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Arte povera: il libero progettarsi dell’uomo

P. Pascali, Pinne di Pescecane,

introdurre l’importante tematica del rapporto tra elementi organici e inorganici. Il giovane artista agisce sulla natura e concepisce un’opera dinamica, che si completa nel corso del tempo grazie all’interazione tra elemento naturale e elemento esterno inserito nel contesto organico dall’artista. Penone struttura la sua ricerca artistica da un punto di vista pragmatico, egli ricerca un contatto diretto tra uomo e elementi naturali, un ritorno alla condizione primitiva, in controtendenza rispetto all’arte dei primi anni Sessanta. Insieme al gruppo dell’arte povera sviluppa una poetica fondata su materiali comuni e facilmente reperibili, soprattutto organici. Il suo lavoro scultoreo si esprime attraverso un gesto elementare e calcolato: egli tocca un organismo e lo modifica dal momento in cui si genera questa prima relazione. Le opere dell’artista non si svolgono completamente davanti ai nostri occhi, necessitano di svilupparsi nel tempo per mostrare il valore dell’intervento. Nel 1968 Penone compie una serie di azioni denominate Alpi Marittime, nel bosco di Garessio, città d’origine dell’artista. Egli vuole lasciare una traccia di sé nella materia e nello spazio, il suo rapporto con il supporto è soprattutto tattile. In

Continuerà a crescere tranne che in quel punto, una delle azioni svolte a Garessio, Penone tocca un

albero in un punto preciso e poi blocca questo momento nell’eternità ricreando in ferro la forma della sua mano attorno al fusto. Questo contatto avrà una diretta conseguenza con lo sviluppo dell’essere vivente, infatti in quel punto l’albero non riuscirà a crescere. Penone non crea l’opera partendo da zero, egli compie interventi di modifica su opere già presenti per fargli acquisire nuovi significati. L’artista decide di intervenire sull’albero perché questo organismo è un modello ideale di scultura, infatti la pianta è in grado di memorizzare i gesti della sua vita durante la crescita. Nell’intervento La mia

altezza, la larghezza delle mie braccia, il mio spessore in un ruscello l’azione consiste nel posizionare

sul letto di un ruscello (sempre a Garessio) una struttura rettangolare delle stesse dimensioni del corpo dell’artista, l’acqua continuerà il suo corso attraversando questo corpo artificiale, ma sarà costretta a subire questa modifica di percorso. La documentazione fotografica relativa a questi sei interventi, gli altri quattro sono: Ho intrecciato tre alberi. L’albero ricorderà il contatto. Albero, filo, zinco di piombo.

Crescendo innalzerà la rete viene esposta al Deposito di Torino nel 1968 e in seguito alla galleria

Sperone (1969). Una delle opere più celebri di Penone è Rovesciare gli occhi (1970), una fotografia che ritrae il viso dell’artista con addosso delle lenti a contatto specchianti, così mentre noi possiamo vedere il mondo riflesso nei suoi occhi, Penone invece non vede niente. Creata inizialmente come opera fotografica da Paolo Mussat Sartor per essere stampata in una tiratura di esemplari limitati, in seguito questa performance viene eseguita agli “Incontri internazionali d’Arte” a Roma nel 1971. Le lenti indossate da Penone rappresentano concretamente il confine esistente tra interno e esterno. Daniela Lancioni privilegia un’interpretazione spirituale, per cui chiudere gli occhi serve a proiettare la visione dentro di se, nella propria interiorità, cioè riflettere su un altro modo di vedere. In realtà Penone sostiene che chiudere gli occhi serve a definire il corpo come scultura. In Svolgere la propria pelle (1970) il

corpo dell’artista è ancora il protagonista dell’opera, Penone vuole documentare la propria forma attraverso la ripresa fotografica, egli realizza decine di immagini fotografando un pezzo di vetro appoggiato sulla propria pelle in diverse parti del corpo. L’opera finale consiste nel riassemblare queste decine di fotografie per creare una mappatura personale del proprio corpo.

Nell’estate del 1968 il gruppo dell’arte povera viene invitato da Marcello Rumma a partecipare alla rassegna di arti figurative che si svolge nello spazio degli arsenali della città di Amalfi, per l’occasione intitolata “Arte povera + azioni povere”.179 Partecipa a questo evento l’intero gruppo, per la sezione “Arte povera”: Anselmo, Boetti, Fabro, Kounellis, Mario e Marisa Mer z, Paolini, Pascali, Piacentino, Pistoletto, Prini, Zorio. Per la sezione “Azioni povere”: Anne-Marie Boetti, Riccardo Camoni, Jan Dibb

ets, Paolo Icaro, Pietro Lista, Gino Marotta, Plinio Martelli, Richard Long, Ger Van Elk e i Guitti dello Zoo. Gli interventi che vengono realizzati in questa occasione segnano il momento più alto di coesione tra gli artisti poveristi. Essi ribadiscono con maggiore efficacia l’importanza della processualità nel loro fare artistico, l’opera d’arte e la vita si svolgono entrambe nel corso del tempo, il fatto artistico diviene azione in divenire. L’opera si trasforma, e interagisce con gli elementi che la costituiscono, non è statica e il percorso mutativo che compie è più importante del risultato conclusivo. Van Elk ad esempio disegna un cerchio sul pavimento che in seguito ricopre di vinavil, poi raccoglie i rifiuti che trova tutti intorno e li getta all’interno della forma geometrica. Lista agisce di notte scoprendo una luce a neon insabbiata precedentemente da lui in riva al mare. Dibbets snoda sott’acqua una linea bianca di 10 metri che dall’alto si percepisce come una forma distorta. Camoni calpesta un rettangolo di sabbia mentre Icaro ricrea lo spigolo sbrecciato di una casa.

Altro elemento chiave di questa manifestazione è la partecipazione del pubblico, che viene coinvolto nell’esperienza dell’opera e ne diventa parte, intervenendo anche a modificarla. Long va in piazza a

179

Nella descrizione del catalogo è riportato: “ad Amalfi nei giorni 4, 5, 6 ottobre, in occasione della RA3

organizzata dal Centro Studi Colautti di Salerno, l’arte povera, le azioni povere, la critica repressiva, la profezia di una società estetica sono stati i temi dell’o.d.g.”: Arte povera + azioni povere. III Rassegna di Arti Figurative, catalogo della mostra a cura di G. CELANT (Amalfi- Arsenali dell’antica Repubblica), Centro Studi Colautti, Salerno 1969, p. 10.