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PÉREZ-ARANTEGUI 2008 78 PÉREZ-ARANTEGUI 2009.

Impurezze ed elementi associati al cobalto

77 PÉREZ-ARANTEGUI 2008 78 PÉREZ-ARANTEGUI 2009.

centro di produzione epoca As Deruta 1475-1500 no Faenza 1475-1500 no Romagna-Marche 1475-1500 no Toscana-Romagna 1475-1500 no Italia centrale 1475-1500 si Roma 1475-1525 no Roma 1475-1525 si Deruta 1475-1525 si area metaurense 1500-25 si Casteldurante (2 manufatti) 1500-25 si Deruta (3 manufatti) 1500-25 si Faenza (2 manufatti) 1500-25 si Montelupo (3 manufatti) 1500-25 si Veneto? Casteldurante? 1500-25 si Veneto-Liguria / Roma? 1500-25 si Venezia 1500-25 si Venezia? 1500-25 si Deruta (4 manufatti) 1500-50 si Faenza (2 manufatti) 1500-50 si Tab. 4.2 – Presenza/assenza di arsenico negli az- zurri di un gruppo di maioliche rinascimentali rin- venute in uno scavo nel Palazzo della Cancelleria a Roma [da BANDINI 1997].

minéral le plus arsénical” 80. Sulla base di questi presupposti ci si aspetterebbe di trovare

sempre l’arsenico associato al cobalto nelle analisi effettuate sui manufatti, il che non cor- risponde alla situazione reale; nel presente paragrafo ci occuperemo pertanto di tale as- sociazione e delle conseguenze che essa comporta. La presenza/assenza di arsenico co- stituisce infatti un fattore determinante nella caratterizzazione del cobalto in manufatti pro- dotti in Europa dall’epoca tardomedievale. Mentre la presenza di nichel può essere consi- derata pressoché indipendente rispetto alla cronologia di esecuzione, l’arsenico tende in- vece a comparire, preferibilmente ma non sistematicamente, a partire da un determinato periodo. Vari gruppi di ricerca hanno segnalato questa caratteristica e il discrimine crono- logico che essa rimarca. Tale discrimine, ovviamente, ha delle oscillazioni legate alla casi- stica volta per volta presa in esame, alla possibilità di datare con una forchetta più o meno stretta i manufatti indagati, ai siti di produzione dei manufatti stessi (che possono aver re- cepito con ritardo o meno il cambiamento tecnologico alla base di tale variazione) e, oc- corre sempre tenerli presenti, alle potenzialità e ai limiti di rilevabilità della tecnica analitica impiegata.

Gli studi di Gratuze, pur separando le due tipologie (Co-Ni e Co-Ni-As 81) non hanno evi-

denziato una netta sequenzialità cronologica nel loro manifestarsi. La tipologia Co-Ni, per esempio, compare tra il 1370 e il 1390 82 e mostra code che si estendono almeno al primo

quarto del XVI secolo 83, mentre per la tipologia Co-Ni-As lo stesso autore sottolinea che

“il est à noter là aussi la présence dans ce groupe de quelques verres datés de la fin du XVème siècle” 84.

Il primo tentativo in merito all’individua- zione di una cesura cronologica tra l’impiego della tipologia Co-Ni e la tipolo- gia Co-Ni-As è probabilmente avvenuto su un gruppo di ventinove frammenti di maiolica provenienti da un butto (chiuso nel corso del XVI secolo) rivenuto in scavi effettuati nel Palazzo della Cancelleria a Roma, e analizzati in maniera non distrut- tiva mediante analisi di fluorescenza x85.

Tali maioliche sono state classificate su base stilistica come prodotte nei maggiori centri ceramistici dell’Italia centrale, set- tentrionale e adriatica (compresa Vene- zia), in un arco temporale che va dal 1475 al 1550 circa (tab. 4.2).

Nel caso delle maioliche rinvenute nel but- to del Palazzo della Cancelleria la cesura nell’impiego tra le due tipologie di cobalto utilizzato (Co-Ni e Co-Ni-As) veniva a ca- dere tra l’ultimo quarto del XV secolo e il primo quarto del XVI secolo. Lo stesso gruppo di ricerca, operando su alcune robbiane ha riscontrato sistematicamente

80 SAUR 1750, p. 344.

81 Per alcuni autori anche il rubidio è associato a questa tipologia. BIRON 2004, p. 95. 82 Si tratta di frammenti di vetro rinvenuti in un butto nella rue de Limas ad Avignone.

