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Demografia del tursiope (Tursiops truncatus, Moontagu, 1821) nel Mediterraneo orientale: quantificazione dei parametri riproduttivi delle femmine

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Laurea Specialistica in Biologia Marina

Demografia

del

Tursiope

(Tursiopstruncatus)

nel

Mar

Mediterraneo: Quantificazione dei parametri riproduttivi delle

femmine

Relatori: Candidato:

Professor Giovanni Santangelo Ester Scordamaglia Dott. Guido Gnone

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Indice

Riassunto ... 4 Abstract ... 6 Premessa ... 8 1. Introduzione ... 8 1.1 Modelli demografici ... 8 1.2 Il tursiope ... 10 1.2.1 Sistematica ... 10 1.2.2 Distribuzione ... 11 1.2.3 Morfologia e biologia ... 12

1.2.4 Caratteri riproduttivi e demografici ... 16

1.2.5 Comportamento sociale ... 17

1.2.6 Minacce e Conservazione ... 19

1.2.7 Delfini metropolitani ... 21

1.2.8 Obiettivi della tesi ... 21

2. Materiali e Metodi ... 23

2.1 Area di Studio ... 23

2.2 Raccolta dei dati ... 26

2.2.1 Dati di sforzo ... 27

2.2.2 Dati di avvistamento e imbarcazioni ... 27

2.2.3 Dati fotografici ... 30

2.3 Analisi dei dati ... 31

2.3.1 Archiviazione ... 31

2.3.2 Analisi di sforzo e successo di avvistamento ... 32

2.3.3 Foto-identificazione e matching ... 32

Matching ... 35

2.4 Curve di crescita e stadi vitali ... 36

Stadi vitali ... 39

3. Risultati... 42

3.1 Dati di sforzo e indice di incontro ... 42

3.2 ER mamme e “nursery” ... 45

3.2 Foto-identificazione ... 46

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3.3.1 Tasso di fecondità ... 47 3.3.2 Distanze fra parti ... 49 4.Discussione ... 51 4.1 Indice di incontro ... Errore. Il segnalibro non è definito. 4.2 Parametri demografici ... Errore. Il segnalibro non è definito. 4.3 Indicazioni per il futuro ... Errore. Il segnalibro non è definito. 5. Bibliografia ... Errore. Il segnalibro non è definito. Ringraziamenti ... 64

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Riassunto

Il tursiope Tursiops truncatus (Montagu, 1821) è un Cetaceo Odontoceta ampiamente diffuso in tutti i mari e gli oceani, fatta eccezione per le latitudini estremamente fredde. In virtù della sua distribuzione prevalentemente costiera risulta essere una delle specie maggiormente soggette alle conseguenze dirette e indirette dell’impatto antropico; ciò rende indispensabile una conoscenza approfondita dei suoi aspetti ecologici e demografici per garantirne la conservazione. A tale scopo i modelli demografici, basati sulle life history tables e sulle matrici di transizione, sono strumenti molto utili, in quanto permettono di analizzare lo stato di una popolazione e di proiettarne l'andamento nel tempo. Gli scopi del presente studio sono:

• Suddividere la popolazione in stadi vitali

• Stimare il tasso di fecondità (numero medio di discendenti prodotto da ogni femmina nel corso della sua vita) e la frequenza con cui le femmine adulte si riproducono ed per la popolazione di T. truncatus del Mar Ligure centro-orientale

• Individuare un’eventuale zona all’interno del Mar Ligure orientale preferita dalle femmine di tursiope quando accompagnate da piccoli

Per far ciò sono stati utilizzati i dati raccolti dal gruppo “Delfini Metropolitani” (Acquario di Genova) e dal Centro CE.TU.S. di Viareggio nel Mar Ligure di Levante, da Capo Arenzano a Piombino, nel periodo 2006-2014. L’attività di rilevamento è stata svolta a bordo di due gommoni (Acquario di Genova) e di un catamarano (CE.TU.S.); le rotte seguite e i punti di incontro con ogni individuo sono stati registrati tramite GPS. I dati fotografici, raccolti durante le occasioni di incontro con la specie target, sono stati analizzati con la tecnica della foto-identificazione.

In 9 anni di studio (2006-2014) sono stati percorsi 41061,91 km per un totale di 390 occasioni di incontro con la specie target. L’analisi dei dati fotografici ha portato al riconoscimento di 210 individui foto-identificati, di cui 80 sessati: 40 femmine adulte avvistate con piccolo, 2 femmine, 22 probabili femmine,12 maschi e 4 probabili maschi. Per analizzare la struttura della popolazione, gli individui sono stati suddivisi in quattro stadi vitali in base alla taglia: Cubs (da 90 a 180 cm, 0-1

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anno), Calves (da 180 a 220 cm, 1-3 anni) Juveniles (da 220 a 270 cm 3-7 anni) e Adults (più di 270 cm).

Dall’analisi dei dati è emerso che ogni femmina mediamente produce 0,35 piccoli all’anno, e che la distanza presuntiva fra due parti è di circa 3 anni. Questi risultati sono in linea con quelli relativi al tursiope atlantico ed evidenziano una similitudine nel ciclo biologico della specie target delle due popolazioni, mentre discordano con quanto riportato in un recente studio per la popolazione neozelandese. Il presente studio è un primo approccio alla stima dell’output riproduttivo della popolazione mediterranea di tursiope e si inserisce in una più ampia ricerca sulla demografia di questa specie, basata sui dati di spiaggiamento e foto-identificazione.

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Abstract

The bottlenose dolphin, Tursiops truncatus (Montagu, 1821) is one of the well-known cosmopolitan cetaceans of the world. Because of its shallow water distribution (<200 meters), the bottlenose dolphin is threatened by direct and indirect consequences of human activities. Demographic models, based on life history tables and transition matrices, are essential tools for preserving its conservation, because they allow to analyze the state of a population and to project its trend over time, suggesting specific conservation measures. The aims of the present study are to:

• Divide the population into vital stages;

• Estimate the fertility rate (the number of offspring produced by each female in one year) and the calving interval (the time elapsed between subsequent births) for the Ligurian bottlenose dolphin population;

• Locate a nursery area in the Ligurian Sea

We analyzed data collected by the research group "Delfini Metropolitani" (Acquario di Genova) and CE.TU.S. (Viareggio) between 2006 and 2014.The study area was in the Ligurian Sea, from Capo Arenzano to Piombino. The research was conducted using two inflatable boats (Acquario di Genova) and a sailing catamaran (CE.TU.S.); research tracks and sighting waypoints were recorded by GPS. Photographic data collected during the sightings of the target species were analyzed using photo-identification technique.

Between 2006 and 2014 41061.91 km were covered and 390 sightings with the target species were recorded, mostly of them in the shallow waters (<200 meters). A total of 210 individuals were identified using the photo-identification technique; overall, 40 animals were adult female. To analyze the population structure, individuals were divided into four categories: cubs (from 90 to 180 cm; 0-1 year), calves (from 180 to 220 cm; 1-3 years), juveniles (from 220 to 270 cm; 3-7 years) and adults (sexually mature females; from 270 cm; >7 years).

Analysis of the data highlighted that each female produces 0.35 dolphins per year on average and that the calving interval is about 3 years. The results here obtained are in agreement with the studies conducted for the Atlantic bottlenose dolphins and show a similarity in the biological cycle

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of the target species of the two populations. On the other hand they disagree with a recent work conducted on the New Zealand population. The present study is the first approach to estimate the reproductive output of the Mediterranean bottlenose dolphin population that will be used in transition matrices to project the trend of the target population over time.

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Premessa

Una popolazione può essere definita come la più piccola unità di individui con-specifici che occupa un proprio areale definito per un tempo sufficientemente lungo da costituire un’unità genetica indipendente (Yablokov, 1987)

1. Introduzione

1.1 Modelli demografici

Per preservare le specie animali i modelli demografici sono strumenti molto utili ed affidabili, in quanto permettono di analizzare lo stato di una popolazione (Fujiwara e Caswell, 2001), di proiettarne l'andamento nel tempo (Santangelo et al.,2007) e di adottare delle specifiche misure per favorirne la conservazione (Hiraldoet al., 1996).

