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La penetrazione del Concilio di Trento: indizi e false tracce.

Nella memoria e nelle leggende dell’alta valle del Serchio capita spesso di imbattersi in citazioni del Concilio di Trento. Anche chi scrive ne ha sentito parlare spesso, in special modo da parte di persone di una certa età, che sono solite collegare questo avvenimento alla scomparsa degli “streghi”. Essi erano delle entità malvage che popolavano l’immaginario dei nostri avi, dalle caratteristiche simili a quelle delle streghe comuni. Naturalmente non emerge una precisa cognizione dell’evento storico, ma quello che ai fini della presente indagine appare importante è che anche a distanza di secoli sia rimasta traccia di tale Concilio, anche solo nei racconti di fantasia1.

A questo punto pare opportuno aprire una parentesi e lasciare per un attimo la parola ai “nostri vecchi”, vere e proprie miniere di memorie e di preziose informazioni:

Si racconta che in un tempo sconosciuto un prete raggruppò tutti gli streghi di Vagli e li confinò a Trento. Da quel giorno scomparvero tutti gli streghi2.

Dopo che fecero il Concilio di Trento, sparirono tutti... almeno, così contavano che fecero un Concilio perché non era mica qui solo a Chiozza eh, li vedevano da tante parti! Allora dicono... fecero questo Concilio di Trento che sparirono tutti e non si rividero più...3

Io quelle non so, se c’è del vero o se c’è... non lo so perché poi al Sillico dicevano che tutte quelle storie erano sparite da quando era stato fatto il Concilio di Trento che aveva confinato tutti gli streghi non so dove... erano stati confinati, ecco questo verbo confinare4.

Per tornare al Concilio di Trento ecco una cosa, una cosa... la mia mamma credeva, sapeva che il Concilio di Trento era il concilio di trenta preti che si erano riuniti, ma così... che si erano riuniti giù nella casa del Chiappara (...) ebbene lì si erano riuniti in

                                                                                                                1 L. Rossi, op. cit., pp. 51 – 58.

2 U. Bertolini, I. Giannotti (a cura di), op. cit., p. 34. Testimonianza raccolta dall’insegnante Chiara Landi nel

comune di Vagli di Sotto.

3 U. Bertolini, I. Giannotti (a cura di), ivi. Testimonianza resa dall’informatore Giuseppe Guazzelli (classe

1921) e residente nel paese di Chiozza (comune di Castiglione di Garfagnana), annotata da Paolo Fantoni e trasmessaci dall’ Associazione culturale “La Giubba” – Centro di documentazione della tradizione orale di Piazza al Serchio.

4 U. Bertolini, I. Giannotti (a cura di), ivi. Testimonianza resa dagli informatori Leandro e Odorico Bonini,

questa casa questi trenta preti e avevano insomma così cacciato gli streghi... avevano confinato... e da quel momento lì cessò, tutte le stregonerie cessarono improvvisamente5.

Vediamo in queste quattro testimonianze una fusione di dati storici e di suggestioni, la memoria di un Concilio d’importanza fondamentale per tutta la Cristianità cattolica e le sue varie declinazioni in chiave locale. Comunque sia, è chiara la percezione di una cesura, del Concilio come spartiacque che segna il confine fra un “prima” e un “dopo”.

A livello iconografico è comune vedere sopra gli architravi delle case, scolpito o inciso nella pietra, il monogramma IHS (Iesu Hominus Salvator): esso aveva funzioni apotropaiche, principalmente per scacciare le entità maligne dalle abitazioni. Taluni ipotizzano esso sia comparso in sostituzione di sculture che in precedenza venivano collocate nelle stesse posizioni e con le medesime funzioni, altri suppongono che alla base della diffusione vi sia stata la predicazione di san Bernardino da Siena6: non è azzardato, a mio avviso, supporre che una grande spinta si abbia avuta pure in seguito alle suggestioni tridentine7.

Le compagnie (o confraternite, che dir si voglia) sono considerate dagli storici come uno dei principali indicatori della penetrazione delle tendenze controriformistiche elaborate durante il Concilio di Trento. Non sono un fenomeno che ebbe origine sulla scia della Controriforma, ma pongono le loro basi in epoca medievale, quando iniziò a crescere la partecipazione dei laici alla vita religiosa, grazie anche al sostegno dei nuovi ordini religiosi mendicanti. Esse possono essere considerate pure come uno specchio delle tensioni spirituali dei fedeli, ma anche dei loro bisogni pratici di assistenza e mutuo soccorso, esigenze che si inserivano in un quadro di rapporti assai problematici con i tentativi di disciplinamento da parte dei vertici ecclesiastici8.

