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Il Palazzo delle Esposizioni al Parterre di San Gallo come sede della

“Fiorentina Primaverile”.

Italiani, Toscani, Fiorentini,

L'otto di aprile un nuovo Tempio dell'Arte, dell'Arte che è nata e che vive con noi, per testimoniare di noi nel futuro, un nuovo tempio, finito di costruire dopo la guerra, per l'impulso della mia tenacità, per l'amore dei volenterosi che si unirono a me e per aiuto

136 Sull'argomento cfr. R. Bossaglia, Il “Novecento Italiano”: storia, documenti, iconografia, Milano 1979; Mostra del Novecento italiano (1923-1933), catalogo della mostra (Milano, Palazzo della Permanente, 12 gennaio-27 marzo 1983), a cura di R. Bossaglia, Milano 1983; Il “Novecento”

milanese. Da Sironi ad Arturo Martini cit.

magnifico del Comune e della Camera di Commercio, sarà inaugurato nel Parco di S. Gallo.

E sia lode a chi lo iniziò.138

Con queste enfatiche parole scritte per il giorno dell'inaugurazione della “Fiorentina Primaverile” del 1922, e riportate nel catalogo della mostra, Sem Benelli, in qualità di presidente della Società delle Belle Arti cittadina, rivendicava senza troppa modestia il decisivo ruolo da lui svolto nel portare a termine, proprio per quella occasione, la parte principale del Palazzo delle Esposizioni ‒ ubicato nel Parterre di San Gallo, a Firenze ‒, il cui progetto originario risaliva a prima della

guerra139. Sempre in catalogo si forniva anche una descrizione accurata della nuova

costruzione, tesa ad esaltarne la sobrietà, l'eleganza, ma anche la funzionalità:

L'edificio, di carattere semplice e severo, ha l'asse in corrispondenza dell'Arco di trionfo granducale e dell'antica Porta di San Gallo. Esso, oltre il vestibolo, contiene, nel piano superiore, due grandi saloni centrali e sette sale laterali, oltre gli uffici e gli altri locali di servizio; il piano inferiore, illuminato, secondo i sistemi moderni, a luce artificiale, ha i vani corrispondenti. Sul portico e sul vestibolo si eleva un ammezzato da adibirsi, anch'esso, ad uso di uffici.140

In effetti, come riconoscevano anche l'opinione pubblica e la stampa del tempo141,

l'inaugurazione congiunta della mostra e del Palazzo delle Esposizioni, si doveva

138 S. Benelli, Manifesto di Sem Benelli per il giorno dell'inaugurazione, in La Fiorentina Primaverile cit., pp. VII-VIII, p. VII. Le parti in corsivo e in tondo, presenti in catalogo, sono qui mantenute. 139 Sulla storia del Palazzo delle Esposizioni di Firenze, si rinvia a G. Orefice, Firenze, dal Palazzo

delle Esposizioni alla sede della Mostra dell'Artigianato, in «Quasar. Quaderni di Storia

dell'Architettura e Restauro», Dipartimento di Storia dell'Architettura e Restauro delle Strutture Architettoniche, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Firenze, 17, gennaio-giugno 1997, pp. 57-72. Per una panoramica dell'architettura fiorentina del primo dopoguerra e degli anni Venti, si vedano C. Cresti, Architettura e fascismo, Firenze 1986, pp. 213-228 (in particolare per il Palazzo delle Esposizioni, p. 216); e M. Cozzi, G. Carapelli, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze 1993, pp. 141-161 (riferimenti al Palazzo delle Esposizioni si trovano a p. 148).

140 Il Palazzo, in La Fiorentina Primaverile cit., p. IX.

141 Cfr. C. Giachetti, Il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Firenze e la prossima Mostra primaverile, in «Arte pura e decorativa», I, 1, 1922, p. 9.

esclusivamente all'azione e alla tenacia di Benelli e dei suoi collaboratori142, che

erano riusciti in un'impresa da alcuni ritenuta addirittura “miracolosa”143.

