• Non ci sono risultati.

Parte seconda

Nel documento La riforma dei controlli nel Regno Unito (pagine 125-200)

1Nella letteratura economico-aziendale sul settore pubblico non esiste una concezione

univoca di accountability, né la stessa esiste negli studi di public management. Si sovrappon- gono definizioni più o meno ampie: l’accountability può intendersi come la capacità o la ne- cessità di dar conto del proprio operato e di assumere la responsabilità del risultato (Mussa- ri 1996, pp. 166-7); l’accountability esprime il dovere di render conto per definire responsa- bilmente e credibilmente le relazioni esistenti tra programmazione, decisione, azione e con- trollo (Ricci 2005, p. 13).

I

. Il sistema contabile e il controllo degli enti locali

di Luigi Lepore

1. Il sistema dei controlli e la dimensione aziendale degli enti locali.

Gli enti locali (Eell) del nostro paese sono stati interessati, negli ul- timi decenni, da un intenso processo di cambiamento stimolato dalle sempre più stringenti e diffuse esigenze di razionalizzazione della spe- sa pubblica. L’orientamento innovatore del legislatore nazionale è sta- to caratterizzato dalla volontà generale di orientare le aziende e le am- ministrazioni pubbliche verso l’economicità, la trasparenza e l’ac- countability1, implementando nelle stesse principi, logiche, criteri e

strumenti di tipo manageriale.

La dottrina economico-aziendale (Farneti 2005) afferma che il nu- cleo del processo riformatore può essere rintracciato in un’interpreta- zione del principio costituzionale del «buon andamento» (art. 97) at- traverso i criteri di efficienza, efficacia ed economicità, i quali lo ren- dono concretamente applicabile. L’esigenza del rispetto dei principi ci- tati richiede che vengano agevolati processi gestionali orientati, fra l’al- tro, alla programmazione e al controllo dell’attività pubblica. Negli ul- timi anni in effetti il legislatore è intervenuto diverse volte al fine di mettere a punto un sistema di controllo efficace, senza tuttavia riusci- re pienamente nel suo intento.

Un punto di svolta importante si registra con il d.lgs. n. 286 del 1999 che prova a mettere ordine, almeno dal punto di vista concettuale, nel sistema dei controlli. Si è trattato, a dire il vero, di un punto di svolta e di partenza allo stesso tempo, poiché da quella data le amministrazioni

2Per un approfondimento si rinvia a Brunetti 1979; Borgonovi 2005.

pubbliche, fra cui gli enti locali, avrebbero dovuto adottare tutti i prov- vedimenti necessari per implementare un sistema efficace di controlli, oltre che adeguati sistemi contabili. Questi ultimi infatti dovrebbero rappresentare, almeno secondo la più consolidata dottrina economico- aziendale, la fonte principale, anche se non l’unica, dei dati e delle infor- mazioni necessarie ad alimentare il sistema dei controlli2.

L’auspicato recupero di margini di efficienza, efficacia e soprattutto economicità non si è prodotto, né tantomeno può dirsi che l’attività pubblica sia divenuta più trasparente e accountable. Si deve infatti os- servare, a oggi, come il processo riformatore si sia realizzato nella nor- ma, ma non nei comportamenti e tanto meno nei risultati. Queste con- siderazioni sono all’origine degli ulteriori interventi di riforma del si- stema dei controlli e dell’ordinamento contabile degli enti che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Alcuni dei provvedimenti più importanti sono contenuti nella legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009), nella riforma sul federalismo (legge n. 42/2009), nel Ddl Carta delle au- tonomie, nel Ddl anticorruzione, nella legge di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico (legge n. 15/2009) e nel collegato de- creto Brunetta (d.lgs. n. 150/2009). Si tratta di norme che, in modo di- retto, esercitano influenza sul sistema dei controlli e, in modo indiret- to, sui sistemi contabili con l’intento prioritario di permettere alle am- ministrazioni di rispondere meglio alle sempre più pressanti esigenze di efficienza e trasparenza dell’azione pubblica. Il sistema dei controlli che viene così delineandosi vede moltiplicarsi le forme di controllo: alle quattro tipologie già previste dal d.lgs. n. 286 del 1999 si affiancano il controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, dei re- sidui e di cassa, il controllo della qualità dei servizi, il controllo sulle partecipate e la redazione del bilancio consolidato di gruppo.