Nel corso del ‘500 vennero meno gli aspetti penitenziali delle confraternite laicali, ma conobbero un notevole incremento i loro interventi nel tessuto sociale. Dal punto di vista cultuale la Chiesa lanciò quelle del SS. Sacramento col fine di contrastare le dottrine protestanti, miranti a screditare il culto eucaristico con i loro attacchi alla transustanziazione del pane e del vino durante la messa. Il messaggio che Roma intendeva mandare consisteva nel negare il loro status di puri simboli (Calvino) oppure di elementi utili per corroborare la fede del cristiano (Lutero) e nell’affermare il

                                                                                                               

5 U. Bertolini, I. Giannotti (a cura di), ivi. Stessi informatori e stesse modalità di trasmissione della

precedente.

6 C. F. Ravera, Maestaine di Garfagnana, Comunità Montana della Garfagnana, Castelnuovo Garfagnana,

2008, p. 30.

7 L. Rossi, op. cit., p. 57.

ruolo di strumenti di cui servirsi per accrescere la grazia divina nei fedeli e raggiungere la salvezza, grazie alla presenza reale di Cristo in essi9.

Per quanto riguarda la diffusione delle compagnie del SS. Sacramento nella zona oggetto della presente ricerca, possiamo supporre tra i motivi della loro introduzione pure la scarsa cura che nei decenni precedenti il Concilio di Trento fu riservata alla conservazione del Santissimo. La visita del domenicano Matteo da Pontremoli (1466 – 1467) presenta un quadro allarmante della situazione, difatti in molte chiese non vi è traccia del Santissimo oppure viene custodito con negligenza. A prescindere da quelle “ruinate”, che sono in gran numero10, in alcune mancano le particole consacrate e la lampada che dovrebbe stare sempre accesa accanto il tabernacolo (“S. Andree de Momio” 11, “Sancti Bartholomei” della pieve di Casabasciana12, “Sancti Bartholomei de Collodio”13, “Sancti Bartholomei de Gragnanello”14)

Accanto a queste confraternite proliferarono le associazioni poste sotto la protezione della Vergine Maria, anch’esse una potente arma contro le idee riformate, che, come ben sappiamo, negavano il culto decretato alla Madre di Dio dalla Chiesa Cattolica. Nell’universo mariano sono da annoverare le confraternite del Rosario, propugnate in particolar modo dall’Ordine Domenicano15.

Nella tabella n. 5 possiamo vedere l’elenco delle compagnie presenti nel 1710 – 1712 nella Garfagnana sottoposta alla giurisdizione spirituale della Diocesi di Lucca:

Titolo Nr. SS. Rosario 15 SS. Sacramento 9 Santa Croce 3 Santa Maria 3 Suffragio 3 SS. Trinità 2 SS. Concezione 2 Visitazione 1 Spirito Santo 1 Sant'Antonio 1 Carmine 1                                                                                                                

9 J. Delumeau, op. cit., pp. 46 – 47; N. Tanner, op. cit., Editrice Queriniana, Brescia, 2012, pp. 195 – 196. 10 Il fenomeno riguardava pure chiese che avevano rivestito una grande importanza in passato, ad esempio la

pieve di Loppia che addirittura era stata: “translata ad castellum Bargie in ecclesia Sancti Christofori de Barga” (v. ASDL, Visite pastorali, 10, c. 282, in: G. Concioni, op. cit., vol. II, p. 255).

11 ASDL, Visite pastorali, 10, c. 163, in: G. Concioni, op. cit., p. 197. 12 ASDL, Visite pastorali, 10, c. 248, in: G. Concioni, op. cit., p. 243. 13 ASDL, Visite pastorali, 10, c. 202, in: G. Concioni, op. cit., p. 218.

14 ASDL, Visite pastorali, 10, cc. 321 - 322, in: G. Concioni, op. cit., p. 276 - 277.

15 Un chiaro esempio di analisi della diffusione delle confraternite del Rosario e del ruolo da esse giocato in

relazione ad altri fattori, quali il numero delle vocazioni sacerdotali, può essere letto in: J. Delumeau, op. cit., pp. 193 – 196.

