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3. Risultati

3.3 Parametri demografici

Per valutare gli aspetti demografici sono state analizzate le life history di 40 femmine adulte riproduttive (considerando le 2 femmine mai osservate in associazione con i piccoli come femmine non riproduttive) e dei rispettivi piccoli suddivisi in cub, calve e juvenile.

3.3.1 Tasso di fecondità

In demografia il tasso di fecondità è espresso come numero di nascite di figli vivi in un certo periodo di tempo rispetto al tempo di esposizione al rischio di avere figli da parte delle femmine adulte.

b= ∑cubs ∕ tempo di osservazione

Dalla minuziosa analisi dei dati emerge una serie di riflessioni tali da doverci far fare delle ipotesi diversificate per la stima del tasso di fecondità. Queste considerazioni sono dovute, in parte, ai limiti della tecnica utilizzata per la costruzione del database: la foto-identificazione infatti, essendo una tecnica non invasiva, non permette di stabilire l’età degli animali. Tuttavia il limite più importante è dovuto alla sequenza di avvistamenti delle madri considerate. Infatti, essendo animali liberi e non taggati, non sempre si riescono ad avere avvistamenti ripetuti nella stagione o negli anni, con conseguenti life history parziali.

Consideriamo ad esempio l’individuo TT_DM_061 (Tab.4)

Tab.4. Life history dell’individuo TT_DM_061

In questo caso abbiamo un cub il 27-11-2011, un avvistamento l’anno successivo senza cucciolo per poi avere un presunto nuovo cucciolo nel 2013; l’intervallo tra una nascita e la successiva risulta inferiore ai 2 anni, il che è possibile solo se il primo piccolo è stato perso. La conferma di questa ipotesi è presente anche in letteratura, infatti quando una femmina perde un

piccolo è subito pronta per una nuova gestazione (Cockcroft e Ross, 1990; Schroeder, 1990). L’alta mortalità dei cub e dei calf è stata osservata anche in altre popolazioni di tursiopi (Mann et al., 2000; Tezanos Pinto et al., 2014).

Per questo sono stati considerate due ipotesi per il numeratore del tasso di fecondità:

1.a Tutti i cub, anche quelli avuti da una madre in un intervallo minore di due anni, sono considerati come nuovi nati (n=70).

2.a Solo gli individui nati con un intervallo fra parti maggiore di 2 anni sono stati considerati cubs (n=67).

All’interno del database, oltre ai casi come l’individuo TT_DM_061, ce ne sono altri più “problematici” , come ad esempio TT_DM_292, che ci pongono dinanzi a due diverse possibili ipotesi per i valori del denominatore del tasso di fecondità (Tab.5).

Tab.5. Life history dell’individuo TT_DM_292

La femmina in esame è stata avvistata senza piccolo da settembre 2011 a settembre 2012, mentre nel giugno 2013 è stata incontrata con un cub.

Teoricamente ogni femmina che è stata osservata per un certo periodo di tempo da sola prima di venire osservata per la prima volta accompagnata da un piccolo poteva essere sola in quanto: 1) non ancora sessualmente matura o 2) sessualmente matura ma senza cuccioli al seguito. L’eventuale passaggio alla maturità sessuale potrebbe essersi verificato in qualunque momento del tempo precedente (compatibilmente con la sua età presuntiva) alla data di nascita del primo cucciolo con cui sia mai stata avvistata, ma, a causa della tipologia della raccolta dati noi non abbiamo modo di capirlo. D’altra parte la femmina poteva essere già sessualmente matura prima di essere incontrata per la prima volta con un piccolo ma mai avvistata in presenza di

cuccioli, in quanto ad esempio questi potevano essere stati persi. Queste riflessioni ci portano dunque a dover ammettere che ci siano due ipotesi plausibili alla data del primo avvistamento con cucciolo:

1.b La femmina osservata era non matura sessualmente

2.b La femmina osservata non è stato avvistata con il suo piccolo

Abbiamo dunque considerato tutte le varie ipotesi, calcolando così 4 valori per il tasso di fecondità (Tab.6).