L’analisi demografica è basata su un sistema di tabulazione noto con il nome di life-tables, sviluppate per la prima volta da Lotka (1925). Le life-tables sono delle tabelle demografiche in cui sono riassunti, a partire dalle life-histories della popolazione, i valori di abbondanza (o densità di individui),sopravvivenza (mortalità) e riproduzione di una popolazione (Rickfles e Miller, 2001).Ne esistono tre tipi diversi:

1)per coorte, nelle quali sono riassunte le informazioni riguardanti un gruppo di individui nati in un breve arco temporale (coorte) che viene seguito dalla nascita fino alla morte dell'ultimo individuo (Ricklefse Miller, 1999);

2) statiche, che sono la rappresentazione della struttura della popolazione in un determinato periodo temporale (Santangelo et al., 2007);

3) di mortalità, che permettono di ricostruire la struttura della popolazione a partire dagli individui morti (Deevey, 1947).

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L’unità di base delle life-tables è la sopravvivenza, , definita come la probabilità di sopravvivenza dalla nascita fino all’età x. Ovviamente il valore all’età 0 è 1. A partire dalla sopravvivenza si possono calcolare altri parametri demografici come:

• Il tasso di mortalità, definito come rischio di morte in una classe di età (x, x+dx), che è calcolato come complemento a 1 del rapporto tra la sopravvivenza di una classe di età l(x+dx) e quella precedente l(x);

• l’aspettativa di vita, ex;

• il tasso geometrico, λ, ed intrinseco, r, di accrescimento della popolazione nel tempo. Tra i due esiste la seguente relazione: .Se λ è uguale a 1 la popolazione è stabile, se minore di 1 la popolazione è in declino, se maggiore di 1 la popolazione è in crescita (Ricklefs e Miller ,2001).

L’aspetto riproduttivo è anch’esso rappresentato nelle life tables dal tasso di fecondità , espresso come numero di piccoli partoriti da ogni femmina sessualmente matura di una popolazione nel corso della sua intera vita.

Da questi dati inoltre, si può arrivare al tasso fondamentale di riproduzione ( ),che permette di capire se la popolazione in esame è in aumento o in decremento, in quanto rappresenta il numero medio di nuovi individui prodotti da ogni singolo individuo nel corso della sua vita.

La demografia, nata per lo studio delle popolazioni umane (Malthus, 1798),ben presto è stata utilizzata anche per lo studio delle popolazioni naturali. Ad esempio,Fujiwara e Caswell(2001)svilupparono un modello demografico per la balena franca(Eubalaenaglacialis) del nord Atlantico, che aveva subito un rapido declino riducendosi a soli 300 esemplari(Caswellet al., 1999;Laistet al., 2001); dall’analisi demografica è emerso che preservando la vita di sole due femmine sessualmente mature la popolazione sarebbe aumentata.

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1.2 Il tursiope

1.2.1 Sistematica

Phylum: Chordata Subphylum: Vertebrata

Classe: Mammalia Ordine: Cetacea (Brisson, 1762) Sottordine: Odontoceti (Flower, 1867)

Famiglia: Delphinidae(Gray, 1821) Genere: Tursiops(Gervais, 1855) Specie: T. truncatus (Montagu, 1821)

Il nome Tursiops truncatus deriva dal latino: “Tursio” significa animale marino simile al delfino e “truncatus” sta ad indicare il rostro tozzo. Il Tursiope è uno di membri più rappresentativi della famiglia dei Delphinidae; in passato è stato suddiviso erroneamente in 20 differenti specie sulla base di un numero di dati limitato(Hershkovitz, 1966). Solo recentemente, le moderne analisi genetiche hanno convinto gli scienziati a mantenere due sole specie:

Tursiops truncatus (Montagu, 1821) (common bottlenose dolphin) Tursiops aduncus(Ehrenberg, 1832) (Indian-Ocean bottlenose dolphin)

Queste due specie sono molto diverse tra di loro, sia per le abitudini che per la morfologia. T.truncatus vive in acque temperate e si spinge fino agli oceani tropicali, mentre T.aduncus vive esclusivamente nell’emisfero australe precisamente nelle acque indo pacifiche(Wells e Scott, 2009); inoltre T.aduncus a differenza di T.truncatus non ha una colorazione omogenea,presenta dimensioni minori e alla maturità sessuale ha delle caratteristiche macchie scure nella zona ventrale. A causa di queste differenze e grazie ad indagini genetiche (LeDucet al.,1999) recentemente si è pensato di dover ascrivere T.aduncus al genere Stenella piuttosto che Tursiops, ma la questione resta ancora dibattuta, in quanto i dati genetici sembrerebbero discordare con i risultati scaturiti dall’esame dei caratteri osteologici (Wang e Yang, 2009).

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1.2.2 Distribuzione

T.truncatus è una specie cosmopolita(Wells e Scott, 2009), presente nelle acque tropicali e temperate, sia pelagiche che costiere degli Oceani Atlantico, Pacifico ed Indiano, così come del Mar Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso. Il limite settentrionale è a 62˚ di latitudine nord nell’Atlantico,mentre il limite meridionale è a circa 40˚ di latitudine sud (Fig.1).

Fig.1. Distribuzione mondiale del tursiope (da Hammondet al ., 2008; © IUCN)

Molti autori ritengono che esistano due ecotipi differenti: costiero e pelagico. Il primo mostra preferenze verso acque con una profondità di circa 100 m; il secondo è rappresentato da popolazioni offshore (Scott e Chivers, 1990; Shane, 1990b; Rudolph e Smeenk, 2002; Wells e Scott, 2002).

Per quanto riguarda il Mar Mediterraneo, e più precisamente il Mar Ligure di levante, l’attività di ricerca svolta nell’ambito del progetto “Delfini Metropolitani” ha evidenziato la batimetrica dei 100-150 metri come linea di confine per la distribuzione di Tursiops truncatus (Gnoneet al., 2006a, 2011).La preferenza del tursiope per la batimetrica dei 100-150 metri sembrerebbe confermata anche dalla distribuzione degli spiaggiamenti lungo la costa (Gnone et al., 2005).

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1.2.3 Morfologia e biologia

Il tursiope presenta una muscolatura possente e muscolosa; la colorazione, tipicamente grigia, tende a scurirsi con l’età e sulla parte ventrale si ritrovano sfumature tendenti al rosa. Sul capo c’è il caratteristico melone che è nettamente separato dal rostro, corto e tozzo. La pinna dorsale, moderatamente alta e falcata, è in posizione mediana (Fig.2).

Figura 2 Disegno di Tursiops truncatus, Notarbartolo di Sciara e Demma (2004).

In linea con la sua ampia distribuzione geografica, l’aspetto del tursiope varia sensibilmente a seconda della popolazione studiata: nel Mediterraneo la lunghezza degli esemplari adulti si aggira intorno ai 270 cm fino ad arrivare ai 350 cm (Notarbartolo di Sciara e Demma, 2004), mentre nelle acque tropicali e poco profonde il tursiope è di taglia inferiore, raggiungendo una lunghezza media di 220-230 cm (Ross e Crockroft, 1990). Le maggiori dimensioni sembrano essere associate alle temperatura più fredde (Ross e Crockroft, 1990), ad esempio nell’Oceano Atlantico Nordorientale il tursiope raggiunge la lunghezza di 350-410 cm (Franser, 1974; Lockyer,1985).

All’interno di questa specie non c’è un evidente dimorfismo sessuale, sebbene i maschi siano relativamente più grandi delle femmine(dal 2 al10%; Chivers,2002). I due sessi mostrano una significativa differenza nei tassi di crescita: sembra infatti che le femmine crescano più velocemente, raggiungendo la taglia tipica dell’adulto molto prima dei maschi (12 e 20 anni

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rispettivamente; Cockcroft e Ross 1990; Read et al., 1993); ciò implica difficoltà nel riconoscimento del sesso a partire dalla taglia degli individui. La determinazione del sesso è tuttavia possibile tramite l’osservazione diretta del basso ventre in cui si trovano le fessure genitali (Notarbartolo di Sciara e Demma, 2004): il maschio presenta fessura genitale e fessura anale ben separate mentre nella femmina le due fessure sono più vicine; ai lati della fessura genitale è inoltre evidente una coppia di fessure che contiene le ghiandole mammarie per l’allattamento dei piccoli (Fig.3).

Fig.3 Fessure genitali maschili e femminili del tursiope

In natura questa porzione del corpo è difficile da osservare in quanto tipicamente resta al di sotto della superficie del mare. Tuttavia durante i salti e altri comportamenti noti come “belly up”

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(Shane, 1986) è possibile intravedere e fotografare tale regione e riuscire pertanto a sessare gli individui (Fig.4).

