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Che ne pensano gli studenti? I risultati dei questionari

CAPITOLO 3. LA RICERCA

3.3. IES Cartima La realizzazione di un sogno, o del sentimento del pubblico come fondamento

3.3.8. Che ne pensano gli studenti? I risultati dei questionari

Come ho spiegato nel capitolo di metodologia, per avere un’idea generale del punto di vista degli studenti sulle attività che svolgono a scuola e sul loro livello di gradimento, ho somministrato a tutti gli alunni e le alunne dei 4ⁱ un questionario piuttosto lungo di cui riporto qui i principali risultati.

Per le tre batterie di questionari a risposta chiusa, gli studenti sono stati invitati a rispondere alle domande utilizzando una scala Likert a 5 punti, esprimendo il loro grado di accordo o disaccordo o la frequenza di una determinata azione, come segue: 1. Mai (o per niente d’accordo); 2. Qualche volta (o poco d’accordo); 3. Spesso (o abbastanza d’accordo); 4. Molto spesso (o molto d’accordo); 5. Sempre (o moltissimo d’accordo). Il questionario CKP (Collaborative Knowledge Practices, Muukkonen et al., 2016) indaga quanto gli studenti ritengono di essere in grado di apprendere a collaborare su oggetti condivisi; integrare il lavoro individuale e quello collaborativo; migliorare attraverso il feedback e imparare utilizzando le tecnologie.

Figura 3. Media delle risposte alle domande del questionario CKP (Collaborative Knowledge Practices, Muukkonen et al., 2016).

Come si può notare, i valori delle scale del questionario CKP sono piuttosto elevati, in quanto tutti superiori al 3,5; soprattutto i risultati delle scale relative all’apprendimento attraverso la tecnologia (media = 3,97) e attraverso la collaborazione su oggetti condivisi (media = 3,98), che sono anche i due valori più alti in assoluto usciti dai questionari; tali risultati sono piuttosto comprensibili, vista la modalità di lavoro del centro. La tecnologia viene usata abitualmente come strumento di lavoro: i tablet la rete sono utilizzati quotidianamente per ricercare e valutare informazioni e per realizzare gli elaborati finali dei progetti, in

148 gruppo, quindi su elementi condivisi. I ragazzi, dunque, hanno chiara la percezione di stare imparando in questo modo.

Buona la percezione della capacità di integrare il lavoro individuale e quello collaborativo (media=3,80) e piuttosto buona (media = 3,66) quella del miglioramento attraverso il feedback. Evidentemente il lavoro in gruppo non impedisce lo svolgimento di attività individuali e la realizzazione del prodotto prevede e consente anche una valorizzazione del percorso che a tale realizzazione porta, per cui il feedback è importante per procedere e portare avanti l’attività nel migliore dei modi.

Figura 4. Media delle risposte al questionario AMOS QAS (Abilità e Motivazione allo studio, questionario di approccio allo studio, De Beni, Moè, Cornoldi, 2003).

Il questionario AMOS QAS (Abilità e Motivazione allo studio, questionario di approccio allo studio, De Beni, Moè, Cornoldi, 2003) indaga quanto gli studenti si sentano competenti nei seguenti ambiti relativi allo studio: organizzazione; elaborazione; autovalutazione; strategia; sensibilità metacognitiva.

Tale questionario riporta medie nel complesso più basse del precedente, comprese tra il 2,99 della scala “elaborazione” e il 3,56 di quella relativa all’autovalutazione. La media della scuola “elaborazione” (media = 2,99) è, insieme a quella di “collaborazione” (media = 2,70) del questionario ECPQ, l’unica che riporta un valore inferiore al 3,00. Si tratta di risultati piuttosto sorprendenti, viste le modalità di svolgimento delle attività in classe che portano, appunto, all’elaborazione di un prodotto frutto del lavoro collaborativo. Più alta la percezione della capacità di autovalutazione (media = 3,56) e organizzazione (media = 3,37), probabilmente per il fatto che la modalità di lavoro ABP e cooperative learning comporta il saper valutare il proprio operato e organizzare il lavoro insieme ad altri. Non eccessivamente elevate le medie, relative alla sensibilità metacognitiva (media = 3,28) e alle strategie (media 3,25); anche in questo caso ci si sarebbero aspettati dei risultati più elevati in quanto il processo di ricerca e investigazione, di costruzione e realizzazione di un prodotto all’interno di un progetto necessitano, in verità della messa in campo di una serie di strategie, sebbene queste non necessariamente debbano essere accompagnate da una alta sensibilità metacognitiva.