Fin dal progetto espositivo per il Secentenario dantesco144, Benelli e gli altri

membri del comitato erano persuasi che per allestire a Firenze una mostra che fosse davvero grandiosa, e comunque all'altezza delle rassegne che si svolgevano allora nelle più importanti città italiane, sarebbe stato indispensabile un luogo espositivo ampio e prestigioso, che si identificò da subito nel nuovo palazzo che si stava allora erigendo al Parterre, ma i cui lavori avevano subìto da qualche anno un inesorabile rallentamento. La convinzione dell'importanza di terminare al più presto la costruzione del Palazzo delle Esposizioni, si andò rafforzando in Benelli specialmente dopo la sua elezione a presidente della Società delle Belle Arti, poiché quest'ultima, fin dal primo apparire del progetto, aveva richiesto di far parte del comitato di gestione del palazzo.

Il poeta, quindi, facendosi portavoce delle istanze della società, aveva fin dall'inizio rivolto la propria azione sia alla realizzazione della maestosa mostra che al completamento dell'edifico che avrebbe dovuta ospitarla. E così infatti Benelli si esprimeva nella prima adunanza da lui presieduta, il 16 gennaio 1921:

142 Cfr. Il Palazzo, in La Fiorentina Primaverile cit., p. IX: «Sopraggiunta la guerra furono sospesi i lavori, e date le condizioni finanziarie della città, non si sarebbe più parlato di condurre a termine l'opera se il nuovo Consiglio della Società delle Belle Arti, presieduto da Sem Benelli, non avesse riconosciuto che il suo primo dovere consisteva nel trovare i mezzi per finire il Palazzo. Benelli e i suoi collaboratori si misero con grande impegno alla risoluzione del difficile problema e trovarono nella presente Amministrazione Comunale, nel Sindaco Garbasso, e nell'Assessore anziano Del Beccaro, il più vivo, appassionato ed efficace aiuto.»

143 Il giorno precedente l'inaugurazione Ferdinando Paolieri forniva una descrizione degli ambienti dove erano ancora in svolgimento i preparativi per la mostra. Cfr. F. Paolieri, L'Esposizione

Primaverile Fiorentina d'Arte Moderna. Uno sguardo fugace alle sale, in «La Nazione», 7 aprile

1922, p. 3: «Mentre mi accingo a varcare il “vietato ingresso”, delle voci mi avvertono di... badare alla testa. Faccio appena in tempo a spiccare un salto indietro, e le tavole che nascondono la sobria e bella architettura del loggiato prospiciente al giardino del “Parterre”, dalla parte dell'arco di trionfo, cadono rumorosamente e l'edificio costruito dall'architetto Dante Enrico Fantappiè e dall'ingegnere Tognetti appare nelle sue linee aggraziate e armoniche, senza superfetazioni inutili, vero edificio da esposizioni, rettangolare ad un solo piano. Salgo i gradini d'accesso, e avanzo con precauzione, tra i tavolati disfatti, sotto gli ariosi colonnati dell'atrio, ripetendo mentalmente a me stesso che mancano si può dire poche ore all'inaugurazione. Ma appena posto piede nel primo salone comprendo che il mio dubbio è ingiustificato. La Commissione ordinatrice ha fatto davvero miracoli e quasi tutto è al suo posto».

144 Secondo i verbali della Commissione Provvisoria per il Centenario Dantesco, Ugo Ojetti era stato il primo a pensare al Palazzo delle Esposizioni, allora ancora in costruzione, come il luogo più adatto per allestire la mostra d'arte moderna prevista per il 1921; una proposta che aveva trovato subito il favore dei vari membri della commissione. Nella stessa occasione anche il commissario regio Nencetti si era dimostrato fiducioso che i lavori del Palazzo sarebbero stati ultimati in tempo per le celebrazioni. Cfr. Verbale della terza adunanza per il Centenario Dantesco, 22 marzo 1920, ASCFi, CF 5064, Secentenario Dantesco 1921, categoria 1.

