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PATOGENESI E SINTOMATOLOGIA

3. LA TOXOPLASMOSI

3.7. PATOGENESI E SINTOMATOLOGIA

L’eziopatogenesi è comune in tutti gli ospiti, mentre la sintomatologia dell’infezione toxoplasmica è complessa e multiforme poiché varia a seconda degli organi che possono essere compromessi, dal tipo del decorso, dall’esistenza di forme congenite e di forme acquisite. Alcune specie sono estremamente suscettibili all’infezione, altre tollerano meglio la malattia; inoltre l’aggressività e patogenicità dei ceppi è diversa a seconda delle specie che il parassita infetta.

3.7.1. Nell’uomo

Nell’uomo si possono distinguere 2 forme cliniche della malattia: toxoplasmosi acquisita e congenita.

Toxoplasmosi acquisita

E’ una condizione clinica che si verifica a seguito di ingestione di oocisti o cisti tissutali. Si possono distinguere tre stadi:

o Fase acuta: il protozoo in questa fase prolifera in assenza di anticorpi

specifici, invadendo tutti gli organi. La maggior parte delle volte prevale la forma asintomatica che viene rilevata a seguito di accertamenti sui livelli anticorpali ed interessa un’elevata percentuale di popolazione sana, a testimonianza di un’infezione pregressa decorsa in modo inapparente. A volte si può presentare in una forma linfoghiandolare o pseudo-mononucleosica o simil-citomegalica caratterizzata da lieve malessere, linfoadenomegalia prevalentemente cervicale, mal di gola, febbre, affaticamento, dolore muscolare e cefalea. In genere interessa solo un linfonodo o una sola regione linfonodale. La forma pseudo-rickettiosica o esantematica è simile alla precedente con l’aggiunta di complicazioni quali esantema cutaneo papulare

o emorragico e forte innalzamento della temperatura; l’evoluzione della forma può essere fatale. Raramente si osservano forme viscerali che causano miocarditi e broncopolmoniti, e forme neurologiche che sviluppano meningite nella maggior parte dei casi, più raramente meningoencefalite. Il decorso di queste forme è sempre molto grave o addirittura letale. Sia nei casi asintomatici che in quelli sintomatici lievi l’ospite risponde con un’elevata produzione di anticorpi che pone fine alla fase acuta dell’infezione (Nardini e Fiorini, 1986). Durante la fase acuta i livelli di IgM sono molto elevati e scendono dopo alcuni mesi, mentre aumentano le IgG che raggiungono e superano valori di 1000UI/ml. La persistenza delle IgG è di 6-12 mesi poi iniziano a diminuire (Martìn-Hernàndez e Garcìa Izquierdo, 2003).

o Fase subacuta: nelle forme subacute, nonostante la presenza di anticorpi

specifici, il parassita può continuare il suo ciclo evolutivo, ma solo in quelle sedi dove gli anticorpi arrivano con difficoltà, come il SNC e in particolar modo occhio e cervello. In questo caso si hanno per cui forme con corioretinite monolaterale, forme con coroidite ed iridociclite e forme con uveite granulomatosa (Nardini e Fiorini, 1986).

o Fase cronica: il parassita è protetto dall’attacco anticorpale all’interno della

cisti dove persiste per anni. Il tasso anticorpale resta elevato per qualche anno creando un equilibrio fra ospite e parassita che permette il decorso subclinico della malattia.

Nei malati con alterazioni immunitarie, la toxoplasmosi si può presentare come un’infezione disseminata. Nella maggior parte dei casi è possibile che sia la riattivazione di un’infezione latente, piuttosto che un’infezione primaria (Dubey, 2008b). La malattia è frequente in particolare nei pazienti con l’AIDS, ma si osserva anche occasionalmente in malati con disturbi ematici maligni (per esempio il linfoma di Hodgkin) o in seguito a trapianti di organo. La manifestazione più comune nei pazienti con l’AIDS è l’affezione del SNC con febbre, cefalea e confusione che progredisce fino al coma, segni neurologici focali e convulsioni (Martìn-Hernàndez e Garcìa-Izquierdo, 2003). Questa situazione clinica è definita toxoplasmosi da riattivazione ed è

causata dai bradizoiti contenuti all’interno delle cisti che si differenziano in tachizoiti e proliferano in maniera incontrollata in assenza di immunità. Negli USA la sieroprevalenza di T. gondii nei malati di HIV varia dal 10 al 45%; il 20-47% di essi sviluppa encefalite toxoplasmica (Wong e Remington, 1993). Come si può osservare dalla tabella, in Italia la toxoplasmosi è una delle prime patologie indicative di AIDS negli adulti, anche se in lieve calo.