Cubs 70 67 67 67

Tempo di osservazione 196,49 196,49 148,21 148,21 (cubs/tempo di osservazione) 0,35 0,34 0,45 0,45

Tab.6. tasso di fecondità secondo le 4 ipotesi

Tenendo in conto queste riflessioni si arriva ad una stima del tasso di fecondità di 0,35 piccoli all’anno quando si considerano tutti i cub, e di 0,34 piccoli all’anno quando non si considerano tutti i cub ma solo una parte di essi (escludendo quindi i casi dubbi); questi due valori sono molto simili ed indicano una nuova nascita ogni 3 anni circa. Escludendo invece gli avvistamenti avvenuti in precedenza ad un primo incontro della mamma in presenza di un piccolo, si stima un valore pari a 0,45 (piccoli/anno)che sta ad indicare una nuova nascita ogni circa 2,20 anni. Come mostrato in tabella il numeratore del terzo e quarto caso è il medesimo (67), di conseguenza anche il risultato è il medesimo. Questo succede perché in circostanze come la femmina TT_DM_247 (Tab.7) risulta impossibile stimare un tempo di osservazione, per cui non può essere considerata.

Tab.7. individuo TT_DM_247

Per fornire una stima della distanza fra un parto ed il successivo, abbiamo analizzato la storia di 22 femmine delle 40 di partenza che hanno avuto nel periodo di osservazione (2006-2014), almeno due piccoli.

Tab.8. parte delle femmine considerate per la distanza fra parti

Dstanza fra parti= 3,15

Questo valore rappresenta la media delle distanze fra due parti delle 22 femmine considerate.

Stessa cosa abbiamo fatto con il tasso di fecondità , ricalcolato utilizzando al numeratore solo i cub delle 22 mamme (n=46),in modo da avere un valore confrontabile all’intervallo medio fra parti ed al lavoro di Tezanos Pinto et al.,2014 condotto in Nuova Zelanda.

4.Discussione

4.1 Indice di incontro

La distribuzione di T.truncatus risulta legata ad una serie di fattori che spaziano dai parametri ambientali, alla presenza e tipologia di attività antropica, fino alla disponibilità delle prede.

Dall’analisi del tasso di incontro risulta evidente che il successo di avvistamento, quando considerati tutti gli animali indipendentemente dal sesso, aumenti nell’area C (Punta Mesco- Lerici) rispetto all’area A e B (Capo Arenzano-Punta Mesco), in accordo con Gnone et al. (2011). In questo tratto di mare infatti la batimetrica dei 100 metri corre ad una distanza da costa compresa tra i 12 e i 21 km; al contrario, nelle acque antistanti Genova tale batimetrica la si ritrova a soli 5 km al largo. Questo si traduce in una limitata estensione dell’habitat del tursiope, oltre ad una totale sovrapposizione tra lo stesso e le attività antropiche, le quali risultano particolarmente accentuate nelle acque genovesi: il porto della città è infatti uno degli scali commerciali più importanti dell’intero Mediterraneo.

Diversamente le acque antistanti la Spezia e lo spezzino in generale, offrono delle condizioni più favorevoli per la distribuzione di T.truncatus. I delfini infatti qui trovano una piattaforma continentale molto ampia, tale da riuscire ad evitare il disturbo arrecato dalle eventuali imbarcazioni senza oltrepassare l’isobata del 100 metri (Gnone et al., 2011).

La presenza dei delfini è inoltre correlabile alla presenza dei pescherecci a strascico che operano localmente: è ormai noto che il tursiope trae vantaggio dalla loro presenza, riuscendo a catturare facilmente gli animali che scappano dalle reti (Bellingeri et al., 2008, 2011). Tutte queste caratteristiche fanno della zona C (Punta Mesco-Lerici) un sito particolarmente favorevole alla presenza del tursiope (Saporiti et al., 2008).

