esteticamente” (queste ultime legate in particolare alla componente affettiva delle attività creative, vedi Lamerichs 2018 al capitolo 2). Infine, tra le opzioni con i riscontri minori vi sono “guadagnare denaro” (6,3%) e “creare contenuti che ritengo non/poco presenti nel franchise” (questa opzione, in particolare, riferita al ruolo che spesso hanno i fandom di videogiochi in cui la rappresentazione dei personaggi appartenenti a minoranze è carente). Se osserviamo i grafici, notiamo tuttavia che il dato relativo alla non partecipazione ad alcuna attività è troppo diverso tra i quesiti 35 e 36: nel secondo caso, probabilmente, parte delle risposte si riferiscono anche alle attività di gioco e non solo alla produttività di fandom.

Quesito 37: “Per te, quanto è importante la condivisione di ciò che fai con gli altri?”

La domanda prevedeva l’assegnazione di un giudizio da 1 a 5 (1=per nulla importante, 5=estremamente importante). Dal grafico seguente, possiamo osservare che la maggior parte delle risposte si colloca nello spettro di alta importanza, con una maggioranza di valori 5 (31,3%).

Il risultato può dirsi in linea con le tipologie di attività principalmente emerse nel quesito 35: streaming, cosplay e fan arts sono infatti le pratiche che più beneficiano della condivisione in rete nella formazione di sharing/gift economies (vedi capitolo 2).

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Quesito 38: “Ci sono episodi particolari legati ad Overwatch che ti hanno coinvolto emotivamente (es. incontri, eventi, attività particolari da solo o in gruppo, ecc.)? Se puoi, descrivi brevemente.”

In quest’ultima domanda, i partecipanti hanno risposto liberamente in maniera descrittiva; analogamente al procedimento per le domande precedenti della stessa tipologia, le risposte sono state raggruppate tramite concetti chiave e rappresentate nel seguente grafico:

Vi è una leggera maggioranza di partecipanti che hanno sperimentato episodi di coinvolgimento emotivo nelle attività relative a Overwatch. All’interno di questa, le descrizioni degli episodi in questione hanno prodotto i seguenti concetti chiave:

Figura 109: Overwatch, suddivisione dei partecipanti per presenza di episodi emotivamente coinvolgenti

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Innanzitutto, possiamo osservare che la maggior parte degli episodi avvenuti ha valenza positiva: solo il 5,9% racconta infatti di aver avuto scontri all’interno della comunità tali da aver deciso di abbandonare completamente il franchise. Tra gli episodi positivi, il 58,8% riguardano le relazioni interpersonali: nuovi incontri resi possibili da una passione in comune, o il consolidamento di amicizie già esistenti attraverso una routine frequente di gioco in squadra e affiatamento; il 23,5% riguardano invece l’ambiente cosplay, gli incontri con gruppi tematici di Overwatch durante gli eventi e gli scatti in compagnia; infine l’11,8% riguarda i corti cinematografici, che hanno permesso ad alcuni utenti di commuoversi e provare empatia verso un determinato personaggio.

Con l’elaborazione e il commento dei dati relativi ai due questionari, si conclude il quarto capitolo. Nella prossima e ultima parte di questa ricerca, sarà nostro compito riepilogare quanto emerso nel corso della trattazione e illustrare le conclusioni che è stato possibile trarre, evidenziando quali punti rispecchino le ipotesi di partenza e quali, invece, se ne distacchino; non da ultimo, sarà necessario mettere in luce quale possa essere stato il contributo di questa ricerca, quali i suoi limiti e, naturalmente, quali quesiti aspettino ancora risposta.