Intanto poiché la costruzione del Palazzo delle Esposizioni è sospesa, bisognerebbe promuovere un'azione per la ripresa dei lavori interessando della cosa anche i giornali locali. Il giardino del Parterre dovrebbe essere tutto annesso al Palazzo piantato a nuovo per metterlo con questo in armonia e potrebbe servire ad organizzare esposizioni floreali in coincidenza con le Esposizioni d'arte.145

Poco dopo, in accordo con il sindaco Garbasso, Benelli si impegnava nel reperire i fondi necessari al completamento di almeno di una parte dell'edificio, in modo anche da porre la Società delle Belle Arti ‒ che in questa operazione aveva il compito di raccogliere il denaro da destinare al comune ‒ in una posizione di privilegio nella

gestione del Palazzo delle Esposizioni146. Le iniziative al tal fine furono varie: dai

colloqui con banche, istituti finanziari e associazioni, agli appelli ai privati, fino all'organizzazione di feste di beneficenza147, tra cui una tenutesi al Teatro Niccolini148.

Il contributo più significativo fu quello della Camera di Commercio, che stanziò la considerevole somma di duecentomila lire, che però non fu sufficiente per completare l'opera in tempo per le celebrazioni dantesche previste per il mese di settembre del 1921.

Dopo aver superato un momento di stallo, dovuto anche alla sconfitta elettorale di maggio, Benelli riuscì a riprendere le fila della questione dei finanziamenti,

arrivando in poco tempo alla somma necessaria per la conclusione dell'edificio149

145 Adunanza del consiglio del 16 gennaio 1921, ASBAF, 64.7, Registro dei verbali del consiglio. 146 Cfr. Adunanze del consiglio del 5 e del 6 febbraio 1921, ASBAF, 64.7, Registro dei verbali del

consiglio.

147 In questo modo, nel febbraio 1921, Benelli descriveva il suo impegno per la costruzione del Palazzo delle Esposizioni: «Per questa Mostra abbiamo bisogno che il Palazzo del Parterre sia finito, se non in tutta la vastità del progetto, per lo meno in modo da potervi tenere una Mostra. / C'è poco da

fare, ma se i fiorentini non si muovono il palazzo non sarà pronto! / Perché l'impresa riesca è

necessario vi si impegni tutta la buona volontà cittadina. / La Società di Belle Arti si è legittimamente, dati il suo carattere e i suoi scopi, fatta iniziatrice di un'agitazione conclusiva per trovare il denaro che manca. Io mi son dato molto da fare per questo: ò adunato capi di istituti finanziari, presidenti di Associazioni interessate moralmente ed economicamente ed ò avuto molte e serie promesse. Credo di aver ragione a bene sperare, in proposito. / Bisogna, però, che anche il concorso dei privati non ci manchi: noi cercheremo di raccoglierlo in tutte le forme, anche indicendo feste di elevato carattere artistico come quella che prepariamo per metà quaresima al Niccolini. / Bisogna ricorrere a tutti i mezzi possibili per un fine così bello.» Cfr. Clurgì, A colloquio con Benelli cit.

148 Cfr. La veglia danzante degli Artisti al “Niccolini”, in «La Nazione», 20 marzo 1921, p. 3; Grande

veglia degli Artisti al Niccolini, in «La Nazione», 26 marzo 1921, p. 2; Veglia Pro-Palazzo delle Esposizioni, in «La Nazione», 31 marzo 1921, p. 3; Gli ultimi tocchi dell'opera d'arte, in «La

Nazione», 2 aprile 1921, p. 3.

149 Cfr. C. Giachetti, Il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Firenze cit.: «Benelli non è un uomo che rinunzi facilmente alle sue idee: tornò alla carica, aiutato dal fido Acate avv. [Adolfo] Bertagni; allora fu tenuta un'altra adunanza dove le banche principali si impegnarono per un contributo di L. 25 mila ciascuna e le minori in proporzione: la Federazione Italiana fra i Commercianti di antichità, sottoscrisse per 100 mila lire: cosicché la somma – col contributo del Comune – era presso a poco raggiunta.»