Fig. 4 Zona genitale di un individuo femmina (foto Delfini Metropolitani)

Un altro metodo per riuscire a sessare gli individui è un metodo indiretto che tiene conto della stretta associazione madre-piccolo presente all’interno di questa specie (Fig.5; Bearziet al., 1997).

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Fig.5 Associazione madre-piccolo (foto di Ester Scordamaglia/Delfini Metropolitani)

Recentemente è stata messa a punto una nuova tecnica non invasiva per il riconoscimento sessuale, che utilizza la posizione, la forma e la porzione di pinna dorsale interessata da cicatrici e/o lesioni epidermiche e la presenza di tacche (Rowe e Dawson,2009). Tuttavia questo metodo è tutt’ora in discussione, in quanto non completamente affidabile.

La dieta del tursiope è composta prevalentemente da pesci e cefalopodi, ma occasionalmente anche da gamberi (Gunter, 1951), razze e piccoli squali (Mead e Potter, 1990). Il tursiope è infatti una specie generalista in grado di sfruttare le diverse opportunità, per questo motivo viene definita “opportunista”(Barros e Odell, 1990). Viene inoltre spesso avvistato in scia ai pescherecci o intorno alle gabbie di allevamento dell’acquacoltura (Bellingeri et al., 2008; Dìaz Lòpez, 2012; Bonizzoni et al.,2013). Per la caccia sono state descritte strategie di gruppo come individuali (Wells e Scott, 2009). Durante la caccia il tursiope emette una vocalizzazione,“brays”, che ha probabilmente una duplice funzione: da un lato quella di richiamare i co-specifici, dall’altra di alterare il comportamento della preda, in modo da renderla più facilmente catturabile (Janik, 2000).

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1.2.4 Caratteri riproduttivi e demografici

I tursiopi sono animali estremamente longevi: l’analisi degli anelli di dentina (Hohnet al.,1989) ha dimostrato che le femmine possono vivere più di 57 anni e i maschi fino a 48 anni (Wells e Scott, 1999).

Le femmine raggiungono la maturità sessuale e le dimensioni tipiche dell’adulto prima dei maschi,dai 9,5 agli 11 anni di età (i maschi intorno ai 14), anche se è nota la riproduzione di un individuo femmina di 7 anni di età (Scott et al.,1990).

La presenza dei piccoli è osservata durante tutto l’anno con un picco durante le stagioni primaverili/estive (Uranet al., 1996; Thayer et al., 2003).Tale picco di nascite è stato recentemente riscontrato anche per la popolazione Mediterranea, grazie ad uno studio effettuato sugli spiaggiamenti lungo tutte le coste Italiane e francesci (Benvegnù, 2013; Rossi et al., in prep.). Il monitoraggio ormonale di femmine di tursiope in ambiente controllato ha messo in evidenza che queste possono avere ovulazioni sporadiche e/o ripetute in specifiche stagioni, mentre i maschi possono essere attivi durante tutto l’anno con una elevata e prolungata concentrazione di testosterone nel corso dei mesi, a prescindere dall’ovulazione femminile (Wells e Scott, 1999).

La durata della vita riproduttiva è prolungata: le femmine fino ai 48 anni di età hanno dato vita a cuccioli con successo e hanno cresciuto giovani delfini (Wells e Scott, 1999). Test di paternità nella Baia di Sarasota, in Florida, hanno mostrato che maschi dai 13 ai 40 anni sono in grado di generare prole (Duffield e Wells 2002; Wells, 2003).

I cuccioli nascono dopo una gestazione di circa 12 mesi e alla nascita misurano da 84 cm a 140 cm a seconda della regione geografica(Perrin e Reilly, 1984). Come in tutti i cetacei, in cui i parti gemellari sono rarissimi (Aytemizet al., 2014), il tursiope partorisce un piccolo alla volta (Notarbartolo di Sciara e Demma, 2004). Normalmente la femmina svezza il piccolo prima della gravidanza successiva; in alcuni casi tuttavia lo svezzamento dura anche durante la nuova gravidanza, prolungandosi in caso di morte del feto (Mann et al., 2000). I piccoli raggiungono il massimo della loro crescita durante l’allattamento, cioè nei primi 1,5-2 anni di vita. L’allattamento è la modalità primaria di nutrimento per il primo anno di vita,tuttavia nello stomaco di cuccioli di 4 mesi è stato ritrovato del cibo solido insieme al latte (Wells e Scott, 1999).

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Come nella maggior parte dei mammiferi anche nel tursiope l'infanzia è il periodo più pericoloso (Patterson et al.,1998; Dunn et al.,2002). Nella SharkBay il 44% dei cuccioli muore prima dello svezzamento (Mann et al., 2000): questa mortalità dipende principalmente dalle condizioni fisiche al momento della nascita piuttosto che dall’attacco di predatori (Mann e Watson-Capps, 2005).

1.2.5 Comportamento sociale

Il tursiope è una specie spiccatamente sociale. Le società sono caratterizzate da un’organizzazione dinamica; viene infatti utilizzato il termine “fission-fusion” per indicare il continuo turnover di individui all’interno di un gruppo in relazione a diversi fattori (Wῢrsig e Wῢrsig, 1977). Gli animali formano gruppi di dimensioni variabili, da individui solitari ad aggregazioni di migliaia di individui: solitamente i gruppi sono di 2-15 individui (Wells et al., 1980; Leatherwood e Reevers, 1982; Shane et al., 1986). Wells et al.(1980) definiscono i “gruppi primari” come le più piccole unità di delfini strettamente associati e impegnati in attività simili, che restano intatte per intere settimane; i “gruppi secondari” sono invece aggregazioni temporanee tra gruppi primari. In generale, i tursiopi che vivono in zone costiere e in prossimità di estuari formano gruppi meno numerosi rispetto a quelli che vivono in mare aperto, probabilmente proprio in relazione alla diversa disponibilità delle prede nei diversi ambienti.

Le uniche conoscenze sulle modalità di associazioni dei tursiopi derivano da studi condotti a Sarasota Bay, in Florida (Wellset al., 1987; Scott et al., 1990; Wells e Scott, 1990) e a SharkBay, in Australia(Connoret al.,1992b). In queste due località è stato visto che le femmine, imparentate tra di loro, formano gruppi solidi e all’interno di questi le femmine con i piccoli mostrano una chiara preferenza ad associarsi fra loro; ciò porterebbe ad un vantaggio nell’allevamento dei piccoli in termini di probabilità di successo di crescita (Wells, 1991b, 1993b), così come ad una migliore capacità di difesa dai maschi o dai predatori. Le associazioni fra femmine sono caratterizzate da un basso se non nullo tasso di aggressività (Scott et al.,2005), per questo le cicatrici, le tacche e le lesioni presenti sul corpo e sulla pinna dorsale delle femmine sarebbero dovute prevalentemente a colluttazioni con maschi aggressivi durante il periodo riproduttivo (Mann et al., 2000; Scott et al., 2005).

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Le associazioni tra maschi a SharkBay consistono in coppie o terzetti chiamate “alleanze di primo ordine”; queste possono temporaneamente unirsi ad altre alleanze per formare “alleanze di secondo ordine”,con lo scopo di difendere il territorio e di accedere alle femmine (Connoret al., 1992a,1992b,1996). Le alleanze di primo ordine sono costituite da legami molto forti fra non consanguinei, che si instaurano tra due individui sessualmente maturi e che durano per il resto della vita, finché uno dei compagni non muore; i delfini maschi solitari sono dunque di solito anziani. A Sarasota Bay, invece, è stato osservato un maggior numero di delfini solitari e non sono state osservate alleanze durature. In generale il comportamento dei maschi è caratterizzato da un’elevata aggressività, che è alla base della competizione per l’accesso alle femmine e dunque per il successo riproduttivo (Connoret al.,1992b; Connoret al., 1996).

Questi non sono gli unici tipi di associazione presenti nelle abitudini del tursiope, esistono infatti anche associazioni maschi-femmine e madri-piccoli; entrambe sono temporanee, anche se, specialmente la seconda può durare anni e diventare persino permanente.

Le associazioni maschi-femmine possono essere di tipo coercitivo e temporanee dettate dallo stato riproduttivo delle femmine: possono durare da pochi minuti a diversi mesi e cessare quando la femmina riesce a fuggire dal gruppo di maschi che l’ha “sequestrata” (Conneret al., 1992b,1996). Questo è solo uno degli aspetti riproduttivi dei tursiopi, infatti non esiste solo la coercizione come modalità per la riproduzione, bensì è molto frequente che la femmina sia disponibile per l’accoppiamento.