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Figura 5. Media delle risposte al questionario ECPQ (Collaborative Knowledge Practices, Muukkonen et al., 2016).

Il questionario ECPQ (Educational Context Perception Questionnaire, Mérac, 2017), invece, indaga la percezione del contesto educativo da parte degli studenti, utilizzando le seguenti sotto-scale: partecipazione; senso di appartenenza; riconoscimento reciproco; atmosfera piacevole; imparzialità; pressione/competizione; qualità della proposta didattica; sistemazione piacevole; differenze tra insegnanti; collaborazione; controllo. Riporta i due valori estremi, più alto e più basso, di tutta la batteria proposta. Il più basso è quello relativo alla “collaborazione” (media = 2,70): un risultato sorprendente visto che i ragazzi si trovano, teoricamente, a dover collaborare continuamente per la realizzazione dei vari elaborati. Forse, come spesso accade, la collaborazione è più superficiale che effettiva e la ripartizione della mole di lavoro all’interno dei gruppi non viene percepita come omogenea tra tutti i componenti, per cui i ragazzi riportano la sensazione, vera o meno, che non tutti contribuiscano allo stesso modo. Una tale lettura potrebbe trovare riscontro nel valore, piuttosto basso, relativo alla “partecipazione” (media = 3,05) e in quello relativo al “mutuo riconoscimento” (media = 3,20) per cui gli studenti avvertono, o sono consapevoli, che non tutti partecipano allo stesso modo alle attività proposte e/o riconoscono e valorizzano il contributo che il singolo apporta. Del resto, anche la percezione del “senso di appartenenza” (media = 3,43) e dell’”atmosfera piacevole” (media = 3,46) non sono particolarmente elevati – sebbene non si possano neanche ritenere bassi - per cui evidentemente i ragazzi non si sentono più di tanto parte di un gruppo né di trascorrere la loro giornata scolastica in un luogo dall’atmosfera particolarmente piacevole. Il valore più alto in assoluto dell’intera batteria è quello costituito dalla scala “differenza tra maestri” (media = 3,95), vale a dire quella relativa alle differenze che gli studenti percepiscono esservi tra un docente e un altro; ritengo che questo risultato sia da attribuire alla scarsa omogeneità del corpo docente, tanto per via della sua volatilità -abbiamo parlato nelle pagine precedenti dell’instabilità dell’organico- tanto per gli elementi che abbiamo avuto modo di chiarire altrove, vale a dire il fatto che abbracciare un tipo di filosofia e ideali e un conseguente modo di agire, parlare, muoversi, comportarsi, porsi di fronte all’altro non sono affatto ovvi né scontati ma richiedono, anzi, una profonda trasformazione di noi stessi, se vanno acquisiti e non sono già posseduti in modo

150 profondo, incarnati e fatti intimamente propri. Da leggersi in quest’ottica credo possa essere anche il valore della scala “imparzialità” (media = 3,03), relativa alla percezione che gli studenti hanno, al riguardo, dei docenti. Un altro risultato abbastanza sorprendente è quello relativo alle scale “controllo” (media = 3,44) e “pressione/competizione” (media = 3,11) che si riferiscono a quanto gli studenti si sentono, appunto, controllati e a quanto avvertano, su di sé, un senso di pressione e la presenza di uno spirito di competizione; dico sorprendente per via della notevole libertà che abbiamo visto caratterizzare, per esempio, i movimenti degli studenti all’interno dell’istituto per cui spesso possono uscire dall’aula per svolgere le attività didattiche nei corridoi o in altri spazi in quel momento più congeniali, e la libertà che hanno, anche di svolgere e portare avanti le attività con i propri tempi e i propri ritmi. Forse un tale risultato è imputabile al fatto che dover rispettare scadenze e obblighi li fa sentire controllati e, forse, nella stessa ottica si può leggere il risultato della scala “pressione/competizione”, imputabile forse all’obbligo di assolvere a determinati doveri e, forse, anche la competizione è percepita tale nell’elaborazione, da parte dei singoli gruppi, dei prodotti o nella modalità di gioco con premio finale con cui vengono svolte determinate attività.65 Infine, i ragazzi non sembrano apprezzare particolarmente né lo spazio dell’aula (la scala “sistemazione piacevole” ha una media di 3,07) né la “qualità della proposta didattica” (media = 3,16) e tali risultati sono sorprendenti se consideriamo gli sforzi e l’impegno che il centro mette in campo per offrire ai propri allievi una scuola realmente centrata su di loro, sulle loro persone, sui loro bisogni, sulle loro caratteristiche, esigenze e necessità.