<1995 1995-96 1997-98 1999-00 2001-02 2003-04 2005-06 Candidosi 24,5 20,5 19,2 19,7 19,7 19,4 17,2 Polmonite da Pneumocystis carinii 22,3 18,2 18,2 19,9 19,7 19,3 20,8 Toxoplasmosi 8,6 7,8 7,2 6,3 6,6 6,3 6,3 Micobatteriosi 6,0 7,1 7,2 6,7 6,1 6,9 6,8 Altre infezioni 14,7 16,0 13,3 13,6 14,0 14,5 14,6

Tabella 3: Frequenza relativa (%) delle patologie indicative di AIDS in adulti per anno di diagnosi (dati ISS: Suligoi et al., 2007).

Toxoplasmosi congenita

L’infezione può essere trasmessa dalla madre al feto per dar luogo alla toxoplasmosi congenita che, contrariamente alla forma dell’adulto, quasi sempre asintomatica o paucisintomatica, acquista spesso carattere di vera gravità. La condizione indispensabile per la trasmissione del toxoplasma al feto è l’esistenza di una fase parassitemica che normalmente è presente solo durante la prima infezione, durante la quale i tachizoiti tramite il sangue passano attraverso la placenta. Non tutte le donne gravide affette da malattia acuta partoriscono figli malati poiché la parassitemia dura relativamente poco. Importante è il periodo gestazionale in cui viene contratta l’infezione: nel primo mese di gravidanza il rischio è praticamente nullo perché

di infezione fetale è basso, ma si possono avere gravi danni nel nascituro e speso anche la morte in utero; nel secondo trimestre il rischio di trasmissione dell’infezione della madre al feto è valutato intorno al 50%; nel terzo trimestre la possibilità di infezione fetale è molto elevata (intorno all’80%) ma l’eventuale malattia del nascituro è di ridotta gravità. La spiegazione della maggiore incidenza dell’infezione nel terzo trimestre di gravidanza rispetto ai trimestri precedenti risiede nel progressivo aumento della permeabilità funzionale placentare a Toxoplasma. Nel contempo la minore gravità della malattia si spiega con la maggiore maturità del feto e con l’aumento della permeabilità anticorpale dalla madre al nascituro cui consegue un effetto protettivo su quest’ultimo. Il quadro sintomatologico si manifesta con idrocefalo, lesioni oculari (corioretinite, cataratta, microftalmia), fenomeni neurologici e psichici (paralisi, convulsioni, oligofrenia) e calcificazioni endocraniche.

Riassumendo, a seguito di infezione da T. gondii in una donna gravida possono verificarsi diversi eventi quali morte embrionale o fetale, neonato con malattia in atto, neonato apparentemente sano, neonato sano. Ciò che determina il verificarsi di queste diverse evenienze sono la virulenza e la carica dell’agente patogeno, l’epoca di gravidanza in cui avviene l’infezione in utero, le difese naturali della madre e le cure che sono state eventualmente seguite. Le gravidanze successive a quella con l’infezione toxoplasmica sono esenti da rischio perché la madre ha sviluppato gli anticorpi anti-Toxoplasma (dogma di Sabin) (Nardini e Fiorini, 1986).

3.7.2. Negli animali domestici

Come già detto, T. gondii provoca una delle più comuni infezioni parassitarie e può causare una grave patologia in tutte le specie animali a sangue caldo.

L’infezione è una delle cause più importanti di aborto nei piccoli ruminanti (Tenter et

al., 2000): in Sardegna è stato stimato che l’11% degli aborti nelle pecore è dovuto a T. gondii, mentre in Italia sembra sia mediamente del 30% (Masala et al., 2007). Le

maggiori cause di infezione sono rappresentate dal pascolo e dall’acqua di abbeverata che proviene solitamente da ruscelli, laghi, pozzi e sorgenti sotterranee.

