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Pagliara e la “vasca dei capitoni”

Visionario architetto capace di innestare la creatività partenopea sul terreno della cultura mitteleuropea, di coniugare Loos e le pietre del Mediterraneo. Docente uni- versitario che trasformava le lezioni di Progettazione in dottissime performance spa- ziando dal cinema alla letteratura, da Adorno aČajkovskij, col carisma di un grande affabulatore. Scrittore che ben presto scavalcò il recinto dei testi riservati agli addetti ai lavori per sconfinare nella saggistica, nella narrativa, persino “gialla”, nell’autobio- grafia (quella Felicità di essere quasi scandalosa nella sua disarmante sincerità).

Ma qui voglio evocare l’ulisside della conoscenza senza il quale il Pagliara architetto, il Pagliara professore, il Pagliara scrittore non si spiegherebbero: intellettuale totale, Ni- cola resta una figura decisiva per la capacità di sprovincializzare la cultura (non solo) cittadina, la voglia di forzare le colonne d’Ercole degli specialismi e, insieme, interro- garsi radicalmente sull’operare umano. Sfogliare le sue Architects Memories è come ascoltarlo ancora, come assistere ancora a una sua lezione: dal giovane architetto “non predestinato” ma già in giacca di velluto per fare colpo sulle ragazze, al vecchio ragazzo con la barba bianca e gli occhi troppo vispi per essere già divenuto un saggio vegliardo, lì c’è tutto il Pagliara che abbiamo imparato ad amare, il maestro enciclopedico che però non rinuncia a essere amico e complice.

E dire che la nostra amicizia non sarebbe potuta cominciare in maniera peggiore. Sul finire dei ruggenti anni Ottanta, quando il sottoscritto era direttore (irresponsabile e talvolta irreperibile, come indicato in gerenza) di Ragù, inserto satirico de Il Mattino, decisi infatti, con altri scriteriati come me, di compiere un gesto clamoroso, esemplare e situazionista: in una fredda mattina d’inverno liberai nelle “vasche” che Pagliara aveva appena realizzato per la ristrutturazione della sede centrale del Banco di Napoli di Pia- centini in via Toledo, un intero branco di capitoni appositamente acquistati in pescheria (eravamo sotto Natale) per poi fotografarli e pubblicarli l’indomani sulle pagine del- l’inserto (il fatto che all’epoca Il Mattino fosse di proprietà del Banco di Napoli spiega la breve vita di Ragù) con tanto di banconote in bocca. Un affronto, un insulto, uno sberleffo in piena regola. Un altro architetto – ma che dico, un semplice geometra – se la sarebbe legata al dito per la vita. Non Pagliara, che incontrai tempo dopo nel corso di un tele-dibattito, dedicato proprio all’affaire capitoni, nel quale sfoderò una non for- male cordialità. Nicola era così: talmente curioso delle idee altrui da entrare in sinto- nia persino con chi si era preso gioco delle sue. L’intelligenza (auto)ironica di Pagliara era a prova di offese; da allora mi onorò della sua amicizia e non c’è stata presentazione

Nicola Pagliara, intevento sul basamento del Banco di Napoli in via Toledo, Napoli.

di suoi libri o progetti architettonici senza che il mio telefono squillasse: “Sono Nicola...”. Appena potevo, correvo. Nicola era conversatore facondo, ogni incontro era l’occasione di un viaggio nei luoghi della sua vita e della storia collettiva: lui, con Walt Whitman, poteva dire di sé “contengo moltitudini”. Concreto homo faber ma anche cercatore er- ratico goloso di vita, di esperienze, di possibili e salutari contraddizioni. Marito e pa- dre felice e amatissimo, ma anche impenitente Anatol schnitzleriano, un po’ roman- tico un po’ sognatore. Fotografo instancabile alla ricerca della Bellezza, come a sorpresa lo scoprimmo nella mostra da Lia Rumma. Archistar prima che la parola archistar fosse inventata. Intellettuale di sinistra in principio anche molto radical, ma inatteso candi- dato sindaco contro Bassolino nel 1997 per il Polo delle Libertà: dopo pochi giorni fu però spinto al ritiro. Dissero che Berlusconi diffidasse degli uomini con la barba, pro- babilmente in Pagliara ciò che lo spaventava di più in lui era l’uomo con la mente li- bera. Nato a Roma, cresciuto a Trieste e laureato a Napoli, Nicola Pagliara rappresenta un caso irripetibile di intellettuale mittelpartenopeo: il suo ultimo scritto, La misteriosa scomparsa di Ganni Carpentiere, ebanista racchiude il segreto della sua, fino all’ultimo, inesausta voglia di spingersi sempre più in là, lungo i percorsi più ardui, quelli dove con la professione si incrociano l’esistenza quotidiana e i sogni, le aspirazioni e le delusioni, le domande tanto più necessarie quanto più prive di risposte.