[figg. 6-7-8]. In questo modo, dal novembre del 1921, i lavori del Palazzo delle

Esposizioni poterono riprendere in modo spedito150, e furono ultimati giusto in tempo

per l'inaugurazione della “Fiorentina Primaverile”, che si tenne nell'aprile del 1922. La sensazione che deve aver destato nell'opinione pubblica l'“impresa” compiuta da Benelli nella primavera del 1922, può essere compresa solo se si contestualizza quello che era stato fino a quel momento il problema degli spazi espositivi a Firenze.

Fin dagli ultimi decenni dell'Ottocento, infatti, era stato sollevato da più parti del mondo della cultura cittadina, la necessità di disporre di adeguati luoghi dove allestire le mostre. Di questa richiesta si era fatta portavoce, in particolare, la Società delle Belle Arti, la quale ‒ come si è visto – fin dalle sue origini era priva di una sede espositiva adatta.

Una prima parziale risposta a questa esigenza si ebbe nel 1913, quando vennero stanziati dal consiglio comunale i primi fondi, provenienti dal bilancio delle Esposizioni Fiorentine del 1911 ‒ che avevano avuto un discreto avanzo di cassa, grazie soprattutto al successo della “Mostra del Ritratto Italiano” ‒, per la costruzione di un Palazzo delle Esposizioni. Nel progetto, oltre al comune, erano coinvolti in particolare la Società delle Belle Arti e l'Associazione per il Movimento dei Forestieri. Dopo varie adunanze, in cui fu discusso e infine definito il luogo più idoneo dove erigere il nuovo edificio – il Parterre di San Gallo fu preferito al parco delle Cascine ‒, si decise di affidare all'architetto Dante Enrico Fantappiè e

all’ingegnere Vittorio Tognetti151, entrambi dell'Ufficio Tecnico Comunale, l'incarico

di studiare un progetto di ampio respiro, che fu pubblicato su «La Nazione» nel

giugno del 1914152. Passato al vaglio da una commissione composta da tecnici e

intellettuali cittadini, tra cui Gino Casini, Galileo Chini, Ruggero Focardi, Ugo Ojetti, Enrico Lusini e Franco Magrini, il progetto fu sostanzialmente accolto, ma alcuni punti furono maggiormente definiti. In particolare la commissione ritenne opportuno che l'edificio avesse decorazioni essenziali e sobrie. Inoltre esso avrebbe

150 Cfr. Adunanza del consiglio del 5 novembre 1921, ASBAF, 64.7, Registro dei verbali del consiglio. 151 Le biografie di Dante Enrico Fantappiè e Vittorio Tognetti sono consultabili in G. Isola, M. Cozzi, F. Nuti, G. Carapelli, Edilizia in Toscana fra le due guerre, a cura di M. Cozzi, Firenze 1994. Su Fantappiè, in particolare, si vedano anche M. Cozzi, ad vocem Dante Enrico Fantappiè, in Dizionario

bibliografico degli italiani, vol. 44, Roma 1994, pp. 620-622; ed E. Piccini, Opere e progetti di Enrico Dante Fantappiè (1869-1951). Indagini e osservazioni per la conoscenza e il restauro, in «Bollettino

ingegneri», LV, 7, 2007, pp. 18-26.

152 Cfr. S. Alessandri, Il Palazzo per le Belle Arti. Il progetto dell'ing. Tognetti e dell'arch. Dante

dovuto avere un'ampia superficie espositiva, adatta sia alle mostre d'arte pura che a quelle d'arte decorativa, ma anche presentare un salone per concerti musicali, sale per conferenze e per altre manifestazioni.