La relazione madre-piccolo è un’associazione molto stretta e piuttosto prolungata. Sebbene i neonati siano energeticamente dipendenti dalla madre solo per i primi mesi di vita, il periodo di dipendenza si protrae per diversi anni, per aumentare le probabilità di sopravvivenza del piccolo (Greileret al.,2003).La durata di tale legame sembra variare nelle diverse regioni. Nell’est della Scozia e a Sarasota Bay, Florida, l’associazione tra il piccolo e la madre persiste fino agli 8 anni di età (Wells et al.,1987; Wells, 1991; Grelleret al., 2003); nelle regioni subtropicali invece i piccoli restano con le madri fino a 3-6 anni (Shane et al., 1990) e nell’Oceano Indiano questo legame è stato osservato fino a 4 anni (Smolker et al., 1992).

Le femmine di tursiope hanno un intervallo minimo fra due gravidanze di 2 o 3 anni, anche se gli intervalli 3- 6 anni sono i più comuni (Connor e Smolker, 1990; Scott et al.,1996; Connor et al.,2000; Mann et al.,2000). Questo intervallo temporale potrebbe indicare che una femmina non vada in estro finché associata al suo piccolo oppure che la separazione fra i due avvenga proprio a

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seguito ad una nuova nascita (Grelier et al., 2003). Comunque, a prescindere dalla durata dell’associazione, sembra evidente che la proporzione di tempo che il piccolo spende con la madre decresce all’aumentare dell’età di quest’ultimo (Gubbins et al., 1999; Mann e Smuts,1990).

1.2.6 Minacce e Conservazione

Il tursiope, in virtù delle sue abitudini costiere è un animale che risente molto delle interazioni con l’uomo. Queste interazioni possono tradursi in minacce per la sua conservazione.

Tra le minacce dirette una delle più incisive per i cetacei in generale è stata la caccia, la quale è stata vietata a livello globale nel 1986 dalla commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC), di questa commissione fanno parte 52 stati, ma non tutti aderiscono pienamente a questa normativa: Giappone, Norvegia, Islanda, Russia, Corea e balenieri locali di diversi altri paesi hanno continuato la loro attività. In particolare la Norvegia si è opposta alla moratoria,sotto le regole della IWC, e così è legalmente autorizzata a continuare la caccia alle balene.

La caccia ai delfini ha un diverso significato in base alla regione geografica in cui è stata praticata, ad oggi il maggior numero di animali cacciati è in Giappone per il consumo alimentare (Wells e Scott, 1999, 2009); ma non mancano casi di caccia, in minor misura, anche in Stati come Perù, Sri Lanka e Isole Faroe (Wells e Scott, 2009). Nel diciottesimo secolo i tursiopi venivano cacciati non solo perché rappresentavano una risorsa alimentare ma perché furono percepiti come competitori dei pescatori: vennero così promulgate delle leggi che consentivano di uccidere il maggior numero possibile di delfini. La caccia fu, oltre che legittimata, anche ricompensata per almeno un secolo (Smith, 1995), portando così alla scomparsa di migliaia di tursiopi e stenelle (Bearziet al.,2004). Anche in Italia sono stati documentati conflitti molto intensi con un enorme numero di animali sterminati (Barone, 1895; Del Rosso, 1905; Bearziet al., 2004). Negli ultimi anni, oltre alle leggi che sono cambiate e che puntano alla salvaguardia degli animali,anche la coscienza cittadina sta mutando, in favore della conservazione delle specie.

Si continuano però a registrare episodi sporadici di caccia effettuati da singoli o poche persone, come quanto accaduto al cucciolo di delfino ritrovato sulla spiaggia di Golfo Aranci il 6 ottobre 2014 (Fig.6).

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Fig 6. Cucciolo d tursiope sfilettato (www.ANSA.it)

Oltre alla caccia, in cui gli animali vengono uccisi volontariamente, altre minacce sono rappresentate dalle catture accidentali (bycatch),nelle reti da pesca; (Hammondet al., 2008).

A questo quadro si vanno ad aggiungere anche i fenomeni indiretti,sempre causati dall’uomo, che influenzano negativamente il successo di sopravvivenza dei tursiopi; fra tutte le più importanti sono:

• L’overfishing : il 95% del pescato mondiale proviene dalla piattaforma continentale, che rappresenta l’habitat tipico del tursiope (Roberts e Hawkins, 1999).

• Inquinamento chimico: emissione di sostanze chimiche di origine naturale e antropica. Tali sostanze molto spesso si riversano in mare. Nel tessuto adiposo di individui maschi del Sud Africa e di Sarasota Bay, Florida, sono state osservate concentrazioni particolarmente elevate di policlorobifenili, tali da inibire teoricamente la produzione di testosterone e ridurre dunque l’attività riproduttiva (Cockcroftet al.,1989; Wells et al.,2005). Dai medesimi siti di studio emerge inoltre come i primogeniti, attraverso l’allattamento,ricevano fino all’80% dei contaminanti presenti nella madre; questo, se da una parte va ad incrementare la mortalità neonatale, dall’altra riduce i livelli di sostanze tossiche nelle femmine (Wells e Scott, 2009).

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I delfini inoltre non sono immuni alle malattie ed alle infezioni, anzi, spesso ne sono vittime: un esempio è la moria di Stenella striata, verificatasi tra il 1990 e il 1992 nelle acque mediterranee, causata dal Dolphin Morbillivirus (DMV;Cornagliaet al., 2000), e quella di tursiopi nel 1987-1988 (Esperónet al., 2010). Anche recentemente si è assistito ad una moria di delfini, infatti nel 2013 sia le stenelle che in misura minore i tursiopi sono state vittime presumibilmente del Morbillivirus (Marsili et al., in press).

Nel 2012 il tursiope è stato inserito nella RedList dell’International Union for Conservation of Nature” (IUCN) come specie LeastConcern in quanto, sebbene ci siano alcune minacce che operano sulle popolazioni locali, la specie a livello globale è diffusa e abbondante e si pensa che nessuno di questi rischi possa essere causa di un declino globale. La sub-popolazione mediterranea, tuttavia, viene considerata Vulnerable (Bearzi e Fortuna, 2006).

1.2.7 Delfini metropolitani

Il progetto “Delfini Metropolitani” nasce nell’aprile 2001 all’interno dell’ Acquario di Genova con l’obiettivo principale di valutare la presenza e le abitudini dei cetacei lungo le acque della Liguria. Particolare interesse è rivolto al tursiope (Tursiops truncatus), che, avendo abitudini prevalentemente costiere, è la specie più soggetta all’impatto delle attività dell’uomo.

Nel corso di 13 anni di ricerca è stato possibile stimare l’abbondanza della popolazione, seguire gli spostamenti degli individui, valutare la loro fedeltà all’area di studio e studiarne la struttura sociale. I dati raccolti dal gruppo di ricerca Delfini Metropolitani vengono periodicamente confrontati con quelli di altri gruppi di studio che operano in regioni limitrofe, come l’organizzazione scientifica CE.TU.S. che campiona l’aria di studio che va da La spezia fino a Livorno, spostandosi anche nelle acque antistanti l’Isola d’Elba. L’aumento delle conoscenze sulla biologia delle specie costiere, dei parametri demografici e delle dinamiche della popolazione e la valutazione dell’interazione con le attività umane, potrà fornire informazioni essenziali per lo sviluppo di programmi di conservazione e gestione dell’ambiente marino costiero.

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Nel Mar Mediterraneo, ad oggi, è stato condotto un unico studio demografico sul tursiope,analizzando i dati di spiaggiamenti italiani e francesi raccolti dal 1986 al 2011 (Rossi et al., in prep.); in questo studio sono stati indagati il tasso di mortalità e l’aspettativa di vita per la popolazione mediterranea di Tursiops truncatus.