Ma voglio chiudere questo mio personale ricordo con un’ultimissima riflessione sulla “Questione Capitoni”: quando nel 1919 Duchamp decise di compiere un gesto rivo- luzionario verso l’arte figurativa, non decise certo di apporre un paio di irriverenti baffi ad un ritratto eseguito da un pittore qualsiasi, ma scelse il più famoso di tutti, quello della Gioconda leonardesca. Così il sottoscritto, per dare spazio al suo spirito icono- clasta, non poteva certo accontentarsi di un architetto come tanti, per passare alla po- sterità ebbe dunque bisogno di mettere i baffi (pardon, i capitoni) all’opera di un grande creatore contemporaneo: si scrive Nicola Pagliara, si legge Odisseo (il suo fe- dele pastore abruzzese, scomparso prima di lui, si chiamava infatti Argo).

pubblici e della progettazione di molte stazioni ferroviarie per la Soc. SEPSA (molte delle quali non realizzate), e intraprendendo, dal 1989, l’attività di pub- blicista per una rubrica del Giornale di Napoli.

L’attività di Pagliara è molto intensa, progettista di numerose opere napole- tane e non, protagonista di concorsi nazionali e internazionali, autore di racconti autobiografici e di saggi, ai quali ha dedicato gli ultimi anni della sua carriera.

Così come l’attività architettonica, anche quella letteraria sarà caratterizzata dalla sperimentazione e dalla voglia di cimentarsi in esperienze sempre nuove. Soprattutto negli ultimi suoi scritti, infatti, il Maestro spazierà da una raccolta di suoi ricordi, come una sorta di testamento dei suoi insegnamenti e dei suoi pen- sieri, in Architects Memories, ad un romanzo sull’architettura, in parte autobio- grafico, mascherato da giallo, quale è La misteriosa scomparsa di Gianni carpen- tiere, ebanista.

Una scrittura, quindi, sempre dedotta dall’architettura e mai banale, che lo accompagnerà nei suoi ultimi anni quando ha ormai abbandonato la progetta- zione. Per una visione completa dei progetti e degli scritti si rimanda alla bi- bliografia e al regesto delle opere di Nicola Pagliara.

Il Maestro muore a Napoli il 9 maggio 2017.

Bibliografia degli scritti di Nicola Pagliara

N. Pagliara, Floreale…appassito, MA-DE-CO, Napoli 1958.

N. Pagliara, Appunti su Otto Wagner: manoscritto con lettera, Stamperia Napo- letana, Napoli 1968.

N. Pagliara, Dedalo fra Leonardo e l’uomo mascherato: quattro programmi, una conversazione, una lezione ed un racconto improbabile, Fausto Fiorentino, Na- poli 1974.

N. Pagliara, Progetti, storie, racconti di Nicola Pagliara architetto, Il Drago, Na- poli 1981.

N. Pagliara, Macchine ed apparati per la festa di Piedigrotta 1982: storie, studi e disegni, Il Drago, Napoli 1982.

N. Pagliara, Scuola polivalente “Rosa Luxemburg” a Bisceglie (Bari), in “Casabella” n. 491, p. 50-58, 1983.

N. Pagliara, Centrale di sollevamento per l’acquedotto di Napoli allo Scudillo di Capodimonte, in “Casabella” n. 491, p. 59-61, 1983.

N. Pagliara, Divieti: concorso Montebello 5, Perugia: il linguaggio dell’immaginario e il linguaggio della ragione, Arti grafiche Licenziato, Napoli 1983.