Con queste indicazioni, il 19 novembre 1914, l'amministrazione comunale affidò a Tognetti e Fantappiè l'incarico di redigere il progetto di massima e di assumere successivamente la direzione dei lavori. Il nuovo progetto, che riprendeva nelle linee generali il primo, proponeva adesso un edificio polifunzionale articolato sostanzialmente in due parti. La parte principale era la palazzina destinata alle esposizioni, che, disposta su due piani, presentava in facciata una tradizionale loggia tripartita in stile fiorentino, a cui si accedeva da una scalinata d'ingresso. Dietro al corpo maggiore, e collegato ad esso da una galleria, era previsto invece un ambiente destinato alla musica, composto principalmente da un auditorium per concerti.

Il progetto fu approvato sia dalla commissione cittadina che dalla giunta comunale, presieduta dal sindaco Orazio Bacci, ma, per motivi di bilancio, fu deciso di limitare provvisoriamente l'esecuzione alla sola parte anteriore dell'edificio, rimandando ad un altro momento la parte retrostante dedicata alla musica. Da allora, quindi, ebbero inizio i lavori.

Poco tempo dopo, nel luglio del 1916, fu costituito l'Ente Autonomo per le Esposizioni di Belle Arti e di Arte Applicata alle Industrie, con lo scopo di provvedere alla gestione dell'edificio. Nell'ente furono coinvolte tutte le istituzioni cittadine che potessero avere interessi culturali ed economici nella nuova costruzione, ovvero, oltre al sindaco, che ne era il presidente, e due rappresentanti comunali, i presidenti della Camera di Commercio e Industria, dell'Accademia di Belle Arti, della Società delle Belle Arti, dell'Associazione Nazionale per il Movimento dei Forestieri, dell'Unione Generale fra gli Esercenti, Commercianti ed Industriali, dell'Associazione Industriale, Commerciale ed Agricola, e dell'Istituto Musicale.

Nel frattempo però lo scoppio della guerra aveva significativamente rallentato, se non addirittura interrotto153, i lavori del palazzo, che proseguirono in quegli anni solo

in modo discontinuo e con scarsi risultati almeno fino al marzo del 1917, quando

153 Secondo Giachetti e l'autore del testo sul Palazzo delle Esposizioni riportato nel catalogo della “Fiorentina Primaverile” del 1922, durante la guerra i lavori furono interrotti, mentre Orefice parla soltanto di rallentamenti. Cfr. C. Giachetti, Il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Firenze cit.; Il

Palazzo, in La Fiorentina Primaverile cit., p. IX; G. Orefice, Firenze, dal Palazzo delle Esposizioni alla sede della Mostra dell'Artigianato cit., p. 62.

sopraggiunse una nuova ditta costruttrice154. Nonostante questo cambiamento, i lavori

non ripresero velocemente, e bisognò aspettare la fine della guerra, a cui seguì una revisione e un aggiornamento completo dei costi generali dell'opera155, per

cominciare a discutere di nuovo della riapertura del cantiere.

Fu a questo punto che si inserì Sem Benelli, che, come nuovo presidente della Società delle Belle Arti, riuscì in poco tempo ‒ come si è detto ‒ non solo a riaccendere l'interesse dell'amministrazione comunale verso il progetto [figg. 9-10-

11], ma soprattutto a trovare i fondi necessari per ultimare i lavori dell'edificio, i cui

costi nel frattempo erano addirittura lievitati156, e a inaugurarlo così con la

“Fiorentina Primaverile” nel 1922 [figg. 12-13-14-15].

Dopo quella mostra inaugurale il palazzo sarebbe stato utilizzato per varie altre manifestazioni, molte delle quali a cadenza periodica, come la “Fiera Internazionale del Libro”, l'“Esposizione Internazionale dell'Incisione Moderna”, e, dal 1931, la “Fiera Nazionale dell'Artigianato”. Il successo di queste manifestazioni, specialmente dalla seconda metà degli anni Venti, obbligò gli organizzatori a realizzare, di volta in volta, nuovi padiglioni espositivi provvisori da affiancare al palazzo, il cui spazio era diventato nel frattempo insufficiente.

Per ovviare a questa situazione, nel 1928 furono acquistati e resi permanenti due padiglioni ottagonali, che erano stati realizzati per l'edizione della “Mostra del Libro” di quell'anno, e posti simmetricamente rispetto alla palazzina. Ma si trattò soltanto di una soluzione provvisoria che non eliminò il problema.

