• Non ci sono risultati.

Paesi ricchi e paesi poveri: differenze di reddito e di tenore di vita.

Qual è la causa del successo o del fallimento di una Nazione? Una risposta a questa domanda ci viene fornita dai due studiosi precedentemente citati Daron Acemoglu e James A. Robinson, i cui studi danno un valido contributo alla ricerca in ambito economico. Il tema delle differenze che caratterizzano le varie nazioni è sottolineato sin dalle prime pagine del libro con un confronto tra due città confinanti, o meglio, tra due parti della stessa città: Nogales, Arizona, negli Stati Uniti e Nogales, Sonora, in Messico. I fattori di disuguaglianza vengono evidenziati in base ad indicatori come il reddito familiare, le condizioni di salute, l’istruzione, il tenore di vita e i livelli di sicurezza.

I due autori, partendo dal presupposto che la crescita economica è proporzionale agli incentivi offerti agli imprenditori disposti ad investire nelle aziende da parte delle istituzioni politiche ed economiche, sostengono che il motivo della disparità economica delle due Nogales, al di qua e al di là del confine, debba ricercarsi nel fatto che le istituzioni politiche che governano le due parti del territorio considerate non sono le stesse.

A questo punto viene da chiederci il motivo per cui le istituzioni degli Stati Uniti sono più adatte a promuovere il successo economico rispetto a quelle del Messico e, addirittura, dell’intera America Latina.

La motivazione di questa diversità deve essere ricercata analizzando alcuni momenti salienti della storia della fondazione delle colonie del Nordamerica e dell’America Latina per individuare il modo in cui le diverse società si sono formate durante il primo periodo coloniale allorché si determinò un processo di divergenza istituzionale le cui conseguenze perdurano ancora oggi.

2.1 - L’importanza delle Costituzioni.

Un ruolo importante nella formazione delle istituzioni di un paese è da attribuire alla storia, ma non solo. Contano infatti anche i risultati che essa ha permesso di raggiungere all’interno della società di un paese. Ovviamente non tutti i paesi sono stati protagonisti degli stessi accadimenti storici. Questo spiega perché gli Stati Uniti, a differenza del Messico, stipularono la convenzione di Philadelphia già nel 1787, che conteneva principi democratici. Certo, non rispecchiava lo standard di democrazia di oggi, ma sicuramente permise agli Stati Uniti di gettare le basi per costruire istituzioni ben più favorevoli allo sviluppo del paese.

Il Messico invece fu scenario di grande instabilità politica, non possedeva istituzioni politiche capaci di frenare chi abusava del potere ottenuto, infatti tale potere sfociava spesso in una dittatura che

schiacciava i diritti di proprietà dei singoli e non garantiva i servizi pubblici essenziali.

2.2 - I riflessi dell’attività delle istituzioni dalle origini ad oggi.

Questi percorsi storici, secondo gli autori di Perché le nazioni

falliscono, spiegano la ragione per cui Nogales, Arizona, è molto più

prospera di Nogales, Sonora. È la storia delle due città, spiegano Acemoglu e Robinson, ad aver generato le diverse istituzioni operanti su ciascun lato del confine, istituzioni che determinano una struttura di incentivi diversa per i residenti delle due città. Ciascuna società funziona grazie all’insieme di regole create e applicate dallo stato e dai cittadini. Le istituzioni economiche generano incentivi in campo economico, finalizzati all’istruzione, agli investimenti e al progresso tecnologico. È poi il processo politico a definire all’interno di quali istituzioni economiche si svolge la vita dei cittadini e sono le istituzioni politiche a stabilire come funziona questo processo.

Altro importante fattore è il talento individuale, che è importante ad ogni livello sociale ma ha comunque bisogno di una struttura istituzionale che gli permetta di svilupparsi.

Nel corso della loro trattazione, quindi, Acemoglu e Robinson dimostrano come le istituzioni economiche siano determinanti per spiegare la povertà o la prosperità di un paese e come, al contempo, la

qualità delle istituzioni economiche dipenda dalla politica e dalle istituzioni politiche.