Proprio per illustrare ai ragazzi e alle ragazze tali risultati e tentare di capire, con loro e grazie a loro, il perché di certe risposte, abbiamo organizzato (Agata ed io) una restituzione, ai ragazzi, dei risultati, seguita da una discussione sugli stessi. In tale occasione ciò che ho percepito e capito è che il loro giudizio non eccessivamente lusinghiero non è relativo a ciò che specificamente si fa nel Cartima, ma è al contesto scolastico più in generale. Sono emerse questioni come il dovere di stare a scuola dalle 8.30 alle 15, il fatto che le lezioni inizino troppo presto, l’obbligo di frequentare la scuola e stare chiusi in un edificio… Malgrado tutti gli sforzi messi in campo per rendere il loro apprendimento significativo, per motivarli, per farli essere attivi e partecipi, la scuola per la maggior parte degli studenti sembra non cessare di essere qualcosa a cui si sentono costretti, a cui non possono sottrarsi mentre, se potessero, ne farebbero volentieri a meno. Essa, dunque, di per sé, è vista, percepita, vissuta dai più come un luogo dove dover stare, non come un trampolino di lancio per il tuffo nel futuro.

Credo che questo si noti chiaramente nella domanda generale, “nel complesso, la scuola ti piace?” alla quale i ragazzi potevano rispondere scegliendo una opzione tra le quattro proposte: molto, abbastanza, poco, per niente. Qui la somma delle risposte “per niente” e “poco” costituisce il 70%; il 18% risponde “abbastanza” e appena il 12% “molto”.

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Figura 6. Grafico a torta raffigurante le percentuali di risposte alla domanda “Nel complesso, la scuola ti piace?”

La scuola in cui loro si trovano è il Cartima, con tutto ciò che questo significa e comporta, ma rimane pur sempre una scuola e come tale, in sé, appunto, è vista, percepita e vissuta. Non si tratta, quindi, di una critica al Cartima ma più generale al sistema di istruzione che nella scuola in quanto tale si materializza e concretizza. Un’altra questione ritengo chiave per tentare di capire queste risposte. Credo che in un istituto come questo, dove tanto viene coltivata la capacità di ragionamento, la democrazia, l’assunzione di decisioni, la responsabilizzazione, sia quasi inevitabile che, proprio perché armati di maggiore consapevolezza critica, gli studenti questionino, cerchino, vogliano, pretendano più di quel che hanno. Non sono studenti assuefatti, appiattiti e demoralizzati, passivi nel prendere quel gli tocca, ma ragazzi e ragazze che, proprio perché abituati e allenati ad avere un ruolo attivo nel proprio processo di apprendimento, sono poi anche più esigenti al momento di esprimere la loro opinione sul contesto che li circonda; se mi si passa la metafora impropria, soprattutto in tale contesto, si verifica, credo, in qualche modo, ciò che accade quando si fa uso di droghe: non si è mai sazi e soddisfatti ma si vuole sempre di più.

3.4. (Non) concludendo la conoscenza del Cartima

Nella seguente tavola presento un prospetto riassuntivo degli elementi caratteristici del Cartima, che abbiamo avuto modo di illustrare precedentemente.

Tavola 11. Elementi caratteristici dell’istituto Cartima.

È una scuola di recente formazione. Il progetto pedagogico viene redatto ad hoc e ab origine e connota l’intero istituto.

Tempi e spazi Flessibili. Banchi disposti a isola. Ogni luogo può essere utilizzato a fini didattici.