GRATUZE 1992, p. 105.

83 GRATUZE 1996, p. 80 e SOULIER 1994, fig. 6. 84 GRATUZE 1996, p. 80.

l’assenza di arsenico in quelle realizzate entro il primo decennio del XVI secolo 86. Esclu-

dendo i pezzi la cui datazione al XVI secolo è troppo generica per costituire un valido indi- catore, i manufatti più recenti sono il fonte battesimale di Benedetto Buglioni (Firenze 1461–1521) nella chiesa di San Giusto in Piazzanese a Prato (1510 circa) e la statuetta di San Pietro attribuita a Giovanni Della Robbia (Firenze 1469 – 1529) nel Museo Bandini a Fiesole (1520 circa), da cui si estrapola che la tipologia Co-Ni era ancora in uso a Firenze alla fine della seconda decade del XVI secolo.

Fortunatamente le robbiane sono state ampiamente indagate, anche e soprattutto sul fronte della caratterizzazione dei minerali di cobalto, per cui è possibile instaurare con- fronti che portano a considerazioni interessanti 87.

Riguardo a sedici opere realizzate nella bottega di Andrea Della Robbia e due di mani- fattura della medesima bottega o per mano di Luca II (o il Giovane, Firenze 1475 – Parigi 1548), prodotte nell’ultimo quarto del XV secolo o nel primo decennio del secolo succes- sivo, lo studio di prelievi al microscopio elettronico a scansione con microsonda ha mo- strato l’assenza dell’arsenico dalla composizione degli azzurri 88.

Sorprendentemente, l’arsenico è presente nello smalto azzurro dei tondi con le Allegorie dei mesi nel Victoria and Albert Museum, investigati col microscopio elettronico a scan- sione 89. Si tratta di un soffitto dipinto da Luca Della Robbia (Firenze 1400 circa – 1482)

per Piero de’ Medici (Firenze 1414 – 1469) attorno al 1455 (fig. 4.11); la determinazione dell’arsenico in un’opera di Luca, capostipite della bottega dei Della Robbia e inventore del genere artistico delle robbiane 90, appunto, costituisce un fattore spiazzante, in quan-

to la norma è che almeno sino ai primi anni del XVI secolo l’arsenico è assente dagli smalti azzurri di questa tipologia di manufatti prodotti a Firenze.

Studi ancora più recenti sono stati effettuati con analisi PIXE su un cospicuo numero di robbiane appartenenti al Museo del Bargello 91 e ad altre istituzioni italiane e collezioni

pubbliche francesi 92, nonché su un gruppo omogeneo di opere prodotte all’interno

86 Alle tre opere di Andrea Della Robbia citate nel paragrafo 4.3 [la Madonna del cuscino della

Galleria Regionale della Sicilia (1475 circa), la Madonna col Bambino nella pieve di Santa Maria assunta di Stia (1490-1500) e il tabernacolo di Montalcino (1507-10)] si aggiungono la testa di fanciullo di Luca Della Robbia nel Museo Filangeri di Napoli (1445 circa), due rob- biane del XV secolo (una ghirlanda a motivo di festone nell’ex-Ospedaletto di Santa Croce a Montalcino e una testa di giovane nell’Arciconfraternita di San Francesco a Firenze), la Pala di Santa Chiara nel Museo Civico di Sansepolcro ascritta alla bottega di Andrea Della Rob- bia e databile attorno al 1485, la statuetta di San Pietro nel Museo Bandini a Fiesole ascritta alla bottega di Giovanni Della Robbia e databile attorno al 1520, il fonte battesimale di Bene- detto Buglioni nella chiesa di San Giusto in Piazzanese a Prato (1510 circa) e un frammento di festone del XVI secolo nei depositi dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze.

87 In alcuni casi sono state avanzate nuove ipotesi, in un certo senso spiazzanti, che dovran-

no in futuro essere sottoposte a un attento vaglio. Si cita per esempio la proposta, condot- ta sulla base di prove esclusivamente indiziarie, che il cobalto non costituisca l’unico agen- te colorante azzurro negli smalti robbiani: “we suggest that the famous Della Robbia blue could be due to combined effect of S3- ions in a lead silicate matrix (called ‘lead ultramari-

ne’ in the present study) and Co atoms”. SENDOVA 2007, p. 663.