Il presente lavoro indaga alcuni aspetti demografici di T.truncatus nel Mar Ligure orientale, avvalendosi dei modelli demografici e della foto-identificazione. In particolare gli obiettivi sono:

1) Suddividere la popolazione in stadi vitali

2) Stimare la frequenza con cui le femmine adulte si riproducono ed il tasso di fecondità (numero medio di discendenti prodotto da ogni femmina nel corso della sua vita), per la popolazione di T.truncatus del Mar Ligure centro-orientale

3) Individuare un’area utilizzata come nursery dalle femmine adulte all’interno del Mar Ligure centro orientale

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2. Materiali e Metodi

2.1 Area di Studio

Il Mar Ligure occupa la porzione nord-occidentale del Mar Mediterraneo. Il confine sud-occidentale è delimitato da una linea immaginaria che collega Punta di Revellata, a ovest di Calvi

nella Corsica settentrionale, con Capo Ferrato ad est di Nizza, mentre il confine sud-orientale corre tra Capo Corso e il promontorio di Piombino, passando attraverso il canale di Corsica, l'Isola d'Elba e il canale di Piombino (Fig.7).

Fig 7. Il Mar Ligure.(www.en.domotica.net)

Dal punto di vista batimetrico il Mar Ligure può essere diviso in tre zone differenti:

-La zona occidentale, caratterizzata da fondali di elevata profondità a causa di una piattaforma continentale molto ristretta e solcata da canyon.

-La zona centrale, caratterizzata da una piattaforma continentale ristretta e dalla presenza di due profondi canyon (canyon del Bisagno e del Polcevera)

- La zona levantina, caratterizzata da un’ampia piattaforma continentale con un fondale molto meno profondo rispetto alle altre due.

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Nel suo complesso il Mar Ligure è una regione ricca di nutrienti e dunque di vita, infatti in inverno l’azione dei venti freddi ai quali è esposto(Maestrale e Tramontana) determina un raffreddamento delle acque superficiale con un conseguente aumento della densità che provoca uno sprofondamento delle stesse: questo sprofondamento delle acque superficiali richiama l’acqua dal fondo,ricca di nutrienti, verso la superficie (upwelling)

L’area di ricerca del presente studio riguarda il settore centrale e orientale del Mar Ligure, caratterizzati dalla presenza di un’ampia piattaforma continentale. Per ragioni logistiche l’intera area è stata divisa in 4 zone (Fig.8) :

• Zona A, da Capo Arenzano a Punta Chiappa. Stazione di approdo: Porto di Genova.

• Zona B, da Punta delle Chiappe a Punta Mesco. Stazione di approdo: Lega Navale di Rapallo.

• Zona C, da Punta Mesco a Punta Bianca. Stazione di approdo: Società sportiva “Il Gabbiano” di Lerici.

• Zona D, da Punta Bianca alle acqua circostanti l’isola d’Elba. Stazione di approdo: Porto di Viareggio.

Nel dettaglio:

Zona A : Si estende da Capo Arenzano a Punta Chiappa ed è caratterizzata da una piattaforma continentale ristretta con una batimetrica che a poche miglia dalla costa diventa di oltre 1000 metri (Corradi et al., 1987).Anche per la presenza di due canyon sottomarini scavati dai due più importanti corsi d’acqua di Genova, il Polcevera ed il Bisagno, si registra il fenomeno noto come up-welling. In questa zona la pesca a strascico è limitata (per impedire incidenti alle imbarcazioni durante l’ingresso nel porto di Genova), per cui le imbarcazioni che si incontrano più di frequente sono i traghetti e le imbarcazioni da diporto.

Zona B : Si estende da Punta Chiappa a Punta Mesco. la batimetrica dei 100 metri corre fino a circa 4 miglia dalla costa; un’eccezione tuttavia è rappresentata dal Promontorio di Portofino, in cui la batimetrica dei 100 metri è presente già ad 1 km dalla costa. In questa zona sono frequenti i pescherecci a strascico con cui si possono ritrovare i tursiopi in associazione. Forte è l’impatto antropico, per lo più stagionale, dovuto al turismo e alle imbarcazioni da diporto. E’inoltre presente un impianto di piscicoltura in cui vengono allevate orate, spigole e ombrine.

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Zona C: Si estende da Punta Mesco a Punta Bianca. L’area compresa tra Punta Mesco e Punta di Montenero, dal 1998, è “Area naturale marina protetta delle Cinque Terre”. Questa zona è caratterizzata da piattaforma molto estesa: l’isobata dei 100 metri corre ad una distanza media da costa di 12 km. L’attività di pesca è intensa e regolare, così come la presenza dei tursiopi, che sono spesso osservati in associazione con i pescherecci (Bellingeriet al.,2008). Oltre ai pescherecci ci sono anche navi militari, imbarcazioni da diporto e mercantili. La zona C è inoltre una delle maggiori aree di nursery per il nasello (Merluccius merluccius;Orsi Relini et al.,1988), che sembra essere la preda principale del tursiope nel Mar Ligure (Voliani e Volpi, 1990; Orsi Relini et al.,1994). Zona D: Si estende da Punta Bianca a Piombino, e le zone circostanti l’Isola d’Elba. Anche qui si ha un’ampia piattaforma continentale, infatti i 1000 metri di profondità si ritrovano dopo una distanza media di 21 km dalla costa. La pressione antropica è rappresentata soprattutto da attività di diporto e pesca, sia a strascico che artigianale.

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Fig 8. Aree di studio

2.2 Raccolta dei dati

La raccolta dei dati avviene durante tutto l’anno, compatibilmente con le condizioni meteo-marine; le rotte seguite non sono pre-ordinate bensì casuali. Il campionamento nelle zone A,B e C viene effettuato a bordo di due gommoni BWA a chiglia rigida di 5,10 metri di lunghezza, dotati di motore Honda Marine 40 CV a 4 tempi. Questo tipo di imbarcazione se da un lato offre uno svantaggio nella ricerca degli animali, a causa della limitata altezza che ne riduce la visibilità, dall’altro permette ai ricercatori di avvicinarsi molto agli animali in virtù della manovrabilità e del ridotto disturbo fisico e acustico che ne deriva. Inoltre, lo svantaggio dell’altezza diviene un vantaggio per quanto riguarda la qualità delle foto,strumenti indispensabili per la successiva

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foto-identificazione. Il gruppo di ricerca CE.TU.S., che opera nella zona D, invece, per l’attività di rilevamento, si è avvalso di un catamarano a vela Nautitech di 12 metri di lunghezza (“KRILL”), dotato di motori ausiliari. La ricerca è stata effettuata ad un velocità costante di 7-8 nodi.

A bordo di ogni imbarcazione si dispone della seguente attrezzatura :

1) GPS (Garmin Map76) tramite il quale si registrano le tracce riguardanti lo sforzo di campionamento ed i punti in cui è avvenuto l’avvistamento;

2) Macchina fotografica digitale reflex, Nikon D70-S, con obiettivo Nikon 70-200, utilizzata per fotografare gli individui in modo da permetterne la foto-identificazione;

3) Scheda per la raccolta dei dati di sforzo e di avvistamento. I dati raccolti comprendono:

• Dati di sforzo

• Dati di avvistamento e imbarcazioni • Dati fotografici

2.2.1 Dati di sforzo

I dati di sforzo sono i tracciati di rilevamento percorsi dalle imbarcazioni durante le uscite in mare. Le rotte sono registrate per mezzo del GPS:dal momento dell’accensione (fase on effort), il GPS registra le coordinate geografiche di ogni minuto trascorso in mare, ricostruendo l’intera rotta percorsa; sul GPS vengono registrati sia il punto di inizio dell’avvistamento sia il punto di fine, i cosiddetti “Waypoint” (WP) .

2.2.2 Dati di avvistamento e imbarcazioni

I dati geo-riferiti alle occasioni di incontro con la specie target e le informazioni ad essi associati costituiscono i dati di avvistamento. I dati associati, ovvero i riferimenti temporali, la specie incontrata, il numero di animali avvistati, la presenza di piccoli ed eventuali associazioni con pescherecci, vengono riportate su specifiche schede (Fig.9).

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Fig9.Scheda “Uscita/Avvistamento” del gruppo di ricerca “Delfini Metropolitani” in cui vengono riportate tutte le informazioni relative all’attività di rilevamento.

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In fase di avvistamento sono stati seguiti degli accorgimenti in modo da non creare disturbo agli animali: rotta dell’imbarcazione parallela alla loro direzione e velocità non superiore ai 7-8 nodi (Notarbartolo di Sciara e Demma, 1994).

Durante l’uscita in mare viene presa nota anche della presenza di imbarcazioni, di cui si

registra la tipologia e i waypoint di

avvistamento(Fig.10).