Il confronto tra Messico e Stato Uniti è uno dei tanti esempi usati da Acemoglu e Robinson per illustrare quella che loro definiscono “teoria della disuguaglianza globale”. Questa teoria che costituisce il cardine del loro lavoro di ricerca, stabilisce che le istituzioni politiche e quelle economiche interagiscono generando povertà e prosperità. La storia delle Americhe ha illustrato quali forze diano forma a questo processo nel tempo, e quindi il forte elemento di ‘path-dependency’ che caratterizza la teoria di Acemoglu e Robinson. Le diverse strutture istituzionali di oggi risentono profondamente del passato, a causa dell’inerzia che porta ogni società a preservare le proprie caratteristiche.

Proprio perché il ruolo delle istituzioni diventa determinante per il successo o il fallimento di un paese, è necessario analizzare anche il modo in cui le istituzioni nascono e si trasformano nel tempo, e di come talvolta restino uguali a sé stesse.

2.3 - Come spiegare le grandi differenze riguardo a povertà, ricchezza e cicli di crescita.

Prima di passare ad illustrare la loro teoria, nel capitolo 2 di Perché le

nazioni falliscono, Acemoglu e Robinson discutono alcune “Teorie che

state avanzate da vari studiosi nel tentativo di spiegare le disuguaglianze a livello globale12.

La prima tra queste è l’ipotesi geografica che spiega il divario tra paesi ricchi e paesi poveri a partire dalla loro diversità in termini geografici. Secondo questa teoria, i paesi più ricchi tendono a trovarsi a latitudini caratterizzate da un clima temperato.

Questo aspetto faceva parte anche del pensiero di Montesquieu che già nel XVIII secolo ipotizzò un collegamento tra geografia, povertà e ricchezza, per cui le popolazioni stanziate in aree tropicali tendevano ad essere più povere. Oggi invece questa teoria è ancora sostenuta ad esempio da Jeffrey Sachs13, il quale sposta però l’attenzione sul fatto

che le aree tropicali sono più soggette a malattie e sulla produttività agricola di questi territori, di solito inferiore rispetto a quella delle aree temperate.

Un’altra autorevole versione dell’ipotesi geografica è stata formulata da Jared Diamond14, ecologo e biologo, il quale sostiene che le

disuguaglianze tra i continenti dipendono dalla diversa distribuzione delle specie animali e vegetali, influendo così sulla produttività agricola.

12Acemoglu D., Robinson J.A., 2013, cap.2.

13 Sachs J.B., 2005.

Acemoglu e Robinson non concordano né con Sachs né con Diamond per quanto riguarda la teoria della disuguaglianza globale. La spiegazione del divario non può secondo loro essere rintracciata nel clima o nella presenza di malattie, come sostiene in particolare Sachs, o da qualsiasi altro elemento dell’ipotesi geografica. Basti pensare al caso delle due Nogales. Ciò che realmente le separa non è il clima, la geografia o il contesto epidemiologico bensì il confine tra Messico e Stati Uniti. Secondo gli autori è la stessa storia che dimostra una mancanza di relazione diretta e duratura tra clima, geografia e successo economico15.

La critica che i due studiosi muovono verso il pensiero di Diamond, riguarda la mancata analisi delle problematiche interne a ciascuno dei continenti. A Diamond viene contestato il fatto di analizzare il progresso tecnologico solo da un punto di vista molto generalizzato e in riferimento soltanto alla distribuzione delle specie animali e vegetali e inoltre non spiega il divario tecnologico di oggi, a volte il patrimonio zootecnico non è stato un elemento che ha permesso una crescita economica a lungo termine.

15 Gli avvenimenti storici mettono in evidenza che non c’è una relazione biunivoca e definitiva tra geografia, clima e successo economico. Quando Colombo scoprì il Nuovo continente, a cui corrispondono attualmente Messico, America centrale, Bolivia e Perù, si trovò di fronte a popolazioni organizzate politicamente e a territori ricchi di risorse. In questo caso, non si può affermare che le zone tropicali sono sempre più povere di quelle

Un’altra ipotesi è quella culturale che mette in relazione ricchezza e cultura. Questa teoria è stata formulata dal grande sociologo tedesco Max Weber, per il quale la Riforma e l’etica protestante giocarono un ruolo fondamentale nel favorire l’ascesa delle moderne società industriali dell’Europa occidentale. Oggi l’ipotesi culturale non si fonda più soltanto sulla religione ma considera, più in generale, altri tipi di credenze, valori e modelli etici.