88 RUFFINI 2007. Nel gruppo di opere sono presenti anche la Madonna del cuscino della

Galleria Regionale della Sicilia e il tabernacolo di Montalcino, precedentemente analizza- te mediante analisi XRF da un differente gruppo di ricerca.

89 KINGERY 1990.

90 I primi rilievi smaltati di Luca Della Robbia risalgono infatti agli inizi del quinto decennio

del XV secolo; tra questi si citano il Tabernacolo del Sacramento, realizzato nel 1441 per la Cappella di San Luca nello Spedale fiorentino di Santa Maria nova (ora a Santa Maria a Peretola) e la lunetta con la Resurrezione (1442-44), sovrastante il portale della Sagrestia delle messe in Santa Maria del Fiore.

91 PAPPALARDO 2004.

Fig. 4.11 – Luca Della Robbia, tondo col Mese di aprile, dal soffit- to per lo studiolo di Piero de’ Medici (1455 circa). Londra, Victo- ria and Albert Museum [foto David Jackson, da Wikimedia Commons].

all’interno della bottega di An- drea Della Robbia 93. Nel caso

delle robbiane del Bargello, che possiede una raccolta estremamente rappresentati- va di questo genere di manu- fatti, il passaggio dalla tipolo- gia Co-Ni a quella Co-Ni-As sembrerebbe avvenire in un periodo ben circoscritto, tra il 1515 e il 1520, essendo l’arsenico assente nella Pietà di Giovanni Della Robbia (da- tabile attorno al 1514-15) e presente nel frammento di un’Adorazione con cornice di angeli di Luca il Giovane, An- drea e Giovanni Della Robbia (databile attorno al 1520) e nella Natività di Giovanni Del- la Robbia, datata al 1521 94.

Gli studi effettuati sulle rob- biane in collezioni francesi e italiane, che si basano su una statistica più consistente, sembrerebbero restringere an-

cor più il fuoco sul momento in cui avviene il cambiamento tecnologico, collocandolo al 1517-20 95. I dati pubblicati giustificano però solo uno degli estremi di questo intervallo, il

1520, anno in cui è datata la pala d’altare di Benedetto Buglioni per lo Spedale degli Inno- centi a Firenze (sui cui azzurri è stato determinato l’arsenico), mentre al 1517 non corri- sponde nessuna delle opere analizzate o, anche citate, nell’articolo.

A dire il vero, confrontando i lavori sulle robbiane pubblicati dal gruppo italo-francese si assiste a un tentativo di assestamento cronologico delle attribuzioni in funzione della ricer- ca di un accordo con dati storici (la presunta scoperta della zaffera da parte di Peter Wei- denhammer nel 1520) ritenuti incontestabili anche negli studi precedenti 96. Al contrario, la

data del 1520 secondo Christian Meltzer (Wolkenstein 1655 – Buchholz 1733), pastore della chiesa di Sankt Katharinen a Buchholz (Schneeberg), l’unica fonte che effettivamen- te la cita, non si riferisce ad alcuna scoperta, che invece deve essere avvenuta anni prima, in quanto nel 1520 è ufficialmente documentata la raggiunta agiatezza di Peter Weiden- hammer, con la menzione del suo nome (presumibilmente in qualità di donatore) in una vetrata (non più esistente già al tempo di Meltzer) nella grande chiesa di Schneeberg, in una posizione di rilievo (dietro al pulpito, in una finestra in basso); a questo si aggiunge che l’effettiva competenza (e non scoperta) di Peter Weidenhammer, sempre secondo Christian Meltzer, concerne la possibilità di ricavare la zaffera (Safflorfarbe) dalle scorie del bismuto (Wismuthgraupen), pertanto più che l’arsenico, dovrebbe essere il bismuto l’elemento chiave che consente di associare i dati analitici al procedimento messo a punto da Peter Weidenhammer 97, elemento che invece, stando ai dati pubblicati, non sembra

presente nelle robbiane indagate dal gruppo di ricerca italo-francese 98.

93 RUFFINI 2007.