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6.1 Il terracrepolo

il Terracrepolo (Reichardia picoides) è una pianta spermatofita dicotiledone appartenete alla famiglia delle Asteraceae.

Il nome del genere Reichardia è stato dato in onore del medico naturalista di Francoforte J.J. Reichard (1743 - 1782) (Pignatti, 1982), mentre il nome della specie (picroides) deriva da due parole: dal genere botanico Picris L. (Aspraggine) e dalla parola greca "εἶδος" (eidos)" ( = aspetto) e significa "di aspetto simile al Picris".

A sua volta il nome del genere Picris, deriva da una parola greca pikros il cui significato è "amaro" e si riferisce al sapore aspro della pianta (www.calflora.net).

Esistono molti nomi vernacolari attribuiti a R. picroides tra cui: terracrepolo, caccialepre, caccialebbra, grattalingua, latticina, latticino, latticrepolo, lattughino, insalata di monte, paparrastello, pizzaredo.

Il nome “caccialepre” e “terracrepolo” sono quelli maggiormente utilizzati. Il termine “Caccialepre”, pare riferirsi alla frequenza di questi animali, e di conseguenza dei cacciatori, in luoghi dove queste piante sono abbondanti, mentre il termine “Terracrepolo” richiama ad ambienti aridi dove questa pianta riesce a crescere senza problemi in virtù del suo essere la pianta stress-tollerante per eccellenza. Il corotipo di

Reichardia picroides è steno-mediterraneo e corrisponde con l’areale dell’olivo (Pignatti,

1982).

Si tratta di una specie “solitaria” che cresce comunemente in ambienti aridi e rocciosi come rupi, muri, bordi dei viottoli dove altre piante non riuscirebbero a sopravvivere, alcune popolazioni di R. picroides sono state individuate addirittura tra i sassi del Colosseo (Caneva et al., 2011).

Il terracrepolo è una pianta erbacea emicriptofita, alta 20- 40 cm, glauca, glabra e generalmente liscia con la radice legnosa, allungata e ingrossata che contiene un latice dolciastro, dalla quale si sviluppa una rosetta di foglie basali più o meno lisce, dalla forma variabile: allungate-obovate, oblanceolate, intere o variamente divise in lobi patenti, frastagliate ed increspate, ristrette alla base in un lungo picciolo alato (Pignatti, 1982).

In autunno dalle gemme poste alla base del colletto, crescono germogli che vanno a formare una più o meno folta rosetta svernante, tali germogli in primavera con

l’aumento delle temperature e con il fotoperiodo crescente, si sviluppano in lunghi peduncoli monocefali ingrossati all'apice portanti le infiorescenze a racemo con 1 - 5 calatidi (Pignatti, 1982).

L’involucro dell’infiorescenza è globoso piriforme, più o meno strozzato, con brattee in più serie embriciate, le esterne simili a quelle e le interne più lunghe, lanceolate, tutte scariose al margine (Pignatti, 1982). I fiori sono gialli, tutti ligulati, gli esterni di norma con una striscia scura, bruna o purpurea nella pagina inferiore (Pignatti, 1982). L’impollinazione è entomogama, ed essendo una specie che fiorisce in un periodo in cui le fioriture sono scarse, rappresenta un’importante fonte nettarifera per le api che nelle tiepide giornate di fine inverno iniziano a ricercare nettare e polline. I frutti sono cipsele di 2-3 mm con pappo bianco molle, le esterne scure con 4 coste rugose, le interne più sottili, chiare, sterili e più o meno lisce. La dispersione del seme, grazie alla presenza del pappo, avviene per via anemofila. La germinazione dei semi è occasionale autunnale e preferenzialmente post-invernale (Pignatti, 1982).

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Il terracrepolo è abbondantemente utilizzata come pianta selvatica per la preparazione di numerose pietanze tradizionali e sono stati registrati anche molti suoi utilizzi come pianta medicinale. Tra tutti il più interessante è quello segnalato da Atzei (1991) sul Bollettino della Società Sarda di Scienze Naturali, che attribuisce a questa pianta un potete coronaro-dilatatore e per questo motivo utilizzato, in associazione con Plantago

coronopus L., in casi di Angina Pectoris. La preparazione prevede il decotto concentrato

(bollendo per 5') della pianta intera previamente pulita, associata a una pianta intera fresca di Plantago coronopus, e si filtra: se ne beve un bicchiere al mattino (Atzei, 1991).