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2.2.3 Dati fotografici

I dati fotografici rappresentano uno strumento fondamentale per la ricerca ed è quindi importantissimo riuscire ad avere un buon numero di foto utilizzabili per la successiva foto-identificazione. Secondo alcuni autori un gruppo di tursiopi è foto-identificato quando tutti gli individui foto-identificabili sono rappresentati da almeno quattro fotografie di buona qualità(Würsig, 1978; Ballance, 1987). In genere in ogni avvistamento vengono scattate circa 200 fotografie, per una durata di massimo 90 minuti a sessione, tuttavia il numero di fotopuò variare in relazione al comportamento e al numero di individui presenti nel gruppo. Nel corso dell’avvistamento si procede all’acquisizione di fotografie di ambo i lati della pinna dorsale e si cerca di scattare tenendo la macchina perpendicolare all’asse del corpo dell’individuo (Würsig e Jefferson, 1990). In base alle condizioni meteo-marine, alla luce e al comportamento degli animali vengono regolate la lunghezza focale, il tempo di scatto, l’apertura del diaframma e il grado di sovra-sotto esposizione; si predilige inoltre l’uso di un ISO basso (Fig.11) (Mazzoli et al ., 2004).

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Per facilitare l’analisi e l’archiviazione dei dati fotografici è importante valutare fin da subito il numero totale di tursiopi presenti, la presenza/assenza di cuccioli in associazione con le madri e il numero di individui non foto-identificabili, rappresentati soprattutto da individui ancora giovani.

2.3 Analisi dei dati

2.3.1 Archiviazione

Per archiviare le rotte registrate con il GPS viene impiegato il software OziExplorer, mentre per l’analisi dei dati e per la visualizzazione viene utilizzato il softwareArcView 9.3, una delle applicazioni di ArcGis Desktop. ArcView consente di: visualizzare le informazioni geografiche, leggere dati (spaziali e non) in diversi formati, creare mappe tematiche e connettere l’informazione spaziale ad attributi di un generico database

Dopo aver salvato i WP e la rotta dell’uscita, si passa alla compilazione di un apposito database relazionale (creato con il programma Access 2003), costituito da 4 tabelle che tramite semplici query interrogative permette di collegare tra loro le diverse informazioni contenute in ognuna. Tabelle: - Uscite - Avvistamenti - Imbarcazioni - Individui

Di queste, le prime 3 sono di immediata compilazione, in quanto riassumono le informazioni riportate nelle schede “Uscite/Avvistamenti” e “Rilevamento Imbarcazioni”, mentre la tabella “Individui” può essere aggiornata solo previa analisi del materiale fotografico.

In questa tabella ogni animale è contraddistinto da un identificativo del tipo TT_DM_001 o TT_CC_001, dove TT= Tursiopstruncatus, DM= Delfini Metropolitani/ CC= Centro Cetus, 001= numero progressivo.

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Nella tabella INDIVIDUI vengono così riportati tutti gli avvistamenti in cui gli individui sono stati foto-identificati (Fig. 12).

Fig 12. Tabella Individui del database relazionale

2.3.2 Analisi di sforzo e successo di avvistamento

I dati geo-referenziati scaricati e analizzati con i software sopra-citati ci permettono di calcolare lo “sforzo di avvistamento”, che è costituito dai km percorsi durante tutte le uscite nel corso degli anni. Oltre allo sforzo di campionamento è possibile calcolare anche l’indice di incontro (ER), ovvero il numero di avvistamenti effettuati rispetto ai km percorsi.

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La foto-identificazione è una tecnica non invasiva che permette di riconoscere i singoli individui grazie ai marcaggi naturali presenti sul corpo degli stessi (Maldini Feinholz, 1994).La foto-identificazione è largamente utilizzata negli studi condotti sui mammiferi marini (True, 1904; Mitchell, 1972; Hammondet al.,1990; Fujiwara e Caswell,2001).Quasi tutti gli individui posseggono infatti dei caratteri distintivi che li rendono riconoscibili e che permangono nel tempo. Questa peculiarità consente di riconoscere ogni individuo e di distinguerlo dagli altri. I marcaggi sono dovuti per lo più a lotte tra con-specifici ma non mancano segni dovuti alle collisioni con imbarcazioni (Sears et al., 1990; George et al.,1994; Wells e Scott, 1997; Slooten et al.,2000) o alle aggressioni da parti di predatori (squali o orche; McCann, 1974; Heithaus, 2001).

Il riconoscimento dei singoli individui è molto importante in quanto permette di avere un gran numero di informazioni sulla specie studiata :

• Determinazione del sesso • Abbondanza della popolazione • Movimenti, site fidelity, home range • Composizione del gruppo

• Struttura sociale

• Informazioni su aspetti biologici/riproduttivi

Quest’ultimo aspetto è molto interessante in quanto permette di stimare i tassi di fecondità di una popolazione fotografando un individuo di sesso femminile in associazione con il suo piccolo in anni o in periodi successivi.

Per quanto riguarda i tursiopi la foto-identificazione si basa primariamente sui segni della pinna dorsale in quanto è in questa che si ritrova il maggior numero di lesioni (tacche) che la rendono unica per ogni individuo(Caldwell, 1955; Irvine e Wells, 1972; Würsig e Würsig,1977; Wells, 1986; Ballance, 1987; Scott et al.,2005).

I segni si possono suddividere in primari/permanenti e secondari. I segni primari sono gli unici permanenti ed infatti sono usati come elementi primari per la foto-identificazione (Wilson et al.,1999): questi sono le “tacche”(lembi di tessuto mancanti), le deformità e la forma della pinna dorsale (Fig 13).I secondari invece sono graffi, decolorazioni e segni sul corpo, che vengono utilizzati come riconferma una volta individuate le lesioni permanenti (Fig 14).

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Fig 13. Segni primari per la foto-identificazione

Fig 14. Segni secondari per la foto-identificazione

Come tutte le tecniche di ricerca anche la foto-identificazione presenta degli aspetti positivi e degli aspetti negativi.

Tra i punti di forza abbiamo:

• campionamento non invasivo della popolazione

• stima sia della dimensione della popolazione che del numero di individui che utilizzano una certa regione in un dato lasso temporale

• informazioni sull’identità degli individui che vivono in una certa regione • confronto degli individui tra diverse aree di studio

• esame dei cambiamenti nelle associazioni di individui in funzione del tempo • stima dei tassi di riproduzione

Dall’altra parte i limiti risultano essere:

• impossibilità, in genere, di foto-identificare tutti gli animali • incertezza a priori circa il successo di cattura fotografica

• lunghi tempi per l’analisi e l’archiviazione del materiale fotografico • necessità di personale formato per la raccolta e l’esame dei dati

• Possibilità che gli elementi utilizzati per il riconoscimento cambino nel tempo rendendo complesso il riconoscimento a distanza di tempo.

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Matching

Una volta raccolti, i dati fotografici vengono archiviati per procedere al confronto fotografico. L’archiviazione viene fatta suddividendo tutti i delfini di ogni avvistamento in diverse cartelle, con il titolo provvisorio di “individuo 1,2,3…” . Le foto migliori dei singoli tursiopi, possibilmente una del lato destro e uno sinistro della pinna dorsale, vengono confrontate con le foto migliori di tutti gli animali foto-identificati già presenti nel catalogo fotografico: questa operazione prende il nome di matching (Fig 15).

Fig 15. Esempio di matching fotografico. Due foto di uno stesso individuo (TT_DM_124): quella di destra scattata il 5/7/2006 e quella di sinistra il 28/6/2010

Il matching fotografico consente di sapere se gli individui fotografati durante gli avvistamenti sono stati catturati per la prima volta, o se si tratta di ricatture. Nel primo caso il nuovo individuo viene inserito nel catalogo, nel secondo invece si aggiorna il medesimo con foto più recenti, al fine di averne una life history sempre aggiornata. Alla fine, ogni individuo ha una propria cartella, all’interno della quale ci sono oltre alle foto della pinna dorsale (ambo i lati) anche immagini che interessano la regione genitale, qualora presenti, e immagini relative alle associazioni madri-piccoli. Nel medesimo catalogo inoltre, sono presenti anche cartelle con individui giovani o non foto identificabili (Fig 16).

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Fig 16. Foto di individuo poco riconoscibile (foto Delfini Metropolitani)

Per la visualizzazione delle foto e quindi per la scelta delle immagini di buona qualità possono essere usati diversi visualizzatori, uno dei migliori è InfraView, mentre il catalogo fotografico è stato organizzato e visualizzato mediante il software Picasa3 (Fig.15)

2.4 Curve di crescita e stadi vitali

Nel sottordine degli Odontoceti i denti sono un elemento essenziale per riuscire a determinare l’età di un animale in quanto annualmente si assiste alla deposizione di dentina e di cemento. Attraverso una sezione trasversale è dunque possibile contare gli strati di crescita (groeth-layergroup,GLGs) che permettono di stimare l’età dell’animale (Fig.17; Hohn et al., 1989)

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Fig.17 .Sezione trasversale di un dente. Le età sono indicate dai numeri (Hohn et al., 1989).