C’è una forte correlazione fra presenza di gatti nell’allevamento e sioroprevalenza per T. gondii poiché essi defecano nei prati adibiti al pascolo e le piogge di dilavamento trasportano il terreno contaminato inquinando le acque circostanti (Vesco et al., 2007). L’infezione può causare anche nella pecora, come nella donna, morte embrionale e riassorbimento, morte fetale e mummificazione, aborto, natimortalità o morte neonatale, agnelli disvitali. La gravità dell’infezione è associata allo stadio di gravidanza nel quale si trova la fattrice in quel momento: la precocità dell’infezione è direttamente proporzionale alla gravità delle conseguenze sulla salute del feto (Dubey, 2009b). Gli agnelli si possono infettare anche con i tachizoiti nel latte (Vesco et al., 2007).

I bovini al contrario sono dotati di un sistema immunitario che permette loro di resistere efficientemente all’infezione e gli aborti o casi di toxoplasmosi congenita sono molto rari.

Anche il cavallo è resistente all’infezione e sono stati trovati solo individui sieropositivi (Tassi, 2007).

I suini sono piuttosto suscettibili all’infezione di T. gondii, ma non mostrano solitamente segni clinici. Nell’adulto si possono avere febbre, diarrea, anoressia (Dubey et al., 1991); la trasmissione per via transplacentare porta a morte fetale e mummificazione però non è detto che alcuni suinetti non possano nascere sani (Dubey et al., 1990).

Cani, gatti e molti altri animali domestici possono morire a causa della polmonite, epatite ed encefalite dovuta a toxoplasmosi.

Generalmente il gatto sviluppa l’infezione a 2-6 mesi d’età, quando inizia a cacciare i topi, ed il decorso è asintomatico. Le forme conclamate si presentano con linfoadenomegalia, vomito, diarrea, febbre, polmonite, dispnea, ittero, anemia. Si può osservare anche aborto o la nascita di gattini disvitali.

Nei cani la manifestazione clinica spesso è data dalla toxoplasmosi in associazione con il CDV (Canine Distemper Virus) ossia il virus del cimurro, che notoriamente da’ una sintomatologia di tipo nervoso (d’Arc Moretti et al., 2006). Solitamente vengono colpiti i soggetti giovani che manifestano febbre, vomito, diarrea, broncopolmonite. E’ stato recentemente dimostrato che il cane può trasmettere la toxoplasmosi con il materiale seminale: dopo la fecondazione le femmine sviluppano

sieropositività, mentre gli embrioni vengono riassorbiti oppure nascono cuccioli con encefalite da cisti cerebrali (Arantes et al., 2009).

3.7.3. In mammiferi marini

L’acqua degli estuari dei fiumi, nei quali vengono scaricati i reflui delle fogne e nei quali si riversano le acque di dilavamento del terreno da parte delle piogge torrenziali, è fonte di infezione da T. gondii, poiché è fortemente contaminata da oocisti, in grado di rimanere infettanti per alcuni mesi anche in acqua salata.

La toxoplasmosi nei mammiferi marini si può presentare in diverse forme: asintomatica, linfoadenomegalia, debolezza, letargia, anoressia, splenomegalia,

epatomegalia, miocardite, dispnea, disturbi neurologici con atassia ed

incoordinazione del nuoto, opacità corneale (Inskeep et al., 1990; Resendes et al., 2002; Bowater et al., 2003; Dubey et al., 2003). E’ documentato il passaggio dell’infezione al feto per via transplacentare da madre in fase acuta ma asintomatica: il risultato è l’aborto o la morte neonatale (Resendes et al., 2002; Miller et al., 2008a). Nei Pinnipedi, che durante la gestazione sviluppano un placenta di tipo endotelio-coriale, l’infezione si contrae con il colostro o il latte, piuttosto che per via transplacentare (Measures et al., 2004).

Nei Cetacei in particolare la toxoplasmosi è spesso associata ad un’infezione da morbillivirus o sospetta immunosoppressione (Inskeep et al., 1990; Di Guardo et al., 1995a,b). Inoltre la toxoplasmosi subclinica nervosa che è stata correlata a cambiamenti comportamentali nel ratto (Webster, 2007) e nell’uomo (Corruthers e Suzuki, 2007), potrebbe disturbare il biosonar e quindi disorientare gli animali che ne sono dotati, provocandone lo spiaggiamento (Omata et al., 2006; Forman et al., 2009).