E' la pianta spontanea più appetita e ricercata per usi in cucina: le foglie più tenere della rosetta basale consumate crude sono un'ottima insalata da sole o con altre erbe commestibili con le quali vengono anche utilizzate bollite e condite con olio e sale o nella preparazione di torte, minestre, zuppe e sformati. Il Terracrepolo, in Italia, è uno degli ingredienti maggiormente utilizzati nelle ricette tradizionali a base di piante spontanee, è abbondantemente consumato a tutte le latitudini del nostro paese (Lombardia, Trentino, Valle d’Aosta escluse), in particolare nelle regioni del centro-sud, dove viene consumato crudo come ingrediente di insalate della tradizione.

Esempi di pietanze in cui viene utilizzato il TerrAcrepolo sono: preboggion (Liguria), misticanza (Marche), zuppa dimagro (Toscana), minestrella di Gallicano (Toscana, Garfagnana), zuppa di Gialloni con le Erbarelle (Lazio), pizza alle erbe (Molise), minestra maritata (Campania), misca (Basilicata), fóje mmísche (Puglia), su turòne (Sardegna) (Guarrera e Savo, 2015)

6.2 Scopo della tesi

La tesi rientra in un progetto più ampio del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa: il progetto ERBAVOLANT.

Questo progetto vede coinvolte alcune aziende private del settore sementiero, vivaistico e agro-industriale e nasce dalla consapevolezza che le produzioni orticole tradizionali, non garantiscono più ai produttori apprezzabili risultati economici per via dell’elevata concorrenza e per la contrazione dei prezzi dovuta alla crisi.

Per questo motivo le aziende, in particolare del settore dei prodotti ad alto valore aggiunto (es VI gamma), per diversificare la propria offerta, sono impegnate ad individuare nuove specie ortive, soprattutto contraddistinte da particolare pregio dal punto di vista nutraceutico. In questo contesto, le piante spontanee alimentari

o alimurgiche, risultano essere molto interessanti in quanto soddisfano la domanda dei consumatori che ricercano prodotti nuovi, sani, gustosi e possibilmente legati alla tradizione di un territorio.

La selezione di queste potenziali “new crops” rappresenta una innovazione che parte da antiche tradizioni con ricadute in comparti diversificati, come quello agronomico (attività sementiera, vivaistica, orticola), alimentare (nuovi abbinamenti gastronomici e referenze sul mercato dei prodotti ortofrutticoli freschi o lavorati), nutraceutico e turistico (nuove offerte di antiche ricette rurali della Toscana).

Obiettivo del progetto ERBAVOLANT è appunto la valorizzazione agronomica e commerciale di alcune specie alimurgiche di consolidata tradizione etnobotanica in Toscana. Il progetto riguarda quindi l’introduzione di nuove colture per la produzione di nuove referenze nel settore dei cosiddetti ortaggi di IV e V gamma destinati a diversi canali di vendita (RETAIL, HORECA, industria di trasformazione).

Il progetto ERBAVOLANT prevede una serie di attività di sperimentazione, collaudo e verifica necessarie allo sviluppo di una nuova filiera produttiva, comprendente aziende specializzate nella produzione di sementi e giovani piante, coltivazione di ortaggi, trasformazione e commercializzazione di prodotti vegetali. Tra gli obiettivi specifici del progetto ERBAVOLANT c’è la valutazione della risposta delle specie candidate, alla coltivazione in campo o in ambiente protetto, a terra o fuori suolo, in termini di rese produttive, calendari di coltivazione e caratteristiche qualitative (proprietà organolettiche, contenuto di sostanze nutraceutiche o indesiderate, es. nitrati), che è appunto l’obiettivo di questo lavoro di tesi, condotto su una delle piante selvatiche alimentari più promettenti, il terracrepolo.

A tal scopo, sono stati condotti due esperimenti.

Nel primo, si voluto indagare il profilo chimico (contenuto di pigmenti e sostanze antiossidanti) di due popolazioni spontanee di terracrepolo, presenti in due località in provincia di Livorno, Calafuria, e di Pisa, Agnano. Di queste due popolazioni si sono raccolti anche i semi, dai quali sono state ottenute dei semenzali coltivati in serra a Pisa e anche loro analizzati per il contenuto delle sostanze sopra descritte.