Mettendo in relazione la lunghezza del corpo con l’età determinata contando gli strati di dentina è possibile sviluppare una curva di crescita per la popolazione esaminata (Cockcroft e Ross, 1990; Cheal e Gale, 1992;Fernandez e Hohn, 1998; Pribanicet al., 2000; Stolenet al., 2002; Mattson et al., 2006; Siciliano et al., 2007). La curva di crescita risulta dunque uno strumento fondamentale per stimare l’età di un individuo quando si ha a disposizione solo la taglia.

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Ad oggi, per la popolazione Mediterranea di tursiope esistono due curve di crescita; una realizzata da Butti et al.(2007) ed una realizzata da Pribanić et al. (2000). La prima è stata messa a punto esaminando la densità ossea della pinna pettorale di 24 tursiopi spiaggiati lungo le coste italiane dell’Adriatico, considerando che la matrice ossea è depositata costantemente nel corso della vita (Fig.18); la seconda è stata realizzata analizzando i depositi di dentina in 20 tursiopi spiaggiati lungo tutte le coste dal Mar Adriatico (Fig.19).

Fig.18. Curva di crescita per la popolazione mediterranea di tursiope di Butti et al., 2007

Fig.19. Curva di crescita per la popolazione mediterranea di tursiope di Pribanić et al.,2000

Noi abbiamo utilizzato la curva di crescita di Pribanićet al in quanto quella costruita da Butti et al. presenta un andamento lineare che per questo tipo di relazione non può essere utilizzato in quanto è noto che ad un certo punto nei tursiopi, ma non solo, la dimensione corporea non continua ad aumentare linearmente con l’età.

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Stadi vitali

In questo studio gli animali sono stati suddivisi in 4 classi di taglia, in accordo con Rossi et al. (in prep.):

• cub , delfini da 90 cm 180 cm ( da 0 ad 1 anno di età) • calf, delfini da 180 cm a 220 cm (da 1 a 3 anni di età)

• juvenile, delfini da 220 cm a 270 cm (da 3 a 7 anni di età; Wells and Scott 2009)

• adult, delfini di dimensioni uguali o maggiori di 270 cm(da 7 a 57 anni di età; Wells and Scott 1999)

Come limite inferiore per i cubs sono state utilizzate delle osservazioni in ambiente controllato (Gnone, com.pers), mentre per il limite superiore è stata consultata la letteratura(Harrison et al., 1972; Hohn, 1980; Hohnet al ., 1989; CockrcofteRoss, 1982).Per gli altri

stadi vitali abbiamo usato la curva di crescita che fa riferimento al lavoro di Pribanić et al., 2000.

La suddivisione in categorie, è stata ottenuta relazionando la lunghezza del corpo dei piccoli (cub, calf e juvenile) con la lunghezza delle madri. Per avvalorare tale suddivisione sono stati utilizzati anche altri aspetti, come l’eventuale presenza di pieghe fetali sul corpo (tipiche dei neonati; Fig.21), eventuali segni di riconoscimento sulla pinna dorsale o sul corpo (presenti soprattutto nei juvenile), il tipo di associazione madre-piccolo, inteso come il tempo in cui il piccolo nuota in stretta associazione con essa (Grellieret al., 2003) e la tipologia di nuoto del piccoli: i cub infatti, quando affiorano in superficie per respirare tendono ad uscire con tutta la testa fuori dall’acqua (Fig.22).

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Fig.21. Cub, con evidenti pieghe fetali sul tutto il corpo (foto Delfini Metropolitani)

(41)

Successivamente è stati calcolato il parametro che indica, il tasso di fecondità, ovvero il

numero medio di discendenti prodotto annualmente da ogni femmina nel corso della sua vita. Tale parametro è espresso dalla seguente relazione :

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3. Risultati

3.1 Dati di sforzo e indice di incontro

Da aprile 2001 a ottobre 2014sono stati percorsi 49394,87 km. In particolare abbiamo:

• 10694,65 km nella zona A • 9883,91 km nella zona B • 7567,07 km nella zona C • 21249,24 km nella zona D

L’attività di rilevamento ha coperto in modo pressoché omogeneo l’intera area di ricerca , anche se l’attività di rilevamento negli ultimi anni risulta più intensa nelle zone B e C, in quanto le imbarcazioni sono tendenzialmente ormeggiate a Rapallo (zona B) e a Lerici (zona C).

Per questo studio è stata fatta una selezione del materiale fotografico presente in archivio al termine della quale, si è scelto di utilizzare i dati raccolti a partire dal 2006, perché meglio ci permettevano di riconoscere i diversi stadi vitali degli individui sessualmente immaturi.

A partire dal 2006 sono stati percorsi 19477,13 km (Fig 19; zona A 4029,24 km; zona B 9883,91 km; zona C 6090,72 km; zona D 17473,28), mentre gli avvistamenti totali di Tursiops truncatus,nel periodo 2006-2014 sono 366: di questi, solo 22 avvenuti oltre la batimetrica dei 100 metri (Fig.20; Tab.1).

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Fig.20. Tracciati di rilevamento in tutta l’aria di studio dal 2006 al 2014. In rosso i tracciati del progetto Delfini Metropolitani, in verde i tracciati di C.E.T.U.S

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Fig.20. Avvistamenti effettuati dal 2006 al 2014, i punti rappresentano i waypoint di inzio avvistamento

Fasce batimetriche <100m 100-200m >200m

Avvistamenti 344 19 3

Tab.1 Avvistamenti per fasce batimetriche nel periodo 2006-2014.

E’ stato calcolato l’indice di incontro (ER), che è il rapporto tra il numero di avvistamenti e il numero di km percorsi (Tab.2).

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Zona A Zona B Zona C Zona D Avvistamenti 13 87 101 185 km 4029,24 9883,91 6090,72 17473,28 ER 0,0032 0,0088 0,0165 0,010

Tab.2. Valori di ER per zonaper il periodo 2006-2014.

3.2 ER mamme e “nursery”

L’indice di incontro è stato calcolato anche per gli avvistamenti delle 40 femmine da noi analizzate, sia sugli avvistamenti totali che sugli avvistamenti delle femmine in compagnia di neonati. Ciò è stato fatto per valutare se all’interno dell’area di ricerca esiste una zona da loro usata come “nursery” per il parto ed i giorni immediatamente successivi.

Fig 21. Avvistamenti mamme anche senza piccoli Fig 22 Avvistamenti mamme e cub

Zona A Zona B Zona C Zona D

Avvistamenti 3 53 40 46

km 4029,24 9883,91 6090,72 17473,28 ER 0,0007 0,005 0,006 0,002 Tab.3. ER mamme

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Zona A Zona B Zona C Zona D

Avvistamenti 1 31 14 21

km 4029,24 9883,91 6090,72 17473,28 ER 0,0002 0,003 0,002 0,001 Tab.4. ER mamme con cub

È stato successivamente confrontato anche l’ER tra gli avvistamenti delle mamme totali gli avvistamenti delle mamme solo quando in associazione con neonati.

3.2 Foto-identificazione

Utilizzando la tecnica della foto-identificazione sono stati identificati 262 individui dal gruppo di ricerca Delfini Metropolitani e 277 dal gruppo di ricerca CE.TU.S.: 253 individui sono in comune. Così in totale per le analisi condotte nel presente lavoro sono stati considerati 286 animali.

Dei 286 individui foto-identificati 80 sono stati sessati, comprendenti 42 femmine, 12 maschi, 22 femmine probabili e 4 maschi probabili. Le femmine sono state per lo più sessate tramite associazione con neonati o ripetuta associazione con calf e raramente tramite l’analisi della zona ventrale in associazione alla pinna dorsale (solo 2 femmine su 42). Le probabili femmine sono tali in quanto viste in associazione non ripetuta nel tempo con calf. Infine i maschi sono stati sessati solo tramite l’analisi della zona ventrale, il che rende il loro riconoscimento più problematico. La presenza dei “maschi probabili” è invece dovuta alla qualità delle foto, che non permettevano una chiara visione della zona ventrale o della pinna dorsale.