Infatti, durante gli anni Trenta, con la crescente affermazione della “Fiera Nazionale dell'Artigianato” ‒ che dal 1936 prese il nome di “Mostra-Mercato

154 In quel momento i lavori furono affidati alla ditta Picchiani e Pontello. Interessante è la relazione di Vittorio Tognetti, del 21 luglio 1924, riportata da Orefice nel suo studio, relazione in cui si ricostruisce il lavoro compiuto al Parterre fino al 1917: «I lavori a causa delle chiamate alla guerra, vennero iniziati stancamente con operai costituiti da vecchi di scarso rendimento e da giovanetti, proprio nel periodo che si dovevano eseguire i lavori più faticosi quali quelli del generale sbancamento e degli scavi per le fondazioni». Cfr. G. Orefice, Firenze, dal Palazzo delle Esposizioni alla sede della

Mostra dell'Artigianato cit., p. 67, nota 13.

155 Nell'aprile del 1919 si giunse a una revisione completa del costo dei lavori, che fu stabilito, per la sola parte relativa al Palazzo delle Esposizioni, a poco più di mezzo milione di lire. Per questo motivo, all'iniziale somma di centomila lire stanziata dal comune, alle settantamila lire erogate dalla Camera di Commercio e ai contributi di altri promotori, si dovette aggiungere un mutuo di trecentocinquantamila lire contratto dall'amministrazione con la Cassa di Risparmio. Cfr. ivi, p. 62.

156 Secondo l'articolo di Giachetti, intorno al 1921 l'ammontare dei costi di costruzione era arrivato ad oltre un milione di lire. Cfr. C. Giachetti, Il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Firenze cit. Orefice, invece, riporta nel suo studio due perizie presentate da Tognetti al sindaco, tra gennaio e febbraio 1921, in cui i costi relativi alla prima parte del complesso sono stimati a 1.715.000 lire. Si veda G. Orefice, Firenze, dal Palazzo delle Esposizioni alla sede della Mostra dell'Artigianato cit., p. 62.

dell'Artigianato Nazionale” ‒, si rese necessario indire un concorso per la costruzione di un nuovo e più funzionale edificio espositivo, che sostituisse il precedente ormai ritenuto obsoleto. Alla fine risultò vincitrice la complessa struttura polifunzionale progetta da Sirio Pastorini e Mario Pellegrini, che, dopo l'abbattimento della vecchia palazzina, fu inaugurata nell'ottobre del 1939 per la “XI Mostra Interprovinciale d'Arte”157.

Anche questa nuova struttura, però, non ebbe una sorte migliore della precedente. Infatti, tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi dei Cinquanta, ripresentatosi il problema della carenza di spazi espositivi, furono costruiti altri padiglioni che finirono per saturare irrimediabilmente l'area del Parterre.

Nel 1978, inoltre, si decise il trasferimento della “Mostra-Mercato dell'Artigianato” al Padiglione Spadolini, costruito poco prima presso la Fortezza da Basso.

La perdita di interesse per la zona del Parterre produsse nel giro di pochi anni un rapido degrado delle strutture presenti, tanto che, nel 1990, molte di queste furono abbattute per permettere la costruzione di un grande parcheggio sotterraneo, tutt'ora esistente158.

157 Notizie su questa fase del Palazzo delle Esposizioni si trovano in G. Isola, M. Cozzi, F. Nuti, G. Carapelli, Edilizia in Toscana cit., p. 115, e tavv. 8-11, pp. 114-115. Particolarmente interessante è la fotografia n. 9 a p. 114, risalente al 18 dicembre 1938, che mostra la fase di demolizione della vecchia palazzina.

158 Sulla storia del Parterre si rimanda a M. Bencivenni, Il “Parterre” fuori Porta a San Gallo e lo

stradone interno alle mura, in M. Bencivenni, M. de Vico Fallani, Giardini Pubblici a Firenze:

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