L’esperimento intendeva verificare l’ipotesi che il terracrepolo cresciuto in ambiente protetto ha un minor contenuto di sostanze nutraceutiche rispetto alle piante spontanee, in quanto la biosintesi di queste sostanze è stimolata dalle condizioni di stress (salinità,

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siccità, vento ecc.), tipiche dell’ambiente naturale ed in genere assenti nelle colture di serra ben condotte.

Il secondo esperimento è stato invece realizzato per valutare la risposta del terracrepolo alla coltura idroponica (floating system) e verificare la possibilità di aumentarne il contenuto di sostanze di interesse nutraceutico sottoponendo le piante ad uno stress salino, che è stato indotto aggiungendo del cloruro di sodio (NaCl) alla soluzione nutritiva. Sono state testate 3 diverse concentrazioni di NaCl (25, 50 e 100 mM), oltre a quella di controllo (<1 mM).

Di seguito si riporta la cronologia dei due esperimenti: Esperimento n. 1  Raccolta germoplasma: 15/09/2015  Semina: 02/01/2016  Trapianto: 15/02/2016  Campionamento: 21/03/2016 Esperimento n. 2  Semina: 16/01/2017  Trapianto: 30/03/2017  Campionamento n. 1: 28/04/2017  Campionamento n. 2: 10/05/2017

6.3 Esperimento n. 1

In questo esperimento sono state poste a confronto le piante spontanee di terracrepolo, presenti in due siti differenti: Agnano (43°44’11.56’’ N, 10°29’03.65’’ E, 158 s.l.m, a circa 17 km dal mare), in provincia di Pisa, e Calafuria (43°28'26.74"N, 10°19'50.52"E, 6 m s.l.m, a circa 50 m dal mare) in provincia di Livorno, con altre piante di terracrepolo, coltivate in serra (in vaso).

I semi utilizzati per la coltivazione del terracrepolo in serra, sono stati raccolti nel settembre 2015, ad Agnano e Calafuria, dalle infiorescenze disseccate e successivamente portati in laboratorio dove sono stati ripuliti, disidratati e conservati in contenitori di vetro separati, alla temperatura di 20°C.

Agnano e Calafuria, sono ambienti caratterizzati da suoli rocciosi, poveri, alcalini, classificati come di categoria VII (Geoscopio Regione Toscana, 2017), ovvero suoli che presentano limitazioni severissime tali da mostrare difficoltà per qualunque loro utilizzo, in cui il terracrepolo cresce abbondantemente. L’elemento ambientale che maggiormente differenzia queste due aree, è la presenza a Calafuria di costanti brezze marine che provocano, tra i vari fenomeni, anche un aerosol salino sulla vegetazione presente nelle vicinanze (O’Dowd e De Leuw, 2007).

I semi di Terracrepolo prelevati ad Agnano e Calafuria nel settembre 2015, sono stati seminati separatamente il 15 febbraio 2016, nella serra in vetro di Orticoltura in via delle Piagge, del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa (43°70’ N 10°43’ E).

La semina è stata eseguita su panetti di Grodan® (3 cm di diametro, 5 cm di altezza)

inseriti rispettivamente all’interno di due plateau alveolati in polistirolo, comunemente utilizzati nel settore ortofloricolo. I semi sono stati ricoperti con uno strato di vermiculite (0.5 cm), con la funzione di mantenere in prossimità del seme un microambiente favorevole alla sua germinazione, soprattutto in termini di umidità. L’irrigazione era garantita, quotidianamente, tramite un sistema di nebulizzazione automatizzato.

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Dopo 3 settimane dall’emergenza (seconda settimana marzo 2016) sono state selezionate 30 piante per ogni lotto di semi, scegliendo quelle migliori e uniformi.

Il trapianto è stato effettuato in vasi di plastica da 9 cm di diametro (Fig. 3) ,contenenti un substrato commerciale a base di torba e 3g/l di concime a lento rilascio (Osmocte Plus Organics 13.1N-2.3P-4.0K, Everris, Australia). L’irrigazione era garantita da un impianto di irrigazione a goccia temporizzato.

Le condizioni di crescita all’interno della serra erano: 20°C Temperatura media, 75% umidità relativa media, 12h/12h per il fotoperiodo e 300 µmol m-2 s-1 di intensità

luminosa.

Il campionamento sia delle piante di terracrepolo coltivate in serra che per le piante spontanee di Agnano e Calafuria è stato effettuato nel solito periodo, ovvero la seconda settimana di aprile.