Tale teoria non è totalmente condivisa da Acemoglu e Robinson, i quali ritengono che le norme culturali siano utili, ma non sufficienti, per comprendere lo stato attuale delle disuguaglianze a livello globale. La cultura senza attenzione al percorso istituzionale non può essere l’unico fattore coinvolto nel successo o fallimento di un paese.

Infine una teoria molto diffusa sul perché alcuni paesi siano ricchi e altri poveri è l’ipotesi dell’ignoranza, che applica la celebre definizione di Lionel Robbins per cui l’economia è «La scienza che studia la condotta umana come una relazione tra fini e mezzi scarsi applicabili a usi alternativi.16 Secondo tale teoria, le disuguaglianze globali esistono

perché alcune popolazioni, e soprattutto i loro governanti, ignorando il complesso delle leggi economiche, e quindi i principi in base ai quali le risorse posso essere impiegate in modo economicamente razionale, non sanno come rendere ricco un paese povero.

16 Robbins L., 1953. “Partendo da questa definizione, il passo verso la conclusione che la scienza economica dovrebbe concentrarsi sull’uso efficiente di risorse scarse per soddisfare gli obiettivi della società, è breve” (Acemoglu D., Robinson J.A., 2013, p. 74).

L’ipotesi dell’ignoranza sostiene che i paesi poveri siano tali perché sperimentano numerosi fallimenti del mercato, e perché gli economisti e i politici che li guidano non hanno idea di come eliminarli. I paesi ricchi, invece, sono tali perché hanno saputo elaborare politiche migliori e porre rimedio a questi fallimenti.

Anche tale ipotesi può spiegare al più in maniera solo parziale il motivo della disuguaglianza globale. Secondo Acemoglu e Robinson, per quanto continui ad essere diffusa tra la maggioranza degli economisti e tra le classi dirigenti occidentali, l’ipotesi dell’ignoranza non riesce da sola a dare una spiegazione esauriente dei motivi del divario tra le nazioni ricche e povere. Essa non spiegherebbe né le origini della ricchezza nel mondo né la geografia della disuguaglianza. La tesi degli autori si sintetizza nel fatto che il raggiungimento della prosperità dipende dalla soluzione di alcuni fondamentali problemi politici. Secondo Acemoglu e Robinson per spiegare queste differenze sono sempre necessari degli studi economici, ma questi devono applicarsi a come le diverse politiche e organizzazioni sociali condizionino gli incentivi e il comportamento economico, cosa che, tra l’altro, spiega il motivo di una collaborazione tra un economista e uno scienziato della politica.

2.4 - Istituzioni economiche estrattive ed inclusive: perché i paesi hanno una diversa capacità di sviluppo economico.

Un esempio “visivo” e concreto di ciò che Acemoglu e Robinson hanno in mente viene fornito dall’attuale situazione della Corea, un unico territorio ma diviso in due parti nettamente differenti.

La cartina illustra in modo emblematico il divario economico tra le due Coree, mostrando i dati sull’intensità delle luci artificiali ricavati dalle immagini satellitari notturne. La Corea del Nord è quasi del tutto buia a causa della mancanza di elettricità, a differenza della Corea del Sud che è colma di luci.

Tali evidenti differenze si sono venute a creare dopo la fine della Seconda guerra mondiale, perché i governi del Nord e del Sud scelsero strade molto diverse per l’organizzazione delle loro economie, soprattutto in relazione alla concezione della proprietà privata. Infatti

solo nel Sud della Corea, si sviluppò un modello istituzionale volto al riconoscimento della proprietà privata. Secondo Acemoglu e Robinson non è un caso che i percorsi economici delle due Coree siano stati completamente diversi. L’economia pianificata del Nord si rivelò presto un fallimento.

Al Nord infatti non era previsto alcun diritto che garantisse la proprietà privata, non ci fu nessuna evoluzione che avesse coinvolto le istituzioni politiche ed economiche per favorire poi un’economia di mercato. Al contrario, in Corea del Sud le istituzioni si consolidarono verso un orientamento di tipo inclusivo, sostenendo gli investimenti, promuovendo l’istruzione ed i commerci.

La divergenza tra Corea del Nord e Corea del Sud non ha potuto che ampliarsi nel tempo, fino a raggiungere il suo picco massimo alla fine degli anni novanta. Secondo gli autori, questa situazione all’interno di una stessa nazione è la prova che certe teorie come quella geografica, culturale o dell’ignoranza non possono arrivare a giustificare discrepanze così marcate all’interno di uno stesso paese. Diventa quindi inevitabile considerare il ruolo e l’evoluzione delle istituzioni.

