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Anche nel concordato preventivo in assenza di norme speciali che ne limitano la sua applicazione, trova applicazione il principio previsto dall’art. 2740 cod. civ. secondo il quale il “debitore [imprenditore commerciale sopra soglia concordatario] risponde

dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.”

Il principio se pur granitico e di indubbia valenza sistemica dell’art. 2740 Cod. Civ. in- contra notevoli difficolta nel caso in cui nella proposta concordataria sia previsto un soddisfacimento con risorse finanziarie non derivanti dalla liquidazione dei beni costi- tuenti la responsabilità patrimoniale.

È infatti possibile che il piano concordatario sottostante preveda che le risorse finan- ziarie necessarie per sostenere ed onorare la proposta concordataria veicolata ai cre- ditori siano approvvigionate da fonti alternative e diverse rispetto al compimento di atti di liquidazione di patrimonio e quindi atti volti alla alienazione del patrimonio medesimo.

La possibilità che il debitore per sostenere la propria proposta concordataria possa fa- re ricorso anche a risorse finanziare alternative rispetto alla liquidazione era ed è ben chiara e nota al legislatore.

Nel regolamentare l’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale il le- gislatore aveva infatti precisato, all’art. 186 bis 1 comma ultimo capoverso, che “Il pia-

no può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.”

È quindi di tutta evidenza che nel concordato con continuità aziendale il legislatore veda la fonte di approvvigionamento di risorse finanziarie ricollegabile ad atti di alie- nazione del patrimonio come una fonte residuale e secondaria rispetto alle fonti di ap- provvigionamento alternative.

Con questa lettura appare più naturale e forse aderente alla ratio della norma, assiste- re ad una proposta concordataria supportata da un piano quale insieme coordinato di atti ordinari e straordinari di gestione da compiersi al fine di assicurare le risorse fi- nanziarie necessarie per onorare la proposta concordataria; risorse che vengano gene- rate non dalla liquidazione dei beni, bensi dalla continuità dell’impresa oppure ancora dalla erogazione di nuovi finanziamenti oppure ancora dalla erogazione di risorse “pro

Fonti alternative (rispetto alla fonte classica di liquidazione dei beni) di risorse finan- ziare che possono essere riconducibili alla continuità dell’impresa, alla sottoscrizione di nuovi contratti, di nuovi finanziamenti da parte di soggetti terzi (intermediari finan- ziari e terzi in genere) ed all’erogazione di risorse da parte di soggetti terzi interessati esclusivamente al buon esito dell’operazione di concordato (pro bono).

Va da sé che il piano concordatario a contenuto complesso possa anche prevedere che le fonti possono complementarmente concorrere alla formazione dell’insieme delle risorse necessarie [111] per sostenere ed onorare nella misura indicata la proposta con-

cordataria.

Le tipologie di fonti di risorse finanziarie a supporto di una qualsiasi proposta e rive- nibili nel concordato con continuità aziendale appaiono analoghe se pur con le dovu- te declinazioni a quelle che l’economia aziendale individua quali fonti “classiche” di approvvigionamento del capitale finanziario necessario (da investire) per il persegui- mento dell’attività di impresa.

Nel caso di attività di impresa in bonis, infatti l’economia aziendale distingue in tre ti- pologie le fonti di finanziamento del capitale da investire nell’attività imprenditoriale al fine del perseguimento dello scopo di lucro.

Una prima tipologia è rappresentata dal capitale fornito dai soci – conosciuta anche nella scienza aziendalistica come capitale proprio – ossia il capitale erogato al mo- mento della costituzione dell’imprenditore collettivo da soggetti terzi (che divverrano poi soci) e quindi proveniente da un patrimonio terzo rispetto a quello dell’impren- ditore; fornitura di capitale che avviene giuridicamente con l’istituto della sottoscri- zione [112] in denaro se risorse liquide e/o in natura se l’erogazione ha ad oggetto beni

diversi dal denaro.

Capitale proprio che in linea teorica, e salvo casi eccezionali di recesso del socio ove legittimo o di riduzione del capitale sociale, non è soggetto ad un obbligo di restitu- zione medio tempore ossia durante l’esercizio dell’attività di impresa. La restituzione delle risorse ai soggetti (soci) sempre sotto un profilo teorico potrebbe avvenire solo a

111 Valore che nel piano viene comunemente chiamato attivo concordatario e che viene contrapposto o meglio posto

al servizio del fabbisogno concordatario quale importo di risorse finanziare necessarie per onorare completa- mente la proposta concordataria nella misura massima consentita.

112 Istituto previsto e regolato dall’art. 2342 e seg. Cod. Civ. in caso di societa per azioni (o articoli analoghi e dipen-

seguito del conseguimento dell’oggetto sociale e comunque solo dopo aver soddisfatto gli altri soggetti terzi fornitori di capitale.

Una seconda tipologia – conosciuta anche nella scienza aziendalistica come capitale di terzi – è rappresentata dalle risorse finanziarie ossia il capitale erogato da soggetti terzi non soci i quali, mossi da interessi diversi rispetto all’attività di impresa perse- guita dall’imprenditore, erogano le risorse al sol fine di vedersi riconosciuta una remu- nerazione.

Interesse e remunerazione al proprio capitale che può essere in primo luogo ricondu- cibile alla remunerazione derivante dal profitto dell’operazione di fornitura commer- ciale che ha generato l’erogazione delle risorse come nel caso di risorse erogate (finan- ziate commercialmente) dai fornitori.

In questo caso ci si riferisce alle somme implicitamente acquisite dall’imprenditore a seguito di forniture che non hanno ancora concluso il ciclo finanziario.