Per le piante spontanee di Agnano e Calafuria, il campionamento è stato eseguito sul posto, selezionando le piante allo stadio fenologico di rosetta basale e prelevandone dalle prime foglie completamente sviluppate partendo dal centro della rosetta, un campione di tessuto fogliare del peso di circa 1 grammo.

I campioni, per evitare processi ossidativi, sono stati mantenuti in azoto liquido durante la trasferta e conservati alla temperatura di -80°C una volta in laboratorio.

Per quanto riguarda le piante coltivate in vaso, dopo 4 settimane dal trapianto (seconda settimana di aprile 2016) si presentavano allo stadio fenologico di rosetta basale ed è stato effettuato il campionamento. Sono stati prelevati porzioni di tessuto (1g circa) dalle prime foglie completamente sviluppare a partire dal centro della rosetta, seguendo lo stesso protocollo delle piante campionate ad Agnano e Calafuria. I campioni sono stati prelevati da ogni pianta, avvolti singolarmente in un foglio di alluminio e conservati a -80°C.

6.4 Esperimento n. 2

Le piante sono state ottenute dai semi raccolti da piante di terracrepolo spontaneo di Agnano. La semina è avvenuta il giorno 16-gen-2017, su panetti in Grodan® inseriti in

un plateau da 180 alveoli di polistirolo, comunemente utilizzato nel settore ortofloricolo. Successivamente, è stato applicato uno strato di vermiculite a coprire gli alveoli, per mantenere in prossimità del seme un microambiente favorevole alla sua germinazione, soprattutto in termini di umidità. L’irrigazione era garantita quotidianamente grazie ad un sistema di nebulizzazione automatizzato. La germinazione è stata dell’85% ed è avvenuta in modo scalare fino a 20 giorni dopo la semina.

Le piantine sono state trapiantate in idroponica (floating system), 73 giorni dopo la semina, quando avevano la terza foglia vera completamente sviluppata. Il trapianto è stato effettuato su vassoi di polistirolo posti a galleggiare in vasche contenenti circa 60 litri di soluzione nutritiva arieggiata. L’impianto era costituito da otto vasche (2 repliche per 4 tesi). Ogni vassoio galleggiante conteneva 6 piante.

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Il calcolo dei nutrienti per la soluzione nutritiva è stato fatto tenendo conto dell’apporto di alcuni minerali presenti nell’acqua utilizzata. L’acqua proveniva dell’acquedotto e conteneva (mg/l): 0.00 N-NO3, 0.00 P, 4.00 K, 108.00 Ca, 27.00 Mg, 39.00 Na, 77.00 S-

SO4, 71.00 Cl, 0.20 Fe, mentre la concentrazione dei micronutrienti era (µg/l): 190.0 B,

0.00 Cu, 360.00 Zn, 70.00 Mn.

Al netto degli elementi apportati dall’acqua utilizzata, la concentrazione di macronutrienti e micronutrienti nella soluzione nutritiva è stata la seguente (mg/l): 140.00 N-NO3, 31.00 P, 321.80 K, 180.40 Ca, 48.60 Mg, 39.10 Na, 128.80 S-SO4, 106.40 Cl,

2.23 Fe, mentre la concentrazione dei micronutrienti era (µg/l): 270.00 B, 190.00 Cu, 650.00 Zn, 550.00 Mn, 100.00 Mo.

Le soluzioni nutritive nei 4 trattamenti sono state differenziate per il contenuto di NaCl: 0.66 (controllo), 25, 50 e 100 mM. Si è usato sale ad uso tecnico.

Per evitare uno shock osmotico alle piante dei trattamenti 50 e 100 mM, la salinizzazione della soluzione nutritiva nelle piante è stato effettuato in modo scalare, aggiungendo ogni giorno 25 mmol di NaCl fino ad ottenere la concentrazione prevista per ogni tesi.

Figura 5 Schema dell’ impianto di coltivazione idroponica Floating system del

terracrepolo. Due repliche (R1, R2) per 4 trattamenti salini a concentrazioni crescenti: 0.66 mM NaCl (controllo), 25 mM NaCl, 50 mM NaCl, 100 mM NaCl.

Dopo il trapianto fino al termine della prova, a cadenza settimanale, sono stati monitorati i principali parametri della soluzione nutritiva quali pH ed EC e aggiustati all’occorrenza.

Quattro e sei settimane dopo il trapianto (seconda settimana di aprile 2017, e prima settimana di maggio) sono stati effettuati due campionamenti distruttivi, prelevando ogni volta 4 piante per tesi (2 per vasca). Le piante campione sono state separate in foglie e radici; solo le foglie sono state analizzate in laboratorio.

Le foglie sono state successivamente contate (anche le foglie non completamente sviluppate) e la superficie fogliare è stata determinata con un planimetro digitale (Delta- T device, Cambridge, UK). Per ogni pianta è stato prelevato un campione fogliare di circa 1 g, ottenuto dalle prime foglie completamente sviluppate a partire dal centro della rosetta solo le foglie al centro della rosetta. I campioni sono stati conservati a -80°C fino al momento delle analisi di laboratorio. Su altri campioni è stata determinato il contenuto di sostanza secca dopo l’essiccazione in stufa ventilata a 70°C fino a peso costante.

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Determinazioni

Sui campioni raccolti nei due esperimenti sono state condotte delle analisi di laboratorio riguardanti il contenuto fogliare di clorofille, carotenoidi, antocianine, flavonoli glicosidi, fenoli totali e nitrati e il loro potere antiossidante totale.

Estrazione

Ogni campione di tessuto fogliare, è stato unito a 5ml di solvente (metanolo 80%) in un mortaio, successivamente disgregato con l’utilizzo di un pestello e inserito all’interno di una provetta da 10 ml. Le provette hanno subito un processo di sonicazione per 4 minuti e una separazione per centrifugazione per 5 minuti a 2700g. Per le analisi riguardanti Antocianine e Flavonoli glicosidi l’estratto in metanolo è stato acidificato aggiungendo 0.1 ml di HCl.

Clorofille e carotenoidi

Per la determinazione della clorofille e carotenoidi l’estratto in metanolo è stato diluito 1:10 con una soluzione di metanolo all’80%. L’assorbanza dell’estratto diluito è stata letta tramite spettrofotometro alla lunghezza d’onda di 665.2 nm, 652.4 nm e 470 nm (rispettivamente Chl a, Chl b e Carotenoidi). La concentrazione dei pigmenti è stata calcolata come riportato da Lichtentahler and Buschmann (2001). La concentrazione di clorofilla totale e carotenoidi è espressa come µg g-1 FW.

Antocianine e Flavonol-glicosidi

La determinazione delle antocianine e flavonoli glicosidi è stata effettuata secondo il protocollo proposto da Hrazdina et al., 1982. Per la determinazione delle antocianine l’estratto acido è stato travasato in cuvette da 5 ml e letta l’assorbanza alla lunghezza d’onda di 530 nm, il risultato è stato espresso in Cianidina 3 glucoside g-1 FW (ε 38000

mol-1 cm-1).

La concentrazione di flavonoli glicosidi è stata determinata sullo stesso estratto acido a 360 nm (ε 20000 mol-1cm-1), il risultato è stato espresso in mg di Quercitina 3 glucoside

g-1 FW.

Fenoli totali

La determinazione dei fenoli totali è stata effettuata seguendo due protocolli differenti: 1) Folin-Ciocalteu; 2) assorbanza a 320 nm (kang e saltvit, 2002).

Il protocollo Folin-Ciocalteu prevede l’utilizzo di 100 µl di estratto in metanolo aggiunti a 2.0 ml di acqua distillata e a 300µl di reagente di Folin Ciocalteu. Trascorsi alcuni minuti sono stati aggiunti 1.6 ml di carbonato di sodio (Na2CO3) al 7.5% e lasciato

riposare il tutto per due ore a temperatura ambiente. Il contenuto di fenoli è stato determinato tramite la lettura dell’assorbanza a 765 nm tramite la retta di calibrazione effettuata con concentrazioni note crescenti di acido gallico ( 0-500 mmol ). Il risultato è stato espresso in mg di acido gallico g-1FW (mg GAE/g FW).

Il secondo protocollo per la determinazione dei fenoli totali, prevedeva la lettura dell’assorbanza a 320 nm dell’estratto acido diluito 1:100 con metanolo acidificato. Il risultato è stato espresso come A(320)/g FW.

Capacità antiossidante totale

La capacità antiossidante totale è stata determinata con due metodologie: 1) FRAP (Ferric Ruducing Antioxidant Power); 2) DPPH (2,2-Diphenolic1-1-Picrylhydrazyl Radical

Scavenging Activity).