Andando a valutare solo gli avvistamenti delle femmine quando associate ai cubs si riscontra un indice di incontro che segue sì le dinamiche dell’intera popolazione per quanto riguarda la poca preferenza alla zona A, ma che cambia andando a valutare la presenza nelle zone B e C. Si ritrova infatti un indice di incontro maggiore nella zona B. Questa fenomeno potrebbe esser dovuto ad una combinazione di due fattori: batimetrica dei 100 metri leggermente più ampia rispetto al genovese, e una minor presenza sul territorio di competitori, il che potrebbe implicare più tranquillità per il parto e per i giorni immediatamente successivi. Sembrerebbe infatti che le

femmine quando accompagnate da piccoli, tendano a riunirsi ed ad isolarsi per evitare fenomeni come l’infanticidio da parte dei maschi, la predazione e per aiutarsi nella gestione dei piccoli.

4.2 Parametri demografici

La distribuzione cosmopolita (Wells e Scott, 2009) e l’elevato grado di adattabilità alla vita in ambiente controllato, hanno fatto di T. truncatus una delle specie di cetacei maggiormente studiate (Ross e Cockcroft, 1990). Molte sono infatti le ricerche condotte su questo delfinide: da quelle ecologiche, a quelle bio-acustiche, passando per quelle fisiologiche e veterinarie.

Tuttavia ad oggi in Mediterraneo un solo studio è stato condotto sulla demografia del tursiope (Rossi et al., in prep.), considerando le carcasse di individui spiaggiati lungo le coste del Mediterraneo. non sono stati pubblicati studi inerenti il tasso di fertilità di questa specie, probabilmente a causa della difficile reperibilità dei dati demografici.

Nel corso del presente studio, ci siamo trovati a far fronte a numerose problematiche relative alle difficoltà di campionamento che non ci hanno permesso di avere per tutte le femmine considerate né lo stesso numero di ricatture né la stessa frequenza di avvistamenti.

Nonostante queste difficoltà, all’interno del nostro campione di 40 femmine e dei rispettivi piccoli, gli individui che potevano portarci ad un errore nella stima del nostro tasso di fecondità (sovrastima o sottostima) sono pochi (n=2), per cui l’errore non è rilevante in quanto diluito all’interno di questo.

Un’estrema variabilità dell’intervallo riproduttivo del tursiope è evidente dall’analisi della letteratura (Tab.9)

Ciclo riproduttivo per T.Truncatus nelle diverse popolazioni

Oceano Indiano Oceano Atlantico Mar del Nord Smolker et al,. 1992 4 anni

Scott et al., 1990 3-6 anni

Grellier et al., 2003 8 anni Tezanos et al., 2014 4 anni

Tab.9. confronto del tasso di fecondità fra le diverse popolazioni di tursiope

Infatti, come si nota dalla tabella 9 si spazia da popolazioni in cui la riproduzione avviene ogni 4 anni (Smolker et al.,1992; Tezanos et al.,2014), similmente a quanto da noi osservato, fino a popolazioni in cui le madri si separano dai piccoli e ne partoriscono un altro solo dopo 8 anni (Grellier et al., 2003). E’ infine noto un caso in cui una mamma è rimasta in associazione con il proprio calf fino a 10 anni di età, senza partorirne un altro. Questo unico episodio, registrato nelle acque di Sarasota Bay (Florida), probabilmente è stato una conseguenza delle condizioni del piccolo: sottotaglia rispetto ai suoi coetanei ed anemico (Wells et al., 1987 ).

In generale le differenze riscontrate nelle diverse regioni potrebbero essere dovute a fattori ambientali, come le caratteristiche geomorfologiche della zona, la disponibilità delle prede, la presenza di predatori e/o individuali, dettate dall’adattabilità del singolo alle diverse condizioni.