2.5 - Istituzioni inclusive ed estrattive.

Arrivati a questo punto della trattazione, occorre approfondire la differenza che intercorre tra istituzioni economiche inclusive ed estrattive.

Le istituzioni economiche inclusive come quelle della Corea del Sud o negli Stati Uniti, permettono alle persone di valorizzare le loro attività economiche, e di seguire un percorso in linea con i loro obiettivi. Per essere definite inclusive, le istituzioni economiche devono garantire innanzitutto il diritto alla proprietà privata, garantendo il funzionamento di un sistema giuridico imparziale ed un accesso equo al sistema dei contratti. Le istituzioni economiche inclusive favoriscono la crescita della produttività e la prosperità materiale prima di tutto attraverso la garanzia dei diritti di proprietà e dei contratti, che sono gli elementi essenziali di qualsiasi sistema di incentivi che sia capace di promuovere l’iniziativa economica privata.

La garanzia dei diritti quindi può essere definita come una spinta propulsiva dei privati a lavorare, a investire e ad innovare, perché in tal modo si sentono protetti e liberi di agire sul mercato, dal momento che non vi saranno abusi nei loro confronti e non verranno meno i loro meriti e guadagni. Quindi coloro che si trovano all’interno di un paese con istituzioni politiche ed economiche godranno di diritti “diffusi”, distribuiti uniformemente dallo stato, garante della legge e dell’ordine pubblico.

Tali istituzioni però non nascono dal nulla. Alla base della nascita di un tipo di istituzione rispetto ad un altro vi è la politica, e più in particolare il processo che porta le società a scegliere le proprie modalità di governo.

Tale percorso politico sfocia in istituzioni politiche di tipo inclusivo che a loro volta genereranno istituzioni economiche di tipo inclusivo, utili per garantire mercati di tipo inclusivo.

Queste istituzioni inclusive però devono misurarsi con istituzioni estrattive, che hanno caratteristiche decisamente opposte e tendono a sostituirsi appunto alle istituzioni inclusive. Sono le istituzioni estrattive secondo Acemoglu e Robinson, ad essere la vera causa del fallimento delle nazioni:

“Le nazioni falliscono quando hanno istituzioni economiche estrattive sostenute da istituzioni politiche dello stesso genere, che ne intralciano la crescita economica o la impediscono del tutto”17

La caratteristica principale delle istituzioni politiche estrattive è la concentrazione del potere nelle mani di un ristretto gruppo di persone, che tende sempre di più a limitare il potere dei singoli, con l’obiettivo di privarli di qualsiasi diritto, soprattutto quello relativo alla proprietà privata. L’eliminazione, o quanto meno la forte limitazione della proprietà privata, non fa altro che rafforzare l’egemonia delle élites che sono a capo della vita politica del paese.

Di conseguenza, istituzioni politiche estrattive non possono che dar vita a istituzioni economiche estrattive, che avranno come obiettivo

primario il controllo dei settori produttivi e delle risorse a questi destinate.

Lo sviluppo economico quindi sarà fortemente limitato, dal momento che non saranno concessi incentivi ai singoli per il progresso tecnologico. È proprio il progresso tecnologico che “terrorizza” le istituzioni economiche estrattive, che invece sono ancorate a vecchie tecnologie e non tollerano il processo di distruzione creatrice, elaborato da Schumpeter e condiviso anche dagli autori come elemento necessario ed essenziale per lo sviluppo economico.

Inoltre, ed è questa una tesi molto forte sostenuta da Acemoglu e Robinson, anche se tali istituzioni economiche portassero ad uno sviluppo economico, questo non potrà che essere temporaneo, perché troverà inevitabilmente un limite. Soltanto il processo di distruzione creatrice, è infatti capace di generare uno sviluppo solido e duraturo, e quindi il tipo di crescita sostenuta di cui si è parlato nel capitolo precedente. Un’altra tesi sostenuta da Acemoglue Robinson, oltre all’idea per cui il limite allo sviluppo non può che essere ricercata all’interno delle istituzioni stesse, è che le lotte interne tra coloro che detengono il potere porteranno molto probabilmente alla rottura dei fragili equilibri caratteristici di questi assetti istituzionali.