Il protocollo per il FRAP prevede la preparazione di un reagente (reagente FRAP: 2mM di cloruro ferrico e 1mM TPTZ (2,4,6-Tris(2-Pyridyl)-S-Triazine) immediatamente prima delle analisi. Per la lettura allo spettrofotometro è stata preparata una soluzione composta 2ml di buffer acetato 0.25M pH 3.6, 900 µl di reagente FRAP, 100 µl di estratto di metanolo diluito 1:4. La curva di calibrazione è stata preparata con soluzioni standard contenenti ioni ferro (Fe (II); 0-100 µL) di Sale di Mohr. L’assorbanza è stata letta a 593 nm e il risultato è stato espresso come µmol Fe (II)g-1 FW.

Il protocollo per il DPPH prevedeva, 2.97 ml di soluzione DPPH (20 mM) aggiunti a 30 µl di estratto in metanolo. La soluzione cosi ottenuta è stata inserita all’interno delle rispettive cuvette e lasciata riposare per 45 minuti al buio. L’assorbanza è stata letta a 515 nm. Il risultato è stato espresso come percentuale di inibizione del DPPH per grammo di tessuto fresco (%inibizione g-1 FW) secondo l’equazione:

%inibizione g-1 FW=100*[(A black-A sample)/A black]/ g FW

Nitrati

Le foglie del terracrepolo, essiccate e sottoposte ad una leggera macinazione e successiva vagliatura è stato determinato il contenuto di azoto nitrico tramite il metodo Cataldo. L’estrazione dei nitrati ha previsto l’impiego, per ogni campione, di 100 mg di sostanza secca macinata, posti in una provetta, ai quali sono stati

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aggiunti 10 mL di acqua demineralizzata e successivamente sottoposti ad un’accurata agitazione con vortex per 30 minuti.

Per il saggio, sono stati prelevati 100 μL di estratto di ogni campione, ai quali sono stati aggiunti acido solforico al 5% di acido salicilico (Cataldo et al., 1975) che reagendo con i nitrati la soluzione assume una colorazione gialla più o meno intensa. Dopo 20’ alla soluzione è stato aggiunto idrossido di sodio (NaOH). Dopo aver agitato nuovamente si è passati alla lettura con lo spettrofotometro, utilizzando una lunghezza d’onda di 410 nm. L’assorbanza rilevata è stata confrontata con quella letta da soluzioni a concentrazione nota di nitrato (tra 0 e 100 mg L-1) che sono state

processate allo stesso modo dei campioni. I risultati sono stati riportati come mg di nitrato per kg di prodotto fresco.

Analisi statistica

I dati sono stati sopposti all’analisi della varianza (ANOVA) ad una (esp. n. 2) o due (esp. n. 1). Le medie sono state separate con il test di Duncan (P=0.05)..

6.5 Risultati e discussione

6.5.1 Esperimento n. 1

Clorofille totali: come si evince dalla Figura 7 il contenuto di clorofille nei tessuti fogliari delle piante di terracrepolo spontanee non varia significativamente rispetto a quelle coltivate in serra. Non ci sono evidenti differenze nemmeno tra i due ecotipi.

Carotenoidi: La concentrazione dei carotenoidi, in particolare nelle piante raccolte a Calafuria o provenienti dai semi raccolti in questa località, è significativamente superiore nelle piante cresciute in serra rispetto a quelle cresciute in ambiente naturale. La quantità di carotenoidi delle piante prelevate ad Agnano, inoltre, è superiore a quella delle piante prelevate a Calafuria,

Antocianine e flavonoli glicosidi: le piante spontanee contengono livelli significativamente più elevati rispetto alle piante cresciute in serra in condizioni verosimilmente ottimali per quanto riguarda la disponibilità di acqua e di elementi nutrienti. Inoltre, le piante spontanee raccolte ad Agnano presentano valori più elevati di questi composti rispetto alle piante provenienti Calafuria.

Fenoli totali: Per la determinazione dei fenoli totali sono stati effettuati due saggi: saggio di Folin-Ciocalteu e misura dell’assorbanza a 320 nm. I risultati ottenuti con entrambi le metodologie hanno mostrato una significativa correlazione (R2= 0.989), per cui nella Figura XXX sono stati riportati solo i dati ottenuti con il protocollo Folin Ciocalteu.

Le piante cresciute in ambiente spontaneo, sia ad Agnano che a Calafuria, presentano un contenuto di fenoli totali superiore rispetto a quelle piante coltivate. Confrontando le piante di Agnano in vaso con le piante a Calafuria in vaso non ci sono differenze

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