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Conclusioni

All’inizio della ricerca, in particolare al capitolo 1, si è cercato di ricostruire una panoramica dei generi videoludici in cui Overwatch e Fate/Grand Order si potrebbero collocare. Overwatch è una produzione blockbuster, o Tripla A, appartenente allo specifico genere dei FPS competitivi: per questo motivo, prima di trattare direttamente questo titolo, abbiamo preferito approfondire il contesto videoludico relativo al genere sopracitato, riportandone gli elementi caratteristici riguardo al modello di business, alla tecnologia utilizzata, alle regole di gioco e, non da ultimo, al rapporto tra videogioco e pubblico dal punto di vista di cultura e pratiche videoludiche. Abbiamo poi adottato lo stesso procedimento per Fate/Grand Order, inquadrandolo all’interno della categoria dei gacha games, sottogenere specifico dei mobile games che, a loro volta, si possono inserire tra i casual games: anche in questo caso abbiamo preso in considerazione i punti di vista menzionati sopra con l’aiuto della letteratura accademica in ambito di Game Studies. Il focus della ricerca verte tuttavia non tanto sull’analisi testuale dei due videogiochi, quanto al rapporto tra essi ed il loro fandom: nello specifico, il contesto è quello di media mix franchise, all’interno del quale il ruolo del fandom è stato analizzato attraverso il concetto di brand modding che si esplica, nella pratica, grazie ai contenuti amatoriali prodotti da fan e giocatori. Inoltre, proprio in merito alla produzione amatoriale, abbiamo considerato il ruolo dell’affettività nel rapporto tra giocatori e specifici elementi dei videogiochi, tra cui i personaggi e la narrazione; infine, abbiamo cercato di evidenziare la rilevanza della condivisione (su social networks o internet in generale) all’interno della fan productivity tramite i concetti di sharing e hybrid economy (Noppe, 2014). L’obiettivo ultimo del lavoro è stato, infatti, determinare l’esistenza e l’entità di tutte le dinamiche sopracitate su Overwatch e Fate/Grand Order.

I risultati emersi dai questionari, per quanto limitati per numero e nazionalità dei partecipanti, ci danno l’opportunità di formulare alcune considerazioni conclusive rispetto ai quadri contestuali e alle ipotesi formulate all’inizio della ricerca. Per una questione di ordine logico, esporremo ora le conclusioni tratte toccando principalmente quattro macro argomenti: 1) la pertinenza di Overwatch e

Fate/Grand Order ai generi videoludici di riferimento descritti in partenza, sulla base di regole,

pubblico e meccaniche di gioco: vedremo se e quali elementi corrispondono, e quali invece non si conformano alle caratteristiche di blockbuster FPS competitivi e casual games individuate dalla letteratura accademica a cui abbiamo fatto riferimento; 2) il collocamento dei giochi all’interno dei rispettivi media mix, il ruolo del fandom nel brand modding e il rapporto tra community e singoli; 3) le pratiche produttive dei partecipanti: tipologia, rilevanza nel rapporto con il brand e articolazione sul territorio; 4) le dinamiche di genere emerse relativamente ai due videogiochi, rispetto al contesto tracciato dalle fonti accademiche.

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Prendiamo ora in considerazione il primo punto. La collocazione di Overwatch e FGO nei rispettivi generi FPS competitivo e mobile RPG è assodata. Tuttavia, la loro corrispondenza ai “canoni” di hardcore gaming e casual gaming così come teorizzati da Nieborg (2016), Leaver et.al (2016) e Juul (2010) appare problematica, in quanto alcune caratteristiche dei due titoli presi in esame si distaccano da quelle dei rispettivi contesti videoludici. Parte della letteratura accademica nell’ambito dei Game Studies, tra cui gli autori appena citati, distingueva hardcore/casual games e

hardcore/casual gaming tramite (ma non solo) gameplay e ruolo della storia all’interno del gioco: si

associavano da un lato i videogiochi hardcore con regole più laboriose, una maggiore quantità di narrazione e, di conseguenza, la potenziale necessità di dedicare molto tempo e concentrazione al gioco; dall’altro, i casual games sono stati identificati con un gameplay semplice, meno intenso in termini di tempo e concentrazione richiesti sia a causa di una trama poco o per nulla presente, sia a causa della relativa facilità di interruzione della sessione. Overwatch e Fate/Grand Order mostrano le seguenti caratteristiche che rendono difficile, a mio parere, incasellarli perfettamente utilizzando le teorie di inizio e fine anni Dieci sopra menzionate.

Il primo è indubbiamente un titolo creato fin da subito per la competizione e, a causa del suo

gameplay dinamico e delle molte abilità dei personaggi, può certamente richiedere un consistente

investimento di tempo e sforzo. Tuttavia, i risultati del questionario sugli utenti in Italia sembrano indicare una netta preferenza per l’approccio casual: benché la competitività sia percepita come un fattore identificativo del videogioco, essa gode anche di una considerazione relativamente bassa tra i giocatori; inoltre, in Overwatch è assente qualsiasi tipo di modalità storia e la trama compare nel gioco solo come frammenti di informazione sparsi tra voice lines collezionabili. Essendo del tutto accessoria al gameplay, appare ormai inappropriato associare generalmente le costose produzioni Tripla A di genere sparatutto, ecc. ad una narrazione corposa e ad uno stile di gioco necessariamente impegnativo, e di conseguenza all’hardcore gaming per definizione.