2.6 - Economie sviluppate ed economie sottosviluppate. La teoria dell’ “economia dualistica”.

Alla luce degli eventi storici, è da considerare il paradigma dell’«economia dualistica», proposto per la prima volta nel 1955 da Sir Arthur Lewis e che influenza ancora oggi molti degli scienziati sociali in riferimento ai problemi economici di paesi più arretrati. Secondo Lewis, molte economie meno sviluppate o sottosviluppate hanno una struttura dualistica, in quanto sono caratterizzate dalla coesistenza di un settore moderno e accanto a uno tradizionale. Il settore moderno corrisponde alla parte più sviluppata dell’economia, mentre il settore tradizionale è associato alla vita rurale, all’agricoltura e ad istituzioni e tecnologie «arretrate». Tra le istituzioni agricole arretrate c’è la proprietà collettiva della terra che implica l’assenza dei diritti di proprietà privata. Nel settore tradizionale il lavoro è organizzato in modo così inefficiente, secondo Lewis, da rendere impossibile un suo ricollocamento nel settore moderno senza ridurre la capacità di produrre beni in quello rurale. Per molti di economisti dello sviluppo che hanno condotto i loro studi partendo dalle intuizioni di Lewis, il «problema dello sviluppo» si è concretizzato con il trasferimento di persone e risorse dal settore tradizionale, l’agricoltura e le campagne, al settore moderno.

Tutt’ora l’economia dualistica individuata da Lewis è presente in Sudafrica ed è un altro esempio di sottosviluppo creato, non di

sottosviluppo emerso spontaneamente e destinato a durare per secoli. Secondo Acemoglu e Robinson,

“In questa visione c’è del vero, ma essa non coglie appieno la logica di come l’economia dualistica abbia preso forma, né il suo rapporto con l’economia moderna”18.

2.7 - La risposta dei paesi alle istituzioni create dalla storia.

Le istituzioni politiche ed economiche inclusive sono spesso l’esito di un conflitto tra una élite, che contrasta la crescita economica e il cambiamento politico, e coloro che desiderano contenere il potere economico e politico di tale élite in modo da porre in essere una società più inclusiva. Le istituzioni politiche ed economiche inclusive, d’altra parte, tendono a dare origine ad un circolo virtuoso, un “meccanismo positivo” grazie al quale esse possono affermarsi ed espandersi. Questo meccanismo tipico del circolo virtuoso, inoltre, tende a contrastare chiunque voglia ad impadronirsi del potere, per distruggere l’assetto pluralista della nazione. Un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani di un individuo o di un gruppo ristretto mina alle fondamenta le istituzioni politiche pluraliste, e la vera misura del pluralismo e della sua forza è proprio la sua capacità di resistere ai tentativi di distruzione.

Al circolo virtuoso tipico delle società aperte (inclusive) si contrappone quello vizioso dei sistemi estrattivi, le cui ragioni sono semplici. Le istituzioni politiche estrattive conducono ad istituzioni economiche estrattive, che arricchiscono poche persone a spese della maggioranza. Quindi, le istituzioni economiche estrattive creano anche il contesto necessario affinché le istituzioni politiche estrattive possano persistere. Nei regimi politici estrattivi il potere è particolarmente redditizio per chi lo esercita, in quanto non subisce controlli e frutta ricchezze economiche. Le istituzioni politiche puramente estrattive, infatti, non prevedono alcun meccanismo di controllo sugli abusi di potere.

Secondo Acemoglu e Robinson, che il potere genericamente inteso corrompa chi lo detiene può essere oggetto di dibattito, ma che il potere assoluto corrompa è un dato certo. In un contesto di istituzioni politiche estrattive, ci sono scarsissimi controlli sull’esercizio del potere, indipendentemente da quanto distorto e antisociale esso possa diventare. Le istituzioni politiche estrattive tendono dunque a creare un circolo vizioso, perché tutelano chi vuole impadronirsi sempre più dei poteri dello Stato e farne un pessimo uso.

È da considerare anche l’aspetto peggiore del circolo vizioso: quando le istituzioni estrattive generano disuguaglianze in una società, conferendo grandi ricchezze ad un gruppo ristretto, si creerà una forte concorrenza per assumere il controllo dello stato e delle istituzioni allo

Documenti correlati