Strumenti didattici TIC, tablet, internet.

Coerenza tra progetto pedagogico (una scuola realmente pubblica, di tutti e per tutti) e azione didattica

I principi si concretizzano in azioni didattiche che li rispecchiano (v. per esempio la scelta del nome della scuola).

152 Costruttivismo, attivismo pedagogico e forte

vincolo con la realtà circostante

Didattica per PBL (o ABP) e cooperative learning. Progetti connessi con la realtà e impostazione democratica.

Alunno parte attiva del processo di insegnamento- apprendimento.

Importanza delle relazioni e della persona Disciplina positiva.

Dialogo, accoglienza e empatia.

Cura, rispetto e attenzione alla persona.

Importanza della formazione dei docenti Corsi di formazione intensivi a settembre e nel corso dell’anno scolastico.

Importanza del lavoro di gruppo per docenti e studenti

Interdisciplinarietà e condivisione. È una scuola in movimento, che apprende.

Abbiamo visto che le idee e gli ideali che animano, permeano e muovono il progetto educativo sono quelli di una scuola di e per tutti, che non lasci nessuno indietro, che prepari per la vita, che abbia l’obiettivo di far crescere persone libere, consapevoli, capaci di pensare e argomentare con la propria testa, di comparare informazioni e capire quali sono attendibili e quali no, di lavorare in gruppo, di riflettere sul proprio processo di crescita e apprendimento. Ciò avviene attraverso un approccio pedagogico e didattico di tipo costruttivista e, potremmo dire, co-costruttivista e trialogico (Paavola e Hakkarainen, 2004), epistemologicamente fondato su un’idea di conoscenza e di sapere non appannaggio del solo insegnante ma di ogni membro della comunità e costruiti progressivamente tramite l’interazione e la partecipazione sociale (Cesareni, Ligorio, Sansone, 2018). Tali ideali e convinzioni animano e si incarnano, trovano luogo e posto nei cuori, nelle menti e nelle anime dei docenti che lavorano al Cartima - chi non è in linea non solo con questi ideali ma anche con le modalità di lavoro del centro, se ne allontana spontaneamente-; ma per trovare uno spazio pratico di azione e sviluppo, per far sì che siano realtà e non solo parole come invece accade in molti altri centri, il Cartima ha delle particolarità che gli appartengono e che gli consentono di mettere in pratica i propri principi, di essere una scuola realmente coerente tra ciò che afferma e ciò che fa.

Tali caratteristiche sono:

- una leadership condivisa e uno staff dirigente empatico e accogliente;

- una forte cooperazione e collaborazione tra docenti che, lavorando in gruppo, diventano essi stessi esempio concreto e incarnato per gli studenti;

- una formazione continua e costante di tutto il corpo insegnante e di tutto il centro nel suo complesso che costantemente riflette e pensa a come migliorar(si) (Gairín, 2000; Santos, 2001);

- una serie di scelte che possano fare in modo che l’idea di progetto educativo vada oltre le persone, sia più forte dei singoli individui e possa continuare quando i fondatori non vi saranno più.

Tali tratti distintivi rivelano una grande coerenza tra pensare, dire e agire e, ancora una volta, indicano un modo di fare le cose sensatamente, con una finalità e uno scopo chiari e precisi, con sentido, appunto. Indicano, in sostanza, che gli ideali si concretizzano in azioni e che le azioni sono frutto di tali ideali: non c’è scollamento ma perfetta consonanza. Il progetto educativo, frutto di precisi principi ideologici e etici e di una ben determinata posizione etica e morale, trova spazio, si incarna e realizza concretamente nei gesti, azioni e comportamenti del centro tutto e degli individui che ne fanno parte in modo tale che corpo, anima e azioni siano un tutt’uno e si muovano compatti e in sintonia, costantemente volti alla crescita e al miglioramento di sé.

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Figura 7. Una rappresentazione grafica del sistema Cartima. Elaborazione personale.

L’ I.I.S. GELASIO CAETANI

Ho sempre pensato che la scuola fosse fatta prima di tutto dagli insegnanti. In fondo, chi mi ha salvato dalla scuola se non tre o quattro insegnanti?

Daniel Pennac (2008), Diario di scuola

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