Fate/Grand Order, d’altro canto, pur essendo un mobile RPG gacha game, è fortemente

identificato dal suo pubblico con la trama, che è anche una delle motivazioni principali di gioco; la narrazione è corposa, lunga e l’interruzione non agevole, tant’è che, come argomentato nel corso del lavoro, ritengo il gameplay di FGO più simile alla visual novel Fate/Stay Night che ad altri gacha

games. A sostegno di questa ipotesi, la maggior parte degli utenti gioca principalmente nella propria

abitazione, come si farebbe con un videogioco per PC o console. Inoltre, anche se i dati del questionario restituiscono una generale preferenza per un approccio casual al gioco (passatempo, bassa concentrazione) la curva di apprendimento è tutt’altro che alta: alcune sfide richiedono una profonda conoscenza delle abilità dei personaggi e una attenta pianificazione.

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Possiamo dunque sostenere che, sebbene alcuni dei punti individuati dalla letteratura accademica finora considerata siano tuttora validi, una chiara distinzione tra giochi hardcore e casual, e tra giocatori hardcore e casual sia difficile da attuare e poco significativa all’interno del panorama videoludico attuale: è necessario, in sostanza, approcciare lo studio di prodotti videoludici e tipologie di giocatori con definizioni e categorie che tengano conto di nuove forme di intrattenimento e condivisione. Inoltre, e questo conduce ai punti successivi delle conclusioni, ritengo che l’analisi del

fandom e delle sue pratiche, nonché del suo ruolo nel definire l’immagine di prodotto (o brand)

videoludico, possa dare un contributo fondamentale qualora, come in questo caso, un’analisi degli aspetti formali del videogioco non restituisca risultati soddisfacenti.

Il secondo punto che intendiamo approfondire riguarda il rapporto tra i due videogiochi e i loro rispettivi contesti di media mix, nonché i ruoli del fandom come fattori di estensione e rielaborazione dei brand. Innanzitutto, sia Fate/Grand Order che Overwatch, alla luce dei risultati ottenuti, si confermano character-centric: i personaggi rappresentano infatti non solo una delle componenti che più risaltano in termini di notorietà tra le caratteristiche dei brand, ma anche quelli recepiti più positivamente dal pubblico e più influenti sui motivi che hanno portato gli utenti ad avvicinarsi ai due giochi. Entrambi i titoli sono stati generalmente considerati in termini positivi per tipologie di rappresentazione (etnica, di genere, di provenienza e di identità) e anche le rispettive comunità di utenti sono, per la maggior parte, giudicate come ambienti inclusivi da chi vi partecipa. I personaggi, in quanto contenuti caratterizzanti e più in vista, rimangono dunque uno dei punti principali attorno a cui si modella l’esperienza di brand e, riteniamo, un certo tipo di community e pratiche socioculturali.

Ciononostante, vi è una fondamentale differenza fra i due titoli: l’estensione dell’universo narrativo e il loro posizionamento in quest’ultimo. Nel caso di Overwatch è presente un universo abbozzato, costituito da un quadro narrativo generale in cui si inseriscono le trame secondarie relative ai vari personaggi e alle loro relazioni; inoltre, tutti i media attraverso cui questo universo narrativo prende forma sono posteriori al videogioco e opera di un singolo attore: la software house Blizzard Entertainment. Fate/Grand Order si inserisce invece come espansione nel già presente universo narrativo di Fate, arricchendolo con contenuti originali sempre coerenti con i punti cardine del media

mix franchise. Fin dalle origini dell’universo di Fate, vi è stata una diffusa collaborazione tra

contenuti ufficiali e contenuti amatoriali, ragion per cui il media mix, complice una cultura di

derivative works radicata in Giappone, vede una molteplicità di attori coesistere (se non collaborare)

sullo stesso piano e arricchire il franchise con produzioni molto variegate. Se dovessimo utilizzare un concetto per riassumere la struttura dei due media mix franchise, potremmo dire che, mentre