San Rocco 1 Santa Margarita 1 SS Fabiano e Sebastiano 1 San Leonardo 1 San Biagio 1 Santa Caterina 1 Santa Maria ad Martyres 1 Santa Cristina 1 Corpus Domini 1

Tabella 6. Compagnie della Garfagnana sottoposta alla Diocesi di Lucca (1710 - 1712).

 

Il primo posto va alle compagnie dedicate al Rosario, mentre il secondo è occupato da quelle del SS. Sacramento: questi sono alcuni dei segni che testimoniano la penetrazione e il consolidamento degli ideali della Riforma Cattolica. Non dimentichiamo che la diffusione della pia pratica dedicata alla contemplazione dei misteri della vita di Cristo fu particolarmente sostenuta dai Frati Predicatori, che a Lucca avevano un convento, ritenuto da alcuni il centro da cui essa fu poi propagata in tutta la Diocesi lucchese16.

Anche i più scettici nei confronti di queste asserzioni non possono negare che il Rosario e le altre devozioni mariane abbiano avuto una grande presa sulla popolazione, cosa che è testimoniata a livello iconografico da quelle piccole costruzioni frutto della pietà popolare che prendono il nome di “edicole”, ma che sono conosciute in queste zone come “maestaine” o “mestaine”. Esse, fino a qualche decennio fa, erano snodi centrali delle rogazioni (sia minori che maggiori): il sacerdote e i fedeli in processione si fermavano davanti ad alcune di quelle che incontravano lungo il loro percorso17.

A titolo di paragone possiamo prendere in esame la fetta di Garfagnana sottoposta alla Diocesi di Luni – Sarzana: notiamo anche qui le stesse dinamiche che portarono alla fondazione di confraternite sotto questi titoli. Il periodo della loro creazione, stando alle filze parrocchiali, si spande lungo tutto il XVII e il XVIII secolo, prova evidente della persistenza di un’onda lunga della Controriforma. Nel caso della comunità di Agliano (dipendente fino al 1787 dalla parrocchia di Castagnola) è interessante vedere lo stretto rapporto tra l’inizio della conservazione del SS.

                                                                                                                16 C. F. Ravera, op. cit., p. 11, p. 23. 17 C. F. Ravera, ibidem, p. 13, pp. 42 – 43.

Sacramento nel loro oratorio (1766) e la fondazione dell’associazione di laici sotto questo titolo avvenuta l’anno successivo18.

Un errore in cui è facile cadere consiste nel considerare pure la pratica della Via Crucis come un indicatore degli influssi tridentini: ciò non è corretto, in quanto questa particolare forma di processione ebbe grande diffusione solo a partire dal XVIII secolo19. In Lucchesia fu introdotta in seguito alla predicazione di Padre Leonardo da Porto Maurizio, appartenente all’Ordine dei Frati Minori. Non dimentichiamo che il culto staurologico ebbe grande propagazione specialmente durante il “secolo dei Lumi”: fu proprio nei primi decenni di esso che attorno alla figura di san Paolo della Croce (1694 – 1775) si raccolse la Congregazione della SS. Croce e Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, i cui membri sono più comunemente conosciuti come “Passionisti”.

Padre Leonardo condusse numerose missioni popolari, sia in città, sia nelle Sei Miglia, sia nelle Vicarie, in un arco di tempo compreso fra il 1720 e il 1751, anno della sua morte. Il suo operato fu decisamente ben accolto dalle autorità repubblicane, che si diedero da fare anche in occasione del processo di canonizzazione: spalleggiato da papa Benedetto XIV, egli seguiva un modus operandi improntato alla ricerca di una via di mezzo fra gli aspetti catechetici di talune missioni e quelli penitenziali di altre e incontrava ovunque andasse un grande successo popolare20.

                                                                                                               

18 D. Magistrelli, Le filze “parrocchiali” presenti nell’Archivio vescovile lunense presso la Biblioteca

“Niccolò V” nel Seminario di Sarzana (La Spezia), in: AA. VV., Religione e religiosità cit., pp. 25 – 46.

19 C. Bernardi, op. cit., p. 90.

20 S. Nanni, Roma religiosa nel Settecento: spazi e linguaggi dell’identità cristiana, Carocci editore, Roma,

 

Figura 6. Nella cartina sono indicate le missioni popolari condotte da Padre Leonardo da Porto Maurizio. Come da suo progetto (v. DBI, alla voce Leonardo da Porto Maurizio, santo, vol. 64, 2005) esse duravano circa quindici giorni in ciascuna località in cui si recava a predicare (v. ASLu, Cura

sopra le reliquie e i corpi santi - Scritture, 2, c. 64).