L’azione del legislatore volta alla moltiplicazione delle forme di con- trollo risulta condivisibile, a parer di chi scrive, nella misura in cui con- tribuisce a esplicitare meglio il livello di profondità, l’oggetto delle pro- cedure di controllo e i compiti specifici dell’ente locale con riferimento a ogni specifica tipologia. Non lo è invece per quel che concerne la per- dita di organicità del quadro normativo, la quale deriva dal fatto che le norme sono frammentariamente diffuse fra leggi e decreti vari. In tal modo, si corre il rischio di incrementare la confusione e ingigantire er- rori già commessi nel passato. Si persevera cioè nel chiarire «meglio» quello che nella norma già esiste, ossia un composito sistema di con- trollo, e non si creano invece le condizioni perché lo stesso possa fun-

3Per un approfondimento si rinvia a Farneti 2004. 4Per un approfondimento si veda Natalini 2010.

5Nella prospettiva considerata, il concetto di azienda non è autonomo: l’azienda viene

cioè intesa come una categoria logica, individuabile solo per astrazione, vale a dire attraver- so l’enucleazione di una parte dell’attività svolta dall’istituto, ossia l’attività economica. La visione considerata muove dall’osservazione che l’attività umana trova espressione in istitu- ti composti, costituiti da elementi, fattori, energie, risorse personali e materiali, ricondotti a unità da un comune insieme di fini, rispetto al quale l’azienda ha una funzione strumentale. Considerando che in qualsivoglia istituto pubblico ha luogo, fra le altre, un’attività econo- mica volta alla realizzazione di certe finalità, è possibile enucleare l’azienda, intesa quale «or- dine strettamente economico dell’istituto; questa astrazione [però] deve essere opportuna- mente vincolata agli altri caratteri dell’istituto, ad esempio sociali, etici, religiosi, politici» (Masini 1970, p. 13). In tal senso, il riconoscimento negli enti locali dei caratteri aziendali e la conseguente realizzazione di analisi che ne seguono la logica, è compatibile con il perse- guimento di finalità istituzionali di carattere non economico.

6«Per quanto siano alti gli scopi religiosi, morali, scientifici, sociali, che […] un ente si

propone, sempre appare la necessità, per il loro raggiungimento, di una particolare attività di acquisizione e di erogazione di mezzi economici, che può essere curata solo in una coerente compagine di azienda» (Zappa, Azzini, Cudini 1955, p. 2).

zionare e indirizzare gli enti verso l’auspicato recupero di efficienza, ef- ficacia ed economicità. A tal fine, potrebbe essere utile una riforma si- stematica e organica del sistema dei controlli e dell’ordinamento conta- bile degli Eell che – partendo dal predisporre gli strumenti affinché il cittadino possa effettivamente esercitare la sua funzione di «giudice» dell’attività pubblica (controllo sociale)3– giunga a chiarire ruoli, fun-

zioni e contenuti di ciascuna tipologia di controllo, definendo anche le rispettive responsabilità in caso di errata o mancata applicazione. Tale riforma dovrebbe inoltre passare attraverso la prescrizione di sistemi contabili capaci di fornire informazioni adeguate e attendibili ai sistemi di controllo. In un quadro siffatto, potrebbe essere utile la costruzione di capacità amministrativa4negli enti e la diffusione di conoscenze, ol-

tre che giuridiche, socio-politiche ed economiche generali, di natura economico-aziendale, le quali contribuirebbero probabilmente a me- glio interpretare alcuni contenuti del processo di riforma.

Quelle di cui sopra rappresentano iniziative che permetterebbero di scorgere meglio, fra le altre, quella dimensione economica dell’attività dell’ente locale che configura l’azienda e che prende forma proprio nel- lo svolgimento di un’attività economica volta a realizzare al meglio le sue finalità5. La presenza di tale attività all’interno dell’ente locale e,

dunque, la gestione efficiente, efficace ed economica della stessa, piut- tosto che porsi in contrasto con la sua mission sociale, ne esalta l’orien- tamento al benessere pubblico. La stessa infatti è capace di favorire la migliore utilizzazione delle risorse nell’erogazione dei servizi, agevo- lando inoltre quella equità intergenerazionale che fino a ora è stata spesso sottovalutata nella gestione delle amministrazioni pubbliche6.

7L’autonomia finanziaria delle aziende pubbliche va intesa in senso non assoluto, ossia

come capacità dell’istituto di realizzare le proprie finalità senza l’esigenza imperativa di co- pertura perdurante dei disavanzi da parte dei livelli di governo sovra-ordinati. Per un ap- profondimento si veda Masini 1970.

8La contabilità finanziaria (Cofi) è strutturata per avere un unico oggetto di rilevazione,

ossia le variazioni numerarie. Viene passata sotto osservazione quindi soltanto un aspetto delle operazioni aziendali, trascurando la dimensione patrimoniale e quella economica (Far- neti, a cura di, 2004; Anessi Pessina 2000; Pozzoli 2001; 2002; Mulazzani 2001). La Cofi, in pratica, non consente di evidenziare gli effetti economici delle operazioni dell’ente locale; es- sa cioè non mette in evidenza, a differenza della contabilità economico-patrimoniale, i pro- venti (le risorse acquisite) e i costi (le risorse consumate) derivanti dallo svolgimento delle at- tività aziendali.

9I termini «contabilità economico-patrimoniale» e «contabilità generale» (Coge) sono

utilizzati come sinonimi, entrambi si riferiscono a sistemi di accrual accounting.

Nella sua dimensione aziendale, l’ente locale dovrebbe svolgere la sua attività anche secondo le regole dettate dalle scienze economico- aziendali, le quali fra l’altro sono state pienamente recepite dal legisla- tore. Da ciò consegue naturalmente che l’attività di verifica della «le- galità» dell’azione pubblica riguardi pure la corretta applicazione del- le norme finalizzate a orientare all’economicità la gestione degli enti. Quanto affermato sopra impone che la cultura economico-aziendale si debba integrare con quella giuridica e che gli operatori, in diverso mo- do coinvolti nella gestione degli enti, dovranno sforzarsi di realizzare una sintesi di entrambe (Farneti 2006).

L’economicità statuita da numerose disposizioni normative riguar- da la congruenza fra risorse utilizzate e risorse rigenerate (o reintegra- te attraverso i trasferimenti dai livelli di governo sovra-ordinati). La stessa si qualifica come espressione di sintesi dell’efficienza e dell’effi- cacia, e genera, quando garantita nel tempo, le condizioni per la rea- lizzazione dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo, l’unico che può assicurare la sopravvivenza in autonomia7 e la durevolezza

dell’ente. La realizzazione dell’equilibrio finanziario, primariamente ricercato e imposto dalla normativa, se non è accompagnato dal corri- spondente equilibrio economico, garantisce invece solo l’uguaglianza ogni anno tra entrate e uscite, ma non crea le condizioni per il perdu- rare dell’ente in condizioni di autonomia.

La necessità di presidiare e controllare la gestione economica del- l’ente locale mette in evidenza la necessità o se si vuole l’utilità di si- stemi contabili capaci di osservare, al di là dell’aspetto finanziario del- la gestione, come fanno i sistemi di contabilità finanziaria (Cofi) tipici degli Eell, anche quello economico e patrimoniale8.

Va precisato, tuttavia, che la contabilità economico-patrimoniale9,

cui si fa riferimento, o la contabilità generale (Coge) come anche si definisce, esprime per gli Eell un contenuto informativo più limitato

10Per un approfondimento si rinvia a Brunetti 1979 e Borgonovi 2005.

rispetto a quello delle imprese. Queste ultime infatti trovano nei ri- sultati di sintesi di questa tipologia di contabilità, e in particolare nel risultato economico, un’adeguata misura del grado di realizzazione delle proprie finalità, mentre per gli enti locali e per le pubbliche am- ministrazioni (PA) in genere il risultato economico esprime solo il gra-

do di equilibrio fra le risorse consumate e quelle rigenerate (o reinte- grate). Nonostante ciò, la contabilità economico-patrimoniale, alme- no a parer di chi scrive e di una parte della dottrina economico-azien- dale e di management, esprime un contenuto fondamentale delle co- noscenze necessarie per la gestione dell’ente. A ben vedere, a conclu- sioni di tal genere è giunto, come si vedrà meglio in seguito, anche il legislatore. Tuttavia, la considerazione delle difficoltà che l’imple- mentazione di tale contabilità potrebbe generare negli enti ne ha im- pedito finora l’imposizione.

2. Le componenti del sistema di controllo

e il ruolo dei sistemi contabili.

Secondo uno schema interpretativo ormai condiviso in dottrina eco- nomico-aziendale, gli elementi di base di un sistema di controllo sono10:

– la struttura organizzativa; – la struttura informativa; – il processo del controllo.

