II. La bellezza e la scienza (Il Regno di Prometeo)
II.2 L'orizzonte del fare: praxis e perdita del paesaggio
II.2.1 Paesaggio e libertà
Per dominare, non soltanto attraverso i concetti e le strutture astratte, ma anche attraverso la prassi, occorre essere liberi.
La libertà umana è infatti la condizione della libertà pratica dell'uomo138.
Una volta scoperta esteticamente la natura quale paesaggio, attraverso cui l'uomo diventa effettivamente libero nella natura, è possibile realizzare l' intervento fattivo, pratico su di essa:
<<Senza questa scoperta estetica, che ha ammansito la natura selvaggia e l'ha costituita come orizzonte per la libertà dell'uomo, non sarebbe stato possibile che l'uomo intervenisse con la propria operosità a trasformare i deserti in terre produttrici di ricchezza, a cercare presso le rocce e i ghiacciai certi modi di esistenza felice che il mondo nella sua vita giornaliera non gli consente>>139.
Il punto di vista di Assunto è antitetico rispetto a quello di J. Ritter. Per quest'ultimo infatti, il godimento e l'inclinazione estetica verso la natura come paesaggio, presuppongono il dominio sociale sulla natura, avvenuti con la nascita della civiltà urbana:
<< La natura, intesa come il cielo e la terra, diventa tradotta esteticamente nella forma del paesaggio, il contenuto stesso della libertà, la cui esistenza presuppone la società e il dominio sulla natura, soggiogata e ridotta ad oggetto. Il godimento della natura e l'interesse estetico per la natura presuppongono dunque la libertà e il dominio sociale sulla natura>>140.
Ritter è lontano da Assunto sostanzialmente nel concepire la
138 R. Assunto, Il paesaggio e l'estetica, cit., p. 261. 139 Ivi, p. 267.
libertà dell'uomo nella natura. Infatti, mentre per Assunto la libertà di esseri naturali nella natura si acquista tramite la contemplazione estetica, Ritter pensa a qualcosa di diverso, che molto si avvicina a quanto Schiller esprime nella poesia Der Spaziergang [La Passeggiata]141.
Occupiamoci per un momento di Schiller. Il suo viandante cerca rifugio nella campagna in quanto, storicamente, ha già oltrepassato, attraverso la città, la natura che adesso vede come “perduta”, estranea, così come egli stesso si sente estraneo nei confronti della totalità naturale. Per Schiller essere liberi vuol dire dover necessariamente rinunciare all'unità di esseri inseriti nella natura:
<<La libertà esige l'oggettiva reificazione della natura, escludendo fondamentalmente da sé la natura che presuppone il nostro vivere sulla terra: quando, nella città, la libertà s'affaccia all'esistenza, vengono ripudiati i “fauni del bosco”, lo spettacolo della natura è sottratto all'uomo e “le durevoli stelle si spengono”>>142.
Per Schiller quindi la perdita della natura e l'emancipazione da
141 F. Schiller, La passeggiata, tr. it. Di L. Boccalatte, Ceschina, Milano 1965, cfr. F. Cercignani,
Poesia filosofica o poesia poetica? In A. Costazza (a cura), La poesia filosofica, Molano,
Cisalpino, 2007, pp.163-170.
142 J. Ritter, Paesaggio. La funzione dell'estetico nella società moderna, cit., p.135, F. Schiller,
La passeggiata,cit., pp. 41-45 <<O popolo felice,/cui non preme il progresso: in gioia,/ la
rigorosa legge/ colla terra spartisci/ […] Banditi sono i fauni/ nelle selve, ma devozione/ ora sublime vita/ elargisce alle pietre>>.
essa è la condizione stessa della libertà. In altre parole, per essere libero e non più schiavo della natura, l'uomo deve diventarne legislatore e da soggetto, trasformarla in oggetto. Natura quindi come oggetto, da cui emanciparsi e allontanarsi in vista del dominio, esercizio della propria libertà.