Quello che emerge da queste comparazioni è l’enorme differenza tra quanto osservato per la nostra popolazione, ma anche per le popolazioni neozelandesi o del Messico, e quello che invece succede per la popolazione del Mar del Nord (Scozia); per quest’ultima si registra una nuova nascita ogni 8 anni (Grellier et al., 2003), un tale intervallo è decisamente sopra la media indicata per tutte le altre popolazioni.

Ad ogni modo, un tasso di fecondità di circa 0,35 piccoli/anno riscontrato per la popolazione da noi esaminata potrebbe indicare una maggior successo riproduttivo per le femmine del Mar Ligure rispetto alle femmine delle altre popolazioni e/o un maggiore tasso di mortalità nella classe dei cub.

Abbiamo inoltre confrontato i risultati da noi ottenuti con quanto riportato in un recente studio condotto in Nuova Zelanda (Tezanos Pinto et al., 2014), in cui è stata calcolata la distanza presuntiva fra parti per le sole femmine che nel periodo esaminato avevano partorito almeno due piccoli. Volendo valutare la distanza tra parti anche per la nostra popolazione abbiamo analizzato un sotto-campione di 22 femmine, quelle che dal 2006 al 2014 avevano avuto almeno due piccoli. Ciò che risulta analizzando la media delle distanze presuntive tra parti è di circa 3,13 anni.Questo risultato è concorde con quanto riportato da altri studi, nei quali viene menzionata la possibilità di una distanza fra parti di 3 anni (Connor e Smolker, 1990; Scott et al., 1996; Connor et al., 2000; Mann et al., 2000).

Volendo infine, confrontare il tasso di fecondità dei tursiopi neozelandesi (0,25 piccoli/anno; Tezanos Pinto et al., 2014) con il tasso di fecondità dei tursiopi del Mar Ligure orientale, abbiamo ri-calcolato il tasso di fecondità per le 22 femmine che hanno un numero di piccoli ≥ 2; ottenendo b=0,36. Dal confronto dei due lavori emerge una differenza di circa un anno, in quanto i “nostri” sembrano partorire un piccolo ogni 3 anni mentre i tursiopi neozelandesi non si riproducono nuovamente prima dei 4 anni.

4.3 Indicazioni per il futuro

Per il futuro è auspicabile una migliore raccolta dei dati, combinando la foto-identificazione con la raccolta di campioni biologici per successive analisi genetiche, in modo tale da avere dati certi circa il sesso degli animali. In quest’ottica è caldamente auspicabile la messa a punto di una tecnica universale per la determinazione del sesso in mare; un tentativo in questo senso è stato fatto da Rowe et al. (2010) ma tale metodo, che si basa sulla determinazione del sesso secondo il numero ed alla posizione delle tacche della pinna dorsale, è tuttora in discussione. E’ inoltre auspicabile un’indagine più accurata delle misure della lunghezza corporea e la messa a punta di una più solida curva di crescita basata sui cerchi di dentina per i tursiopi del Mediterraneo. Solo integrando le varie tecniche di ricerca si potranno avere risultati inequivocabili che permetteranno di definire realmente lo stato della popolazione in esame e di proiettarne l’andamento nel tempo (Rossi et al., in press).

È inoltre consigliabile adottare diverse tipologie di studio per capire quale delle due possibilità, se un maggior successo riproduttivo o una maggiore mortalità nella classe infantile, influenzi maggiormente il tasso di fecondità. Inoltre sarebbe utile capire a cosa siano dovute le differenze riscontrate fra le diverse popolazioni e quindi continuare indagini sia di carattere demografico sia di carattere ecologico, etologico e di monitoraggio ambientale, al fine di trovare la causa discriminante da cui dipenda la capacità riproduttiva della popolazione.

Sulla base del coefficiente di riproduzione da noi ottenuto sarà inoltre possibile calcolare il tasso fondamentale di riproduzione della popolazione e simulare l’andamento nel tempo mediante la messa a punto di specifiche matrici di transizione. Si potranno così definire le idonee strategie di salvaguardia per i tursiopi del mare nostrum.

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