La prima componente riguarda le unità organizzative coinvolte nell’attività di controllo e il sistema delle responsabilità che competo- no ai responsabili di tali unità, responsabilità che sono definite facen- do riferimento ai risultati che devono essere realizzati. La struttura informativa del controllo, invece, fa riferimento alle logiche e alle me- todologie di misurazione dei risultati. Questa componente del sistema di controllo è costituita, dunque, dagli strumenti di rilevazione, classi- ficazione e rappresentazione delle informazioni necessarie al control- lo e comprende sistemi contabili, extra-contabili e di reporting. Il pro- cesso del controllo, infine, rappresenta la parte dinamica del sistema e consiste nel confronto sistematico fra gli obiettivi prefissati, i risultati ottenuti e le risorse utilizzate. Tale confronto permette di esprimere soddisfazione o insoddisfazione circa l’operato, consentendo eventua- li aggiustamenti di rotta nell’attività di programmazione e gestione.

11Il sistema informativo può essere inteso come l’insieme degli elementi (dati, risorse

tecniche e umane) e delle relazioni che determinano i procedimenti di produzione del- l’informazione necessaria a soddisfare, con efficacia ed efficienza, le esigenze conoscitive in- terne ed esterne. Si veda Marchi 1993.

12Per un approfondimento si rinvia ad Alvino e Pisano nel presente volume.

13Per un approfondimento si vedano Puddu 1984; Anessi Pessina 2000; Farneti 2001; (a

cura di) 2004; Pozzoli 2001.

In queste pagine, l’attenzione è stata rivolta alla seconda compo- nente del sistema di controllo e, in particolare, ai sistemi contabili e al bilancio degli Eell. Lo scopo è quello di illustrare, con il supporto em- pirico dei dati relativi ai comuni che hanno partecipato alla ricerca, in che modo e in che misura i sistemi di contabilità finanziaria e quelli di contabilità economico-patrimoniale, quando presenti, siano capaci di fornire informazioni adeguate al sistema di controllo degli enti.

La struttura informativa obbligatoria: il sistema contabile e il bilancio degli enti locali

L’esigenza di un sistema informativo (SI)11è generalmente associata,

in ogni istituzione pubblica, a una duplice necessità. Da un lato, tale si- stema ha una finalità di comunicazione interna e di supporto ai pro- cessi decisionali; deve essere cioè in grado di produrre informazioni at- te a verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, al fine di creare e mantenere le condizioni per un conseguimento durevole degli stessi. Dall’altro lato, ilSIdeve essere capace di produrre informazioni

per l’esterno, al fine di attivare e garantire, sebbene solo potenzial- mente, il funzionamento del meccanismo del controllo sociale.

Per far fronte a tali esigenze conoscitive ogni ente locale predispo- ne e utilizza gli strumenti a tal proposito previsti dal quadro normati- vo (SIobbligatorio), dotandosi talvolta anche di strumenti informativi

ulteriori (SIvolontario)12.

Nell’ambito delSIobbligatorio, una posizione di rilievo è innega-

bilmente occupata dal sistema di bilancio, preventivo e consuntivo, il quale dà comunicazione di tutti i processi e le attività aziendali che possono essere espresse tramite valori.

Nella fase preventiva, a ben vedere, il sistema di bilancio degli Eell, come in generale quello di tutte le aziende e amministrazioni pubbli- che, riveste una funzione fondamentale; ha cioè eminentemente una funzione autorizzatrice della spesa. Attraverso il bilancio preventivo si provvede a definire a priori, da un lato l’ammontare massimo delle risorse che l’azienda pubblica può impegnare, dall’altro la loro desti- nazione13. Il bilancio di previsione rappresenta, dunque, lo strumento

14Nelle aziende del settore pubblico al bilancio viene da sempre attribuita la funzione di

strumento attraverso il quale i rappresentanti del popolo definiscono l’ammontare di risor- se da prelevare alla collettività e destinare al soddisfacimento dei suoi bisogni. Per un ap- profondimento sulla funzione di vincolo del bilancio di previsione si vedano, tra gli altri, Vil- la 1867; Besta 1922; Zappa - Marcantonio 1954; Buscema 1979; Anessi Pessina 2000.

15«La contabilità “applicata”, (nelle aziende del settore pubblico) infatti, è troppo spes-

so una sequela di adempimenti formali, dove lo sforzo di seguire una logica gestionale o più semplicemente qualche forma di ragionevolezza istituzionale cede il passo alle così dette “priorità politiche” e svuota il sistema del bilancio della sua razionalità di fondo, che non prefigura certo, almeno nelle intenzioni del legislatore, dei modelli di comportamento orien- tati alla cultura dell’adempimento o della priorità degli interessi – o presunti tali – della po- litica» (Pozzoli 2004b, p.XI).

16Già all’inizio del secolo XX, si levavano voci che evidenziavano l’insufficienza delle

sole previsioni finanziarie a predeterminare e valutare gli aspetti economici e patrimoniali della gestione. Negli anni settanta, Cassandro (1970) affermava che la scarsa considerazione che le rilevazioni delle aziende pubbliche danno all’aspetto economico della gestione è cau- sa non ultima del basso livello di efficienza economica che in tali aziende si riscontra. Per un approfondimento si vedano, fra gli altri, Anessi Pessina 2000; Pozzoli 2002; 2004a. attraverso il quale vengono definiti ex ante i rapporti tra gli organi ese- cutivi e quelli decisionali14.

Nella fase di consuntivazione, poi, le operazioni compiute dall’a- zienda pubblica, o meglio i risultati del suo operare, trovano esposi- zione nei bilanci consuntivi. La logica che guida la redazione dei do- cumenti preventivi e consuntivi, tuttavia, è eminentemente finanziaria, nel senso che i fatti della gestione, come anticipato sopra, non vengo- no esaminati nei due aspetti finanziario ed economico, bensì conside- rando solo il primo e, dunque, senza neanche la possibilità di verifica- re l’effetto (di incremento o riduzione) sul patrimonio. Ciò crea, come è evidente, dei limiti alla capacità del sistema di bilancio degli Eell di adempiere adeguatamente alla funzione informativa interna ed esterna. La Cofi infatti è pensata come strumento utile a tutelare la regolarità delle procedure e a valutare gli equilibri della gestione15e, solo in via

subordinata, per adempiere ai doveri dell’informazione per i terzi e al- le esigenze dell’attività di direzione (Pozzoli 2005a; 2005b; 2005c).

Per questo motivo, da anni la dottrina economico-aziendale e gli operatori del settore non si esimono dal formulare critiche in merito all’inefficienza dei sistemi di rilevazione e di misurazione delle gestio- ni pubbliche16. Di tali limiti e dei vantaggi che al contrario potrebbero

derivare dall’utilizzo di sistemi di Coge sembra essersi reso conto ne- gli ultimi anni anche il legislatore.

La contabilità economico-patrimoniale e la conseguente compren- sione dei valori da essa definiti consente di effettuare valutazioni a più ampio raggio dell’efficienza, dell’efficacia e dunque dell’economicità, attraverso l’analisi degli aspetti economici, finanziari e patrimoniali.

Un sistema di contabilità siffatto, inoltre, consente di esplicitare in modo diretto il risultato economico della gestione che, sebbene debba essere considerato come espressione di un vincolo che l’ente deve ri- spettare (pareggio fra le risorse consumate e quelle generate) piuttosto che grado di realizzazione di una finalità, rappresenta una grandezza di sintesi importante per verificare se e in che misura si è generato un risparmio o un deficit gestionale e qual è, dunque, l’effetto sul patri- monio (Farneti 2006).

La contabilità economico-patrimoniale presenta tuttavia dei limiti quanto all’esplicitazione dell’efficacia complessiva dell’attività dell’en- te, ossia della sua capacità di soddisfare adeguatamente le istanze di tutti i portatori di interesse. Un giudizio complessivo in tal senso può essere ottenuto, invece, attraverso le logiche e gli strumenti del con- trollo strategico e di quello di gestione, di cui la Coge e il sistema di bi- lancio dovrebbero rappresentare un elemento propedeutico, uno stru- mento cioè che alimenta con i suoi flussi informativi il processo gene- rale del controllo.

Il legislatore, come si anticipava sopra, pur avendo percepito l’uti- lità della Coge non ha imposto agli enti la tenuta della stessa. A essi è richiesto esclusivamente di giungere alla predisposizione del conto economico (CE) e dello stato patrimoniale (SP) attraverso un prospetto

di conciliazione.

Gli Eell si trovano, quindi, in una situazione intermedia in quan- to affiancano i documenti consuntivi della Coge al tradizionale siste- ma di programmazione e rendicontazione della Cofi. Dalla normati- va di riferimento si deduce la rilevanza attribuita alla contabilità fi- nanziaria in ragione della sua funzione autorizzativa. Minore impor- tanza invece sembra essere attribuita alla contabilità economico-pa- trimoniale che secondo il legislatore è derivabile dalla contabilità fi- nanziaria attraverso rettifiche e integrazioni ai valori degli accerta- menti e degli impegni.

A ben vedere, quella di cui si diceva sopra rappresenta solo una del- le possibili strade percorribili dagli enti per la produzione delCEe del-

Nel documento La riforma dei controlli nel Regno Unito (pagine 125-200)

Documenti correlati