3.3 Parametri demografici

Per valutare gli aspetti demografici sono state analizzate le life history di 40 femmine adulte riproduttive (considerando le 2 femmine mai osservate in associazione con i piccoli come femmine non riproduttive) e dei rispettivi piccoli suddivisi in cub, calve e juvenile.

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3.3.1 Tasso di fecondità

In demografia il tasso di fecondità è espresso come numero di nascite di figli vivi in un certo periodo di tempo rispetto al tempo di esposizione al rischio di avere figli da parte delle femmine adulte.

b= ∑cubs ∕ tempo di osservazione

Dalla minuziosa analisi dei dati emerge una serie di riflessioni tali da doverci far fare delle ipotesi diversificate per la stima del tasso di fecondità. Queste considerazioni sono dovute, in parte, ai limiti della tecnica utilizzata per la costruzione del database: la foto-identificazione infatti, essendo una tecnica non invasiva, non permette di stabilire l’età degli animali. Tuttavia il limite più importante è dovuto alla sequenza di avvistamenti delle madri considerate. Infatti, essendo animali liberi e non taggati, non sempre si riescono ad avere avvistamenti ripetuti nella stagione o negli anni, con conseguenti life history parziali.

Consideriamo ad esempio l’individuo TT_DM_061 (Tab.4)

Tab.4. Life history dell’individuo TT_DM_061

In questo caso abbiamo un cub il 27-11-2011, un avvistamento l’anno successivo senza cucciolo per poi avere un presunto nuovo cucciolo nel 2013; l’intervallo tra una nascita e la successiva risulta inferiore ai 2 anni, il che è possibile solo se il primo piccolo è stato perso. La conferma di questa ipotesi è presente anche in letteratura, infatti quando una femmina perde un

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piccolo è subito pronta per una nuova gestazione (Cockcroft e Ross, 1990; Schroeder, 1990). L’alta mortalità dei cub e dei calf è stata osservata anche in altre popolazioni di tursiopi (Mann et al., 2000; Tezanos Pinto et al., 2014).

Per questo sono stati considerate due ipotesi per il numeratore del tasso di fecondità:

1.a Tutti i cub, anche quelli avuti da una madre in un intervallo minore di due anni, sono considerati come nuovi nati (n=70).

2.a Solo gli individui nati con un intervallo fra parti maggiore di 2 anni sono stati considerati cubs (n=67).

All’interno del database, oltre ai casi come l’individuo TT_DM_061, ce ne sono altri più “problematici” , come ad esempio TT_DM_292, che ci pongono dinanzi a due diverse possibili ipotesi per i valori del denominatore del tasso di fecondità (Tab.5).

Tab.5. Life history dell’individuo TT_DM_292

La femmina in esame è stata avvistata senza piccolo da settembre 2011 a settembre 2012, mentre nel giugno 2013 è stata incontrata con un cub.

Teoricamente ogni femmina che è stata osservata per un certo periodo di tempo da sola prima di venire osservata per la prima volta accompagnata da un piccolo poteva essere sola in quanto: 1) non ancora sessualmente matura o 2) sessualmente matura ma senza cuccioli al seguito. L’eventuale passaggio alla maturità sessuale potrebbe essersi verificato in qualunque momento del tempo precedente (compatibilmente con la sua età presuntiva) alla data di nascita del primo cucciolo con cui sia mai stata avvistata, ma, a causa della tipologia della raccolta dati noi non abbiamo modo di capirlo. D’altra parte la femmina poteva essere già sessualmente matura prima di essere incontrata per la prima volta con un piccolo ma mai avvistata in presenza di

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cuccioli, in quanto ad esempio questi potevano essere stati persi. Queste riflessioni ci portano dunque a dover ammettere che ci siano due ipotesi plausibili alla data del primo avvistamento con cucciolo:

1.b La femmina osservata era non matura sessualmente

2.b La femmina osservata non è stato avvistata con il suo piccolo

Abbiamo dunque considerato tutte le varie ipotesi, calcolando così 4 valori per il tasso di fecondità (Tab.6).

Cubs 70 67 67 67

Tempo di osservazione 196,49 196,49 148,21 148,21 (cubs/tempo di osservazione) 0,35 0,34 0,45 0,45

Tab.6. tasso di fecondità secondo le 4 ipotesi

Tenendo in conto queste riflessioni si arriva ad una stima del tasso di fecondità di 0,35 piccoli all’anno quando si considerano tutti i cub, e di 0,34 piccoli all’anno quando non si considerano tutti i cub ma solo una parte di essi (escludendo quindi i casi dubbi); questi due valori sono molto simili ed indicano una nuova nascita ogni 3 anni circa. Escludendo invece gli avvistamenti avvenuti in precedenza ad un primo incontro della mamma in presenza di un piccolo, si stima un valore pari a 0,45 (piccoli/anno)che sta ad indicare una nuova nascita ogni circa 2,20 anni. Come mostrato in tabella il numeratore del terzo e quarto caso è il medesimo (67), di conseguenza anche il risultato è il medesimo. Questo succede perché in circostanze come la femmina TT_DM_247 (Tab.7) risulta impossibile stimare un tempo di osservazione, per cui non può essere considerata.

Tab.7. individuo TT_DM_247

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Per fornire una stima della distanza fra un parto ed il successivo, abbiamo analizzato la storia di 22 femmine delle 40 di partenza che hanno avuto nel periodo di osservazione (2006-2014), almeno due piccoli.

Tab.8. parte delle femmine considerate per la distanza fra parti

Dstanza fra parti= 3,15

Questo valore rappresenta la media delle distanze fra due parti delle 22 femmine considerate.

Stessa cosa abbiamo fatto con il tasso di fecondità , ricalcolato utilizzando al numeratore solo i cub delle 22 mamme (n=46),in modo da avere un valore confrontabile all’intervallo medio fra parti ed al lavoro di Tezanos Pinto et al.,2014 condotto in Nuova Zelanda.

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4.Discussione

4.1 Indice di incontro

La distribuzione di T.truncatus risulta legata ad una serie di fattori che spaziano dai parametri ambientali, alla presenza e tipologia di attività antropica, fino alla disponibilità delle prede.

Dall’analisi del tasso di incontro risulta evidente che il successo di avvistamento, quando considerati tutti gli animali indipendentemente dal sesso, aumenti nell’area C (Punta Mesco- Lerici) rispetto all’area A e B (Capo Arenzano-Punta Mesco), in accordo con Gnone et al. (2011). In questo tratto di mare infatti la batimetrica dei 100 metri corre ad una distanza da costa compresa tra i 12 e i 21 km; al contrario, nelle acque antistanti Genova tale batimetrica la si ritrova a soli 5 km al largo. Questo si traduce in una limitata estensione dell’habitat del tursiope, oltre ad una totale sovrapposizione tra lo stesso e le attività antropiche, le quali risultano particolarmente accentuate nelle acque genovesi: il porto della città è infatti uno degli scali commerciali più importanti dell’intero Mediterraneo.

Diversamente le acque antistanti la Spezia e lo spezzino in generale, offrono delle condizioni più favorevoli per la distribuzione di T.truncatus. I delfini infatti qui trovano una piattaforma continentale molto ampia, tale da riuscire ad evitare il disturbo arrecato dalle eventuali imbarcazioni senza oltrepassare l’isobata del 100 metri (Gnone et al., 2011).

La presenza dei delfini è inoltre correlabile alla presenza dei pescherecci a strascico che operano localmente: è ormai noto che il tursiope trae vantaggio dalla loro presenza, riuscendo a catturare facilmente gli animali che scappano dalle reti (Bellingeri et al., 2008, 2011). Tutte queste caratteristiche fanno della zona C (Punta Mesco-Lerici) un sito particolarmente favorevole alla presenza del tursiope (Saporiti et al., 2008).

Andando a valutare solo gli avvistamenti delle femmine quando associate ai cubs si riscontra un indice di incontro che segue sì le dinamiche dell’intera popolazione per quanto riguarda la poca preferenza alla zona A, ma che cambia andando a valutare la presenza nelle zone B e C. Si ritrova infatti un indice di incontro maggiore nella zona B. Questa fenomeno potrebbe esser dovuto ad una combinazione di due fattori: batimetrica dei 100 metri leggermente più ampia rispetto al genovese, e una minor presenza sul territorio di competitori, il che potrebbe implicare più tranquillità per il parto e per i giorni immediatamente successivi. Sembrerebbe infatti che le

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