Overwatch somiglia ad un sistema con una chiara origine (il videogioco) da cui si dipanano le varie

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con vari contenuti, alcuni più in vista e alcuni più di nicchia, alcuni collegati ed altri a sé stanti, in cui non si percepiscono separazioni nette tra contenuti canonici e amatoriali: in sostanza, non si percepisce una forte autorialità sul brand da parte di un singolo attore e la casa produttrice, TYPE- MOON, è più una presenza identificata con determinati elementi dell’universo narrativo (Nasuverse). Se fin dagli anni Duemila, o anche prima, si discute della maggiore validità delle teorie basate su

characters e database di Azuma (2001, 2009) o delle teorie sulla grand non-narrative di Ōtsuka

(2001, 2010), attraverso questa ricerca abbiamo riscontrato che nell’analisi di fandom entrambe appaiono rilevanti.

Alla luce delle considerazioni effettuate, appaiono pertinenti anche i risultati dei questionari in merito all’identificazione degli utenti nelle categorie “fan” e “giocatore”: nel caso di Fate/Grand

Order la maggior parte dei partecipanti si definisce fan e, indipendentemente dalla partecipazione al

gioco, interagisce con il brand attraverso produzione e fruizione di contenuti ufficiali e amatoriali. In sostanza, il fandom è relativo al franchise nella sua interezza e non al videogioco nello specifico. D’altro canto, all’interno del questionario di Overwatch è emerso un risultato opposto: benché il

fandom sia presente, la maggioranza dei partecipanti si dichiara “giocatore” e, nel rapporto con il

brand, non prescinde dall’esperienza videoludica; per questo motivo, nonostante i due videogiochi presentino ugualmente un mix che vede nei personaggi l’elemento maggiormente attraente ed identificativo, il ruolo dei rispettivi fandom nel brand modding appare nettamente diverso. Nonostante sia Overwatch che Fate/Grand Order possano dirsi media mix franchise e aderiscano al relativo modello concettuale proposto da Susana Tosca & Akinori Nakamura (2019, p.4) (vedi figura), ritengo che, alla luce delle differenze sopra argomentate, sia opportuno provare a cercare concetti e termini che potrebbero essere più calzanti e appropriati.

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Per questo, suggeriamo l’utilizzo della terminologia proposta da Tosca, Ishikawa e Nakamura, che cercano di fare luce sui numerosi termini utilizzati relativamente al media mix. Riteniamo che il concetto di “pan entertainment”, recentemente utilizzato nel settore dell’industria culturale in Cina, sia particolarmente adatto al caso di FGO: esso tiene infatti conto, a livello di branding e contenuti, del ruolo della produttività amatoriale di fandom in tutte le sue pratiche (Tosca et al. 2019, pp.48-49). Per Overwatch, invece, riteniamo sia calzante il termine “media franchise”, che fa rifermento ad un’organizzazione del mix che non tiene conto della produzione amatoriale (ibid., pp.48-49): in questo caso, il branding si attua per la maggior parte attraverso i soli contenuti ufficiali di produzione Blizzard Entertainment e, pertanto, le dinamiche di fandom non sembrano riscontrare la stessa visibilità e la stessa importanza nella costruzione dell’immagine del franchise.

Veniamo ora al terzo punto, le dinamiche di fan productivity più in dettaglio. Nei fandom di entrambi i franchise spiccano tra le attività con maggiore seguito e interesse quelle di tipologia creativa, primi tra tutti cosplay e disegno. Tra tutti i contenuti, queste pratiche sono quelle più strettamente connesse con i personaggi, le loro rappresentazioni e rielaborazioni ufficiali e fanmade; inoltre, il rapporto tra fan/giocatori e personaggi è, come abbiamo visto, regolato da dinamiche di affettività e proiezione dell’immaginazione/fantasia. Di conseguenza, possiamo affermare che: 1) la relazione affettiva tra utente e personaggi sia la base anche del rapporto tra utente e brand, essendo questi ultimi gli elementi più rappresentativi ed identificativi dei due titoli; 2) la suddetta relazione di affettività sia fortemente legata a fattori estetici (personaggi) e narrativi (trama, universo narrativo): tanto più questi elementi sono presenti e valutati positivamente, tanto più è possibile che, anche al di

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