Torniamo adesso ad Assunto.
L' uomo, una volta scopertosi libero nella natura tramite la contemplazione estetica, scopre nella natura come paesaggio un orizzonte di libertà nel quale prende coscienza di sé e delle proprie capacità fattive su di essa.
<<Oltre la libertà nella contemplazione, ma già nella contemplazione che costituisce il paesaggio come orizzonte di libertà, la libertà prende coscienza di sé come una possibilità indeterminata e incondizionata di fare: un fare che assume a proprio oggetto quella stessa natura che la contemplazione ha oggettualizzata collocandola di fronte all'uomo , per il quale la natura è ormai materia cui dare nuove forme con la propria attività fabbrile>>143.
La natura, nel momento stesso in cui è contemplata, è oggettualizzata dalla libertà del contemplatore che adesso si vede libero, ma questa volta non solo al suo interno, ma anche di fronte alla natura. La coscienza della libertà, frutto della contemplazione estetica della natura come paesaggio, determina un divorzio dalla stessa: <<apre una scissione tra l'uomo, soggetto libero, e la natura quale
oggetto per la libertà di cui l'uomo si sa ormai titolare come una signoria sul possibile. La libertà conquistata nella contemplazione si configura come una fabbrilità da esercitare nell'orizzonte stesso che ha reso possibile la libertà; da esercitare, diciamo sulla natura>>144.
A questo punto ci chiediamo se la libertà pratica sia conciliabile con la natura e, se sì, fino a che punto lo sia.
In altri termini e più semplicemente, quali saranno gli esiti degli interventi sulla natura? Cosa ne sarà della bellezza? Come verrà modificato il vivere umano?
Assunto parla di un paradosso della libertà umana: essa infatti << rischia di uccidere se stessa quando, esercitandosi come libertà fabbrile, come praxis, distrugge l'orizzonte stesso in cui si è resa possibile >>145. La libertà umana nega se stessa nel momento stesso in
cui usa violenza al proprio oggetto e sconvolge l'orizzonte nel quale si è affermata146.
Il fare contro natura nega non solo la nostra libertà, ma anche quella della natura, annienta quindi il paesaggio, in quanto non ne
144 Ibidem. 145 Ivi, p.268.
146 R. Assunto, La città di Anfione e la città di Prometeo. Idea e poetiche della città, cit., p.127 <<Non v'è qui e ora bisogno di testualmente riportare, ancora una volta, le iniziali considerazioni di Horkheimer e Adorno nella Dialettica dell'Illuminismo: dove si denuncia l'autocontraddizione del potere liberatorio attribuito al baconiano signoreggiamento della natura attraverso la prassi, in quanto si fa dominio dell'uomo su se stesso, assoggettamento di sé alla causalità meccanica con cui si credeva di signoreggiare la natura>>.
coglie la dimensione estetica, ma lo considera esclusivamente come spazio utilizzabile, sfruttabile, produttivo. L'abbaglio per Assunto è stato quello di confidare in una nozione riduttiva di libertà: libertà di fronte alla natura che si comporta come libertà contro la natura.
Non è sempre vero però che la libertà di fronte alla natura non possa essere bene utilizzata dall'uomo, in vista per esempio, della trasformazione di un paesaggio in un altro, che viene così metamorfizzato147, assumendo in questo modo la natura come
orizzonte cui, liberamente, la cultura dà forma148.
<<Quasi tutto il paesaggio da noi conosciuto come naturale è un paesaggio plasmato, per così dire dall'uomo: è natura a cui la cultura ha impresso le proprie forme, senza però distruggerla in quanto natura>>149. E' sottile la linea entro cui la libertà dell'homo
faber non nuoce alla natura, ma si occupa solo di darle, come materia, nuove forme culturali.
Questo è accaduto fino al momento dell'industrializzazione definitiva.