Interesse e remunerazione che può altresì essere riconducibile ad una remunerazione finanziaria del capitale erogato e quindi derivante dalla sottoscrizione di un finanzia- mento. In questo secondo caso per capitale di terzi ci si riferisce alle risorse finanziarie ricevute dall’imprenditore a seguito della sottoscrizione di un contratto di finanzia- mento e quindi risorse erogate da soggetti terzi intermediari finanziari quali istituti di credito e società finanziatrici in genere.

Terza ed ultima tipologia di capitale è rappresentato dal capitale cosiddetto autopro- dotto ossia quella particolare tipologia di capitale che l’imprenditore in esecuzione della propria attività di impresa riesce ad autogenerare quale differenziale positivo tra i costi e i ricavi sostenuti.

In altre parole con il capitale autoprodotto si fa riferimento al solo risultato positivo di esercizio ossia l’utile del periodo amministrativo di riferimento del calcolo economico. L’impostazione proposta dall’economia aziendale e qui riproposta per analogia rappre- senta, ad avviso dello scrivente, un ottimo punto di partenza nonchè un utile strumen- to per approfondire le problematiche che emergono nel caso in cui ci si appresti a de- clinare una proposta concordataria nel rispetto dei princìpi previsti dagli articoli 2740 e seg. cod. civ. – ossia rispettosa della clausola generale ex art. 2740 Cod. Civ. – quando la stessa si basi su un piano che preveda l’approvvigionamento delle risorse necessarie per il suo sostenimento non mediante la cessione dei beni aziendali – ossia per cessio

bonorum – ma mediante risorse erogate pro bono da un soggetto terzo o finanziate da soggetti terzi oppure ancora mediante le risorse generate dalla continuità.

Nel rinviare agli insegnamenti della supre corte su un approfondimento circa l’effetti- vo perimetro e la corretta qualificazione giuridica della finanza esterna – quale auto- noma fonte di approvviggionamento di risorse finanziarie –, appare in via preliminare utile chiedersi quale debba essere in applicazione dell’art. 2740 Cod. Civ., la soglia mi- nima legittima della soddisfazione che il debitore debba offrire ai propri creditori nella proposta concordataria supportata da un piano con continuità aziendale diretta. Piano concordatario che preveda quindi come effetto e risultato naturale che il com- pendio aziendale a seguito del percorso concordatario resti nella disponibilità del de- bitore concordatario ritornato in bonis con l’esecuzione del concordato medesimo. La cautela nasce dall’aspetto che la proposta deve contenere alcuni presidi volti ad evitare che il risultato ultimo del concordato sia che il compendio aziendale resti nella disponibilità del debitore tornato in bonis e risulti in aperto contrasto con la clausola generale dell’art. 2740 Cod. Civ.

Cautele con le quali si vuol evitare che il risultato ultimo (e naturale) del concordato con continuità aziendale si risolva nel consentire al debitore concordatario di sottrarre garanzia patrimoniale ai propri creditori con ovvie declaratorie de plano di inammissi- bilità della proposta per contrarietà a norme imperative.

Sulla base di quanto sopra appare agevole concludere che nel caso in cui la proposta preveda l’utilizzo di risorse finanziarie alternative [113] rispetto alla liquidazione e quin-

di il risultato naturale del percorso concordatario sia quello di consentire al debitore tornato in bonis di trattenere per se il compendio aziendale o parte di esso, le risorse ricavabili anche in via del tutto teorica e stimata alla data di apertura del concorso dai beni del debitore – costituenti l’intera garanzia patrimoniale ex art. 2740 Cod. Civ. sulla quale fanno affidamento i creditori concordatari – rappresentano un valore soglia mi- nimo al di sotto del quale la proposta concordataria non può ritenersi legittima. Un primo punto di approdo è quindi quello in base al quale se la proposta concorda- taria si fonda su un piano che preveda l’approvvigionamento delle risorse finanziarie

113 Erogate pro bono ossia quelle risorse erogate da terzi senza alcun vincolo di restituzione, o ai fini di una effetti-

va restituzione oppure ancora autoprodotte con la continuità di impresa ed effettivamente indicate nel piano a sostegno della proposta concordataria

da destinarsi alla proposta non mediante la liquidazione dei beni ma mediante la sot- toscrizione di nuovi finanziamenti – ovviamente prededucibili – e/o mediante risorse erogate da un soggetto terzo pro bono ossia senza alcun vincolo di restituzione ed ero- gate al solo fine di agevolare la realizzazione della proposta concordataria, la proposta deve offrire ai creditori una soglia di soddisfazione non inferiore al valore dell’intero patrimonio [114] del debitore cosi come quantificato alla data di apertura del concorso.

Cautela di rispettare la soglia minima nella misura sopra descritta, ed offerta nella proposta che permetterebbe al debitore proponente di non derogare alla normativa prevista dagli articoli 2740 e seg. Cod. Civ. e seguenti e implicitamente di mantenere legittimamente nella propria disponibilità interamente o parzialmente il proprio pa- trimonio e tra esso l’azienda.

Disponibilità dell’azienda che assicurerebbe al debitore imprenditore di continuare a mezzo dell’utilizzo del compendio aziendale anche l’esercizio dell’attività di impresa nonchè perseguire lo scopo della conservazione della continuità di impresa (e quindi prima di tutto della salvaguardia del compendio aziendale) che il legislatore nel giugno 2012 con l’introduzione nel nostro ordinamento della norma di cui all’art. 186 bis l.fall. si era prefissato di conseguire.

7.3

Il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione